
Sig. Presidente del Consiglio,
la scrivente Associazione culturale, riconosciuta con Decreto del Ministro della Difesa 9 giugno 2022, ha – tra le finalità statutarie – quella di sensibilizzare le istituzioni ed i cittadini sulle tematiche e sulla sostenibilità ambientale nonché quella di elevare le condizioni dei propri associati, in larghissima parte Carabinieri Forestali, ma anche appartenenti ad altri Enti e cittadini del mondi civile.
Non ci soffermeremo sull’impatto disastroso che la soppressione del Corpo Forestale dello Stato – frutto di quella scellerata riforma Renzi/Madia – ha avuto sul nostro immenso patrimonio naturalistico, perché solo chi non vuole vedere può negarlo; è nostra ferma intenzione, invece, evidenziare ed urlare lo stato di malessere profondo degli ex Forestali, perlopiù assorbiti dall’Arma dei Carabinieri, militarizzati coattivamente e relegati all’interno di una Amministrazione che li “sopporta” solo perché hanno portato in dote quello che, da lungo tempo, era il vero obbiettivo della Benemerita: acquisire l’esclusività delle competenze in campo ambientale.
La quasi totalità dei Forestali non ha mai accettato di abbandonare la vecchia e gloriosa uniforme per indossarne un’altra, che non avevano scelto liberamente, e molti di essi, oltre a manifestare apertamente il proprio dissenso, anche durante l’iter legislativo che ha portato a quella triste conclusione, hanno impugnato i provvedimenti amministrativi che li assegnavano ai vari Enti coinvolti nel processo di riorganizzazione e “spartizione” delle competenze prima esercitate dal CFS.
La discutibilissima pronuncia della Corte Costituzionale n. 170/2019 sui temi della militarizzazione ope legis e sulla conseguente perdita dei diritti sindacali – solo per citare alcune delle doglianze dei ricorrenti – potrebbe essere messa in discussione dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, lo scorso 19 febbraio, ha dato il via all’esame in contraddittorio dei ricorsi presentati nel dicembre del 2019, aventi ad oggetto proprio la riforma del Governo Renzi, con cui si è inteso assorbire il Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri, militarizzandone il personale.
L’attuale Governo, da Lei presieduto, dovrà dunque gestire il contenzioso innanzi alla CEDU, ed avrà almeno tre possibilità:
1. difendere l’operato di quell’Esecutivo ed attendere la decisione della Corte;
2. prendere atto del fallimento della riforma Renzi/Madia e porre rimedio;
3. proporre un accordo transattivo ai ricorrenti.
Analizzando le tre ipotesi, viene francamente da sorridere al solo pensiero che chi si è opposto all’epoca alla soppressione del CFS, oggi – seppur “pungolato” sfacciatamente dall’Arma dei Carabinieri – possa difendere quella riforma. Anche perché non si può difendere ciò che è indifendibile!
È ormai chiaro a tutti che per smentire la fondatezza dei motivi di doglianza dei ricorrenti e quindi difendere quella scelta scellerata, occorre mentire.
È innegabile che tutti i cittadini italiani sono diventati militari solo se ne hanno fatto esplicita richiesta; tutti, tranne i Forestali, diventati militari per legge, e dunque discriminati rispetto agli altri cittadini!
È altrettanto innegabile che le neo costituite Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari non hanno le stesse prerogative e la medesima capacità operativa e possono occuparsi di materie di contrattazione molto limitate rispetto ai sindacati di polizia ad ordinamento civile; gli ex Forestali, pertanto, oltre ad aver perso diritti e tutele sindacali, divenute di molto circoscritte rispetto a quando erano forza di polizia ad ordinamento civile, nonostante l’articolo 18 della Costituzione preveda che “I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale“, hanno ora il vincolo dell’iscrizione ad una sola APCSM!
Anche la possibilità di scegliere liberamente una soluzione differente dalla militarizzazione coatta, nella sostanza, non è stata mai concessa. La procedura di mobilità a domanda aperta dalla Funzione Pubblica, infatti, prevedeva poco più di 600 posizioni di impiego a fronte di un numero di dipendenti potenzialmente interessati a non subire la militarizzazione di oltre 7.500 unità, non aveva individuato posti disponibili per tutte le qualifiche e – soprattutto – era mirata esclusivamente verso il pubblico impiego, con la contestuale fuoriuscita dal comparto sicurezza!
Come sarebbe dunque possibile disconoscere tutti i danni morali, materiali e professionali subiti dagli ex Forestali in virtù della riforma Renzi/Madia e difendere quel che è stato fatto?!
Con l’entrata in vigore della riforma, tutti i timori relativi al depotenziamento dell’attività di vigilanza ambientale si sono rivelati fondati, così come – a conti fatti – si è avuta piena contezza che l’assorbimento del CFS non ha comportato razionalizzazioni né risparmi; parallelamente è anche emerso, in maniera inequivocabile, che tutte le compagini di maggioranza al governo, in qualunque composizione, seppur prodighe di dichiarazioni di forte dissenso in opposizione, non hanno mai avuto la volontà politica o la forza di tornare indietro e ripristinare una forza di polizia ambientale ad ordinamento civile, almeno per riparare i danni patiti dal personale, costretto ad una diaspora.
A meno che non si scelga di riaprire i termini della mobilità, ricomprendendo anche il comparto sicurezza, con un numero adeguato di posizioni e di sedi, la seconda ipotesi, anche parzialmente, allo stato dei fatti appare inverosimile.
La terza, quella del risarcimento economico, è stata già percorsa nel maggio del 2021 dal Governo Draghi, in favore di quattro ex Forestali che avevano adito la CEDU per la sola perdita dei diritti sindacali, forti di una precedente pronuncia.
Con decisione assunta il 3 luglio 2019 sul “Complaint 143/2017″, il Comitato Europeo per i Diritti Sociali, su un ricorso presentato dai Sindacati UGL – Corpo Forestale e SAPAF, rilevò che le restrizioni in fatto di diritti e di tutele sindacali patite dagli ex Forestali, derivanti dalla trasformazione dello status da civile a militare, erano eccessive e che l’articolo 6 della Carta non attribuiva, agli Stati Parte, il potere di applicare delle restrizioni al diritto alla contrattazione collettiva neppure per gli appartenenti alle forze di polizia o delle forze armate; ma – soprattutto – affermò che la Sentenza n. 120/2018 della Corte Costituzionale, non mitigava affatto la portata di tali restrizioni poiché conteneva previsioni e condizionamenti che non avrebbero mai restituito agli ex Forestali ciò che era stato loro sottratto con la militarizzazione coatta.
Con la certezza che la S.V. saprà valutare con la massima attenzione la questione e garantirà la migliore soluzione possibile alla conclusione della vicenda, nell’interesse dell’Italia e degli ex Forestali, traditi dall’allora Capo del Corpo ed abbandonati dai precedenti Governi.
