

Testo del Manifesto: https://tinyurl.com/bdhw42n8
Serve una politica per la produzione, il riuso e la resilienza dei materiali, serve una politica industriale per la riconversione verde delle costruzioni, con materiali sostenibili, riusabili, ad alta prestazione e con nuove tecniche costruttive, a maggior valore aggiunto e con maggiore contenuto tecnologico. Gli appalti pubblici devono diventare il motore della riconversione, contro ogni logica di competizione al ribasso (liberalizzazione dei subappalti) e per favorire qualità e resilienza. Gli incentivi privati devono essere rigorosi nelle condizionalità sociali e ambientali e fortemente selettivi. Va assunta una strategia di intervento complessiva, in coerenza con le indicazioni della Commissione Europea contenute nel documento “Un percorso di transizione per le costruzioni” (2023). Occorre inoltre accelerare e implementare la politica dei vincoli di costo (i c.d. “dazi ambientali”) per i materiali extra europei non rispettosi delle norme ambientali minime stabilite dall’UE, destinando però le risorse rivenienti a progetti di riconversione ambientale delle produzioni in loco nei paesi terzi.
Ricchezza Foresta
Gli ecosistemi forestali oltre ad essere un patrimonio per la salvaguardia della biodiversità e dei territori, svolgono un ruolo strategico contro la crisi climatica, per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050. Per questo è fondamentale dare vita e rafforzare meccanismi di gestione virtuosi che consentano la creazione di valore, il mantenimento e miglioramento della biodiversità, della qualità delle foreste, del territorio montano e dei servizi ecosistemici. Consumi, deforestazione e cambiamento climatico sono strettamente connessi: solo in Europa siamo responsabili del 16% della deforestazione globale associata al commercio internazionale di materie prime, ed invece contrastare i mutamenti climatici è centrale per dare valore al patrimonio forestale e tutelare i boschi, proprio ora che, secondo le ultime rilevazioni, la superficie forestale mondiale è diminuita del 4.2%.
Occorre non disperdere quest’enorme ricchezza, ma anzi impegnarsi nel valorizzarla, soprattutto in termini di bioeconomia e di green jobs. Le foreste sono naturalmente multifunzionali ovvero proteggono il suolo, assorbono CO2, conservano la biodiversità, contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici, oltre a produrre beni per le economie delle comunità locali, tramite la produzione di legno da opera, da ardere e prodotti del sottobosco. Avere cura delle risorse forestali e montane significa occuparsi del benessere del territorio, dalla protezione del suolo, dell’acqua, della biodiversità e del clima oltreché valorizzare la cultura e l’identità dei luoghi.
Si tratta però anche di economia e di lavoro: serve una politica per la produzione, il riuso e la resilienza dei materiali, a partire dal legno. Leggero, flessibile, di facile reperibilità, lavorabile, buon comportamento strutturale e facilità di montaggio sono solo alcune delle peculiarità di questo materiale.
Foresta Europa
Il settore forestale europeo, comprensivo di silvicoltura, industria del legname e della carta, rappresenta circa l’1 % del PIL dell’Unione. Dei quasi 160 milioni di ettari di foreste europee, 134 milioni sono disponibili per la produzione di legno. L’industria del legno, a sua volta, rappresenta il 20 % delle imprese manifatturiere di tutta l’Unione Europea con 3,6 milioni di posti di lavoro e un fatturato annuo di 640 miliardi di euro. La principale destinazione d’uso di tali risorse è energetica (42% del volume), contro il 24 % destinato alle segherie, il 17 % all’industria della carta e il 12 % a quella dei pannelli. Il legname grezzo ottenuto in modo sostenibile e i materiali e i prodotti diversi dal legno sono fondamentali per la transizione dell’UE verso un’economia sostenibile a impatto climatico zero. La strategia europea per le foreste vuol dare impulso alla bioeconomia forestale sostenibile, affinché essa possa agire in sinergia con gli obiettivi ambiziosi dell’UE in materia di clima e biodiversità. Per quanto riguarda il legno, l’UE deve focalizzare l’attenzione sui prodotti innovativi e passare da un uso del legno a breve ciclo di vita a un uso del legno a lungo ciclo di vita. Quanto più durevole sarà il prodotto, tanto più efficace sarà la mitigazione dei cambiamenti climatici, perché i prodotti del legno a lungo ciclo di vita e ottenuti in modo sostenibile possono contribuire all’assorbimento della CO2 attraverso la CO2 incorporata.
