
(AGENPARL) – gio 11 luglio 2024 Relazione sull’attività svolta e sui risultati ottenuti
ai sensi della legge regionale del Lazio 6 ottobre 2003, n. 31
Annualità 2023
Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale
Stefano Anastasìa
I Coadiutori del Garante:
Manuel Cartella
Alessandro Compagnoni
La Struttura di supporto:
Massimo Messale, Dirigente della Struttura amministrativa di supporto al Garante delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale e al Garante dell’infanzia e dell’adolescenza
Personale del Consiglio regionale del Lazio:
Matteo Boni, Posizione organizzativa “Coordinamento delle attività amministrative di competenza della Struttura di
supporto al Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale e al Garante dell’infanzia e
dell’adolescenza”
Nicoletta Capelli, Posizione organizzativa “Supporto alle attività del Garante delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale”
Ugo Degl’Innocenti, Posizione organizzativa “Informazione e comunicazione istituzionale del Garante delle persone
sottoposte a misure restrittive della libertà personale”
Francesca Cardinali, Maurizio Donis, Katia Scifoni, Alessia Gargano
Personale LazioCrea:
Gianfranco Corradino, Pietro Fargnoli, Sara Foi, Fabio Gui, Patrizia Lanzalaco.
Nel licenziare la presente Relazione agli organi regionali, il Garante ringrazia i Coadiutori, il dirigente e il personale della Struttura
di supporto, il dott. Lorenzo Fanoli, le avv. Simona Filippi, Martina Girolametti e Valentina Vitale e gli avv. Dario Di Cecca, Gennaro
Santoro e Lorenzo Tardella per la preziosa collaborazione prestata nella sua redazione e in molte altre occasioni.
Il Garante ringrazia altresì i dirigenti e il personale dell’Amministrazione penitenziaria, delle Prefetture e delle Questure, della
Regione Lazio, delle Asl e dei Comuni nel cui ambito siano attivi luoghi di privazione della libertà per la disponibilità manifestata
al lavoro svolto e per la fornitura di alcune delle informazioni presenti in questa Relazione.
Un particolare ringraziamento all’Ufficio Comunicazione istituzionale della Presidenza della Regione Lazio e al suo responsabile,
dott. Adriano Valentini, per la preziosa collaborazione nella preparazione dei materiali grafici della Relazione e della sua
presentazione pubblica.
Indice
1. Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà della Regione Lazio nel
quadro della normativa nazionale e regionale
Ambiti e funzioni del Garante alla luce della legge regionale istitutiva
e delle sue successive modificazioni
Poteri, facoltà e guarentigie riconosciute ai Garanti regionali
e locali dalla legislazione nazionale
Il potere di accesso ai luoghi di privazione della libertà
La ricezione dei reclami
I colloqui e la corrispondenza
Il potere di accesso agli atti
Gli istituti penitenziari per adulti nel Lazio
Le persone detenute nel Lazio
La capienza e il sovraffollamento
Le posizioni giuridiche delle persone detenute
I condannati in carcere: durata delle pene e pene residue
Gli ambienti di detenzione: edilizia, impiantistica e spazi esterni degli edifici
penitenziari del Lazio
Le condizioni di detenzione: il regime interno e i colloqui con i familiari
Tutela della salute e assistenza sanitaria
Le dipendenze nelle carceri del Lazio
La salute mentale negli istituti penitenziari
Certificazioni anagrafiche e di stato civile, rinnovo
dei documenti d’identità e di soggiorno
Formazione professionale e lavoro penitenziario
Gli interventi di formazione professionale per detenuti
Il lavoro penitenziario
L’istruzione scolastica e universitaria nei luoghi di privazione della libertà
Le attività culturali
Le attività di comunicazione e informazione delle persone detenute verso la cittadinanza
Le misure di comunità e l’accesso alle alternative al carcere
“Eventi critici”: morti e atti di autolesionismo
nei luoghi di privazione della libertà nel Lazio
Il sistema della giustizia minorile
L’Istituto penale minorile Casal del Marmo a Roma
3.2 Il Centro di prima accoglienza (Cpa)
3.3 Le comunità per minori
Le misure privative della libertà per motivi di salute
Le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems)
I Trattamenti sanitari obbligatori (Tso)
nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc)
Il trattamento involontario nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa)
delle persone sottoposte a provvedimento di interdizione legale
La privazione della libertà per motivi di polizia,
di sicurezza e amministrativi
Le camere di sicurezza delle forze di polizia
Il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Roma-Ponte Galeria
Le politiche regionali a favore delle persone private della libertà:
la legge regionale 8 giugno 2007, n. 7
L’attività del Garante
Le visite all’interno dei luoghi di privazione della libertà personale
Contatti e prese in carico
L’intervento presso le amministrazioni e le autorità competenti
Partecipazione a commissioni e tavoli di lavoro istituzionale
Protocolli d’intesa e altre convezioni
La collaborazione con il Garante nazionale nell’ambito del progetto
per il monitoraggio dei rimpatri forzati previsto dal Fondo Asilo, Migrazione
Integrazione del ministero dell’Interno (Fami)
La comunicazione e le iniziative di sensibilizzazione della cittadinanza
Le funzioni di portavoce della Conferenza dei Garanti territoriali
Raccomandazioni
Legenda delle abbreviazioni e degli acronimi
1. IL GARANTE DELLE PERSONE SOTTOPOSTE A MISURE RESTRITTIVE DELLA LIBERTÀ
DELLA REGIONE LAZIO NEL QUADRO DELLA NORMATIVA NAZIONALE E REGIONALE
Il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della liberta personale della Regione
Lazio (di seguito: il Garante), istituito con legge regionale 6 ottobre 2003, n. 31, si inserisce in un
quadro regionale e nazionale di difesa civica, tutela e promozione dei diritti, rivolto – in particolare –
a condizioni di svantaggio e di minore capacita di autonoma tutela e rappresentanza.
In questo quadro, da un lato il Garante si configura come parte del sistema regionale di difesa
civica e di tutela dei diritti (Difensore civico, Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Garante delle
persone sottoposte a misure restrittive della liberta personale e, da ultimo, Garante delle persone con
disabilita), dall’altro e parte della rete dei garanti delle persone private della liberta istituiti dallo
Stato (il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della liberta personale, di
seguito “Garante nazionale” o “GNPL”), dalle Regioni e dagli Enti locali, i quali ultimi hanno
congiuntamente costituito la Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della
liberta quale organismo di rappresentanza istituzionale dei garanti nominati dagli Enti
territoriali della Repubblica e luogo di confronto e di condivisione delle loro esperienze in
data 17 dicembre 2018, di cui il Garante della Regione Lazio ha svolto il ruolo di portavoce
dalla sua costituzione fino al mese di novembre del 2023.
Ambiti e funzioni del Garante alla luce della legge regionale istitutiva e delle sue successive
modificazioni
Il Garante della Regione Lazio e stato istituito “al fine di contribuire a garantire, in conformita
ai principi di cui agli artt. 2, 3 e 4 della Costituzione e nell’ambito delle materie di competenza
regionale ”i diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della liberta personale (art. 1, LR
31/2003).
Alla luce dell’art. 1, comma 2, della legge istitutiva, come riformulato dalla LR. 23 novembre
2022, n. 19, art. 9, comma 126, lettera a), il Garante si attiva a tutela delle persone “a qualsiasi titolo
sottoposte a misure restrittive della liberta personale o interdette ai sensi dell’articolo 414 del codice
civile presenti:
negli istituti penitenziari per adulti;
negli istituti penali, nei centri di prima accoglienza e nelle comunità per minori;
nei centri di permanenza per i rimpatri di cui all’articolo 14 del decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 256 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulle condizioni dello straniero) e successive modifiche;
nelle camere di sicurezza delle forze di polizia;
nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza;
nelle comunità terapeutiche;
nelle residenze socioassistenziali;
nelle strutture sanitarie in quanto sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio.
Ai sensi dell’art. 5 della legge regionale 31/2003, in collaborazione con le competenti
amministrazioni statali, “il Garante:
a) assume ogni iniziativa volta ad assicurare che alle persone private della liberta siano erogate
le prestazioni inerenti al diritto alla salute, al miglioramento della qualita della vita, all’istruzione e
alla formazione professionale, e ogni altra prestazione finalizzata al recupero, alla reintegrazione
sociale e all’inserimento nel mondo del lavoro;
b) segnala agli organi regionali eventuali fattori di rischio o di danno per le persone della liberta
dei quali venga a conoscenza in qualsiasi forma, su indicazione sia dei soggetti interessati, sia di
associazioni o organizzazioni non governative che svolgano un’attivita inerente a quanto segnalato;
c) si attiva nei confronti dell’amministrazione interessata, affinche questa assuma le necessarie
iniziative volte ad assicurare le prestazioni di cui alla lettera a);
d) interviene nei confronti delle strutture e degli enti regionali in caso di accertate omissioni o
inosservanze rispetto a proprie competenze, che compromettano l’erogazione delle prestazioni di cui
alla lettera a) e, qualora dette omissioni o inosservanze perdurino, propone agli organi regionali
titolari della vigilanza su tali strutture ed enti le opportune iniziative, ivi compresi i poteri sostitutivi;
e) propone agli organi regionali gli interventi amministrativi e legislativi da intraprendere per
contribuire ad assicurare il pieno rispetto dei diritti delle persone private della liberta e, su richiesta
degli stessi organi, esprime pareri su atti amministrativi e legislativi che possono riguardarle;
f) propone agli organi regionali gli interventi amministrativi e legislativi da intraprendere per
contribuire ad assicurare il pieno rispetto dei diritti delle persone di cui all’articolo 1, comma 2 e, su
richiesta degli stessi organi, esprime pareri su atti amministrativi e legislativi che possono riguardare
anche dette persone;
g) propone all’assessorato regionale competente iniziative concrete di informazione e
promozione culturale sui temi dei diritti e delle garanzie delle persone sottoposte a misure restrittive
della liberta personale;
g bis) esprime pareri in ordine alle proposte di provvedimenti legislativi e amministrativi di
carattere generale nelle materie di propria competenza;
g ter) e audito, su richiesta motivata, presso il Consiglio regionale o presso una commissione
consiliare, la Giunta regionale o l’Assessore competente per materia;
g quater) puo partecipare, senza diritto di voto, ad eventuali organismi di coordinamento o
consultivi istituiti nelle materie di competenza presso la Giunta o il Consiglio regionale;
g quinquies) puo accedere, senza necessita di autorizzazione, presso tutti gli uffici della
Regione, degli enti dipendenti e delle societa partecipate che svolgono attivita inerenti alle materie
di competenza;
g sexies) ha diritto di accesso a tutta la documentazione necessaria all’esercizio delle proprie
funzioni in possesso della Regione, degli enti dipendenti e delle societa partecipate;
g septies) formula, nell’esercizio delle proprie funzioni, raccomandazioni alle autorita e agli enti
competenti”.
Il Garante fa altresì parte dell’Osservatorio permanente sulla sanita penitenziaria della Regione
Lazio, istituito in attuazione del trasferimento di competenze nell’assistenza sanitaria delle persone
detenute compiuto con il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri primo aprile 2008. Infine,
il Garante partecipa con gli assessori regionali competenti al tavolo inter-assessorile, istituito con
legge regionale 8 giugno 2007, n. 7, al fine di definire le linee di intervento in favore della popolazione
in esecuzione penale.
Poteri, facoltà e garanzie riconosciute ai Garanti regionali e locali dalla legislazione nazionale
A partire dal 2009, con successivi interventi normativi, il legislatore nazionale ha riconosciuto
le funzioni dei Garanti regionali e locali delle persone private della liberta nell’ambito della privazione
della liberta per motivi di giustizia e, in seguito, anche in altri ambiti della privazione della liberta di
competenza statale, garantendo loro poteri e facolta necessari all’espletamento delle proprie funzioni
e, in particolare, alla verifica delle condizioni materiali di privazione della liberta e la comunicazione
diretta con le persone che vi sono costrette.
L’articolo 67, comma 1, lettera l bis, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (“Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, di seguito
Ordinamento penitenziario/OP), come modificata dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 (che ha
convertito il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207) prevede che i Garanti – al pari di altre Autorità
– possano visitare senza necessità di preventiva autorizzazione gli istituti penitenziari che insistono
sul territorio di loro competenza, anche accompagnati da eventuali collaboratori.
Con la legge di conversione del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, tale potere di accesso
è stato esteso anche alle camere di sicurezza delle Questure, delle caserme dei Carabinieri, della
Guardia di Finanza e della Polizia Municipale, secondo quanto disposto dall’art. 67bis
dell’Ordinamento penitenziario.
Alla luce dell’Accordo n. 17, adottato dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e Autonomie
locali il 26 febbraio 2015, ai sensi del DM primo ottobre 2012, Allegato A, concernente disposizioni
per il definitivo superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Ops), secondo cui alle persone
sottoposte alla misura di sicurezza detentiva si applicano le disposizioni di cui alla legge e al
regolamento penitenziario, ivi compreso il potere di accesso dei Garanti, senza necessità di
preventiva autorizzazione, nelle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza.
Infine, ai sensi dell’art. 19, comma 3, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, come modificato
dalla legge di conversione 13 aprile 2017, n. 46, le disposizioni di cui all’articolo 67 dell’Ordinamento
penitenziario (OP) si applicano anche nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) degli stranieri
presenti sul territorio nazionale privi di titolo di soggiorno. Di conseguenza, i Garanti regionali e locali
hanno facoltà di accesso senza necessità di autorizzazione anche in tali strutture.
La ricezione dei reclami
L’articolo 35 dell’Ordinamento penitenziario, come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a) del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146, individua nel Garante nazionale e nei Garanti regionali o
locali dei diritti dei detenuti autorita cui i detenuti e gli internati possono rivolgere “istanze o reclami,
orali o scritti, anche in busta chiusa”, norma quindi applicabile sia negli istituti penitenziari per adulti
e minori che in Rems.
Analogamente, ai sensi dell’articolo 14, comma 2bis, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, recante il
Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, come modificato dal DL 21 ottobre 2020, n. 130, “lo straniero trattenuto (nei Cpr, ndr) puo
rivolgere istanze o reclami, orali o scritti, anche in busta chiusa, al Garante nazionale e ai Garanti
regionali o locali dei diritti delle persone private della liberta personale”.
I colloqui e la corrispondenza
Al di fuori delle interlocuzioni possibili durante le visite svolte sulla base dell’art. 67 OP, i
colloqui personali e lo scambio di corrispondenza sono gli strumenti previsti dalla legge attraverso
cui il Garante può venire a contatto diretto con i detenuti e gli internati, raccogliere informazioni e
fornire diretta assistenza a chi la richiede.
In tema di colloqui, il decreto legislativo n. 123, del 2 ottobre 2018, di riforma dell’ordinamento
penitenziario, ha introdotto un nuovo comma 2 nell’art. 18 OP, dedicato espressamente ai colloqui
della persona detenuta con il proprio difensore e con il Garante, secondo cui “i detenuti e gli internati
… diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti”.
L’assimilazione del colloquio con il Garante a quella di conferire con il difensore conferisce in
capo alla persona detenuta un vero diritto e, come affermato anche dalla Corte di cassazione, Sez. I
disciplina previgente, secondo cui i colloqui dei detenuti con i Garanti territoriali erano assimilabili
a quelli con i familiari, con le conseguenti limitazioni in ordine alla frequenza e alla riservatezza,
particolarmente rilevanti per i detenuti sottoposti al regime di cui all’art. 41bis, secondo comma, OP.
Sulla base della disciplina generale dei colloqui dei detenuti e degli internati, questi si svolgono in
appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di polizia (art. 18, co. 2, OP).
