
(AGENPARL) – mer 19 giugno 2024 “IL CONSIGLIO COMUNALE
CONSTATATO che dopo la fine della pandemia da Covid, che aveva evidenziato, accanto ad una risposta complessiva sostanzialmente positiva, alcune carenze del nostro Servizio Sanitario Nazionale in alcune Regioni e in particolare sul versante dei servizi territoriali, non si è realizzato, malgrado le promesse di tutte le forze politiche di governo e di opposizione, un potenziamento del servizio pubblico, a fronte di un quasi esclusivo vantaggio per le strutture sanitarie private, come evidenziato dalla ultima legge di bilancio. Il persistente sottofinanziamento complessivo del Servizio Sanitario, che peraltro si ripete da alcuni anni per responsabilità di governi di diversa appartenenza politica, ha fatto emergere gravi criticità in particolare nei tempi di attesa delle prestazioni ambulatoriali e talora anche di ricovero che si sono riversate sulle fasce più deboli della popolazione (almeno 2 milioni di persone), che non riescono più a curarsi non avendo i mezzi per ricorrere alle strutture private. Di fronte a questa situazione si sta allargando una maggiore consapevolezza dell’iniquità di questa condizione, che fa venire meno i principi di universalità e di gratuità che sono alla base del Servizio Sanitario pubblico e che tuttora dovrebbero essere garantiti per legge a tutti i cittadini che già contribuiscono al finanziamento di tale servizio mediante l’assolvimento dell’obbligo fiscale.
RILEVATO che in ultimo 14 eminenti scienziati e medici hanno sottoscritto un APPELLO, che denuncia il concreto PERICOLO DI UNO di uno smantellamento del Servizio sanitario Nazionale e invitano i cittadini a reagire in maniera ancora più energica a questa deriva, che rischia di privare il Paese di una delle più grandi conquiste che siano mai state realizzate per la tutela della salute collettiva.
APPELLO “NON POSSIAMO FARE A MENO DEL SERVIZIO SANITARIO PUBBLICO”, sottoscritto da:
Ottavio Davini, Enrico Alleva, Luca De Fiore, Paola Di Giulio, Nerina Dirindin, Silvio Garattini, Franco Locatelli, Francesco Longo, Lucio Luzzatto, Alberto Mantovani, Giorgio Parisi, Carlo Patrono, Francesco Perrone, Paolo Vineis e qui riprodotto nella sua versione sintetica.
“Dal 1978, data della sua fondazione, al 2019 il SSN in Italia ha contribuito a produrre il più marcato incremento dell’aspettativa di vita (da 73,8 a 83,6 anni) tra i Paesi ad alto reddito. Ma oggi i dati dimostrano che il sistema è in crisi: arretramento di alcuni indicatori di salute, difficoltà crescente di accesso ai percorsi di diagnosi e cura, aumento delle diseguaglianze regionali e sociali. Questo accade perché i costi dell’evoluzione tecnologica, i radicali mutamenti epidemiologici e demografici e le difficoltà della finanza pubblica, hanno reso fortemente sottofinanziato il SSN, al quale nel 2025 sarà destinato il 6,2% del PIL (meno di vent’anni fa). Il pubblico garantisce ancora a tutti una quota di attività (urgenza, ricoveri per acuzie), mentre per il resto (visite specialistiche, diagnostica, piccola chirurgia) il pubblico arretra, e i cittadini sono costretti a rinviare gli interventi o indotti a ricorrere al privato. Progredire su questa china, oltre che in contrasto con l’Art.32 della Costituzione, ci spinge verso il modello USA, terribilmente più oneroso (spesa complessiva più che tripla rispetto all’Italia) e meno efficace (aspettativa di vita inferiore di sei anni).
La spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) e l’autonomia differenziata rischia di ampliare il divario tra Nord e Sud d’Italia in termini di diritto alla salute. È dunque necessario un piano straordinario di finanziamento del SSN e specifiche risorse devono essere destinate a rimuovere gli squilibri territoriali. La allocazione di risorse deve essere accompagnata da efficienza nel loro utilizzo e appropriatezza nell’uso a livello diagnostico e terapeutico, in quanto fondamentali per la sostenibilità del sistema. Ancora, l’SSN deve recuperare il suo ruolo di luogo di ricerca e innovazione al servizio della salute. Parte delle nuove risorse deve essere impiegata per intervenire in profondità sull’edilizia sanitaria, in un Paese dove due ospedali su tre hanno più di 50 anni, e uno su tre è stato costruito prima del 1940.
Ma il grande patrimonio del SSN è il suo personale: una sofisticata apparecchiatura si installa in un paio d’anni, ma molti di più ne occorrono per disporre di professionisti sanitari competenti, che continuano a formarsi e aggiornarsi lungo tutta la vita lavorativa. Nell’attuale scenario di crisi del sistema, e di fronte a cittadini/pazienti sempre più insoddisfatti, è inevitabile che gli operatori siano sottoposti a una pressione insostenibile che si traduce in una fuga dal pubblico, soprattutto dai luoghi di maggior tensione, come l’area dell’urgenza. È evidente che le retribuzioni debbano essere adeguate, ma è indispensabile affrontare temi come la valorizzazione degli operatori, la loro tutela e la garanzia di condizioni di lavoro sostenibili. Particolarmente grave è inoltre la carenza di infermieri (in numero ampiamente inferiore alla media europea).
Da decenni si parla di continuità assistenziale (ospedale-territorio-domicilio e viceversa), ma i progressi in questa direzione sono timidi. Oggi il problema non è più procrastinabile: tra 25 anni quasi due italiani su cinque avranno più di 65 anni (molti di loro affetti da almeno una patologia cronica) e il sistema, già oggi in grave difficoltà, non sarà in grado di assisterli. La spesa per la prevenzione in Italia è da sempre al di sotto di quanto programmato, il che spiega in parte gli insufficienti tassi di adesione ai programmi di screening oncologico che si registrano in quasi tutta Italia. Ma ancora più evidente è il divario riguardante la prevenzione primaria; basta un dato: abbiamo una delle percentuali più alte in Europa di bambini sovrappeso o addirittura obesi, e questo è legato sia a un cambiamento – preoccupante – delle abitudini alimentari sia alla scarsa propensione degli italiani all’attività fisica. Molto va investito, in modo strategico, nella cultura della prevenzione (individuale e collettiva) e nella consapevolezza delle opportunità ma anche dei limiti della medicina moderna. Molto, quindi, si può e si deve fare sul piano organizzativo, ma la vera emergenza è adeguare il finanziamento del SSN agli standard dei Paesi europei avanzati (8% del PIL), ed è urgente e indispensabile, perché un SSN che funziona non solo tutela la salute ma contribuisce anche alla coesione sociale”.
Da segnalare in ultimo che GIMBE Centro Studi di Nino Cartabellotta ha lanciato un’Associazione cui è possibile aderire su scala NAZIONALE, esiste inoltre una rete europea che affronta gli stessi problemi a livello continentale e si batte contro la privatizzazione dei Servizi., perché la Salute non diventi una merce.
Da segnalare che, come affermano le società scientifiche riunite in FoSSC la grave crisi di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non garantisce più alla popolazione un’effettiva equità di accesso alle prestazioni sanitarie, con intuibili conseguenze sulla salute delle persone e pesante aumento della spesa privata. Il servizio sanitario, dopo aver sostenuto l’impatto della pandemia, soffre di una crisi sistemica, accentuata dalla futa del personale, non adeguatamente remunerato, cui si dovrebbe rispondere, a livello nazionale e regionale, con decisioni ed investimenti non più rinviabili, nei campi dell’organizzazione, delle strutture, della formazione delle retribuzioni.
APPROVA
l’appello degli scienziati e dei medici, come riportato nell’OdG, e
IMPEGNA LA SINDACA
a dare la massima diffusione all’appello stesso.”