Un’attenta gestione delle foreste potrebbe aumentare la capacità dei boschi di immagazzinare il carbonio. A dirlo è uno studio pubblicato su “Nature” che ha effettuato rilevazioni di biomassa forestale eseguite da satellite e da terra che quantificano il contributo dei boschi come agenti di rimozione del carbonio dall’atmosfera. Le foreste svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo del carbonio: durante la fotosintesi, assorbono anidride carbonica dall’atmosfera, trasformandola in biomassa: un processo chiamato “fissazione del carbonio”. Le foreste immagazzinano grandi quantità di carbonio, principalmente nei loro alberi e nel suolo. Tuttavia, i cambiamenti antropogenici nell’uso del suolo, quali per esempio la deforestazione o i cambiamenti nelle colture, sono responsabili di rilasci di grandi quantità di carbonio nell’atmosfera, contribuendo all’aumento delle emissioni di CO2, principale gas responsabile dell’effetto serra. La maggior parte (61%) di questo deficit di accumulo si trova in aree con foreste esistenti, in cui, attuando misure di salvaguardia dell’ecosistema, si può consentire alle foreste di svilupparsi fino alla maturità, ottimizzando così la loro capacità di assorbire e immagazzinare il carbonio. Il restante 39% del potenziale si trova in regioni in cui le foreste sono state rimosse o frammentate.
Italia boschiva
Le foreste italiane si estendono su oltre 11 milioni di ettari, un valore che è raddoppiato negli ultimi 50 anni ed è pari a quasi il 40% del territorio nazionale. Soltanto negli ultimi 10 anni la superficie boschiva è aumentata del 4,9% (fonte: Masaf). Una crescita che però non è frutto di specifiche politiche attive di rimboschimento, bensì dell’abbandono delle attività primarie e dello spopolamento di aree montane e collinari. Nove milioni di ettari di foreste e quasi due milioni di altre terre boscate, che coprono il 35% del territorio nazionale: il patrimonio forestale italiano è tra i più ricchi e vari d’Europa.
Il 38% della superficie nazionale è coperta da foreste che nel giro di un trentennio sono aumentate del 20% dimostrandosi però molto vulnerabili al degrado e agli incendi con i boschi che, a causa dell’incuria e dell’abbandono, sono diventati vere giungle ingovernabili. Con 11,4 milioni di ettari l’Italia è il secondo grande Paese europeo per copertura forestale dopo la Spagna. Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli, custodi dell’ambiente, in una situazione in cui due boschi su tre sono di proprietà privata.
Il tasso di prelievo forestale in Italia si aggira su una media stimata del 27% contro il 64% degli altri paesi europei, secondo l’analisi di Federforeste. Il 60% viene usato come legname da ardere.
Un’opportunità può dunque arrivare proprio dall’aumento del prelievo del legno dai boschi con lo sviluppo di filiere sostenibili in grado di tutelare l’ambiente e creare occupazione se si considera che l’Italia importa dall’estero più dell’80% del legno necessario ad alimentare l’industria del mobile, della carta o del riscaldamento.
Il settore forestale nel nostro Paese, oltre a non aver ancora applicato compiutamente i principi della gestione forestale sostenibile e responsabile, non riesce ancora a valorizzare tutte le sue potenzialità. La rigidità della struttura imprenditoriale e culturale che caratterizza il settore e la frammentazione normativa che lo disciplina, sono tra le principali cause di ritardo con cui dobbiamo fare i conti.