Sulle modalità di svolgimento dei colloqui, anche il ministero della Giustizia – Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria – Direzione generale detenuti e trattamento, con la circolare del
5 ottobre 2023 ha specificato che “i garanti locali possano avere colloqui con i detenuti, secondo le
modalità di cui all’art. 18 O.P. (controlli solo visivi), senza far rientrare detti colloqui nel numero dei
colloqui destinati ai familiari e senza alcuna autorizzazione. Tanto vale non solo per i detenuti
condannati ma anche per gli imputati sottoposti alla misura cautelare della custodia cautelare in
carcere”. Con riferimento ai colloqui con i detenuti in regime di 41bis OP, la disciplina è dettata dal
comma 2quater dell’art. 41bis OP, ai sensi del quale i garanti regionali accedono, nell’ambito del
territorio di competenza, all’interno delle sezioni speciali degli istituti, incontrando detenuti e
internati sottoposti al regime speciale di massima sicurezza e svolgono con essi colloqui visivi
esclusivamente videoregistrati, che non sono computati ai fini della limitazione dei colloqui
personali. Infine, ai sensi dell’art. 18 ter, co. 2, combinato con il successivo art. 35 dell’Ordinamento
penitenziario, la corrispondenza epistolare e telegrafica indirizzata al Garante non può essere
soggetta a limitazioni, a visto di controllo o alla verifica del contenuto delle buste.
Facoltà di colloquio nei Cpr e corrispondenza riservata con i suoi ospiti sono implicitamente
riconosciuti anche dalla disciplina dell’immigrazione nella misura in cui ammette che la persona
trattenuta possa rivolgere istanze o reclami, orali o scritti, “anche in busta chiusa”, al Garante
nazionale e ai Garanti regionali o locali dei diritti delle persone private della libertà personale (cfr. §
Il potere di accesso agli atti
Ai sensi della lettera g sexies), dell’art. 5, della legge regionale 6 ottobre 2003, n. 31, introdotta
dall’art. 9, comma 126, lett. b), della legge regionale 23 novembre 2022 n. 19, l Garante ha diritto di
accesso a tutta la documentazione necessaria all’esercizio delle proprie funzioni in possesso della
stessa Regione, degli enti dipendenti – tra cui rientrano anche le Asl e tutte le strutture sanitarie che
a loro volta da esse dipendono (Servizi sanitari penitenziari, Rems, Spdc) – e delle società partecipate.
La circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento amministrazione penitenziaria Direzione generale detenuti e trattamento del 5 ottobre 2023, n. 389113, ha chiarito che nell’ambito
del potere di vigilanza proprio dei garanti territoriali rientra altresì la facoltà di accedere agli atti in
possesso dell’amministrazione penitenziaria e chiedere informazioni. Pertanto, il Garante può
avanzare richiesta di accesso agli atti ovvero di informazioni ogniqualvolta sia necessario per
l’espletamento dell’esercizio delle sue funzioni.
2. GLI ISTITUTI PENITENZIARI PER ADULTI NEL LAZIO
2.1. Le persone detenute nelle carceri del Lazio
Il 31 dicembre 2023 le persone detenute negli istituti penitenziari per adulti del Lazio erano 6.537,
di cui 435 donne, nella casa circondariale femminile di Roma e nelle sezioni femminili delle carceri di
Civitavecchia, Latina e Paliano, e 2.486 stranieri, pari al 38% del totale, sette punti in più rispetto alla media
nazionale.
Tabella 1. Capienza regolamentare, posti effettivamente disponibili e presenze, distinte per sesso e nazionalità,
Istituto
istituto
Posti
Capienza
effettivamente
di cui
regolamentare
totale
disponibili (*)
donne
stranieri
CASSINO
FROSINONE “G. PAGLIEI”
PALIANO
LATINA
RIETI “NC”
CIVITAVECCHIA “G.
PASSERINI”
CIVITAVECCHIA “NC”
ROMA “G. STEFANINI”
REBIBBIA FEMMINILE
ROMA “R. CINOTTI”
REBIBBIA NC1
1.170
1.067
1.533
I posti regolamentari “effettivamente disponibili” sono calcolati in base alle schede di trasparenza dei singoli
istituti penitenziari, consultabili sul sito del Ministero della giustizia:
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_3_2.page.
ROMA “REBIBBIA TERZA
CASA”
ROMA “REBIBBIA”
ROMA “REGINA COELI”
VELLETRI
VITERBO “NC”
TOTALE LAZIO
5.211
4.745
6.537
2.486
TOTALE ITALIA
51.179
47.523
60.166
2.541
18.894
Fonte. Giustizia – DAP
Dopo un periodo di costante diminuzione degli ingressi in carcere dalla libertà, durato circa un anno
e mezzo e iniziato nei mesi più critici della pandemia da Covid 19, il loro numero sia in Italia e che nel Lazio
è tornato crescere in maniera consistente per tutto biennio 2022-23.
Figura 1. Ingressi in carcere dalla libertà nel Lazio -Trend 2019-2023 (valori assoluti)
2.872
2.770
2.102
2.056
1.862
I sem
II sem
I sem
II sem
1.799
1.647
1.594
I sem
II sem
I sem
II sem
2.205
1.887
I sem
II sem
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
Figura 2. Ingressi in carcere dalla libertà in Italia -Trend 2019-2022 (valori assoluti)
23.442
22.759
17.199
I sem
II sem
I sem
18.081
18.628
II sem
I sem
17.911
18.588
II sem
I sem
19.537
II sem
18.307
I sem
19.572
II sem
In termini relativi il numero degli ingressi in carcere dalla libertà tra il primo e secondo semestre
dello scorso anno ha fatto registrare un tasso del +16,8% nel Lazio e del +6,9% in Italia. Va tuttavia
segnalato anche che il numero degli ingressi in carcere nel 2023, pari a 3.943 in Regione e a 37.879 in tutta
Italia, rimane comunque ancora sensibilmente inferiore a quello che si era registrato nel 2019,
precedentemente al periodo pandemico: 5.642 in regione e 46.201 nell’intero Paese.
Questo dato indica per un verso che c’è ancora un relativo calmieramento nelle incarcerazioni, che
non hanno ancora ripreso i livelli pre-pandemici e, meno che mai, quelli precedenti alla condanna della
Corte europea dei diritti umani nel caso Torregiani e altri c. Italia, ma d’altra parte indica che l’effetto di
pena, per cui la grande maggioranza dei detenuti sono condannati a scontare la pena in carcere fino
Dopo il biennio 2020-21, di relativo decongestionamento delle presenze in carcere e di riduzione
dei tassi di affollamento determinato dalla riduzione degli ingressi in carcere a causa della pandemia e dalle
misure messe in atto per contenere il rischio di contagio, già a partire dei primi mesi del 2022 i numeri
sono tornati a crescere. Infatti, nel biennio trascorso, tra il 31 dicembre 2021 e il 31 dicembre del 2023, il
numero di persone presenti nelle carceri del Lazio è aumentato di quasi mille unità.
Figura 3. Capienza regolamentare degli istituti penitenziari per adulti del Lazio e detenuti presenti. Serie
storica 31 dicembre 2016 – 31 dicembre 2023
6.534 6.484 6.566
6.108
6.537
6.247 6.237 6.314
6.180
5.762 5.816
5.933
5.599 5.548 5.667
5.237 5.239 5.258 5.270 5.256 5.174 5.174 5.175 5.175 5.175 5.175 5.158 5.217 5.222 5.211
dic.’16 giu.’17 dic.’17 giu.’18 dic.’18 giu.’19 dic.’19 giu.’20 dic.’20 giu.’21 dic.’21 giu.’22 dic.’22 giu.’23 dic.’23
Capienza regolamentare
Detenuti presenti
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
regione dichiarata dall’Amministrazione penitenziaria era di 5.217 posti, di conseguenza, con 6.537
detenuti era possibile registrare un tasso di affollamento pari al 125%, già allora significativamente
superiore alla media nazionale del 119%.
il tasso di affollamento raggiungeva il 138%, con punte intorno al 170% in quattro carceri della Regione.
Se si escludono le tre case di reclusione e la terza casa circondariale di Roma, destinata ai semiliberi
e al trattamento avanzato per tossicodipendenti, tutti gli istituti di pena della Regione presentano tassi di
affollamento effettivi superiori al 100% e sono la maggioranza quelli dove i detenuti presenti superano la
condizioni degli istituti di Latina, Civitavecchia N.C, Roma Regina Coeli, Viterbo e Cassino, dove il tasso di
affollamento effettivo superava il 150%.
Figura 4. Tasso di affollamento calcolato in base ai posti effettivamente disponibili nei singoli istituti penitenziari del
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap).
In Italia, il Lazio è la quarta regione per numero di detenuti (preceduta da Lombardia, Campania e
Sicilia). Al 31 dicembre 2023, il numero complessivo di detenuti in Italia era di 60.166, a fronte di una
capienza regolamentare di 51.79 posti, con un tasso di affollamento – come abbiamo già scritto – pari al
119%. Pertanto, la situazione della nostra regione, dal punto di vista dell’affollamento, risulta più critica
che nel resto d’Italia, come del resto è sempre stato sin da prima della sentenza pilota “Torregiani e altri
contro Italia”, con cui la Corte europea dei diritti umani ha condannato l’Italia in ragione del
sovraffollamento strutturale dell’intero sistema penitenziario.
Figura 5. Tasso affollamento calcolato sul numero effettivo di posti disponibili e numero di detenuti per
Regione negli Istituti penitenziari d’Italia al 31 dicembre 2023
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
A fine 2022 i detenuti presenti in tutta Italia erano 56.196, quindi da allora si è verificato un
incremento di 3.970 unità e il tasso di affollamento a livello nazionale è cresciuto di nove punti percentuali,
due in meno rispetto al Lazio.
Figura 6. Indice di affollamento penitenziario (detenuti presenti/capienza istituti) nel Lazio e in Italia al 31.12.
Serie storica 2012-2023.
Lazio
Italia
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
Dei 6.537 detenuti presenti nei quattordici istituti laziali, alla data del 31 dicembre 2023, 4.593
erano condannati in via definitiva, mentre 1.116 erano in attesa di primo giudizio, 806 appellanti o
ricorrenti in Cassazione e 22 in altra posizione.
Tabella 2. Detenuti per posizione giuridica nelle carceri del Lazio al 31.12. Serie storica 2017-2023
In attesa di primo giudizio
1.116
1.011
1.209
1.076
Appellanti
Ricorrenti
Misti2
Condannati definitivi
4.593
4.149
3.820
3.762
4.117
4.076
Internati3
Da Impostare4
TOTALE
6.537
5.933
5.548
5.816
6.566
6.534
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
Guardando alla distribuzione percentuale delle diverse posizioni giuridiche emerge che la
popolazione carceraria presente in regione è per il 70% dei casi composta da detenuti definitivi.
Altra posizione
attesa
primo
giudizio
Totale detenuti
condannati non
defintivi
Condannati
definitivi
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
Nella categoria “misti” confluiscono i detenuti imputati con a carico più fatti, ciascuno dei quali con il relativo titolo
giuridico, purché senza nessuna condanna definitiva.
Internate sono le persone destinatarie di misure di sicurezza detentive. In carcere sono sovente ospitati internati che
sarebbero destinati a case di lavoro o colonie agricole. Per quanto discutibili siano queste prassi, del tutto illegittimo è
invece il trattenimento in carcere delle persone destinatarie di misure di sicurezza detentive di tipo sanitario (psichiatriche).
La categoria “da impostare” si riferisce ad una situazione transitoria. È infatti relativa a quei soggetti per i quali è
momentaneamente impossibile inserire nell’archivio informatico lo stato giuridico, in quanto non sono ancora disponibili
tutti gli atti ufficiali necessari.
Tale proporzione è leggermente, ma costantemente inferiore alla media nazionale (pari al 73,4%).
Figura 8. Percentuali di detenuti in attesa di giudizio in Italia e nel Lazio. Serie storica semestrale giugno
2019-dicembre 2023.
giu 19
dic 19
giu 20
dic 20
giu 21
dic. 21 mar. 22 giu. 22 set. 22 dic.22 mar. 23 giu. 23 set. 23 dic.23
Italia
Lazio
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
condanna di durata inferiore ai 5 anni. Si tratta di una percentuale più alta rispetto a quanto si verifica
nell’intera Penisola, dove, nel complesso, la percentuale di condannati definitivamente a meno di 5 anni è
del 42,8%. Ricordiamo che le pene fino a quattro anni sarebbero ammissibili alle nuove sanzioni sostitutive
delle pene detentive brevi previste dalla cd. “Riforma Cartabia” (D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150) e alle
alternative alla detenzione dalla libertà. Particolarmente grave il dato riguardante le 205 persone
condannate a pene inferiori a un anno, per le quali l’Amministrazione penitenziaria non ha tempo e modo
di offrire alcuna opportunità di sostegno per il reinserimento sociale e che finiscono per essere trattenuti
in carcere senza altro scopo che quello retributivo o di incapacitazione temporanea, in evidente contrasto
con l’art. 27, comma 3, della Costituzione e con la legge penitenziaria.
Lazio
Totale Italia
30,6 30,0
da 0 a 1
da 1 a 2
da 2 a 3
da 3 a 5
da 5 a 10
da 10 a 20
oltre 20
ergastolo
Fonte: nostra elaborazione su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
Un ulteriore e importante elemento da considerare, nella composizione della popolazione detenuta
all’interno degli istituti penitenziari, riguarda la sua distribuzione per durata della cd. “pena residua”, quella
parte ancora da scontare di una pena temporalmente più lunga. Nella nostra regione sono 1.912 detenuti
che devono scontare una pena residua inferiore ai due anni che è il termine per l’accesso alla detenzione
domiciliare ordinaria, esistendone gli ulteriori presupposti di legge, si tratta del 41,6% sul totale di coloro
che hanno una pena definitiva. Sono addirittura 924 le persone che hanno un fine pena inferiore a un anno.
A fine 2022 i detenuti con pena residua inferiore ai due anni erano 1.719 e sono quindi aumentati di ben
193 unità (+11,2%).
Al di là degli effetti sull’affollamento degli istituti di pena, il trattenimento in carcere dei condannati
fino all’ultimo giorno della loro pena è l’indice più significativo del fallimento del sistema penitenziario nel
perseguimento dello scopo costituzionale della pena: secondo legge e Costituzione, la finalità rieducativa
della pena andrebbe perseguita con la progressione nel trattamento penale verso il pieno reinserimento
sociale del condannato attraverso le diverse misure alternative alla detenzione che l’ordinamento prevede.
Lazio
Totale Italia
0,7 1,1
da 0 a 1
da 1 a 2
da 2 a 3
da 3 a 5
da 5 a 10
da 10 a 20
oltre 20
ergastolo
Figura 11. Detenuti per durata della pena residua nel Lazio. Trend 2016-2023 (valori assoluti)
in attesa di giudizio
pena residua superiore a due anni
pena residua inferiore due anni
1.922
1.871 1.914
1.463 1.626 1.636
1.579
2.609 2.186 2.162
1.719 1.898
1.912
1.607
2.052 2.136
2.681
2.196 2.241 1.905 2.430 2.617
2.458 2.509 2.540 2.247 2.054
1.767 1.712 1.728 1.770 1.655 1.922
Fonte: nostre elaborazioni su dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap)
2.2. Gli ambienti della detenzione: edilizia, impiantistica e spazi esterni degli edifici penitenziari del Lazio.
Le condizioni strutturali degli istituti penitenziari rappresentano una delle maggiori criticità del
sistema penitenziario del nostro Paese. Scarsità di luce in ambienti chiusi e ristretti, locali fatiscenti e
mancanza di acqua calda nelle camere, precarietà degli impianti di areazione, aree per la socialità di
dimensioni insufficienti rispetto al numero dei detenuti presenti nelle sezioni, assenza di spazi adeguati da
condividere con la propria famiglia, campi sportivi e palestre scarsamente attrezzate ed in alcuni casi
persino inutilizzabili, rappresentano aspetti che possono alterare gravemente la vita di coloro che devono
espiare una pena detentiva in uno dei 14 istituti penitenziari, o nell’unico istituto penale minorile, presenti
sul territorio regionale.
