(AGENPARL) – gio 07 marzo 2024 [image: HEADER.jpg]
*Acqua bene comune ma a caro prezzo per le Isole minori. Illustrato presso
la Sala Stampa della Camera dei Deputati lo studio *“*Costi ambientali ed
economici della dissalazione*” *con un case study sulle isole minori
siciliane:*
· *il costo **medio di produzione di acqua dissalata da impianti
fissi è di circa 12 euro/mc;*
· *gli impianti di Lipari e Lampedusa consumano energia per 2,8
milioni di euro all’anno, con costi totali di gestione annui che superano i
12 milioni di euro per produrre 1,5 milioni di mc/anno di acqua;*
· *lo scarico concentrato di salamoia in un punto fisso sta provocando
la distruzione degli ecosistemi marini nelle aree di sversamento.*
*Fondazione UniVerde e Marevivo rilanciano l’appello a Governo e Parlamento
a porre maggiore attenzione alle sfide e ai costi dell’approvvigionamento
idrico alle isole minori italiane, secondo modelli che siano davvero
sostenibili sul piano ambientale ma anche sociale ed economico. I
dissalatori mobili marini sono una valida alternativa per il diritto ad
acqua potabile e sicura, da un punto di vista sanitario, della sicurezza
dell’approvvigionamento ma anche per difendere gli ecosistemi marini e le
aree marine protette. *
(ROMA, 7 marzo 2024) La realizzazione e la messa in funzione di impianti di
dissalazione a terra nelle isole minori italiane, e in particolare in
quelle siciliane, sta continuando a mostrare criticità evidenti nella
produzione e nella fornitura di acqua potabile per le lunghissime
tempistiche realizzative necessarie all’entrata in funzione degli stessi
impianti; per gli elevatissimi costi di gestione e manutenzione; per la
scarsa qualità dell’acqua immessa nella rete – causa di profondi disagi per
gli abitanti e motivo che concorre allo spopolamento – e per l’inquinamento
ambientale prodotto dallo scarico in mare, vicino alla costa, di massicce
quantità di salamoia fortemente impattante e spesso contaminata da reagenti
chimici.
Sono queste le maggiori evidenze scaturite dallo studio “*Costi ambientali
ed economici della dissalazione*”, curato da *Roberto Di Vincenzo* (già
dirigente dell’allora Ministero della Marina mercantile) e *Giuseppe
Taverna* (già dirigente per il servizio idrico integrato e l’approvvigionamento
idrico delle Isole minori della Regione Siciliana), i cui dati sono stati
presentati alla conferenza stampa “*Crisi idrica: soluzioni normative e
tecnologiche verso la Giornata Mondiale dell’Acqua*” promossa da *Fondazione
UniVerde* e *Marevivo*, in partnership con *Marnavi* e *Idroambiente
*e in media
partnership con *Askanews*, *Italpress*, *TeleAmbiente*, *Opera2030*, *SOS
Terra Onlus*, che si è svolta questa mattina presso la *Sala Stampa*
della *Camera
dei Deputati*.
Pur partendo da metodologie di indagine disgiunte, per avere due
valutazioni indipendenti che fossero anche una di verifica all’altra sotto
l’aspetto dell’attendibilità delle conclusioni cui si è pervenuti, le
relazioni tecniche dei due esperti sul case study delle Isole minori
siciliane, dopo aver individuato e stimato tutte le voci che
concorrono al *costo
medio di produzione di acqua dissalata da impianti fissi*, giungono a
conclusioni sostanzialmente analoghe, ovvero un *costo elevato che si
attesta intorno ai 12 euro/mc*. Importi scaturiti, è opportuno ribadire, da
analisi dettagliate di tutte le voci di spesa che concorrono alla
realizzazione, gestione e conduzione degli impianti a terra esistenti
e ricavati
utilizzando criteri di estimo navale e marittimo che consentono anche di
stimare preventivamente i costi di produzione con gli impianti che si
intende realizzare.