Il Cam (criterio ambientale minimo) del legno
Dall’11 aprile 2008 il Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (PAN GPP), adottato con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e dell’economia e delle finanze, fornisce alcune indicazioni per le stazioni appaltanti e stabilisce i Criteri Ambientali Minimi (CAM) per gli acquisti della Pubblica Amministrazione. Si tratta di requisiti obbligatori e che le stazioni appaltanti devono rispettare in fase di acquisto. Il tema è molto rilevante visto che gli acquisti della Pubblica Amministrazione risultano circa il 17% del PIL italiano. Nello specifico del settore legno i riferimenti normativi sono relativi al Decreto 23 giugno 2022 – Criteri ambientali minimi per l’affidamento del servizio di progettazione di interventi edilizi, per l’affidamento dei lavori per interventi edilizi e per l’affidamento congiunto di progettazione e lavori per interventi edilizi – e il criterio riguardante i prodotti legnosi è il 2.5.6 Prodotti legnosi, dove è richiesta la garanzia che “tutti i prodotti in legno utilizzati nel progetto devono provenire da foreste gestite in maniera sostenibile”. Come prova della sostenibilità è riportata la certificazione di Catena di Custodia PEFC con relativo certificato con indicazione del prodotto fornito. Inoltre “per quanto riguarda le certificazioni FSC o PEFC, tali certificazioni, in presenza o meno di etichetta sul prodotto, devono essere supportate, in fase di consegna, da un documento di vendita o di trasporto riportante la dichiarazione di certificazione (con apposito codice di certificazione dell’offerente) in relazione ai prodotti oggetto della fornitura.”
Il criterio riferito ai prodotti legnosi include anche i prodotti riciclati; infatti, il Ministero assimila i prodotti riciclati ai prodotti derivanti da una gestione forestale sostenibile. Altro dato positivo è il criterio premiante (quindi non obbligatorio) per il legno di prossimità, il legno locale. Sarebbe utile rafforzare il criterio che favorisca la materia prima locale e il Ministero si è dimostrato recettivo aggiungendo il criterio premiante 3.2.5 Distanza di trasporto dei prodotti da costruzione. Con questo criterio si premia con un punteggio aggiuntivo in sede di attribuzione dell’appalto infatti “è attribuito un punteggio premiante all’operatore economico che si impegna ad approvvigionarsi di almeno il 60% in peso sul totale dei prodotti da costruzione ad una distanza massima di 150 km dal cantiere di utilizzo.” Non è un criterio obbligatorio ma potrebbe essere un vantaggio competitivo per chi si approvvigiona dalle foreste certificate PEFC e FSC in Italia. Per accedere a questo punteggio aggiuntivo si dovrà per forza approvvigionarsi nelle foreste certificate PEFC e FSC locali visto che il 94% delle foreste certificate in Italia è certificato PEFC e FSC.
Il Cluster legno
Recentemente è nato il Cluster nazionale Italia Foresta Legno, un’associazione con lo scopo di promuovere lo sviluppo del sistema forestale nazionale in un’ottica di dialogo e sinergia con le diverse filiere nazionali e i cluster territoriali di settore, contribuendo attivamente nei percorsi di ricerca e sviluppo in grado di permettere una diffusione dei migliori processi produttivi ed organizzativi nei diversi comparti. Concretamente un processo di riconoscimento e valorizzazione virtuosi in grado, per esempio, di promuovere l’adozione del principio di uso a cascata del legno, di facilitare “accordi di foresta” tra soggetti pubblici e privati e altre misure incentivanti per sviluppare localmente catene di valore e presidi di bioeconomia circolare.
Questa organizzazione circolare dovrebbe ovviare anche una delle caratteristiche del nostro di sistema forestale: i boschi italiani sono per il 64% di proprietà privata e per il restante 36% pubblica. Una delle criticità rilevate consta proprio nella gestione organizzata delle proprietà boschive, spesso suddivise e oggetto di frammentazione, con l’impossibilità di creare forme di dialogo tra proprietario boschivo e industria di prima lavorazione.
Occorre dunque incentivare la creazione di filiere verticali di prossimità e amplificare i temi di digitalizzazione che devono essere gli strumenti per incrementare la forza lavoro. Forza lavoro che si concentrerebbe all’interno di zone marginali, mitigando appunto fenomeni di spopolamento e di abbandono dei territori interni.
Le filiere del legno
La filiera foresta-legno italiana presenta dunque un deficit nell’integrazione e nel coordinamento fra i diversi segmenti che la compongono, e l’anello debole della filiera è rappresentato dai settori delle utilizzazioni e della prima trasformazione oltreché dalla dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materia prima: importiamo l’80% del nostro fabbisogno di prodotti legnosi senza che vi sia una vera valorizzazione del made in Italy.