Non sono poche le prescrizioni contenute nel Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento
penitenziario (DPR 230/2000) che, ancora oggi, a distanza di più di 20 anni dalla sua adozione, e pur
continuamente sollecitate, non sono rispettate o lo sono soltanto parzialmente. Tre cose su tutte: le docce
nelle camere detentive, i servizi igienici in locali separati da quelli di pernottamento, le mense in cui
consumare i pasti in condizioni di socialità.
In tempi più recenti con il D.Lgs. n. 124 del 2 ottobre 2018 sono state introdotte ulteriori novità
finalizzate al miglioramento delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari, molte delle quali
restano anch’esse ancora inattuate. Il D.Lgs. n.124 ha modificato l’art. 6 dell’Ordinamento Penitenziario
dove stabilisce che le “aree residenziali” devono essere dotate di spazi comuni per consentire ai detenuti
una gestione cooperativa della vita quotidiana nella sfera domestica. Le modifiche introdotte nell’art.8
dell’OP hanno imposto l’obbligo di fornire le docce di acqua calda, e di collocare i servizi igienici
adeguatamente areati in uno spazio separato nelle camere di pernottamento, per garantire adeguata
riservatezza. Sempre il medesimo decreto legislativo introduce all’art. 18 O.P un’attenzione particolare ai
locali destinati ai colloqui con i familiari che devono favorire, “ove possibile, una dimensione riservata del
colloquio”.
Nonostante nel corso degli ultimi anni, nelle carceri del Lazio siano stati realizzati numerosi
interventi di manutenzione straordinaria, molti istituti penitenziari hanno importanti problemi di carattere
strutturale. In generale la maggior parte delle carceri presenti nel Lazio sono ubicate fuori dai centri abitati,
con un effetto di straniamento rispetto alla vita cittadina e alla comunità locale, ma quelli tra di essi che si
si trovano incastonati all’interno dei centri abitati, come Regina Coeli, Cassino e Latina, spesso presentano
gravi problematiche sia per i pochi spazi a disposizione che per le condizioni di detenzione.
Sicuramente l’eterogeneità di una edilizia penitenziaria stratificatasi nel tempo non facilita
l’individuazione di un’unica causa alla quale ricondurre tutte le problematiche e i limiti di natura
strutturale degli istituti di pena. Si pensi che nel Lazio accanto a carceri edificati negli ultimi trent’anni, ce
ne sono altri come ad esempio la CC Regina Coeli, la CR di Paliano e la CR Civitavecchia, dove la quasi totalità
dei problemi presenti, oltre che per le difficoltà legate ad attività di manutenzione ordinaria e straordinaria,
ha origine nel tempo e più in generale nella difficoltà ad adeguare alle attuali esigenze strutture
pluricentenarie.
A riprova però che la vetustà delle strutture non è l’unica criticità degli istituti penitenziari regionali
va ad esempio ricordato che nel carcere di Cassino costruito negli anni 50, dopo la chiusura di un’intera
area avvenuta nel 2019 per importanti problemi strutturali, è stata dichiarata inagibile un’intera sezione,
generando un ulteriore sovraffollamento nell’unica sezione rimasta disponibile per detenuti per reati
comuni. Una ulteriore conseguenza di ciò è stata l’impossibilità di utilizzare sia il campo sportivo che la
palestra presenti nell’istituto penitenziario. Come questa situazione che si protrae da circa due anni stia
determinando un peggioramento del benessere psicofisico di chi è detenuto nel carcere di Cassino, appare
oltremodo evidente. Ulteriori sezioni chiuse, che richiedono importanti lavori di ristrutturazione, a
Rebibbia Penale (3 sezioni) e a Viterbo (1 sezione).
A Rebibbia NC proseguono i lavori per la realizzazione di un nuovo reparto, il G10, mentre con i fondi
del PNRR è stata prevista la realizzazione di nuovi padiglioni detentivi a Civitavecchia, Velletri e Viterbo,
che sta entrando in fase esecutiva.
Frequentemente è segnalata dalle persone detenute la presenza di infissi usurati e in stato di
deterioramento, al punto tale da rappresentare un problema nella stagione invernale. Ne sono un esempio
gli istituti di Latina, dove soprattutto nella sezione maschile necessiterebbero di una quasi totale
sostituzione, la sezione precauzionale della CC Viterbo, la CR di Rebibbia, la CC di Rebibbia Femminile e la
CC di Regina Coeli. La grave criticità rilevata e legata alla precarietà del riscaldamento nelle celle evidenzia
come gli impianti utilizzati siano per la maggioranza insufficienti e vetusti, in qualche caso mal funzionanti,
generando spesso forti lamentele da parte della popolazione detenuta. Di fatto, la posizione geografica di
alcuni istituti penitenziari quali Cassino, Frosinone e Viterbo fa sì che, tali problematiche diventino causa
di forte disagio e concreto aggravamento delle condizioni di vita.
D’altro canto, le crescenti tensioni negli Istituti Penitenziari causano danneggiamenti alle stanze di
pernottamento, alle suppellettili, ai servizi sanitari e ai termosifoni. Televisori e plafoniere sono spesso
sono danneggiati e la loro sostituzione comporta tempi di rifornimento importanti.
Nella maggior parte degli istituti penitenziari regionali non sono presenti le docce nelle stanze
detentive, ad eccezione di Rieti, istituto di recente costruzione, Cassino, ma soltanto per la sezione che
ospita i sex offenders, del nuovo padiglione della CC di Frosinone, del nuovo padiglione di Velletri, di un
reparto della CR di Civitavecchia, di una sezione della CR Rebibbia e della CC Rebibbia femminile, Rebibbia
III Casa, delle sezioni femminili della CC di Civitavecchia e della CC di Latina e dell’Istituto minorile di Casal
del Marmo. Nella maggior parte delle carceri, i locali destinati alle docce presentano condizioni precarie
nelle forniture e per problemi di areazione e aspirazione dei vapori. Molti di questi spazi risultano essere
caratterizzati dalla presenza di ruggine e muffa, o assenza della griglia di copertura dello scarico. Inoltre,
può accadere che l’acqua non sia sufficientemente calda, o non per tutto il tempo necessario a dare la
possibilità a tutti di usufruirne. Va inoltre evidenziato che spesso il numero delle docce presenti risulta
insufficiente e mal funzionante anche per la mancanza di interventi di ordinaria manutenzione, che date le
condizioni di promiscuità e sovraffollamento si presentano come continuamente necessari. In alcune
sezioni (VII a Regina Coeli, Rebibbia Femminile, Cassino, Frosinone) permane anche la difficoltà ad avere
l’acqua calda nelle docce. Lavori di manutenzione delle docce sono stati recentemente realizzati a Viterbo
e Rebibbia NC (G11)
Rispetto ai servizi igienici, si rileva che gli stessi sono ubicati in vani all’interno delle stanze detentive,
dove in forza del rispetto della normativa di riferimento, risultano essere separati dagli spazi di
pernottamento, a eccezione della sezione collaboratori della CR di Rebibbia e quella di isolamento della CC
di Cassino, dove sono a vista, non in conformità con quanto definito dalla normativa. Inoltre, frequenti e
generalizzate sono le segnalazioni e le lamentele dei detenuti circa perdite, infiltrazioni e problematiche di
varia natura, dovute in molti casi alla scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria. Manutenzione che
spesso viene eseguita solo quando si generano problemi più complessi dove l’intervento si presenta come
non più rinviabile. Nel frattempo, registriamo costantemente la riduzione dei flussi idrici durante l’estate
negli Istituti Penitenziari di Civitavecchia, Latina, Frosinone.
Nonostante le ripetute segnalazioni, dette criticità permangono e sono maggiormente accentuate
nelle sezioni c.d. di isolamento, le quali sono utilizzate in molti casi come area di prima accoglienza per
l’accesso in carcere o di transito verso altri istituti.
Una particolare attenzione meritano anche gli spazi adibiti alle relazioni con i familiari. Molte
strutture non hanno spazi idonei all’accoglienza e riservati all’attesa delle famiglie in visita per gli incontri
con i propri cari. La CC Regina Coeli, che con Rebibbia NC è la prima casa circondariale del territorio
regionale per ingressi e presenze, ha una piccola sala d’attesa, inadeguata per il numero di familiari che
ogni giorno si reca a visitare i propri cari. A Cassino non c’è una sala di attesa all’interno dell’istituto
penitenziario, e i familiari che non trovano spazio nel piccola struttura esterna allestita dalla Caritas,
devono attendere il proprio turno fuori dall’istituto penitenziario sotto una piccola pensilina per ripararsi
dal freddo, dal sole e dalla pioggia. Ma anche a Frosinone o presso la CR di Rebibbia i familiari hanno a
disposizione soltanto uno spazio aperto eventualmente attrezzato con una tettoia di protezione. A tal
proposito si può rilevare che è stato previsto, grazie alla LR 7/2007, il completamento dei lavori per la
realizzazione dell’Area verde, acquisto e posa dei relativi arredi per l’accoglienza dei familiari.
Significativa ed emblematica è poi la situazione della CR di Paliano, dove per assenza di un’area
specifica all’interno dell’istituto penitenziario, i colloqui avvengono in un prefabbricato di metallo collocato
nell’intercinta dell’istituto. Anche la presenza di ulteriori spazi di attenzione alle relazioni affettive e
familiari come le ludoteche non risulta essere comune. La CC di Viterbo, la CC Rebibbia Nuovo Complesso,
la CC di Rieti, la CC di Frosinone, la CC di Civitavecchia, ma anche la CC di Regina Coeli, sono dotati di
ludoteche, mentre la CC di Cassino e la CC di Latina ne sono sprovviste.
Campi di calcio, palestre o strutture polivalenti sono presenti in quasi tutte le strutture, anche se le
condizioni non sono sempre soddisfacenti, come nel caso delle palestre, nella maggior parte dei casi dotate
di pochi attrezzi e spesso malfunzionanti. Sono in corso d’opera lavori di messa in sicurezza del campo
sportivo a Viterbo. Tuttavia, in assenza dei necessari interventi manutentivi, in diversi istituti penitenziari
i campi sportivi sono inutilizzabili già in caso di pioggia. In alcuni casi, pochi ma significativi, è la stessa
carenza di spazi a non consentire o a rendere difficile le pratiche sportive. Gli istituti che maggiormente
risentono di queste carenze sono la CC di Regina Coeli e la CC di Latina (tendenzialmente inidonee alle
attività sportive), mentre alla CC di Cassino, dove, come già ricordato, a seguito della chiusura di un’intera
sezione avvenuta a marzo del 2019, per questioni di sicurezza è risultato inaccessibile per diverso tempo,
il campo sportivo e l’unica palestra del carcere; da non molto tempo sono state ripristinate e fruibili
dall’utenza.
Irrisolto il problema strutturale dell’assenza di spazi esterni nei due reparti dedicati ai detenuti in
ambito ospedaliero, al “Sandro Pertini” di Roma e al “Belcolle” di Viterbo, essenziali non solo per il solo
rispetto della normativa in materia di accesso all’aria aperta (per un minimo di quattro ore al giorno), ma
anche per ovviare al tassativo divieto di fumo vigente negli spazi ospedalieri.
2.3. Le condizioni di detenzione: il regime interno e i colloqui con i familiari
Sul finire del 2023, dopo un periodo di sperimentazione in alcune regioni, è entrata in vigore su
tutto il territorio nazionale la circolare Dap n. 3693/6143 del 18 luglio 2022 di riorganizzazione del circuito
della media sicurezza, il quale nel suo complesso ospita più dell’80% della popolazione detenuta. Essa
prevede la riconfigurazione dell’intero circuito secondo la distinzione delle sezioni di riferimento in sezioni
ordinarie, sezioni a trattamento avanzato, sezioni ex. art. 32 OP e le sezioni destinate a eseguire
provvedimento di isolamento.
Sebbene l’obiettivo dichiarato della circolare fosse quello di superare la dualità tra custodia aperta
e custodia chiusa, ai fini di garantire il trattamento individualizzato, un modello ordinario di chiusura
sembra essersi affermato, configurando le occasioni di apertura come una residuale eccezione. A ciò
conduce, in particolare, una interpretazione rigorosa della disciplina delle cd. “sezioni ordinarie”, in cui alle
persone detenute è consentito di andare all’aria per quattro ore e in socialità per altre quattro, salvo
l’impegno in attività scolastiche, educative o culturali. Al di fuori di queste circostanze (o di colloqui, visite
mediche et similia), i detenuti devono restare in stanza anche di giorno, anche al di fuori dei momenti di
verifica delle presenze (la “conta”), secondo un regime di “celle chiuse”. Il risultato che si è potuto
riscontrare, p. es. nel carcere di Cassino, è che, in assenza di attività trattamentali significative (per carenza
di offerta o di personale destinato a seguirne lo svolgimento), i detenuti, salvo le ore d’aria previste per
legge, restano in stanza, ciascuna di esse occupata da sette persone contemporaneamente, non potendo
neanche andare tutti nella sala di socialità, inidonea a ospitare tutte le persone assegnate al piano. E’
evidente che un simile trattamento, oltre a configurarsi come inumano e degradante ai sensi dell’art. 3
CEDU, che nella giurisprudenza della Corte riconosce come rilevante l’apertura/chiusura delle stanze
eventualmente sovraffollate, alimenta uno stato di tensione e di conflittualità che nuoce al clima interno
agli istituti e alla loro missione rieducativa.
Contestualmente, è stato ripristinato il regime dei colloqui telefonici precedente alla pandemia, con
la limitazione a una telefonata alla settimana. A nulla è valsa la richiesta dei Garanti e delle organizzazioni
di volontariato, per mantenere un contatto affettivo più significativo, dei detenuti con i propri cari, né la
disponibilità mostrata da alcune direzioni a concedere telefonate supplementari, né infine lo stesso
impegno assunto dal Ministro della giustizia nell’agosto del 2023, all’indomani della tragica morte di due
detenute nel carcere di Torino, ad aumentare il numero delle telefonate previste dal Regolamento di
esecuzione dell’Ordinamento penitenziario: fino all’entrata in vigore del decreto-legge 92/2024 le
possibilità di comunicazione dei detenuti con i familiari sono stati limitate all’applicazione di una norma
desueta e ormai assolutamente ingiustificata.
La possibilità di mantenere il contatto con il mondo esterno è di vitale importanza per i detenuti,
innanzitutto per contrastare gli effetti dannosi del carcere. D’altro canto, il sostegno delle famiglie e
dell’ambiente di provenienza aiuta il reinserimento nella comunità e il mantenimento di buone relazioni
familiari e spesso motiva l’adesione dei condannati all’offerta trattamentale e contribuisce a ridurre il tasso
di recidiva.
L’organizzazione materiale dei colloqui e delle telefonate nelle carceri del Lazio appare spesso
inadeguata. Si pensi alle modalità di prenotazione dall’esterno non sempre friendly nei confronti dei
familiari dei detenuti (famiglie e avvocati hanno più volte segnalato all’ufficio del Garante le difficoltà
incontrate nel prenotare telefonicamente i colloqui con i congiunti o assistiti tramite i numeri dedicati nel
carcere di Regina Coeli, dove pure si effettua una media di 100 telefonate al giorno, più di 500 colloqui in
presenza e circa 300 video colloqui alla settimana), alle lunghe code che in alcuni istituti si svolgono in
strada, senza alcuna modalità di protezione dagli agenti atmosferici e della riservatezza personale, agli
ambienti caotici dei colloqui, agli spazi inadeguati ai colloqui con i minori, alla mancanza di aree verdi in
alcuni istituti o alla troppo rigida regolazione dell’accesso a esse in altri. Si pensi alla mancanza di
riservatezza o al vero e proprio frastuono in cui si svolgono le telefonate negli istituti le cui sezioni hanno
il telefono accessibile ai detenuti nel corridoio o in altri spazi di transito e senza alcuna protezione.
