
(AGENPARL) – mer 20 marzo 2024 INAUGURAZIONE
DELL’ANNO ACCADEMICO
2023-2024
Bologna, 20 marzo 2024
Intervento in rappresentanza del personale tecnico-amministrativo
Federico Barbino
Porgo i saluti all’onorevole Ministro, al Magnifico Rettore, a Madam Ardern, alle
studentesse e agli studenti, alla Direttrice generale, alle autorità accademiche, alle
colleghe e ai colleghi, a tutte le autorità, alle professoresse e ai professori, a tutti gli
ospiti.
Questa è tradizionalmente l’occasione per esprimere il punto di vista del personale
tecnico amministrativo, bibliotecario e dei collaboratori linguistici CEL, rispetto
all’andamento delle attività lavorative, rispetto ai progetti e ai risultati di questa nostra
comunità di saperi, di professionalità, ma soprattutto di questa nostra comunità di
persone.
È anche tradizionalmente l’occasione in cui illustrare richieste e auspici, sviluppi e
avanzamenti connessi all’organizzazione del lavoro – e perché no – rivendicare
conquiste sindacali, o obiettivi per l’anno accademico che andiamo ad inaugurare.
Sempre dal punto di vista del personale tecnico-amministrativo.
Ebbene posso anticipare che oggi non sarà così. O meglio non lo sarà nel senso che ci
si potrebbe per tradizione aspettare. Sia chiaro, non perché il lavoro e il contributo dei
tecnici-amministrativi, dei CEL e dei bibliotecari dell’Ateneo non sia da sottolineare,
valorizzare e dunque ricordare anche in questa occasione solenne.
Ma verrebbe da ripetere il memorabile incipit di un componimento di Salvatore
Quasimodo: “E come potevamo noi cantare…”
Come potevamo parlare di queste cose; di quella sfera di questioni, come il lavoro, che
in fondo è un orizzonte di vita ordinario, con i suoi conflitti, i suoi affanni, ma anche con
le sue gioie, le soddisfazioni e i legami affettivi. Come potevamo parlare di quella che
per tutti noi è vita. Semplicemente LA vita.
Come potevamo far finta di niente mentre appena un passo più in là; appena “poco
oltre” come ormai possiamo definire un confine nazionale, vi è morte, violenza e
distruzione. In una parola vi è la guerra.
Fino all’altro ieri il mondo – talvolta ottusamente come ci ha dimostrato invece IERI il
Covid – veniva dipinto come entusiastico, sconfinato “villaggio globale” per i flussi
finanziari e la circolazione delle merci. Ma era anche un mondo giusto per le donne e
gli uomini delle tante e ricche culture diverse che abitano questo “villaggio globale”? Era
un mondo rispettoso dell’ambiente, della nostra casa comune? Ma questa è un’altra
questione. Anche se poi non più di tanto è un’altra questione, se un altro poeta ha
potuto parlare del mar Mediterraneo, che ha sempre accompagnato lo sviluppo della
civiltà europea, definendolo il “cimitero liquido”.
Insomma, per sussulto etico di quella comunità di persone di cui si è detto prima,
sospinti da tante colleghe e colleghi, poche settimane fa, la quasi totalità delle
rappresentanze sindacali si è riunita e all’unanimità ha lanciato un accorato e forte
appello al Magnifico Rettore e alla governance d’Ateneo tutta, per ribadire il valore
assoluto della pace e della difesa dei diritti umani.
Questi valori hanno bisogno di azioni concrete per realizzarsi e pertanto si è chiesto al
Magnifico Rettore di continuare a impegnarsi fattivamente e a portare avanti, in tutte
le sedi, azioni tangibili in coerenza con l’art.11 della Costituzione della Repubblica
Italiana – della nostra bella Costituzione. Articolo nel quale si ripudia la guerra come
strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; e anche in coerenza con i principi della Magna Charta
Universitatum, redatta su proposta del nostro antico Ateneo e fino ad oggi sottoscritta
da oltre ottocento università in tutto il mondo.
Tra le azioni concrete più urgenti sono state segnalate:
– l’adesione alla richiesta di cessazione immediata di tutte le azioni armate per tutti i
conflitti in corso, allo scopo di mettere fine alla morte di migliaia di civili e al
bombardamento indiscriminato di intere città. Il Senato Accademico nella seduta di ieri
si è espresso a favore di una mozione analoga;
– l’adesione all’appello per aprire canali diplomatici e corridoi umanitari e sanitari per
aiutare i civili bisognosi di soccorso e scongiurare epidemie, morti per fame, nonché
all’appello per la liberazione degli ostaggi detenuti presso tutte le parti;
– predisporre forme concrete di sostegno accademico per studenti, ricercatori e docenti
universitari, così come programmi di mobilità per studio o ricerca, ovvero percorsi di
specializzazione per gli appartenenti alle istituzioni accademiche gravemente
danneggiate dal conflitto israelo-palestinese, in analogia con quanto già realizzato per
la guerra tra Russia e Ucraina;
– intraprendere azioni di opposizione istituzionale da parte della comunità accademica
attraverso la mappatura e la sospensione degli accordi con soggetti direttamente o
indirettamente compromessi con i conflitti armati in atto;
– dare realizzazione, con ancora maggior impulso, all’interno dell’Ateneo a principi e
pratiche di condotta etica ispirati alla costruzione di una diffusa cultura della pace,
anche in funzione dei rapporti con le imprese e con le istituzioni nell’ambito della
ricerca, della didattica e della terza missione.
Tutto ciò è senz’altro rilevante anche per tutelare la reputazione dell’Ateneo rispetto a
possibili rapporti con soggetti che possano risultare coinvolti in interessi di ambito
bellico.
Preme sottolineare che con ciò non si rinuncia a capire i fatti, a leggere la realtà, ad
analizzare con spirito critico genesi e responsabilità di ciò che accade. Diversamente, si
rinuncerebbe alla missione alta e costituzionale dell’Università. Perché capire i
fenomeni in modo ampio e critico è forse il primo passo per accogliere e gestire il
conflitto e per far emergere nuove idee e poi imparare a dialogare. Inserito in questo
orizzonte etico, capace anche di guardare in faccia le conflittualità ad ogni livello, il
lavoro quotidiano di tutti noi, lo studio, la didattica, la ricerca, l’innovazione, sono forse
per la nostra comunità anche un costante esercizio di educazione e di costruzione di
una cultura di pace.
Questa è l’Università a cui tutte e tutti siamo orgogliosi di appartenere e di far crescere
con il nostro lavoro quotidiano, in qualità di tecnici amministrativi, bibliotecari e CEL.
Permettetemi di concludere con una citazione di Don Lorenzo Milani riguardo alla
prona accettazione della logica della guerra:
[Bisogna] Avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza
non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni.
La nostra istituzione, la nostra comunità, forse più di altre è chiamata ogni giorno a
costruire e a trasmettere il senso di questa sovranità, che è il senso profondo di una
umanità piena e autentica; ricca di sfumature, accogliente, intelligente, civile e solidale.
Vi ringrazio.