
(AGENPARL) – gio 11 aprile 2024 AGRUSTI: SULLA PLASTICA C’È UN’OSSESSIONE REGOLATORIA
Convegno stamane organizzato dalla filiera plastica-gomma-chimica-biomedicale-pelli di CAA | Ravazzolo (Confindustria): Il nostro pressing ha garantito che nella prossima legislatura certe regole saranno riviste | Campelli (Corepla): Tanti gli aspetti che ci preoccupano, regolamento concepito in modo scorretto
Pordenone, 11 aprile 2024 – La plastica al centro dell’incontro di questa mattina organizzato da Roberto Tabelletti, Presidente Filiera plastica-gomma-chimica-biomedicale-pelli di Confindustria Alto Adriatico. Tanti i temi trattati: chi davvero inquina, chi davvero è virtuoso e quanto i lacci e lacciuoli dell’UE creano impedimenti alle imprese italiane, tra le più “riciclone” del Continente.
«Quando sentiamo parlare delle famose isole di plastica negli oceani – ha spiegato introducendo i lavori il Presidente di CAA, Michelangelo Agrusti – è noto a tutti che esse sono generate da quattro fiumi asiatici; noi siamo quelli che riciclano di più, circa l’80% e ciò che resta fuori da questi processi non finisce necessariamente in discarica, una parte viene utilizzata nei termovalorizzatori con temperature superiori ai 1.200° che restituiscono combustibile che non produce diossine». A queste performance si contrappone «l’ostilità del comitatismo che impedisce di realizzare materiale con cui produrre combustibile, riscaldamento ed energia per le nostre popolazioni senza danni, le emissioni sono risicatissime. Misuriamo anche in questa circostanza una diffidenza verso scienza, futuro, e tecnologie, a tutto ciò che è innovazione perché c’è una parte di popolazione che aspira a una società silvo pastorale. Anche sulla plastica vi è una certa ossessione, in questo caso regolatoria che in UE ha portato a questi risultati. Gli Stati Uniti inventano l’IA e individuano tutte le opportunità per utilizzarla nei processi produttivi, per la conquista dello spazio, per risolvere problemi di calcolo, per la sanità e tant’altro. Noi l’IA l’abbiamo subito regolamentata. Questa ossessione regolatoria – ha proseguito – fa sì che l’Europa viaggi con i piedi ancorati con il piombo sul fondo del mare. Col rischio di annegare. La plastica è uno degli effetti di questo atteggiamento. È, al contrario, un materiale nobile che ci ha consentito di avere oggetti e soluzioni di tutti i tipi riciclando e riutilizzando materiali. La cultura della raccolta differenziata è entrata nella nostra mentalità; eppure, gli attacchi irrazionali, come quelli alle confezioni monodose, si susseguono: abbiamo risparmiato enormi quantità di cibo che altrimenti sarebbero state buttate. Credo ci sia un odio antropologico nei confronti della plastica, che ha peraltro pochi riscontri con altri materiali. E anche gasolio e petrolio, che sono sostanze organiche, vengono demonizzate. L’ex Ministro Cingolani ci spiegava che il motore Euro 7, non sviluppato perché bloccato dalla tagliola del 2035, è meno impattante sull’ambiente di un qualsiasi tipo di motore elettrico considerato nel suo intero ciclo di vita: dalle miniere di litio allo smaltimento delle batterie».
Marco Ravazzolo, Direttore Politiche per l’Ambiente, l’Energia e la Mobilità Confindustria Nazionale ha spiegato che «l’associazione è andata a spiegare ai rappresentanti, ai tecnici della Commissione europea, delle Istituzioni europee, dati scientifici, tecnologie e come funzionano i mercati. Purtroppo, le irrazionalità riscontrate sono tante. Pensiamo al quadro complessivo: gli Stati Uniti incentivano la transizione ecologica con un’intensità di aiuto di otto volte superiore a quella europea, blindata da una serie di cavilli, di pratiche che spesso non fanno arrivare nemmeno le risorse alle imprese. L’Europa è caratterizzata da una iper-regolamentazione fatta anche male, con pregiudizio. A Bruxelles si stanno comunque rendendo conto che questo approccio non sta in piedi. Il risultato ottenuto da Confindustria – ha detto – è che queste regole, nella prossima legislazione, saranno riviste. Sia significativo il fatto che quando ho chiesto a un rappresentante della Commissione europea “lei sa che cosa sono i rifiuti speciali pericolosi e che qual è la caratteristica di un rifiuto speciale pericoloso?” Non ha saputo rispondere. Gli ho fatto presente che in Italia i rifiuti speciali pericolosi sono prodotti sì dalle imprese, ma noi, come ha detto correttamente il Presidente Agrusti, ne ricicliamo più dell’ottanta percento, solo il sei percento va a smaltimento. E alcuni di questi rifiuti speciali pericolosi sono prodotti da settori dei quali non possiamo proprio farne a meno, pensate alla farmaceutica – con una pandemia mondiale alle spalle. Andare in Europa è sempre più importante: lo è per Confindustria, che lo sta facendo, e per il Governo italiano. Occorre spiegare, fornire evidenze e informazioni e cercare di aggiustare quell’approccio ideologico e, qualche volta, passatemi il termine, anche ignorante».