Il legname industriale italiano viene principalmente prelevato (66% del totale) da tre regioni, Lombardia, Trentino-Alto Adige e Calabria, ed è costituito in massima parte da legname grezzo per trancia, sega, sfogliatura (compensati) e travature. Nonostante ciò, la filiera produttiva italiana legata alla risorsa legno – connessa sia con le foreste di origine naturale che con le produzioni legnose fuori foresta – rappresenta un’importante realtà produttiva e occupazionale per il Paese e presenta ampie possibilità di crescita e sviluppo. Sebbene la maggior parte delle imprese che operano nel territorio nazionale risultino di piccole dimensioni, esse costituiscono in molti casi l’ultima realtà di presidio socioeconomico per i territori interni.
Il bosco insomma crea servizi di difesa del territorio e della biodiversità, ricreativi e turistici ma anche lavoro e presidio delle aree marginali.
Gli operatori forestali in Italia sono riconducibili a tre macrocategorie: i titolari e i dipendenti di imprese boschive afferenti al codice ATECO 02, i soci o gli addetti di cooperative forestali e gli operai forestali pubblici. Nel 2021 le imprese forestali erano 5.999 ed impegnavano complessivamente 14.176 addetti (Fonte Istat). Gli operai forestali pubblici al 2020 (Fonte dati Fondazione Metes) risultano poco più di 43.000. In Italia, al 2017 risultano 200 cooperative forestali con più di 5000 tra soci ed addetti. Il settore della prima trasformazione del legno (segherie, carpenterie) conta, secondo i dati ASIA-Istat 2021, poco più di 21.000 imprese con 91.000 addetti. Rispetto ai dati 2014 si è registrata una diminuzione del 29% del numero delle imprese e del 20% nel numero degli addetti. Sempre riferendosi al 2021, il settore della produzione di mobili ha all’attivo circa 15.600 imprese con 126.000 addetti.
Altro importante segmento della filiera foresta-legno che si approvvigiona di materia prima legnosa, fino agli scarti di lavorazione e materiale ligneo di riciclo, è quello della trasformazione in pasta di cellulosa destinata ad uso cartario.
Il settore dell’arredamento italiano è all’avanguardia per il suo livello di circolarità per l’alto contenuto di materiale riciclato nei propri prodotti, come il pannello truciolare che permette di utilizzare una percentuale di legno riciclato pari al 64%, a fronte di un obiettivo europeo che indica il 30% al 2030 per il riciclo degli imballaggi in legno. In Italia il 95% del legno post consumo, anziché essere bruciato per produrre energia come accade in altri Paesi, viene riciclato per produrre pannelli per l’arredo evitando di consumare legno vergine con un risparmio di quasi due milioni di t/anno di CO2.
Nel 2020 sono state raccolte e riciclate 1.841.065 tonnellate di legno e rigenerate 827.772 tonnellate di imballaggi pari a oltre 60 milioni di pallet che sono rientrati nel circuito logistico per essere riutilizzati. La filiera del riciclo del legno post consumo è di circa 2 mld di euro con oltre 17.000 posti di lavoro in Italia.
Il sistema Italia
La filiera foresta-legno italiana presenta sicuramente numerose opportunità di crescita per imprese singole e associate che svolgono attività selvicolturali di gestione, volte ad assicurare, oltre alla produzione di legno, la gestione e la manutenzione continua del territorio. Occorre una migliore programmazione gestionale del patrimonio forestale favorendone la valorizzazione anche attraverso l’introduzione di innovazioni tecnologiche, sia a livello tecnico-produttivo, sia di prodotti finali, con l’obiettivo di incrementarne la produttività, dando maggiore forza alle filiere per ridurre i costi, generare reddito ed esternalità positive per la società e l’ambiente. Oggi soltanto il 18% della superficie forestale italiana è soggetta a piani di gestione e, sebbene la produzione di legno e di altri prodotti rimanga stabile, diminuiscono le segherie e le infrastrutture per le utilizzazioni in bosco; solo il 9% sono quelle certificate: percentuali che possono nettamente crescere per contribuire maggiormente al fabbisogno nazionale sia nel campo delle prime lavorazioni che nell’utilizzo di biomassa come riscaldamento, seguendo appunto un principio di uso a cascata del materiale.