Nel corso del 2023 è diventato operativo nell’istituto penitenziario di Rebibbia femminile il M.A.MA,
Modulo per l’Affettività e la Maternità, a disposizione delle donne detenute per svolgere colloqui con i
propri congiunti in uno spazio che ricrei la dimensione domestica e che ricostituisca momentaneamente il
nucleo familiare, per il sostegno della genitorialità e della familiarità. Ma ancora oggi la struttura è
sottoutilizzata e in parte poco rispondente al mandato per cui è sorta: si effettuano colloqui una volta a
settimana e svolti solo da madri con i figli, nell’ambito di progetti di recupero della genitorialità. Progetti
che continuano ad escludere il mantenimento delle relazioni affettive di tutto il nucleo familiare in un
contesto adeguato, domestico e più naturale.
Infine, in tutti gli istituti del Lazio è garantito un servizio di corrispondenza elettronica, gestito da
enti terzi, a carico dei richiedenti, che vi si devono abbonare, secondo modalità più o meno vantaggiose da
istituto a istituto, ma sempre e comunque senza possibilità di scelta dell’operatore, che vi opera in regime
di monopolio sulla base di un prezzario concordato non con l’utenza, ma con la direzione che ne sottoscrive
il contratto di fornitura. Naturalmente, passato ormai da tempo in molti istituti l’apprezzamento per la
nuova modalità comunicativa, le persone detenute, soprattutto quelle che sono trasferite da istituto a
istituto, chiedono conto della differenza dei costi e delle tipologie contrattuali, per una modalità di
comunicazione che – ricordiamolo – non ha costi e non ha limiti di esercizio fuori dall’ambiente
penitenziario.
2.4. Tutela della salute e assistenza sanitaria.
L’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari è erogata dal SSN, il quale opera nel rispetto della
disciplina sul riordino della medicina penitenziaria stabilita dalla legge-delega 30 novembre 1998, n. 419,
dal D.Lgs. 22 giugno 1999, n. 230 e dal DPCM 1° aprile 2008 «Modalità e criteri per il trasferimento al
Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle
attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», con le allegate linee di indirizzo
(Allegato A – «Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio Sanitario nazionale a tutela della salute dei
detenuti e degli internati negli istituti penitenziari, e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale»;
Allegato C – «Linee di indirizzo per gli interventi negli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) e nelle case di
cura e custodia»).
Le Regioni, le Province autonome assicurano, tramite le Aziende sanitarie locali, l’assistenza
sanitaria alla popolazione detenuta negli istituti penitenziari e nei servizi della giustizia minorile del
proprio territorio regionale attraverso un sistema articolato di servizi sanitari con caratteristiche di
complessità organizzativa e funzionale crescenti, che costituiscono la Rete regionale e nazionale per
l’assistenza sanitaria penitenziaria. Gli obiettivi di salute, generali e speciali, sono realizzati mediante
specifici modelli organizzativi del Servizio Sanitario Regionale (SSR), anche di tipo dipartimentale,
differenziati in rapporto alla tipologia e alla consistenza degli istituti penitenziari ubicati in ciascuna
regione.
L’assistenza sanitaria viene prestata, di regola, all’interno degli istituti dal SSN, anche avvalendosi
delle tecnologie che consentono l’erogazione di servizi a distanza. Il SSN garantisce, in ogni istituto
penitenziario un servizio sanitario (medico e farmaceutico) rispondente, sotto il profilo dell’adeguatezza,
alle particolari esigenze profilattiche e di cura dei detenuti e degli internati (art. 11, co. 2, Ord. penit.),
assumendo la competenza di tutte le funzioni sanitarie, assistenza di base, specialistica, d’urgenza, per
patologie croniche, monitoraggi diagnostici, predisposizione e attuazione di protocolli terapeutici per ogni
detenuto o internato. Laddove si riscontri l’esigenza di una prestazione specialistica ambulatoriale non
disponibile all’interno dell’istituto penitenziario o della azienda sanitaria di competenza, la stessa è
garantita anche attraverso specifici accordi con altre aziende sanitarie, specie per la diagnostica
strumentale ad alta tecnologia (TAC, RMN, PET, ecc.).
In ogni caso, l’azienda sanitaria locale deve garantire l’attività assistenziale H24 e 7/7. I servizi
penitenziari locali presentano caratteristiche e potenzialità differenti a seconda delle dimensioni, delle
presenze, della tipologia di detenuti, del turnover di arrestati o detenuti e in generale secondo le indicazioni
desunte dalla rilevazione e dall’analisi delle esigenze sanitarie della popolazione penitenziaria. Elaborano
il proprio modello organizzativo sulla base delle seguenti tipologie di servizi:
Servizio medico di base
Servizio medico multiprofessionale integrato
Servizio medico multiprofessionale integrato con sezione specializzata
Sezioni per detenuti con malattie infettive
Sezioni per soggetti affetti da disturbi mentali (ATSM)
Sezioni per detenuti tossicodipendenti
Istituto a custodia attenuata per il trattamento dei tossicodipendenti (ICATT)
Sezioni attenuate per il trattamento dei tossicodipendenti (SeATT)
Unità a custodia attenuata per il trattamento della Sindrome astinenziale
Servizio medico multiprofessionale Integrato con sezioni dedicate e specializzate di assistenza
intensiva (SAI, ex Centri diagnostico-terapeutici o centri clinici)
Ospedale HUB/SPOKE con stanze dedicate o Reparto ospedaliero per detenuti.
L’articolo 11, comma 13, OP, così come riformulato dal decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123,
attribuisce al Direttore generale dell’Azienda sanitaria locale competente per territorio la responsabilità di
visitare “almeno due volte l’anno” gli istituti di prevenzione e pena, allo scopo di accertare, anche in base
alle segnalazioni ricevute, l’adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni
igieniche e sanitarie degli istituti. Ai sensi del successivo comma 14, il Direttore generale riferisce al
Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare,
informando altresì i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza. Il Garante
periodicamente richiede alle Direzioni generali competenti le risultanze delle visite effettuate, ovvero di
programmarne, qualora non le abbiano già disposte.
La Regione Lazio, attraverso le AA.SS.LL. competenti per territorio provvede ad erogare le
prestazioni sanitarie nei 14 Istituti penitenziari e nell’Istituto penale minorile (IPM) di Casal del marmo. Il
sistema sanitario penitenziario regionale è integrato da 2 strutture ospedaliere protette, una a Roma
(adiacente all’Ospedale Sandro Pertini) e l’altra a Viterbo (presso l’Ospedale Belcolle). Esiste poi all’interno
della Casa circondariale di Regina Coeli un Servizio di Assistenza Intensiva (SAI) costituito da tre piani,
presso cui sono allocate due camere destinate a interventi chirurgici che non richiedano assistenza
ospedaliera. Tale blocco operatorio è recentemente riattivato, dopo l’impegno preso in questo senso dal
Presidente della Regione Francesco Rocca nella sua prima visita all’istituto romano del maggio 2023.
Le prestazioni sanitarie sono erogate nelle infermerie degli Istituti penitenziari attraverso i medici
di reparto, gli infermieri e i medici specialisti. Le prestazioni di medicina specialistica possono essere
erogate all’interno delle strutture di reparto o mediante trasferimento del paziente detenuto presso le
strutture del territorio (ospedali, centri diagnostici).
Per monitorare e migliorare l’efficacia delle prestazioni sanitarie penitenziarie, sono stati previsti
dalla normativa alcuni strumenti atti a “governare” l’interazione e la cooperazione in ambito sanitario tra
le istituzioni coinvolte, come:
L’Osservatorio permanente regionale sulla sanità penitenziaria, ricostituito dalla Regione Lazio con
DGR n. 237 del 22/05/2018;
i Tavoli tecnici sulla sanità penitenziaria, costituiti dalle singole AA.SS.LL. a seguito di specifici
accordi con gli Istituti penitenziari del territorio di competenza.
Già il Decreto legislativo n. 230 del 22 giugno 1999 prevedeva l’adozione da parte di ciascuna ASL
di una Carta dei servizi, recante i criteri e le modalità dell’erogazione dei servizi sanitari previsti nei livelli
essenziali di assistenza. Il Decreto legislativo 123/2018, di modifica dell’Ordinamento penitenziario,
prescrive ora che essa sia fatta conoscere alla popolazione detenuta attraverso “idonei mezzi di pubblicità”.
L’assistenza specialistica e la diagnostica extramuraria risente della difficoltà dei Nuclei di
traduzione e piantonamento dell’Amministrazione penitenziaria di garantire le visite, gli accertamenti e
finanche gli interventi programmati, pur con grande fatica, dai sanitari: circa il 50% delle visite
programmate salta per indisponibilità del NTP, recentemente una donna detenuta nel carcere romano di
Rebibbia, già pre-ospedalizzata per un intervento chirurgico è stata ricondotta in Istituto perché il NTP non
poteva assicurare la vigilanza in fase post-operatoria. Per ovviare a questa difficoltà, la Regione e le Asl
stanno potenziando i servizi specialistici interni (a Rebibbia è in fase di realizzazione un centro sanitario
interno di servizio ai quattro istituti, con possibilità di razionalizzare le risorse specialistiche e diagnostiche
e aumentarne la resa in termini di prestazioni), ma il problema resta e andrebbe preso in seria
considerazione anche dall’Amministrazione penitenziaria nella distribuzione delle risorse umane dedicate
ai Nuclei di traduzione e piantonamenti e dagli stessi uffici giudiziari, per valutare un diverso ordine di
priorità delle traduzioni quando sono in gioco prestazioni sanitarie per patologie gravi coincidenti con
udienze o altri adempimenti processuali.
Il sistema sanitario penitenziario poi soffre di un’ulteriore ricorrente criticità, che è quella legata
alla medicina odontoiatrica. Sia a causa di patologie correlate alle tossicodipendenze, sia per cause igienicosanitarie, sempre più spesso sussiste la necessità di dover ricorrere a cure odontoiatriche, la cui offerta
all’interno degli Istituti è limitata tanto da risultare insufficiente. Discorso a parte è quello sulle protesi
dentarie, non previste nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) garantiti dal SSN e che hanno un costo
inaccessibile a carico di pazienti frequentemente nullatenenti.
Quanto alla fornitura di farmaci all’interno degli Istituti penitenziari, dalle nostre rilevazioni risulta
un quadro non omogeneo. Innanzitutto, non tutte le farmacie interne agli Istituti sono dotate degli stessi
prodotti della Farmacia ospedaliera di riferimento. A ciò si aggiunge il fatto che spesso i medici specialisti
– non sempre a conoscenza dei farmaci in dotazione alla farmacia dell’Istituto – prescrivono altri farmaci in
luogo dei sostituti generici fornibili dalle AA.SS.LL.. Ciò frequentemente comporta rimostranze da parte dei
detenuti, i quali percepiscono il farmaco generico come un sostituto non equivalente a quello prescritto.
Per perseguire gli obiettivi di salute individuati nelle Linee di indirizzo per gli interventi del Servizio
Sanitario nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati, allegate al DPCM trasferimento al SSN
delle funzioni in materia di sanità penitenziaria, sin dal 2008 è stata individuata la necessità di “attivare un
sistema informativo alimentato da cartelle cliniche informatizzate”, ora obiettivo essenziale del PNRR nel
campo dell’assistenza sanitaria sotto forma di Fascicolo sanitario elettronico 2.0 da cui, per il principio di
equivalenza delle cure, non potranno essere escluse le persone detenute. La realizzazione del fascicolo
sanitario elettronico, se da un lato risponde alle necessità di programmazione delle risorse sanitarie sulla
base di attendibili dati epidemiologici, dall’altra consente una continuità terapeutica a persone che non solo
entrano ed escono dal carcere, ma frequentemente vengono trasferite da un carcere all’altro.
Annosa e non risolta è la problematica relativa al reperimento del personale sanitario, reso negli
ultimi anni paradossalmente più complesso dalla crescita delle opportunità occupazionali esterne che
spinge i professionisti sanitari più giovani a scegliere sedi di lavoro meno disagiate di quelle penitenziarie.
Gli operatori sanitari che operano in tali contesti sono chiamati a svolgere il proprio lavoro in condizioni
oggettivamente più complesse di quanto normalmente avvenga in altri contesti senza alcun riconoscimento
economico o contrattuale.
La presenza negli istituti penitenziari del Lazio di detenuti in carico al Servizio per le dipendenze
(SerD) supera di gran lunga il dato nazionale che si attesta intorno al 25-29%, raggiungendo circa il 50%
dei presenti, a prescindere dal sommerso (la mancata o negata dichiarazione da parte del detenuto al
momento dell’ingresso e la plausibile presenza di persone che si considerano consumatori non dipendenti).
Secondo la Relazione sul fenomeno delle dipendenze relativa al 2023, realizzata dal Dipartimento di
Epidemiologia del SSR del Lazio, l’utenza dei SerD penitenziari, al netto di quelli di competenza della Asl
Rm2 (il polo penitenziario di Rebibbia) e Latina, ammonta a 2706 persone, di cui 2436 per uso di
stupefacenti.
Figura 12. Le prese in carico dei Serd penitenziari 2023.
375 349
201 186
160 142
129 129
182 177
cc cassino
cc frosinone
cc rieti
regina coeli
utenti
civitavecchia civitavecchia
cc velletri
cc viterbo
da sostanze
Nostra elaborazione su dati Dip. Epidemiologia del Ssr Lazio.
Sommando ai dati del Ssr quelli forniti dalle Asl territoriali sulle quali insistono il polo penitenziario
di Rebibbia di Roma e la CC di Latina, si raggiunge un numero di prese in carico effettuate nel corso
dell’anno di 4375 persone.
Figura 13. Le prese in carico dei Serd penitenziari 2023.
14000
12000
10000
Prese in carico SERD
Numero prestazioni erogate
Fonte: nostra elaborazione su dati forniti dalle Asl di competenza.
Una dimensione del problema conseguente all’ispirazione proibizionista della legislazione sulle
droghe, alla gravità delle pene in essa previste e alla mancata differenziazione già in fase processuale dei
fatti di detenzione e spaccio di lievi entità di sostanze stupefacenti, recentemente aggravato nella
previsione minima. Una presenza che costituisce una contraddizione relativa alle misure alternative
esistenti ex lege (Testo Unico sugli Stupefacenti DPR 309/90 e succ. mod.) che solo residualmente, all’art.
96, commi 3 e 4, prevede espressamente che la persona detenuta e tossicodipendente abbia diritto a
ricevere “le cure mediche e l’assistenza necessaria all’interno degli istituti carcerari a scopo di
riabilitazione” in “reparti carcerari particolarmente attrezzati”. Esiste già oggi, e da tempo, una normativa
che prevede l’affidamento in prova terapeutico per le pene fino a sei anni e che è pochissimo utilizzato, in
modo particolare per chi proviene dalla libertà. Le persone con problemi di dipendenza vi accedono in gran
parte dal carcere, perché sono tendenzialmente giudicate inaffidabili in fase di prima valutazione dai
magistrati che pure potrebbero concedere l’affidamento in prova dalla libertà.
Per la diagnosi, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza si applicano il DM n. 444/90, la
L. 45/99 ed il DPR 309/90 e sue modifiche ed integrazioni. Rientra in questo livello la Sezione per
tossicodipendenti in custodia attenuata della Terza casa circondariale di Rebibbia, nelle competenze della
ASL Rm2. Presso tutti gli II.PP., a livello ambulatoriale si curano i soggetti affetti da disturbo correlato ad
uso di sostanze e da addiction.
Il documento di riordino della rete sanitaria penitenziaria, approvato con DGR del 16 marzo 2021, n.