Con riferimento agli imballaggi, Ravazzolo ha detto che «essi rappresentano il 4% dei rifiuti europei; esistono molti altri flussi più problematici, su cui si potrebbe fare molto ma su cui non si sta facendo niente. Questo perché l’UE ha deciso di aggredire con un approccio ideologico questo settore che dal 1994 in Europa è iper-regolamentato. E che ha visto un grandissimo sforzo da parte delle imprese di tutta Europa in termini di investimenti e innovazione, con l’Italia al vertice. Siamo il Paese che con nove anni d’anticipo ha raggiunto e superato gli obiettivi europei di riciclo degli imballaggi previsti al 2030. Siamo al 73%, l’obiettivo al 2030 è il 70%». Ravazzolo ha aggiunto anche che Confindustria ha spiegato alla Commissione Europea che durante il Covid, ai tempi del decreto che chiudeva i codici Ateco, il Governo italiano dell’epoca pensò di lasciare aperti solo il 38 e il 39, quelli della raccolta e delle bonifiche, tra i pochi altri. E aveva chiuso i codici delle attività industriali. Ebbene: in Italia stava per esplodere un’emergenza rifiuti, siamo dovuti intervenire d’urgenza per riaprire le fabbriche in quanto polmoni che assorbono materie prime seconde, cioè materiali riciclati. Da noi l’economia circolare è una dinamica strutturale dei processi produttivi». Ravazzolo ha concluso aggiungendo che «l’approccio di Confindustria è che tutti i materiali sono strategici: plastica, vetro, carta, legno, metalli ferrosi e non ferrosi, tutto serve. Ogni materiale deve fare il suo percorso di valorizzazione. Non accettiamo misure regressive che inibiscono le attività produttive. Lo abbiamo visto col Covid cosa è successo quando per anni abbiamo esternalizzato produzioni dal continente senza poi avere la possibilità di fare le mascherine».
Andrea Campelli, Direttore comunicazione e relazioni esterne COREPLA Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi ha detto che «Confindustria è stata la calamita intorno alla quale tutta la filiera si è unita per rappresentare l’Italia come sistema. Purtroppo, nonostante l’incredibile lavoro di molti, anche di nostri europarlamentari, non è bastato. Il PPWR nella versione anche corretta non può incontrare certamente la nostra soddisfazione perché sono tanti gli aspetti che ci spaventano e che ci lasciano molto perplessi». Campelli ha aggiunto anche che i risultati di riciclo ottenuti in Italia dovrebbero essere un esempio per l’Europa, aspetto che probabilmente gli altri Paesi non hanno tenuto in considerazione. «L’errore madre – ha spiegato – è stato quello di aver fatto un regolamento che ha tirato una riga (con l’accetta). Quindi, nel mettere insieme 27 paesi, per come noi è più avanti, si tratta di un compromesso al ribasso, come se chi corre e sta avanti venga rallentato dall’Europa che gli dice di aspettare i Paesi membri. Alcuni dei quali fanno l’80% di discarica non avendo mai avviato processi di riciclo. Il regolamento è nato in un momento storico complesso, quando i temi dell’economia circolare sono diventati finalmente d’attualità; l’idea dell’UE – ha aggiunto Campelli – era quella di introdurre un drastico cambiamento nella mentalità dei cittadini europei, ma probabilmente il modo in cui è stato concepito è scorretto».
All’incontro sono intervenuti anche Swan Cecatto, Sustainability Manager AMB SpA, Girolamo Dagostino, in rappresentanza di AMAPLAST – Associazioni Nazionali di costruttori di macchine e Stampi per materie plastiche e di UCIMA – Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il confezionamento e l’imballaggio, Libero Cantarella, Direttore Unionplast – Federazione Gomma Plastica, David Dabiankov Lorini, Direttore ASSOBIBE – Associazione Italiana Industria Bevande Analcoliche, Alessandro Augello, Presidente Associazione Italiana Polistirene Espanso EPS e Cinzia F. Coduti, Area Ambiente e Territorio Confederazione Nazionale Coldiretti.