L’Italia è stato il primo Paese ad applicare la Strategia Forestale Europea, che ha tra i principali obiettivi una gestione forestale sostenibile, l’efficientamento dell’impiego delle risorse naturali, lo sviluppo di conoscenze multidisciplinari per la tutela delle foreste, attraverso attività di ricerca, formazione professionale e promozione dei prodotti forestali. Abbiamo quindi tutti gli strumenti per migliorare nella gestione di questa enorme ricchezza: occorre attuare una gestione forestale sostenibile, sviluppata secondo una specifica pianificazione. Con l’obiettivo di migliorare la stabilità e la resilienza dei boschi, traendo nel contempo profitto dal legname e assicurando la funzione ecologica, paesaggistica ed economica. La redazione del TUFF e la Strategia Forestale Nazionale hanno finalmente dato una “legge quadro”, coerente con l’economia, la società, le istituzioni e l’ambiente di oggi. Purtroppo, non sono ancora totalmente applicati in tutte le loro forme. Il settore forestale nazionale deve proseguire il percorso intrapreso con questi strumenti che favoriscono la pianificazione e la gestione forestale, per migliorare la capacità multifunzionale del bosco, accompagnandola da una precisa e consapevole assunzione di responsabilità. Va in questa direzione la creazione del nuovo Sistema Informativo Forestale Nazionale (SINFor), promosso dal Masaf e realizzato dal Centro Politiche e Bioeconomia e dal Centro Foreste e Legno del Crea, in collaborazione con il Sistema Informativo Agricolo Nazionale (Sian), con l’obiettivo di raccogliere tutte le informazioni statistiche, amministrative, cartografiche e ambientali inerenti alla materia forestale. Il nuovo Sistema Informativo Nazionale è uno strumento importante. Un mezzo per approfondire il nostro prezioso patrimonio forestale, parte fondamentale del paesaggio storico e culturale italiano, che grazie al contributo congiunto di più attori oggi è diventato una realtà.
La foresta bene pubblico e della collettività
Due terzi delle foreste sono di proprietà privata ed un terzo di proprietà pubblica. I lavoratori forestali, dipendenti dalle Regioni (quindi dipendenti da datore di lavoro pubblico), svolgono il fondamentale lavoro di buona e corretta gestione del bosco, unitamente alla tutela del paesaggio ed al contenimento del dissesto idrogeologico. Si tratta di una funzione che rientra tra i principi fondamentali enunciati nella Costituzione circa la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, ampliata nel 2023 con la legge costituzionale che ha modificato gli artt. 9 e 41. All’art. 9, accanto alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico artistico del Paese, è stata inserita infatti anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, mentre la modifica dell’art. 41 ha stabilito che l’iniziativa economica privata non può svolgersi a danno della salute e dell’ambiente, premettendo questi due limiti a quelli già vigenti ovvero la sicurezza, la libertà e la dignità umana.
Questo complesso di attività, dunque, deve rimanere appannaggio delle pubbliche amministrazioni, poiché si tratta di una funzione di interesse generale, che non ha un immediato ritorno economico – se con questo intendiamo generazione di profitto – ma che porta con sé un valore economico nella gestione della risorsa bosco come bene della collettività. Dunque il bosco deve essere tutelato e preservato non con interventi emergenziali, che troppo spesso si sono succeduti negli ultimi anni a seguito di eventi catastrofici con un aggravio di oneri economici nei bilanci regionali e nazionale, bensì mediante una programmazione ragionata e di lungo periodo.
PROPOSTE PER IL FUTURO DEI BOSCHI, DEL LEGNO, DEL LAVORO.
- Il patrimonio boschivo è fondamentale per l’assorbimento di CO2. Per tale motivo sarebbe opportuno che le disposizioni europee ed italiane in materia possano dare realmente la possibilità di valorizzare i crediti di carbonio prodotti dalle superfici forestali italiane, anche a vantaggio delle imprese di trasformazione per la loro contabilità ambientale.
- Occorre avviare una riforma fondiaria per superare l’abbandono dei boschi e promuovere la gestione forestale sostenibile, favorire azioni e strumenti colletti di gestione (accordi, contratti, etc..) per migliorare la qualità delle filiere produttive locali e incentivare fiscalmente le imprese giovanili e i green job.