129 (§ 4.2), riconosce apposite sezioni quali “custodie attenuate” per tossicodipendenti (ex art. 96, commi
3 e 4, DPR 309/90), che ospitano persone con diagnosi medica di alcol- tossicodipendenza in fase di
divezzamento avanzato dall’uso di sostanze stupefacenti e occupano un intero istituto. L’istituto o la
sezione di custodia attenuata, si avvale anche del personale del SerD (Servizi per le Dipendenze) territoriale
e, se necessario, del DSM, che svolge attività di prevenzione, riduzione del danno, valutazione diagnostica,
cura e trattamento riabilitativo e reinserimento sociale delle persone alcol-tossicodipendenti. L’adesione
degli utenti al programma è su base volontaria. L’intervento specialistico dei SerD dovrà essere tale da
fornire i richiesti interventi coordinati nell’ambito di uno specifico regolamento di Servizio Medico
multiprofessionale integrato con unità dedicate e specializzate, dotato di precisi criteri di accesso,
esclusione, permanenza e che favorisca anche l’avviamento alle misure alternative. La medicina di base, la
medicina specialistica, la guardia medica ed il coordinamento tecnico-funzionale degli interventi sono
garantiti dal Servizio sanitario dell’Istituto.
L’Accordo in Conferenza unificata Stato, Regioni ed Autonomie locali n. 95 del 13 ottobre 2011,
avente ad oggetto “Integrazione agli indirizzi di carattere prioritario sugli interventi negli OPG e le CCC, di
penitenziaria e in almeno ogni Regione o Provincia Autonoma o, preferibilmente in ogni Azienda Sanitaria
sede di Istituto Penitenziario” di una “articolazione del servizio sanitario per la tutela intramuraria della
salute mentale (di seguito ATSM, ndr) delle persone ristrette negli Istituti penitenziari del territorio di
competenza (regionale o aziendale)”. All’epoca l’assistenza psichiatrica in carcere si limitava alla
consulenza specialistica del medico di medicina generale, al fine della determinazione della terapia
farmacologica dei disturbi compatibili con la permanenza in ambiente penitenziario e alla valutazione di
una eventuale incompatibilità con il regime detentivo ordinario. Qualora tale incompatibilità fosse stata
accertata e determinata dal giudice, l’interessato veniva trasferito in Ospedale Psichiatrico Giudiziario
(OPG) ex art. 148 CP (Infermità psichica sopravvenuta al condannato) e dunque il carcere e il servizio
sanitario penitenziario non dovevano farsi carico del trattamento clinico-riabilitativo delle patologie più
complesse.
La legislazione successiva (2012-2014) che ha determinato la chiusura degli OPG ha reso di fatto
inapplicabile il citato articolo 148 del codice penale. Infatti, le REMS che hanno sostituito gli OPG per il
trattamento dei malati di mente autori di reato sono per definizione riservate ai destinatari di misure di
sicurezza, e quindi non possono ospitare persone in esecuzione penale, seppure affette da gravi patologie
mentali. Sulla scorta degli orientamenti maturati nell’ambito degli Stati generali dell’esecuzione penale
(2016-2017), e poi asseverati dal Comitato nazionale di bioetica, la Corte costituzionale con la sentenza n.
99 del 22 febbraio 2019 ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 47ter, comma 1ter, dell’Ordinamento
penitenziario, nella parte in cui non considera la malattia psichiatrica tra quelle che possono giustificare la
detenzione domiciliare per gravi motivi di salute. In questo modo l’ordinamento distingue da una parte tra
i soggetti non imputabili o condannati con vizio parziale di mente, che – se socialmente pericolosi – sono
indirizzati in REMS per l’esecuzione della misura di sicurezza loro inflitta, e dall’altra le persone
riconosciute capaci e consapevoli del fatto commesso, destinatarie di una sanzione penale detentiva che,
nel caso in cui manifestino una patologia mentale in carcere, sono destinate a essere curate in carcere fino
a quando la loro patologia non sia valutata incompatibile con l’ambiente penitenziario, nel qual caso
dovrebbero accedere a forme di detenzione domiciliare, anche in struttura terapeutica, per motivi di salute.
A questo quadro normativo non ha fatto seguito, in questi anni, un adeguamento dell’organizzazione
dei servizi di salute mentale, in carcere e fuori. L’impossibilità di inviare in OPG i condannati con problemi
di salute mentale, infatti, avrebbe dovuto avere come logica conseguenza il potenziamento dei servizi di
salute mentale in carcere (per i disturbi psichiatrici minori, compatibili con la permanenza in carcere, e per
quelli maggiori, in attesa di trasferimento all’esterno) e territoriali (per accogliere i condannati con gravi
disturbi mentali, incompatibili con l’ambiente detentivo).
Nel territorio regionale, le ASL Rm1 (competente sulla CC di Regina Coeli e sull’IPM), Rm2
(competente sugli IIPP di Rebibbia) e Rm4 (competente sugli IIPP di Civitavecchia) e, più recentemente, la
ASL di Viterbo, hanno iniziato a strutturare equipe multidisciplinari di salute mentale all’interno degli
Istituti di rispettiva competenza, ma – anche laddove questa riorganizzazione assistenziale interna ha avuto
corso ed è operativa – la rete dei servizi esterni non è stata adeguata, per cui i casi più gravi di malattia
mentale, incompatibili con la condizione detentiva, restano in carcere in mancanza di adeguate risorse
assistenziali sul territorio.
2.5. Certificazioni anagrafiche e di stato civile, rinnovo dei documenti d’identità e di soggiorno
L’art.43 dell’Ordinamento penitenziario così come modificato dal D.Lgs.. n. 123/2018, entrato in
vigore il 10 novembre 2018 stabilisce che “I detenuti e gli internati sono dimessi con documenti di identità
validi, ove sussistano i presupposti per il rilascio. L’amministrazione penitenziaria a tal fine si avvale della
collaborazione degli enti locali”. Non solo questa previsione di legge è sovente non rispettata, ma il
problema del possesso di documentazione di identità in corso di validità si pone spesso molto prima della
scarcerazione.
L’accesso alla maggior parte dei servizi pubblici è infatti condizionato dal possesso di documenti di
identità in corso di validità, a sua volta correlata ad una effettiva residenza anagrafica. Percorsi di
inserimento lavorativo, servizi per la salute, ricerca di un alloggio, sussidi per il reddito sono solo alcuni
degli ambiti per i quali è necessario possedere documenti di identità in corso di validità. In molti casi la
necessità dell’iscrizione anagrafica e di un documento di riconoscimento si palesa quando vi è la possibilità
di accedere a percorsi lavorativi extramurali o ai fini della vita quotidiana per coloro che ottengono una
misura alternativa alla detenzione dal carcere.
Ci sono poi moltissimi casi, e tra questi i più fragili e problematici, in cui l’iscrizione anagrafica e la
disponibilità di un documento di riconoscimento, si rende necessaria nel corso della detenzione in carcere.
Come, per esempio, ai fini della richiesta per il riconoscimento dell’invalidità civile, per la riscossione di
prestazioni socioassistenziali, per l’apertura di un conto corrente.
Ai cittadini stranieri detenuti privi di permesso di soggiorno in particolare, in ragione di una
riconosciuta parità di trattamento ed opportunità che esula dalla stabilità della permanenza regolare sul
territorio italiano, dovrebbe essere comunque garantita l’iscrizione anagrafica tale da consentire l’accesso
a tutte le prestazioni sociali a competenza territoriale e ad alcune importanti prestazioni sociosanitarie.
Allo stato attuale non è raro che ai più fragili, italiani e stranieri senza documenti di identità, al termine
della pena o della misura di sicurezza venga precluso l’accesso a prestazioni sanitarie e sociali necessari
per la continuità terapeutica o per l’inserimento in strutture alternative.
Nella ricognizione effettuata da questo ufficio, nel corso degli ultimi anni è emerso come i servizi
anagrafici e di stato civile nelle carceri non siano garantiti uniformemente in tutti gli istituti penitenziari.
In generale, però, cominciano a diffondersi buone prassi nel raccordo tra Amministrazioni comunali e
Direzioni degli istituti di pena.
Tra le realtà virtuose occorre citare il Comune di Velletri, che all’Ufficio anagrafe riceve e rilascia le
richieste di iscrizione anagrafiche, certificazioni, carte d’identità (non Cie) per il tramite della polizia locale
che si reca alla locale Casa circondariale. Tramite l’ufficio Stato civile cura le celebrazioni dei matrimoni
civili. Eguale intesa è stata presa, nel corso del 2023, dall’Amministrazione comunale di Latina con la
Direzione della Casa circondariale cittadina.
Nel Comune di Civitavecchia i servizi anagrafici vengono filtrati dall’amministrazione penitenziaria
che segnalano ai competenti uffici le richieste provenienti dagli istituti penitenziari cittadini. Le richieste
di iscrizione anagrafica vengono risolte in due giorni lavorativi, le carte d’identità vengono evase previo
accordo. I matrimoni vengono celebrati in istituto previo concordo con l’ufficio dello stato civile. Il comune
garantisce anche l’organizzazione del seggio elettorale per i ristretti aventi diritto.
Per il Comune di Roma Capitale, dove insiste più della metà della popolazione detenuta della
regione, la Garante comunale con la sua struttura di supporto ha promosso una serie di procedure per
rendere possibile alla popolazione detenuta l’accesso ai servizi anagrafici e di stato civile dei municipi e del
Comune di Roma. Attraverso questo intervento, è possibile attualmente l’iscrizione e cancellazione della
residenza anagrafica, il rilascio/rinnovo di carte di identità, il rilascio di certificati anagrafici e di stato civile,
il perfezionamento atti notori e autentiche di firma, la celebrazione di matrimoni/unioni civili, il
riconoscimento di un figlio.
I cittadini stranieri che fanno ingresso in uno qualsiasi degli istituti penitenziari del Lazio con un
permesso di soggiorno in corso di validità incontrano ancora enormi difficoltà per poterlo rinnovare.
A tal riguardo il Garante, poste le difficoltà nell’inoltrare dal carcere la richiesta di rinnovo di
permesso di soggiorno tramite kit postale, ha scritto alle Questure sul cui territorio insistono istituti
penitenziari invitandole ad accettare altre forme di richieste di rinnovo, come ad esempio un’istanza
trasmessa dalla direzione dell’istituto, dal legale rappresentante, da associazioni o dall’interessato tramite
raccomandata con allegata la documentazione comprovante la persistenza dei necessari requisiti.
Per le medesime ragioni ha segnalato come la manifestazione di volontà del cittadino straniero
detenuto di richiedere la protezione internazionale debba essere accettata dagli uffici della Questura per i
successivi adempimenti formali anche quando sia trasmessa dallo stesso dal carcere dove è ristretto per il
tramite del direttore o altro soggetto da lui delegato, come tra l’altro chiarito dalla recente giurisprudenza.
Difficoltà sono state segnalate anche con l’Agenzia delle entrate per il rilascio dei codici fiscali dei detenuti
stranieri, in quanto questi ultimi spesso non sono in possesso di alcun documento d’identità valido.
2.6. Formazione professionale e lavoro penitenziario
L’offerta di formazione professionale rientra tra le attribuzioni proprie dell’ente regionale, ma un
contributo rilevante può venire anche da altri enti e amministrazioni pubbliche e dallo stesso mondo
imprenditoriale impegnato nella valorizzazione del capitale umano di settori sociali svantaggiati.
Terminata l’esperienza del “Piano strategico per l’empowerment della popolazione detenuta”,
nell’ambito del Por-Fse 2014-20, il testimone è stato rilevato dalla progettazione per il potenziamento
dell’offerta formativa professionale per le categorie Programma SFC2021 finanziato a titolo del FESR
(obiettivo Investimenti a favore dell’occupazione e della crescita), del FSE+, del Fondo di coesione, del JTF
e del FEAMPA, nell’ambito del POR-FSE 2021-27, con il quale si intende proseguire con il finanziamento di
interventi a sostegno della popolazione detenuta ed ex detenuta, finalizzati alla qualificazione, occupabilità
e all’inclusione socio-lavorativa, attraverso attività formative e di tirocinio, nonché azioni per facilitare
l’accesso o il rientro in percorsi di istruzione (anche livello universitario).
Nel corso dell’anno 2023 sono state attivate i seguenti percorsi formativi:
Corso HACCP (CC Viterbo e CC Civitavecchia)
Orientamento al lavoro (CC Frosinone)
Orticoltura (CR Civitavecchia)
Sicurezza Informatica (Rebibbia Femminile)
Operatore cinofilo (Rebibbia Femminile)
Montatore di ponteggi (CC Rebibbia NC)
Informatica di base (CC Rebibbia NC)
Serigrafia digitale (CC Regina Coeli)
Complessivamente, gli iscritti ai corsi sono stati 209, mentre a concludere i percorsi positivamente
sono stati 114, di cui 30 stranieri.
In termini generali alcune esperienze di inserimento lavorativo di fasce deboli dimostrano che se
effettivamente e adeguatamente supportate le imprese sono più disponibili di quanto sembri a formare e
impiegare persone detenute.
Forme di orientamento e tutoraggio mirato rivolto non soltanto alla persona, ma anche all’impresa,
possono rappresentare elementi di un’efficace strategia volta all’integrazione di sistemi complessi, quale
quello del lavoro e del carcere, che, per raggiungere il comune obiettivo dell’reinserimento sociale
attraverso una qualifica professionale, necessitano di comprendersi e “riconoscersi” utilizzando un comune
linguaggio.
Il riconoscimento delle reciproche esigenze contribuisce anche a permeare l’isolamento dentro cui
tende a chiudersi l’istituzione penitenziaria.
Quali esperienze in tale ambito e per l’autopromozione e imprenditorialità possono essere
ricordate quella realizzata presso l’istituto femminile di Rebibbia dalla società Linkem srl, operatore di
telecomunicazioni nel settore della banda ultra-larga wireless, che ha tenuto un programma di formazione
per 12 detenute al termine del quale sono stati rilasciati gli attestati con la qualifica di “addetto alla
rigenerazione di apparati elettronici”.
A questa formazione è poi seguita la sottoscrizione di un contratto di lavoro con l’azienda stessa
che ha riproposto e realizzato un secondo percorso all’interno per altre 8 beneficiarie.
All’interno degli istituti penitenziari il lavoro può essere svolto sia alle dipendenze
dell’amministrazione penitenziaria che alle dipendenze di soggetti terzi, quali aziende pubbliche, private o
cooperative. Le attività lavorative svolte dai detenuti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria –
la cui organizzazione e gestione è disciplinata oltre che dall’art. 20 dell’ordinamento penitenziario anche
dall’art. 47 del regolamento di esecuzione (dpr n. 230/2000) – sono finalizzate principalmente alla
manutenzione delle strutture. Si tratta di lavori di manutenzione ordinaria dei fabbricati (Mof) e di
mansioni per attività cosiddette domestiche, che consentono l’erogazione di specifici servizi che devono
essere garantiti dall’amministrazione per il funzionamento della vita interna alle strutture. La cucina e la
distribuzione dei pasti e la pulizia dei locali comuni sono esempi di tali attività svolte da detenuti senza cui
il sistema penitenziario non potrebbe funzionare.
L’ordinamento penitenziario prevede anche la possibilità che soggetti terzi come imprese
pubbliche, private o cooperative sociali possano assumere persone detenute per svolgere attività
lavorative intramurarie e no, instaurando così un rapporto di lavoro diretto. Questi rapporti lavorativi per
caratteristiche e modalità, diversamente da molte attività svolte alle dipendenze dell’amministrazione
penitenziaria, generalmente facilitano l’acquisizione di competenze professionali spendibili al termine
della pena detentiva.
