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(AGENPARL) – mar 02 luglio 2024 STORIA DEL MONUMENTO
Il Mausoleo di Augusto, di proprietà dell’Amministrazione di Roma Capitale, è un monumento complesso e stratificato nei secoli.
Il monumento, con il suo diametro di 300 piedi romani (circa m 87), è il più grande sepolcro circolare che si conosca, ben più grande del sepolcro di Adriano (attuale Castel S. Angelo) che ha un diametro di circa 64 metri; la sua altezza presunta, circa 45 metri, eguagliava la vetta del vicino Pincio. La gigantesca mole, che quasi uguagliava la vetta del vicino Pincio, era strategicamente collocata in prossimità della riva del Tevere, in modo da essere visibile da gran parte della città.
Il maestoso sepolcro dinastico del futuro primo imperatore di Roma fu costruito nel 28 a.C., nell’anno del suo sesto consolato, subito dopo il vittorioso esito della battaglia di Azio combattuta nel 31 a.C. contro Marco Antonio e Cleopatra, quando Ottaviano aveva solo trentacinque anni.
Il luogo scelto per la costruzione, ubicato ai margini settentrionali della città, tra il Tevere e la via Flaminia, e ancora scarsamente edificato, offriva i migliori presupposti per portare a termine il grandioso progetto urbanistico voluto da Augusto, teso alla sua consacrazione. Successivamente, tra il 13 e il 9 a.C., il progetto di Augusto fu completato con la costruzione dell’Orologio solare e dell’Ara Pacis, preannunciando l’avvio di una nuova era di pace e la divinizzazione dell’Imperatore dopo la sua morte, avvenuta il 14 d.C.
Il Mausoleo, concepito come un sepolcro dinastico, costituiva dunque lo straordinario fondale monumentale del Campo Marzio, tale da destare lo stupore degli storici contemporanei di Augusto, in particolare Strabone e Svetonio, che ci hanno tramandato una efficace descrizione dei volumi architettonici del sepolcro, oggi perduti, e del meraviglioso parco da cui era circondato, destinato al pubblico godimento.
Per più di un secolo conservò la funzione di sepolcro monumentale della famiglia imperiale, come è documentato dalle fonti letterarie e soprattutto dalla rilevante serie di testimonianze epigrafiche, riportate alla luce in varie epoche all’interno o nelle immediate vicinanze del monumento.
Attraverso un lungo dromos aperto a sud si accede alla cella sepolcrale, completamente ricostruita, ma ancora leggibile nella sua pianta circolare, articolata in tre nicchie rettangolari, ove erano collocate le urne. La nicchia di sinistra ospitava le ceneri di Ottavia, sorella di Augusto, e di suo figlio Marcello, il successore designato dallo stesso Augusto, ma prematuramente morto nel 23 a.C. Nella cella furono probabilmente sepolti anche altri membri della famiglia imperiale: il generale Marco Agrippa, secondo marito di Giulia, figlia di Augusto, Druso Maggiore, Lucio Cesare e Gaio Cesare, figli di Giulia, e – dopo la morte di Augusto – Druso Minore, Germanico, Livia, Tiberio, Agrippina, Caligola, Britannico, Claudio, e Poppea, moglie di Nerone; quest’ultimo fu invece escluso dal Mausoleo per indegnità, come già Giulia, la figlia di Augusto. Per breve tempo il Mausoleo ospitò le ceneri di Vespasiano e infine di Nerva. Dopo oltre un secolo dall’ultima deposizione venne riaperto per ospitare le ceneri di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo.
Due obelischi di granito rosa, dei quali i recenti scavi hanno fornito l’esatta ubicazione, fiancheggiavano il monumento; recuperati in età moderna, furono rialzati uno dietro l’abside di S. Maria Maggiore, l’altro in piazza del Quirinale nella fontana dei Dioscuri.
Nell’area erano collocate le tavole bronzee che recavano incise le Res Gestae, l’autobiografia dell’imperatore, il cui testo è trascritto sul moderno muro esterno del Museo dell’ Ara Pacis.