- Uso sostenibile delle biomasse: occorre invertire la tendenza di uso esclusivamente a fini energetici della filiera legno – energia basata sulle grandi centrali, per passare a un modello di piccoli impianti diffusi a cogenerazione per puntare sull’utilizzo a cascata delle risorse boschive secondo i principi della gestione forestale sostenibile. Al riguardo si propone una normativa specifica e semplificata per l’installazione di piccoli impianti a ciclo combinato e con potenza inferiore a 1MW e incentivi per l’aggiornamento tecnologico dei caminetti a uso domestico.
- E’ necessario arrivare, come avviene con le etichette d’origine per il cibo che mettiamo nel piatto, a una carta d’identità del legno e al marchio 100% legno italiano che permetta al consumatore di essere informato sulla provenienza ma anche sulla sostenibilità del legname utilizzato, per favorire la creazione di valore alle filiere locali e sostenere l’economia dei territori rurali e montani.
- Attuare i temi della Strategia forestale nazionale, e avvicinare il settore forestale a quello industriale puntando sulla gestione forestale sostenibile e la bioeconomia circolare attraverso la creazione di cluster Legno regionali con l’obiettivo di realizzare la creazione di filiere territoriali organizzate grazie ad una maggiore partecipazione e condivisione tra le istituzioni, il mondo della ricerca, le parti economiche e sociali interessate. Necessaria la semplificazione delle procedure autorizzative nel rispetto del mantenimento della copertura forestale nella prospettiva di un utilizzo razionale del nostro patrimonio boschivo.
- Rafforzare l’attuale struttura dei CAM con particolare riferimento all’innalzamento dei valori premianti per l’uso di materiali a ridotto impatto ambientale a provenienza nazionale. Valutare specifico Cam premiante per il legno nazionale.
- Sicurezza e lavoro: ripensare il lavoro lungo la filiera del legno, assumendo la prospettiva della cura del bosco, del taglio e prima lavorazione, fino al completo riuso della risorsa nel legno e arredo e nei prodotti di costruzione, necessita di specifiche professionalità lungo l’intero ciclo produttivo. In particolare accanto alla sfida del lavoro in sicurezza (l’ambiente bosco e l’ambiente segheria sono ambiti di lavoro sempre più specifici, così come il processo di riciclo in termini di uso di sostanze chimiche, colle, solventi) sarà fondamentale la formazione e l’aggiornamento professionale sia in entrata (nuove assunzioni) che di riconversione.
- Accordo nazionale con le regioni e le organizzazioni del settore forestale, costruire insieme alle regioni, le organizzazioni datoriali, alle principali agenzie formative pubbliche regionali e nazionali, alle università, ecc. un accordo per formare i nuovi “professionisti della filiera del legno” con un piano nazionale articolato fatto di formazione teorica, pratica, on the job anche dentro l’attuale orario di lavoro contrattuale concretizzando in questo modo quanto già esplicitato nella piattaforma per il rinnovo dei vari CCNL: una riduzione dell’orario di lavoro, anche a fronte (proposta avanzata nella piattaforma CCNL Legno-Arredo) di una messa a disposizione da parte delle lavoratrici e lavoratori di tutte o parte delle ROL e conseguentemente, alla fine del percorso di formazione, un piano condiviso tra aziende e organizzazioni sindacali per l’attribuzione di passaggi di livello.
- Sulla formazione degli operatori forestali, gli ultimi due decreti attuativi del TUFF sono insufficienti e parziali, in particolar modo per quanto riguarda il requisito necessario per l’iscrizione agli albi regionali delle imprese che eseguono lavori o forniscono servizi forestali poiché si prevede la possibilità di iscrizione con un solo operatore formato. In questo modo vengono abilitate imprese che impiegano lavoratori non formati per le specificità del settore, con un’evidente possibilità di aumento di infortuni. Inoltre, la mancanza di formazione professionale determina una cattiva gestione della risorsa boschiva con danno all’intera collettività. Inoltre, occorre ampliare le competenze e le qualifiche contenute nel Repertorio nazionale, ricomprendendo tutte le figure professionali operanti nel settore ai fini della completa ed esaustiva formazione professionale dei lavoratori.