Oltre ai lavori di manutenzione ordinaria dei fabbricati (MOF) e di quotidiana gestione, all’interno
degli istituti penitenziari possono essere presenti attività produttive per beni destinati alla stessa
amministrazione penitenziaria come letti, sedie, armadietti, tavoli, scaffalature, coperte e lenzuola, camici,
stampati e modulistica. Altre attività lavorative strutturate generalmente riguardano l’ambito agricolo o
zootecnico nelle colonie o in istituti con caratteristiche tali da consentirne lo sviluppo.
Nel Lazio delle 35 lavorazioni in attività, 22 sono gestite direttamente dall’amministrazione
penitenziaria (Fig. 19). Tra queste per la produzione di beni ad uso dell’amministrazione stessa sono attive
una falegnameria e una sartoria nella CC di Viterbo che impiega detenuti alle dirette dipendenze
dell’amministrazione. A diretta gestione sono lavorazioni anche nella C.R di Paliano, CR Roma Rebibbia e
Rebibbia Femminile.).
Figura 14. Il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria negli istituti penitenziari del Lazio
(nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia)
Detenuti/e lavoranti
negli istituti penitenziari del Lazio
detenuti presenti
detenuti lavoranti negli istituti penitenziari del Lazio
di cui donne
La maggior parte dei detenuti impiegati alle dipendenze dell’amministrazione all’interno delle strutture
penitenziarie svolge tuttavia mansioni di basso profilo professionale, poco remunerate, per poche ore al
giorno e generalmente con periodiche turnazioni. Queste attività nei c.d. “servizi di istituto” (addetto alle
pulizie; assistente alla persona; addetto alla cucina; addetto alla preparazione e distribuzione dei pasti, etc.)
rappresentano più del 90% dell’offerta di lavoro in carcere. La remunerazione prevista per il lavoro svolto
da detenuti per tali mansioni è pari a 2/3 del minimo previsto dal contratto collettivo nazionale di
riferimento che è quello del settore turistico alberghiero in ragione delle caratteristiche delle mansioni e
dei servizi svolti.
Un aumento delle retribuzioni di circa l’80 % in adeguamento agli importi previsti dal Ccnl
(decorrente dal 1994) è entrato in vigore nel 2017 e un secondo nel 2019, tuttavia a fronte
dell’aggiornamento delle mercedi negli anni abbiamo assistito a una contrazione delle ore lavorative
retribuite. Per comprendere con dati concreti di quali importi si sta parlando basti sapere che un addetto
alle pulizie interne percepisce come mercede a titolo di retribuzione circa 150 euro al mese. Il progressivo
“impoverimento” della popolazione detenuta, e delle loro famiglie, è quindi un aspetto da non sottovalutare,
considerando che dal 2015 le spese mensili per il mantenimento in carcere a carico dei detenuti sono state
raddoppiate e portate da 56 a circa 110 euro e che una delle ragioni per la richiesta di un posto di lavoro è
proprio la volontà di non pesare economicamente sulle famiglie per l’acquisto di beni nel c.d. “sopravvitto”,
necessari a integrare le forniture alimentari e di prodotti per l’igiene personale che l’amministrazione
penitenziaria garantisce in maniera scarsa in quantità e qualità.
Figura 15. Distribuzione del lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria negli istituti
penitenziari del Lazio (nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia)
Il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria negli istituti
penitenziari del Lazio
nelle lavorazioni
nei servizi di istituto
nella Manutenzione Ordinaria Fabbricati (MOF)
nei servizi extramurari ex art.21
Un rischio molto concreto legato alla carenza di lavoro nel contesto penitenziario è correlato alla
scarsità della offerta che spesso induce a rinunciare ai propri diritti: un detenuto che lavora può infatti
essere disposto a essere impiegato oltre le ore retribuite piuttosto che correre il rischio di perdere il posto,
sempre più difficile da ottenere. Nel corso del monitoraggio sono stati riferiti simili episodi, come anche la
difficoltà ad agire per la tutela dei propri diritti derivanti dal rapporto di lavoro in assenza
dell’orientamento e dell’assistenza di soggetti che supportino eventuali contestazioni. Anche le modalità di
assegnazione dei posti di lavoro sono spesso oggetto di lamentele da parte dei detenuti, certamente per la
carenza di posti disponibili e dei conseguenti lunghi tempi di attesa per accedervi, ma anche per la gestione
delle graduatorie spesso ritenuta discrezionale e non trasparente.
Nei “servizi di istituto” nel Lazio al 31 dicembre erano impiegati 1.358 detenuti (in riduzione
rispetto ai 1.463 del 2022); 107 addetti alla manutenzione ordinaria fabbricati – Mof (elettricista, idraulico,
etc.); 131 nelle lavorazioni e 149 nei servizi extramurali ai sensi dell’art. 21 dell’ordinamento penitenziario.
Per un totale di 1.806 detenuti, di cui 151 donne, impiegati alle dipendenze dell’amministrazione
penitenziaria. Nello stesso periodo la percentuale complessiva di uomini e donne lavoranti alle dipendenze
dell’amministrazione penitenziaria si è attestata a circa il 33% della popolazione detenuta negli istituti
penitenziari regionali, in aumento rispetto al passato e in linea con la media nazionale. Vale tuttavia la pena
ricordare ancora una volta che la stragrande svolge lavori poco qualificati, con turnazioni mensili e per
poche ore al giorno.
Figura 16. Lavorazioni e occupazione negli istituti penitenziari del Lazio (nostre elaborazioni su dati del
ministero della Giustizia)
Lavorazioni negli istituti penitenziari del Lazio
2017- 2023
GIU-22
DIC-21
posti occupati
gestite dall’amministrazione penitenziaria
in attività
lavorazioni
Negli istituti penitenziari del Lazio al 31 dicembre 2023 le lavorazioni erano 36 (tornando
sostanzialmente ai numeri pre-Covid: 35 erano nel 2018). Ventidue quelle attive gestite direttamente
dall’amministrazione penitenziaria, per 131 posti di lavoro. Le strutture penitenziarie del Lazio dove sono
presenti tenimenti e colonie agricole nel corso del 2022 secondo i dati del Ministero della Giustizia passano
da 2 a 4 mentre i posti di lavoro sono 11, numero comunque in forte calo rispetto agli anni precedenti.
Figura 17. Percentuale di detenuti lavoranti alle dipendenze dell’amm. penit. sul totale dei presenti negli ist.
penit. del Lazio (nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia)
% detenuti/e lavoranti alle dipendenze dell’amministrazione
penitenziaria nel Lazio
32,9%
30,50%
27,5%
24,5%
23,9%
23,7%
21,3%
Figura 18. Strutture e lavoro in ambito agricolo negli istituti penitenziari del Lazio (nostre elaborazioni su dati del
ministero della Giustizia)
Lavo ro i n ten i ment i agr i c o l i e c o l o n i e
n el Laz i o 2 0 1 7 – 2 0 2 3
DIC-21
GIU-22
detenuti/e impiegati/e in ambito agricolo
strutture in ambito agricolo
Un importante strumento legislativo finalizzato a favorire l’inserimento lavorativo di persone in
esecuzione o già sottoposte a misure penali è la legge n.193/2000 (c.d. Smuraglia) che prevede sgravi
contributivi e fiscali per le imprese e le cooperative che assumono detenuti e con alcuni limiti anche ex
detenuti. Nel Lazio non sono pochi gli istituti penitenziari che dispongono al loro interno di spazi, locali e
finanche di mezzi di produzione che aziende pubbliche o private potrebbero utilizzare, e in parte già
utilizzano, per avviare attività produttive competitive anche grazie all’abbattimento di importanti costi di
gestione. Oltre le agevolazioni contributive e fiscali previste dalla legge pari a 520 euro sotto forma di
credito d’imposta per ogni detenuto assunto e ad uno sconto del 95% sui contributi che il datore di lavoro
è tenuto a versare allo Stato, vi è l’opportunità di disporre in comodato d’uso dei locali ed eventualmente
dei mezzi di produzione abbattendo così ulteriori importanti costi di gestione.
La legge Smuraglia prevede inoltre la possibilità di estendere alcune agevolazioni anche a coloro
che scontano la pena in misura alternativa, consentendo ad esempio l’impiego dei lavoratori già formati
all’interno degli spazi dell’amministrazione penitenziaria nelle attività esterne dell’azienda. Destinata
soprattutto a fungere da volano per lo sviluppo di attività lavorative interne e per favorire l’impiego di
persone che scontano una condanna in misura alternativa, nel 2013 la legge è stata modificata per ampliare
le opportunità di reinserimento nella delicata fase immediatamente successiva al termine della detenzione.
I limiti temporali entro cui è possibile usufruire di alcune agevolazioni sono stati quindi portati da 6 a 18 o
24 mesi dal termine della pena, a seconda che la persona sia già impiegata e usufruisca o meno di misure
alternative. Estensione certamente utile nonostante i termini risultino ancora stringenti se comparati con
la più generale normativa europea (art. 2 regolamento Ce n. 2204/2002) dove nella categoria di persone
svantaggiate viene ricompresa, senza termini o limiti temporali, qualsiasi persona che non abbia ancora
ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito da quando sia stata sottoposta a una pena detentiva o a
un’altra sanzione penale.
A fronte di interventi, aggiornamenti ed opportunità offerti dalla legislazione vigente resta il fatto
che i principali problemi che incontrano aziende e cooperative che impiegano detenuti all’interno delle
strutture penitenziarie attengono all’organizzazione del lavoro e ai tempi della produzione. La cronica
carenza di personale dell’amministrazione penitenziaria sia civile che di polizia addetta alla sorveglianza
delle attività, gli improvvisi trasferimenti in altri istituti o il turnover dei lavoratori in Relazione alla durata
della pena nonché la mancanza di una cultura della pena detentiva orientata allo sviluppo di opportunità
formative e lavorative aperte al territorio sono certamente tra gli ostacoli che ancora oggi incontra chi entra
in carcere per avviare un’attività produttiva.
Dal 2017 il numero dei detenuti che lavorano in carcere alle dipendenze di soggetti terzi si è ridotto
toccando il minimo nel corso del 2021 anche per ragioni legate all’emergenza sanitaria da Covid-19. Nel
corso del 2023 si è registrata una contrazione rispetto al dato dell’anno precedente di 115 di cui 21 donne,
portando il totale dei detenuti impiegati a 110 di cui 13 donne, (Fig. 24). Tra questi, 21 ammessi al lavoro
esterno ai sensi dell’art. 21 OP, meno della metà rispetto al 2019 quando erano 50. Quasi dimezzato rispetto
al 2017 anche il numero di coloro che lavorano in regime di semilibertà che da 66 passano a 37, dato
identico al 2022.
Sempre a dicembre 2023 i detenuti alle dipendenze di cooperative operanti all’interno delle
strutture penitenziarie erano 34 (70 nel 2017) mentre 18 risultano impiegati all’interno delle strutture
penitenziarie alle dipendenze di imprese.
Figure 19 e 20. Distribuzione del lavoro alle dipendenze di soggetti terzi negli istituti penitenziari
del Lazio (nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia)
Il lavoro negli istituti penitenziari del Lazio
alle dipendenze di soggetti terzi 2017 -2023
di cui donne
Detenuti lavoranti non alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria
Anche per i datori di lavoro che assumono persone in esecuzione penale esterna possono esserci
delle difficoltà di sistema perché nella prospettiva del reinserimento in società la costruzione e
l’implementazione di percorsi individuali non è mai cosa facile, né per l’interessato né per gli operatori che
vi lavorano per sostenerli. La mancanza di un reale ed effettivo accompagnamento nel percorso personale
nella molteplicità dei bisogni (lavorativo, alloggiativo, affettivo) è certamente un importante criticità sia
per colui che cerca risposte sia per coloro che sono tenuti ad attivare risorse. In altri termini, ciò che spesso
manca è la “presa in carico integrata” da parte dei servizi (pubblici e privati) della persona in un momento
particolarmente complesso e delicato come quello successivo all’uscita dal carcere.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero della Giustizia nel Lazio le cooperative sociali e le imprese
autorizzate a fruire per l’anno 2023 delle agevolazioni previste dalla Legge 193/2000 sono state: Agm
Coop, Aqua Vera Spa, Autentica Coop Srl, Blue Line Coop, Booster Soc Coop Sociale, Coos Cooperativa
Sociale, D’Orsogna Dolciaria, Estro Srl, E Team Coop., Evolution Work Coop., Food Services Srl Pescara, Food
Service Srl Zagarolo, Grancaffe’ Fruit & Coffee Srls, Il Padellino Srls, Immobiliare Guarnieri Srls, Le Botteghe
Medievali Coop, Love Dog Sas, Men At Work Coop., Mirmat Service Srl, Moditech Srl, Multiservizi Solutions
Coop, Palombini Eur Srl, Panta Coop., P.I.D. Pronto Int Disagio Coop, Randstad Italia Spa, Santosuosso
Paolo, Savaresi Simone, Selina Srl, Sirti Telco, Sofia 2000, Tiscali Italia Spa, Vertical Group.
Queste imprese e cooperative hanno usufruito o usufruiranno delle agevolazioni per l’assunzione
di persone previste dalla legge (e dalle circolari esplicative) non solo per le lavorazioni interne ma anche
nel caso offrano lavoro a chi è nelle condizioni di accedere a misure alternative alla detenzione in carcere.
Riportiamo di seguito in forma di grafici e tabelle i dati sulle lavorazioni, i lavoratori e le
lavoratrici detenute negli istituti penitenziari della Regione Lazio.
Figura 21. Percentuale di detenuti lavoranti per istituto penitenziario a giugno 2022
% detenuti/e che lavorano per istituto penitenziario – giugno 2022
33,7%
23,4%
28,6%
21,8% 19,3%
13,8%
% di detenuti/e impiegati sui presenti in istituto
Nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia
Tabella 3. Detenuti lavoranti per conto terzi 2023 (nostre elaborazioni su dati del ministero
della Giustizia)
Semiliberi
Lavoro
esterno
art.21
Civitavecchia CR
Roma Rebibbia 3 Casa
Istituto
Roma Rebibbia CR
in istituto
per conto
di imprese
in istituto
per conto Totale
cooperative
Roma Rebibbia Femminile
Roma Rebibbia NC
Roma Regina Coeli
Velletri CC
Viterbo CC
Tabella 4. Detenuti lavoranti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria per istituto
penitenziario 2023 (nostre elaborazioni su dati del ministero della Giustizia)
(Manutenzio Art.2
ne Ordinaria
Fabbricato)
Detenuti/e
presenti
Detenuti
lavoranti
nei servizi di
istituto
Cassino CC
Civitavecchia CR
Civitavecchia CC
Frosinone CC
Latina CC
Paliano CR
Rieti CC
Roma Rebibbia 3 Casa
Roma Rebibbia CR
33,7%
Roma Rebibbia
Femminile
28,6%
Roma Rebibbia NC
21,8%
Istituto
impiegati
11,4%
Roma Regina Coeli
19,3%
Velletri CC
13,8%
Viterbo CC
Tabella 5. Lavorazioni presenti negli istituti penitenziario del Lazio a giugno 2023 (nostre elaborazioni
su dati del ministero della Giustizia)
Istituto
Lavorazioni
Posti occupati
Civitavecchia CR
Falegnameria
Paliano CR
Oggettistica materiali vari
Paliano CR
Pasticceria/Panificio/Pizzeria
Paliano CR
Vivaio/Serra/Tenimento agricolo/Allevamento
Roma Rebibbia 3 Casa
Pasticceria/Panificio/Pizzeria
dall’amministrazione penitenziaria)
Roma Rebibbia CR
Fabbri
Roma Rebibbia CR
Officina infissi
Roma Rebibbia CR
Lavanderia
Roma Rebibbia CR
Vivaio/Serra/Tenimento agricolo
Roma Rebibbia Femminile
Assemblaggio/Riparazione componenti elettronici
(non gestita dall’amministrazione penitenziaria)
(non gestita
Roma Rebibbia Femminile Dematerializzazione documenti cartacei
Roma Rebibbia NC
Confezionamento pasti
dall’amministrazione penitenziaria)
Roma Rebibbia NC
Data entry/dematerializzazione documenti
dall’amministrazione penitenziaria)
Roma Rebibbia NC
Lavanderia
dall’amministrazione penitenziaria)
Roma Rebibbia NC
Produzione alimentari
dall’amministrazione penitenziaria)
(non gestita
(non gestita
(non gestita
(non gestita
Roma Rebibbia NC
Fabbri
Viterbo CC
Fabbri
Viterbo CC
Lavanderia
Viterbo CC
Sartoria/Maglieria
Viterbo CC
Vivaio/Serra/Tenimento agricolo
dall’amministrazione penitenziaria)
(non gestita
2.7. L’istruzione scolastica e universitaria nei luoghi di privazione della libertà
L’offerta di istruzione primaria e secondaria, assicurata dai Centri di istruzione degli adulti e dagli
Istituti scolastici territoriali copre tutti le carceri della regione, anche se ci sono ancora diverse richieste da
parte degli istituti penitenziari di assicurare le classi necessarie per gl’iscritti ai corsi della scuola
secondaria. Di seguito la ripartizione dell’offerta di istruzione primaria e secondaria nel 2023 per Istituto
penitenziario
Istruzione primaria e secondaria negli istituti penitenziari del Lazio
Il Cpia di Frosinone organizza i corsi di alfabetizzazione di 1° e 2° livello cui
hanno partecipato in media 15 detenuti e 2 classi di scuola media inferiore (13
detenuti comuni: 13 detenuti, 8 detenuti sex offender)
C.C. Cassino
L’Istituto Alberghiero ha 3 classi di scuola secondaria di 2° livello. Erano attive
2 classi del 3° anno (circa 30 detenuti comuni, circa 15 detenuti sex offender) e
1 classe di 5°anno 6 detenuti iscritti.
