
(AGENPARL) – mar 23 luglio 2024 *Confcommercio, i consumatori vogliono più negozi in città, i negozi di
vicinato sono insostituibili*
I cittadini vogliono vivere nei quartieri dove ci sono più esercizi di
prossimità, perché questi rafforzano le comunità (per il 64% degli
intervistati), fanno sentire più sicure le persone (57%) e fanno crescere
il valore delle abitazioni (fino al 26% in più). La chiusura dei negozi
preoccupa e intristisce i cittadini che percepiscono chiaramente quali
tipologie merceologiche sono a maggiore rischio: questo, in sintesi, quanto
emerge da un’indagine realizzata da Confcommercio in collaborazione con SWG
nell’ambito del progetto Cities che si occupa di contrasto alla
desertificazione commerciale nelle città italiane e sviluppo del valore
sociale delle economie di prossimità.
*Il dato di partenza*. In un decennio a Potenza il commercio al dettaglio
ha subito una contrazione di esercizi pari al 13,7%. Il centro storico del
capoluogo ha perso 84 negozi di commercio al dettaglio (erano 437 e sono
diventati 353). Crescono invece gli alberghi, i bar e i ristoranti ma
complessivamente di appena 2 unità, senza dunque riuscire a compensare le
riduzioni del commercio. Solo bar, in totale 70, resistono alla
desertificazione commerciale. Nei quartieri (tutta l’area cosiddetta non
centro storico) a cessare sono 54 attività di commercio al dettaglio, quasi
del tutto compensate da 53 alberghi, ristoranti e bar in più.
*Angelo Lovallo, presidente Confcommercio Potenza*: “Non ci limitiamo a
tenere il polso della situazione e ad ascoltare i cittadini attraverso
indagini, ma da tempo indichiamo proposte per la rigenerazione del centro
storico e svolgiamo iniziative con gli esercenti. Aspettiamo che si
concluda la fase istituzionale della nuova Amministrazione Comunale per
affrontare le tante e complesse questioni dei negozi di vicinato in un
Tavolo specifico che vorremmo permanente”.
*Il valore sociale dei negozi di prossimità*
Alle attività economiche di prossimità viene anche riconosciuto un alto
valore sociale: per quasi i due terzi degli intervistati (64%)
rappresentano soprattutto un’occasione di incontro che rafforza
l’appartenenza alla comunità, ma anche un servizio attento alle persone
fragili (59%), un presidio di sicurezza (57%), una garanzia di cura dello
spazio pubblico (54%) e un facilitatore dell’integrazione (49%); quando si
tratta di consumi, gli acquisti quotidiani di farmaci (64%) e tabacchi
(59%) vengono effettuati prevalentemente negli esercizi vicini
all’abitazione; per abbigliamento (64%), alimentari a lunga conservazione
(60%), accessori per la casa (60%) e prodotti di elettronica (53%) i centri
commerciali e le grandi strutture distributive (megastore, outlet, ecc.)
diventano i luoghi di acquisto prevalenti rispetto agli esercizi
commerciali in centro città dove quelle tipologie di beni registrano
percentuali di acquisto tra il 2% e il 5%.
*La desertificazione commerciale*
E uno dei motivi delle scelte di acquisto al di fuori del proprio quartiere
deriva dall’avanzamento della desertificazione commerciale, ovvero dal calo
o addirittura dalla totale assenza di negozi tradizionali vicino alla
propria abitazione: rispetto alla propria zona di residenza, infatti, per i
negozi specializzati si avverte prevalentemente una diminuzione, come nel
caso dei negozi di abbigliamento ed elettronica (46%) e dei servizi
essenziali, tra cui gli alimentari (42%), solo i servizi per il tempo
libero (tra cui bar e ristoranti) sono percepiti in aumento dal 43% degli
intervistati.
La percezione dell’avanzamento della desertificazione porta con sé un forte
sentimento negativo che spinge un italiano su cinque (22%) addirittura a
ipotizzare di cambiare abitazione nel caso in cui il fenomeno dovesse
acuirsi nella zona in cui abita; l’83% degli intervistati dichiara di
provare un senso di tristezza di fronte alla chiusura dei negozi nelle
strade della propria città e il 74% ritiene che tale fenomeno incida
negativamente sulla qualità di vita nella zona di residenza. Forte è la
consapevolezza della difficoltà di una loro riapertura: il 56% degli
intervistati sostiene che difficilmente un negozio chiuso nel proprio
quartiere verrà sostituito da un altro.
*Le principali differenze geografiche e per dimensione urbana*
I cittadini che percepiscono nel proprio quartiere fenomeni generali di
desertificazione si equivalgono con coloro che rilevano una crescita delle
attività (39%) e questo è indicativo non solo di una certa dinamicità delle
imprese del terziario di mercato ma anche di una geografia dei fenomeni
differenziata per merceologia, macroregioni e diverse dimensioni dei
comuni: se al Nord i processi di desertificazione sono segnalati dal 43%
degli abitanti, al Sud questo avviene per il 31% degli intervistati; le
chiusure sono maggiormente percepite nelle città tra 100 e 250mila
abitanti, meno in quelle tra 30 e 100 mila. Diversa è anche la percezione
del fenomeno tra chi vive nei grandi e nei piccoli centri: per i primi
desertificazione è sinonimo di aumento del degrado urbano, riduzione della
qualità della vita e riduzione della sicurezza, per i secondi sta a
indicare prevalentemente riduzione delle occasioni di lavoro, aumento del
rischio di spopolamento e riduzione delle occasioni di socialità. Al Sud
prevalgono le preoccupazioni per i riflessi occupazionali e i rischi di
spopolamento.
*Carlo Sangalli (presidente nazionale Confcommercio*). “Anche nell’era
digitale i negozi di vicinato sono insostituibili: rendono le città più
vivibili, più attrattive e più sicure. E’ necessario, però, contrastare la
desertificazione che sta facendo scomparire molte attività commerciali.
Occorre incentivare l’innovazione e sostenere la riqualificazione urbana
attraverso un miglior utilizzo dei fondi europei”: così il Presidente di
Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l’indagine sulla desertificazione
commerciale diffusa dalla Confederazione