L’architettura del monumento è organizzata secondo una complessa disposizione planimetrica; intorno ad una struttura centrale cilindrica si dispone una serie di corridoi anulari concentrici. I tre muri anulari più esterni, realizzati con un paramento in opera reticolata, risultano collegati tra loro da setti murari costruiti con la stessa tecnica edilizia e disposti radialmente a distanze uniformi. Questi setti delimitano due serie di dodici ambienti, in antico contigui e non accessibili, dalla pianta diversificata; gli ambienti più esterni si articolano in coppie di vani affrontati con pianta ad arco di cerchio e congiunti tra loro da setti murari, mentre le dodici camere più interne presentano una pianta approssimativamente trapezoidale. Il tamburo esterno conserva parte di un rivestimento in blocchi di travertino.
Nell’età tardo antica non si hanno più notizie del monumento, che è di nuovo ricordato a partire dal X secolo.
Nel XIII secolo sulle poderose vestigia del Mausoleo fu edificato, dai Colonna, un fortilizio che fu distrutto nel 1241.
Nei secoli successivi fu attuata una sistematica opera di spoliazione del monumento: i marmi furono ridotti in calce e utilizzati come materiali da costruzione o ancora destinati agli usi più vari.
Nel corso del XVI secolo la nobile famiglia dei Soderini, divenuta proprietaria del Mausoleo, edificò un palazzo a nord del monumento e allestì all’interno dell’antico sepolcro un giardino all’italiana. In seguito agli importanti interventi di spoliazione le strutture interne del monumento erano crollate e interrate; il giardino, pertanto, fu impostato a livello del secondo piano dell’antico sepolcro, racchiuso dall’alto muro in reticolato, secondo lo schema dell’hortus conclusus. L’accesso a sud dal dromos fu definitivamente abbandonato perché ormai interrato; fu aperto e monumentalizzato un ingresso a nord, in corrispondenza del palazzo Soderini, e fu così sancito il legame del monumento con gli edifici e la viabilità consolidatisi a nord di esso.
All’inizio del Settecento il palazzo e il Mausoleo divennero proprietà dei marchesi Correa di origini portoghesi; il giardino nel corso del secolo cadde in abbandono e all’interno del complesso fu allestito un anfiteatro, nel quale, a partire dal 1780, si tennero giostre e caccie di tori e bufale.
Pochi anni dopo, il complesso divenne proprietà del conte Francesco Saverio Vivaldi Armentieri che, dopo aver effettuato una campagna di scavo, realizzò importanti lavori nel palazzo e inaugurò nel 1796 un anfiteatro stabile.
Dal 1802 il sepolcro, ormai noto come anfiteatro Correa, passò tra i beni di proprietà della Camera Apostolica che lo diede in affitto a più riprese come edificio per spettacoli.
Nel 1826 fu innalzato, su progetto di Giuseppe Valadier a copertura dell’arena, un velario su sostegni lignei, sostituito in seguito da un’istallazione più stabile con armatura in ferro.
Nel 1873 la proprietà del Correa passò dalla Camera Apostolica al Demanio del Regno d’Italia; nel 1880 fu preso in affitto dal conte Telfner, che realizzò la copertura della struttura con una cupola in vetro; l’edificio fu dichiarato presto inagibile per mancanza di sufficienti vie d’uscita.
Nel 1907 il Correa passò dal Demanio dello Stato al Comune di Roma e fu trasformato in sala per concerti, denominata Auditorium Augusteo, subito dotato di nuovi accessi adeguati alle allora vigenti norme di sicurezza.
La serie dei concerti terminò il 13 maggio del 1936 quando iniziò il programma dello Stato fascista di demolizione della cupola e delle strutture sovrastanti per recuperare l’originario sepolcro imperiale.
I restauri del monumento, interrotti nel periodo della seconda guerra mondiale, furono poi ultimati nei primi anni ’50.