Attività di tutoraggio per gli studenti universitari.
UNICAS Università di Cassino
“Sportello per i diritti” attività settimanale a sostegno delle persone private
della libertà (colloqui d’informazione /orientamento/supporto) – Convenzione
UNICAS Facoltà di Giurisprudenza, Garante dei detenuti Regione Lazio e
Direzione C.C. Cassino.
In collaborazione con il Dipartimento di Economia e Giurisprudenza: 5
detenuti iscritti a corsi universitari.
Corso di Inglese e Spagnolo condotto da due volontarie.
C.R. Civitavecchia
Percorso di istruzione di primo livello del CPIA 5
Scuola secondaria di 2° livello: 1 classe (secondo anno) dell’istituto di
istruzione secondaria superiore “Luigi Calamatta” per “Manutenzione e
Assistenza Tecnica” e ISS “Stendhal” con indirizzo Enogastronomia.
CPIA 5
Alfabetizzazione e scuola primaria di secondo grado per la sezione femminile e
maschile
C.C. Civitavecchia
C.C. Frosinone
Scuola secondaria di 2° livello dell’ Istituto di istruzione secondaria
superiore “Luigi Calamatta” indirizzo Manutenzione e Assistenza Tecnica e ISS
“Stendhal” indirizzo Enogastronomia per la sezione maschile
Attivita la collaborazione con l’Università Roma Tre
Alfabetizzazione;
Scuola primaria;
Scuola secondaria di 1° livello;
Scuola secondaria di 2° livello: Istituto alberghiero e Istituto per
geometri;
C.C. Latina
Università per la media e l’alta sicurezza.
Alfabeittzzazione sezione maschile media sicurezza, sezione femminile
AS. I corsi sono organizzati dal CPIA 9 Latina.
Scuola di 1° grado/media sezione maschile media sicurezza, sezione
femminile AS. . I corsi sono organizzati dal CPIA 9 Latina.
Pochi detenuti riescano a conseguire il titolo o che non riescono a
completare l’anno scolastico a causa di trasferimenti e sfollamenti. E’ invece
elevato il numero coloro che partecipano alle lezioni come “auditori”;
inserendosi nelle classi ad anno scolastico iniziato, per via dei numerosi nuovi
ingressi che caratterizzano l’Istituto. Le 4 aule scolastiche sono state tutte dotate
di LIM.
Corso di rducazione alla cittadinanza attiva e ai principi della
Costituzione rivolto alla popolazione detenuta femminile
C.R. Paliano
Corsi di alfabetizzazione;
Corsi di istruzione primaria;
Corsi di istruzione secondaria di 2° livello in ragioneria;
Il corso di scuola secondaria di 1° livello non è attivo in quanto allo stato
attuale tutti i detenuti risultano essere in possesso del diploma.
C.C. Rebibbia Terza
C.C. Rebibbia N.C.
1 corso di scuola superiore di 1 ° e 2° livello Istituto tecnico – commerciale
IISS J. Von Neumann (numero allievi: 10)
– Corso per licenza elementare e scuola media di 1° livello gestita dal CPIA 1:
4 allievi.
Scuola media e alfabetizzazione CPIA 1 Roma
Scuola secondaria di 2° livello: IC Von Neumann – Indirizzi tecnico
economico e tecnico tecnologico.
Poli universitari La Sapienza, Tor Vergata
C.R. Rebibbia
Alfabetizzazione;
CPIA 1. Progetti PON da presentare
4 Istituti Scuola media Superiore: Istituto tecnico – economico
Istituto professionale – servizi commerciali- Istituto tecnico – agrario e
Istituto Alberghiero.
– Corsi di alfabetizzazione – Miur CPIA1;
C.C. femminile
Rebibbia
Scuola elementare – Miur CPIA1;
– Scuola Secondaria di 1° livello- Miur CPIA1;
– Scuole Secondarie di 2° livello:
Istituto tecnico industriale ITIS Neumann;
Istituto tecnico agrario E. sereni;
Liceo artistico Enzo Rossi:
Istituto professionale alberghiero Amerigo Vespucci.
C.C. Regina Coeli
Alfabetizzazione;
Scuola primaria;
Scuola secondaria di 2° livello
CPIA n. 6 per corsi l2 (lingua per stranieri), secondaria di primo grado (ex
terza media), primo biennio.
C.C. Rieti
Istituto “Rosatelli” – corso di scuola superiore professionale.
Corsi scolatici detenuti comuni:
CPIA 7; Istituto Alberghiero Ugo Tognazzi; Istituto Superiore Agrario Cesare
Battisti
Corsi scolatici reparti protetti:
C.C. Velletri
CPIA 7 1°, 2° e 3° periodo; Istituto Superiore Agrario Cesare Battisti
Corsi Universitari:
18 iscritti ai Corsi di laurea Università Roma
C.C. Viterbo
Alfabetizzazione;
Scuola primaria;
Scuola secondaria di 1° livello;
Scuola secondaria di 2° livello.
L’anno 2023 conferma un trend più che positivo per l’ampliamento delle possibilità di frequenza
dei percorsi universitari nelle carceri del Lazio. Infatti, c’è stato un aumento considerevole delle nuove
immatricolazioni, specialmente per quanto riguarda i grandi atenei del Lazio, così come appare dai dati che
si riportano più avanti nel testo. Resta inoltre rilevante l’impegno e la presenza delle altre Università
dislocate sul territorio laziale, in merito al sostegno allo studio da assicurare anche a tutti gl’Istituti
penitenziari presenti nelle province del Lazio.
Il diritto all’istruzione universitaria è sempre assicurata dai protocolli d’intesa stipulati dal Garante
con le Università e con il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria (PRAP).
Al Garante dei detenuti il protocollo d’intesa attribuisce la funzione di raccordo tra le parti e i
detenuti iscritti, assicurando l’esenzione dal pagamento della tassa regionale, nonché l’acquisto di libri e di
altri strumenti indispensabili allo studio e il proprio supporto agli studenti detenuti nelle procedure di
immatricolazione, iscrizione, nonché nelle altre pratiche riguardanti la carriera scolastica. Al Garante spetta
a tal fine la funzione di coordinamento con la Regione Lazio e con DiSCo – Ente regionale per il diritto allo
studio e alla conoscenza – affinché assicurino, nell’ambito delle rispettive competenze, il proprio sostegno
per fornire agli studenti detenuti gli strumenti indispensabili allo studio e con la Regione Lazio al fine di
individuare possibili fondi regionali per il finanziamento delle iniziative.
Nel Protocollo tra Garante e DiSCo è previsto che l’Ente regionale per il diritto allo studio fornisca
il materiale didattico e i libri di testo alle biblioteche penitenziarie, esonerando altresì i detenuti studenti
dal pagamento delle tasse universitarie per la parte di competenza regionale.
Nell’anno 2023 sono stati vigenti cinque protocolli d’intesa dell’Ufficio del Garante con l’Università
degli Studi di Roma Tre, con Sapienza Università di Roma, con l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata,
con l’università degli Studi di Cassino (Unicas), con l’Università degli Studi della Tuscia (Unitus) e con DiSCo
– Ente regionale per il diritto allo studio e la promozione per la conoscenza. L’ obiettivo delle intese è quello
di favorire l’accesso agli studi universitari delle persone detenute negli istituti penitenziari del Lazio e
supportarle nel loro percorso formativo.
L’ufficio del Garante, a partire dalla fine dell’emergenza Covid, avendo riattivato con grande
impegno sia il sostegno alle Università per quanto attiene l’ampliamento di un tutoraggio diffuso da parte
di tutti gli atenei coinvolti (v. finanziamenti regionali di cui alla Legge 7), sia per quanto riguarda il
reperimento dei testi di studio attraverso l’acquisto dei libri, può in questo anno vedere soddisfatte le
previsioni per cui risultano raddoppiate le iscrizioni ai corsi universitari.
L’offerta didattica universitaria all’interno degli istituti penitenziari del Lazio coinvolge tutti e 5 gli
atenei pubblici del Lazio e gl’iscritti all’Anno accademico 2023-2024 risultano così suddivisi:
Università RomaTre: ………………………………………………………… 102;
Casa di Reclusione Roma Rebibbia: 23
CC Rebibbia NC: 3
Casa Circondariale di Viterbo: 17
Casa Circondariale di Velletri: 19
Casa Circondariale di Frosinone: 3
Casa Circondariale Femminile Rebibbia: 2
Casa Circondariale di Civitavecchia: 15
Casa di Reclusione di Civitavecchia: 6
Regina Coeli: 1
CC Rieti: 1
Esecuzione penale esterna: 2
Fuori regione: 2
Università Tor Vergata: ……………………………………………………. 74;
CC Rebibbia NC: 64
Casa Circondariale Femminile di Rebibbia: 1
Casa Circondariale di Frosinone: 1
Casa Circondariale di Viterbo: 2
Università di Cassino e Lazio meridionale (Unicas): ………… 56;
Casa Circondariale di Cassino: 14
Casa Circondariale di Frosinone: 16
Casa di Reclusione di Paliano: 7
Sapienza Università di Roma: ………………………………………………………53;
Femminile Rebibbia: 1
CC Rebibbia NC: 22
Terza Casa Rebibbia: 3
IPM: 2
Casa Circondariale di Velletri: 1
Casa Circondariale di Viterbo: 4
Casa di Reclusione Roma Rebibbia: 1
Esecuzione penale esterna-arresti domiciliari e comunità: 4
Rems Rieti: 1
Fuori regione: 9
Università degli Studi della Tuscia (Unitus): ……………………… 8;
Casa Circondariale di Viterbo: 6
Casa Circondariale Civitavecchia: 1
Gli studenti iscritti (compresi i nuovi immatricolati nell’anno accademico 2023-24) presso gl’Istituti
penitenziari del Lazio sono dunque 307, con un incremento del 21% rispetto all’anno precedente, quando
erano ancora 254.
Tutte le Università, insieme all’ufficio del Garante, malgrado le difficoltà nell’organizzazione e nelle
tempistiche relative ai passaggi amministrativi e burocratici, sono impegnate a seguire gl’iscritti anche nel
caso in cui gli stessi vengano trasferiti ad altra destinazione, tanto nel Lazio quanto nelle altre regioni
d’Italia. Nel corso dell’anno, benché siano stati per lo più definite le pratiche d’iscrizione, tutte le università
permettono agli studenti detenuti eventuali perfezionamenti per le nuove immatricolazioni, laddove è
necessario reperire ancora la documentazione richiesta. Infine, proprio a causa di eventuali trasferimenti
e/o difficoltà di altro tipo (familiari, di salute ecc.) non si può escludere una pur minima quanto fisiologica
riduzione degli iscritti.
Entro questo anno è prevista l’apertura di un’intera sezione adibita a nuovo polo universitario
presso la Casa di reclusione di Rebibbia, grazie all’impegno da parte dell’Università Roma Tre e di tutte le
istituzioni coinvolte, dal Garante alla stessa direzione dell’Istituto, nonché al Provveditorato e al
Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.
Le università si preoccupano complessivamente di assicurare la continuità degli studi anche agli
studenti che arrivano al loro fine pena, mantenendo di fatto le agevolazioni rispetto alle iscrizioni.
Sul versante sia dell’istruzione scolastica primaria e secondaria che di quella universitaria, la
principale criticità resta quella relativa alla continuità dei percorsi di studio. In generale i problemi che
sussistono riguardano i detenuti che non riescono a conseguire il titolo o non riescono a completare l’anno
scolastico a causa di trasferimenti o per lo più per abbandono volontario.
Per quanto riguarda l’Università, certo la nascita di poli universitari ha assicurato una maggiore
presenza dell’offerta formativa ma rimane anche qui ancora aperta la necessità di assicurare al singolo
studente una continuità degli studi presso uno stesso istituto, usufruendo di un ambiente idoneo in cui
svolgere le proprie attività di studio e di ricerca (biblioteche fornite, sale studio idonee e sostegno diretto
dei tutor). In questo senso il riconosimento amministrativo e strutturale dei poli universitari dentro
gl’Istituti individuati a tale funzione, attraverso edifici adibiti esclusivamente a tale funzione, resta la
soluzione migliore da attuare.
2.8. Le attività culturali
Le attività culturali che si svolgono negli istituti penitenziari del Lazio sono realizzate soprattutto
grazie all’impegno dei soggetti del terzo settore, quali cooperative, associazioni, nonché enti che agiscono
anche a titolo volontaristico.
Nell’anno 2023 purtroppo non sono stati confermati i fondi destinati alle “Officine del Teatro sociale”,
di cui alla legge regionale 29 dicembre 2014, n.15, “Sistema cultura Lazio: disposizioni in materia di
spettacolo dal vivo e di promozione culturale”, con cui venivano sostenute gran parte delle attività teatrali
in carcere.
I molti laboratori teatrali, nonché le altre attività ricreative che si svolgono nei vari istituti regionali,
dai laboratori di scrittura, alla redazione di giornali ecc. hanno potuto però contare sui fondi della legge 8
Giugno 2007, n. 7, recante “Interventi a sostegno dei diritti della popolazione detenuta della Regione Lazio”,
con riserva risorse in conto corrente destinate anche alla promozione di attività a beneficio delle persone
ristrette da parte di associazioni ed enti senza fini di lucro.
Proposta molto significativa che ricorda il legame tra la cultura, in particolare il teatro, e il processo
rieducativo dei detenuti, è quella di un premio nazionale promosso dalla Regione Lazio su iniziativa del
Garante, per il teatro in carcere da intitolare al carissimo Cosimo Rega, formatosi come autore e attore
teatrale nelle carceri di Rebibbia, che ha speso gli ultimi anni prima di detenzione poi in semilibertà a
promuovere il teatro in carcere e la cultura della legalità nelle scuole di tutta Italia.
