
Se pensavi che gli immobili costruiti prima del 2 settembre 1967 fossero automaticamente regolari, anche senza licenza edilizia o con abusi ovvi, beh, preparati a rimanere deluso! Perché la realtà è una zuppa di confusione, con gli immobili Ante ’67 che rappresentano una sorta di mondo parallelo nel panorama immobiliare italiano.
Prima del 1967, l’Italia era un po’ come il Far West dell’edilizia: ogni regione faceva un po’ come voleva, e le leggi erano più fluide di un fiume in piena. Quindi, se pensavi che la conformità fosse una cosa standard, pensaci ancora!
Ma aspetta, c’è di più! Quando si tratta di compravendita di questi gioiellini antichi, la conformità diventa la parola d’ordine. E no, non stiamo parlando della conformità alla moda, ma alla conformità urbanistica, che è un po’ come l’ultimo vestito alla moda per gli immobili.
E ora, il pezzo forte: la dichiarazione di conformità urbanistica! Una sorta di passaporto per l’immobile, che attesta che è tutto a posto secondo le normative. Ma attenzione, ottenere questa dichiarazione è più difficile che trovare un unicorno sul pianeta Terra!
Poi c’è la sentenza che ha dichiarato che la mancanza di menzione del titolo abilitativo negli atti di compravendita è una nullità formale. Che tradotto in italiano significa: “Ops, abbiamo dimenticato di menzionare un pezzo di carta importante, ma non importa, giusto?”
E cosa succede alle aste giudiziarie? Beh, è come un circo, ma senza i clown allegri. Gli immobili Ante ’67 possono essere pieni di abusi edilizi, e gli ispettori del Ministero della Giustizia sono lì a fare da acrobati per cercare di capire cosa è legale e cosa no.
E se trovano abusi edilizi? Beh, c’è sempre la procedura di accertamento e sanatoria per sistemare tutto. Ma attenzione, non è come giocare a Monopoli e passare dalla casella “Vai” per raccogliere i 200 euro!
E poi c’è la questione delle nuove normative europee sull’efficienza energetica degli edifici. Mentre l’Europa si spinge verso un futuro verde, l’Italia si trova lì a chiedersi come far funzionare le vecchie macchine arrugginite.
Insomma, la conclusione è questa: mentre l’Europa si muove verso un futuro più sostenibile, l’Italia è lì a grattarsi la testa su come far funzionare le cose vecchie. Forse è il momento che il Governo e il Ministero della Giustizia intervengano, magari inviando gli ispettori a risolvere tutti i problemi. Ma finché non lo fanno, meglio tenere a portata di mano un cappello da prestigiatore e una bacchetta magica!