Il 25 ottobre 2023 nello spazio “Lazio Terra di Cinema” dell’auditorium del Parco della Musica di
Roma durante la Festa del cinema di Roma, su iniziativa della Vice Capo di Gabinetto Regione Lazio, Civita
Di Russo, del Presidente Consiglio Regionale del Lazio, Antonello Aurigemma, della Responsabile Cinema
Regione Lazio, Lorenza Lei e dell’Assessora alla Cultura della Regione Lazio, Simona Baldassarre, oltre che
del Garante, è stato presentato il premio “Cosimo Rega” per attrici e attori detenuti, proposto dal Garante
in occasione della presentazione della Relazione annuale per il 2022. Il premio, intitolato a Cosimo Rega,
scomparso due anni fa, all’età di 69 anni, divenuto attore dietro le sbarre, si propone di scegliere la migliore
performance attoriale realizzata da una persona detenuta, nell’ambito di una produzione cinematografica
o audiovisiva o teatrale realizzata nel proprio istituto penitenziario. Una giuria – composta da attori, registi,
magistrati e altre figure esperte nel settore – assegnerà il premio dopo aver visionato i filmati inviati dagli
istituti penitenziari, nei termini descritti nel bando a carattere nazionale. Al vincitore, scelto con giudizio
insindacabile della giuria, verrà assegnato un premio in denaro e la possibilità di prendere parte ad una
produzione cinematografica.
Tale riconoscimento ha l’obiettivo di incentivare la realizzazione di opere teatrali e
cinematografiche all’interno degli istituti penitenziari di tutto il territorio nazionale, ritenendo tali attività
una delle più efficaci modalità di realizzazione dei percorsi di trattamento rieducativo, in ossequio ai
principi costituzionali e alla previsione di cui all’art. 27 dell’Ordinamento penitenziario, ove si stabilisce
che devono essere “favorite e organizzate attività culturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta
alla realizzazione della personalità dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento
rieducativo.”
2.9. Le attività di comunicazione e di informazione delle persone detenute verso la cittadinanza
Nel corso del 2023, la Struttura di supporto ha effettuato una ricerca sugli strumenti e sulle forme
di comunicazione verso l’esterno utilizzati dalla popolazione detenuta nei 14 istituti penitenziari e
nell’istituto penale minorile del Lazio. Il tutto in vista dell’obiettivo di individuare due o tre possibili attività
di comunicazione pubblica diretta da parte delle persone detenute da incentivare e promuovere, al fine di
ridurre la distanza tra la popolazione detenuta e la cittadinanza e fare conoscere meglio la realtà carceraria
della nostra regione.
Ecco, dunque, il prospetto delle attività rilevate nel 2023:
ISTITUTO
ATTIVITÀ
Casa Circondariale di
Civitavecchia “G. Passerini”
Laboratorio di podcasting e digital storytelling presso il
settore femminile.
Istituto Penale Minorile di
Roma “Casal del Marmo”
Realizzazione di un giornalino che si chiamerà “Futuro
Insieme”.
Casa di Reclusione di Roma
Rebibbia
Podcast denominato “Dentro ma fuori”
notiziario “Non tutti sanno”.
Casa Circondariale di Roma
Rebibbia NC “Raffaele Cinotti”
Giornale “Dietro il cancello”
podcast del laboratorio “Le voci di dentro”, dal titolo “L’Iliade,
anche gli eroi piangono”;
“Visto da dentro”, pagina domenicale del quotidiano “Il
Tempo”, scritta dai detenuti;
“Periferica”, rivista trimestrale di prossima pubblicazione.
Progetto editoriale del giornalino “Il Castello degli invisibili”
Casa di Reclusione di Paliano
2.10.
Le misure di comunità e l’accesso alle alternative dal carcere.
Il sistema dell’esecuzione penale è ormai solo parzialmente detentivo. Il riferimento plurale alle
“pene”, iscritto nell’articolo 27 della Costituzione, è diventato col tempo, e non senza contraddizioni, una
realtà. Il mondo della esecuzione penale esterna non è esplicitamente nel campo di competenza del Garante,
ma ne costituisce un oggetto di interesse e un campo d’attività sotto un duplice profilo:
Innanzitutto non possono escludersi dal novero delle persone sottoposte a misure restrittive della
libertà personale coloro che debbono rispettare, anche fuori dai luoghi della privazione della
libertà, prescrizioni limitative della libertà personale, fino alla costrizione in detenzione presso il
domicilio;
Le misure alternative alla detenzione costituiscono soluzioni possibili alla incompatibilità con lo
stato di detenzione per condannati in stato di particolare fragilità;
L’accesso a misure alternative alla detenzione costituisce, nell’ottica della progressione
trattamentale, l’approdo auspicabile di ogni sanzione penale, dalle più brevi (per cui dovrebbe
valere il principio di extrema ratio, escludente il sacrificio della libertà personale) a quelle più
lunghe, su cui si misura l’efficacia della finalità rieducativa della pena.
Per queste ragioni, il Garante è spesso sollecitato da detenuti, familiari, magistrati e avvocati a
confrontarsi con le condizioni di accesso, se non con le modalità esecutive, delle misure alternative alla
detenzione.
Secondo i dati forniti dall’Ufficio interdistrettuale per l’esecuzione penale esterna competente per
le Regioni Lazio, Abruzzo e Molise, al 31 dicembre 2023 erano in esecuzione nel territorio regionale 4.803
misure penali non detentive, distinte tra 2.539 misure alternative alla detenzione (affidamento in prova al
servizio sociale, detenzione domiciliare, semilibertà), 290 misure di sicurezza (libertà vigilata), 254
sanzioni di comunità (lavori di pubblica utilità previsti dal codice della strada e dalla legislazione sugli
stupefacenti), 64 sanzioni sostitutive (libertà controllata, detenzione domiciliare sostitutiva e lavori di
pubblica utilità sostitutivi) e 1.653 misure di comunità (messa alla prova processuale).
4.803
3.897
3.237
2.044
1.716
2.253
1.656
2.521
2.445
2.619
1.680
1.653
1.614
1.868
4.156
1.653
3.477
1.287
2.173
2.058
1.332
2.247
2.539
31/12/2014 31/12/2015 31/12/2016 31/12/2017 31/12/2018 31/12/2019 31/12/2020 1/12/2021 31/12/2022 31/12/2023
Misure alternative
Sanzioni sostitutive
Misure di sicurezza
Sanzioni di Comunità
Misure di comunità
totale
Fonte: Nostra elaborazione su dati Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità -Direzione Generale per
l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova
Nonostante il costante e progressivo incremento delle misure di comunità anche nel nostro
territorio, raffrontando i dati regionali con quelli nazionali emergono alcune significative differenze che
meritano di essere evidenziate. Il complesso delle misure penali non detentive (ivi comprese quelle
processuali della messa alla prova) in corso a livello nazionale il 31 dicembre 2023, raggiungeva la cifra di
83.703, a fronte di 60.166 detenuti. Le misure penali esterne costituivano dunque il 58,18% delle misure
penali in esecuzione.
Nel Lazio, invece, essendo in pari data 6.537 le persone detenute, le misure penali esterne
costituivano il 42% del totale delle misure penali in esecuzione. Se al complesso delle misure penali esterne
sottraiamo quelle di messa alla prova processuale, e tra i detenuti consideriamo solo quelli in esecuzione
di una pena ormai definitivamente inflitta, il confronto conferma le differenze: in Italia il 56,50% dei
condannati in via definitiva è in esecuzione penale esterna, mentre nel Lazio solo il 40,15% dei condannati
è in alternativa al carcere.
Figura 23. Confronto delle distribuzioni percentuali delle misure penali in corso in carcere o all’esterno, in
% persone esecuzione esterna su totale persone
sottoposte a misure privative della libertà
Italia
% condannati in via definitiva in misura di
esecuzione esterna
Lazio
Fonte: Nostra elaborazione su dati Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità -Direzione Generale per
l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova.
In relazione alla concessione delle misure alternative, oltre alle preclusioni derivanti dalle
condizioni di ostatività per i reati commessi, nel giudizio della magistratura di sorveglianza incidono in
maniera particolare alcuni fattori, quali:
• la condizione abitativa in cui si trovano molti soggetti che – pur avendo diritto ad accedervi – non
dispongono di un domicilio idoneo ove alloggiare nel corso della misura;
• la mancanza di accoglienza familiare o l’ambiente socio-familiare non adeguato;
• taluni divieti imposti dal giudice di merito a tutela delle vittime di reato;
• la mancanza di un’attività lavorativa o di risocializzazione.
Infine, per quanto riguarda l’affidamento terapeutico per tossico e alcol dipendenti si sottolinea la
carenza di comunità terapeutiche accreditate e quasi la mancanza di strutture offrano accoglienza per
soggetti portatori di doppia diagnosi. Pertanto, la situazione in relazione alle potenzialità di accesso alle
misure alternative alla detenzione presenta ancora ampi margini di miglioramento. Infatti, alla data del 31
dicembre 2023 i detenuti presenti con una pena residua da scontare inferiore ai due anni erano 1.912 (193
in più rispetto alla stessa data dell’anno precedente) e la loro incidenza sul totale dei presenti era del 29,2%.
Sulla base del lavoro svolto e delle doglianze ricevute dai detenuti, abbiamo potuto ancora rilevare
ritardi e difficoltà nell’accesso ai benefici e alle misure alternative da parte dei detenuti presenti nelle
carceri del Lazio, riferibili in particolare a:
mancato rispetto del termine previsto per la definizione del programma individualizzato di
trattamento (sei mesi secondo l’art. 13, comma 4 dell’Ordinamento penitenziario);
ritardi nei riconoscimenti dei benefici relativi alla liberazione anticipata per i detenuti che
abbiano dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione;
difficoltà da parte del Ulepe competente per territorio nel riuscire a valutare le istanze
pervenute in tempi brevi;
carenze di organico del Tribunale di sorveglianza, che hanno reso particolarmente critica la
situazione in molte strutture della regione
esiguità delle strutture esterne di accoglienza per la fruizione delle misure alternative.
Certamente nel raffronto con la media nazionale pesa il contesto territoriale, le opportunità
(abitative, occupazionali, di volontariato) che regioni più ricche offrono al reinserimento dei detenuti o alle
alternative sin dall’inizio dell’esecuzione della pena, ma questo non esime gli attori istituzionali locali dalle
proprie responsabilità: la Regione e gli Enti locali da una efficace programmazione dei servizi sociali e di
inclusione a beneficio delle persone condannate, l’Amministrazione penitenziaria e gli uffici dell’esecuzione
penale esterna da una sollecita definizione dei programmi trattamentali per l’esecuzione penale esterna, la
magistratura di sorveglianza da una interpretazione della legisLazione ispirata al principio del carcere
come extrema ratio, e quindi delle misure penali di comunità come prima scelta, dalla libertà così come alla
fine della pena.
La Regione Lazio con il sostegno della Cassa delle Ammende ha da tempo intrapreso una
progettazione di “Potenziamento delle risorse territoriali per interventi d’inclusione sociale delle persone
in esecuzione penale”.
La proposta progettuale aveva previsto due sub progetti:
1. Il sub progetto1 incentrato sul reinserimento sociale abitativo di detenuti e detenuti ammessi
a misure alternative (o che potrebbero essere ammessi) favorendo la messa a sistema di un
modello di buone prassi operative che possa nel tempo divenire un servizio stabile; si articola
in due azioni:
a. valorizzare e implementare le realtà già esistenti sul territorio del Lazio,
b. creare nuove strutture di accoglienza e di housing sociale in quegli ambiti territoriali
del Lazio sprovvisti.
2. Il Sub progetto 2 orientato al potenziamento del progetto sperimentale, destinato a
adolescenti e giovani adulti (Giustizia riparativa) che attualmente è in via di definizione
attraverso il coinvolgimento e l’ampliamento del target di riferimento, da attuarsi
successivamente ad un primo periodo di avvio delle attività.
Sono state individuate sei case del progetto con l’obiettivo di ospitare le persone detenute che
possono accedere alle misure alternative e non hanno la disponibilità di un alloggio e di un sostegno
familiare nel territorio regionale, per un totale di 36 posti per adulti (oltre i posti per i figli minori, circa 8,
presso la Casa di Leda).
Era prevista la realizzazione di progetti personalizzati d’inclusione sociale degli ospiti in esecuzione
penale, affidati al gestore della struttura, individuato nel terzo settore con procedura di coprogettazione,
con 5 lotti di affidamento, ognuno per ogni alloggio insieme ai rispettivi progetti d’inclusione, mentre quello
di Casa di Leda, è stato affidato con accordo tra amministrazioni alle II.PP.A.B. Pio Istituto SS. Annunziata e
Opera Pia Lascito Giovanni Margherita Achillini con l’Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficienza
Opera Pia Asilo Savoia.
La situazione emergenziale dovuta alla pandemia aveva interrotto l’avvio di questa progettazione,
sostituite nelle annualità 2020/2021 da due progettazioni per fronteggiare l’emergenza epidemiologica
Covid-19 in ambito penitenziario della Regione Lazio – una da parte della Direzione generale per
l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova, attraverso l’UIEPE interregionale, e l’altra della Regione
Lazio-Cassa delle Ammende.
Finalmente dopo due anni di situazione emergenziale, a novembre 2022 è stato approvato l’avviso
pubblico della direzione regionale per l’inclusione sociale che prevede un impegno di spesa per complessivi
575 mila euro nell’esercizio finanziario 2022: “Programma di intervento della Cassa delle ammende per il
potenziamento delle risorse territoriali per interventi d’inclusione sociale delle persone in esecuzione
penale”. Si tratta di fondi che la Regione Lazio, in collaborazione con la Cassa delle ammende, ha messo a
disposizione per sostenere interventi di accoglienza residenziale e inclusione sociale di persone detenute
italiane e straniere, in possesso dei requisiti di legge per l’accesso alle misure alternative alla detenzione,
che non dispongano di risorse personali, economiche e di un domicilio effettivo e idoneo.
Il programma regionale intendeva garantire l’accoglienza temporanea e la realizzazione di attività
volte al reinserimento sociale di 30 persone detenute che possono accedere alle pene alternative, o
scontare il residuo di pena all’esterno, ma non hanno un alloggio dove farlo. Per ogni singolo ospite è
predisposto un progetto personalizzato d’inclusione sociale (il cosiddetto “pacchetto inclusione”)
finalizzato all’inserimento o al reinserimento sociale, che indica in particolare gli obiettivi da raggiungere,
i contenuti e le modalità degli interventi.
Erano previsti cinque alloggi, con la garanzia di una capacità di accoglienza di sei posti ciascuno,
secondo la seguente dislocazione in coerenza con la rilevazione del fabbisogno: tre nel territorio della Città
metropolitana di Roma Capitale; uno nel territorio della Provincia di Rieti o di Viterbo; uno nel territorio
della Provincia di Latina o di Frosinone. All’esito delle risultanze amministrative del bando, per il territorio
della Provincia di Latina e di Frosinone non sono pervenute candidature; per il territorio della Città
metropolitana di Roma Capitale e della Provincia di Rieti e di Viterbo sono pervenuti meno progetti di
quanti sarebbero potuti essere ammessi a finanziamento.
Esperienza pilota a livello nazionale, Casa di Leda, la casa-famiglia protetta di Roma è stata aperta
nell’ottobre 2016. L’immobile è un bene sottratto alla criminalità che può ospitare sei donne con figli. Il
comune di Roma Capitale, in data 27/10/2015, aveva stipulato un protocollo d’intesa tra ministero della
Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), e la fondazione Poste insieme onlus,
finalizzato all’avvio del progetto sperimentale denominato “Casa di Leda”, che prevedeva la convivenza di
genitori detenuti con figli minori, ai sensi dell’art. 4 della L. n. 62/2011. Il 24 ottobre del 2019, è stato infine
siglato un protocollo d’intesa tra Regione Lazio, Roma Capitale, Raggruppamento delle istituzioni pubbliche
di assistenza e beneficienza (Ipab), Pio Istituto SS. Annunziata, Opera lascito Giovanni Margherita Achillini