Uno dei principali fattori che viene messo in evidenza, sono gli
elevatissimi consumi energetici: citando i casi più eclatanti, per gli
impianti di Lipari e Lampedusa la bolletta è stimata in ben 2,8 milioni di
euro all’anno; 1,9 milioni di euro servono per mantenere in funzionamento
quello di Pantelleria. Secondo i dati presentati dall’ing. *Roberto Di
Vincenzo *- al lordo di voci di spesa quali: ammortamento, consumi
energetici, reagenti chimici, sostituzione di membrane, costi del
personale, analisi, manutenzione e ausiliari – i dissalatori di Lipari e
Lampedusa presentano conti assai “salati” con una gestione annua per oltre
12 milioni di euro; Pantelleria: 8,3 milioni di euro/anno; Vulcano, circa
3,4 milioni di euro/anno; Ustica, 2,8 milioni di euro/anno. Seguirebbero:
Filicudi, Stromboli e Favignana con costi di gestione annui previsionali
che si attesterebbero su oltre 2,2 milioni di euro.
*Fondazione UniVerde* e *Marevivo* da anni ormai sollecitano le Istituzioni
a porre maggiore attenzione alle sfide e ai costi dell’approvvigionamento
idrico alle isole minori italiane, secondo modelli che siano davvero
sostenibili da un punto di vista ambientale ma anche economico. Altro
fattore rilevante sono i potenziali impatti sanitari dell’acqua dissalata
da impianti fissi, un caso di studio che sta evolvendo rapidamente nel
contesto scientifico italiano e strettamente legato alla qualità della
risorsa prodotta.
La relazione dell’arch. *Giuseppe Taverna* – redatta a otto anni
dall’entrata in funzione, e a due anni dal termine dei contratti di
gestione, dei dissalatori a terra installati sulle isole di Lampedusa,
Linosa, Pantelleria, Ustica e Lipari, e a due anni dall’avvio del contratto
dell’impianto fisso di Vulcano – mette in luce lacune e inadeguatezze
dell’attuale sistema di approvvigionamento idrico delle isole siciliane dove
risiedono stabilmente circa 33.000 abitanti (che nei periodi estivi
decuplicano): “Le criticità riscontrate nel sistema idrico delle isole
siciliane – si legge nel documento – hanno in parte influito ad abbassare
la qualità della vita con un conseguente spopolamento dei territori”,
dove l’approvvigionamento
di acqua potabile è affidato proprio ad impianti fissi di dissalazione che,
in alcuni casi, sono talmente obsoleti, usurati e soggetti a
malfunzionamenti da pregiudicare la qualità dell’acqua prodotta. Frequenti
le denunce delle Autorità locali preposte alla salute pubblica per la
presenza di elevate quantità di boro nell’acqua dissalata, causa di
fenomeni di corrosione delle tubature. Nel caso di Lipari, l’ultimo appalto
indetto dalla struttura commissariale con O.P.C.M. n. 3738 del 5 febbraio
2009 (trasferito alla Regione Siciliana con Ordinanza di Protezione Civile
n.159 del 21 marzo 2014), per ammodernare il vecchio impianto di
dissalazione a distillazione con un nuovo ad osmosi inversa, non è stato
completato per l’intervenuta rescissione del contratto con l’impresa e oggi
non produce più di 1,5 mln di mc, insufficienti per il fabbisogno idrico
dell’isola. L’impianto allo stato attuale risulta incompleto, privo di
collaudo statico, delle norme di sicurezza, del previsto impianto
fotovoltaico e con entrambe le condotte, di appresamento e scarico,
compromesse. Come viene messo in evidenza nella relazione, concorrono poi
alla determinazione della tariffa la complessiva somma di circa 2,5 milioni
di euro per l’integrazione con navi per l’emergenza causata dai ripetuti
guasti e per fornire la frazione di acqua calda.
Tenuto conto dell’origine vulcanica delle varie isole siciliane, alcune
ancora interessate da fenomeni eruttivi; considerate la morfologia dei loro
territori che complica gli sviluppi progettuali su terra e la mancanza di
interconnessione della rete – peraltro interessata da perdite di carico che
superano il 50% (e in alcuni casi, come quello di Lipari, addirittura oltre
il 60%) – considerato poi il pregio naturalistico di molte isole che ha
portato, per citarne alcune, a costituire il Parco nazionale di
Pantelleria, le Aree marine protette delle Egadi, di Ustica e delle Pelagie
o, ancora, ad iscrivere le Eolie nel Patrimonio dell’Umanità – il coro
degli interventi aperti dalla presentazione dei dati dello studio è stato
pressoché unanime sulla necessità di garantire il diritto all’acqua
potabile e di qualità ai cittadini delle isole minori italiane senza
pregiudicare la tutela degli aspetti sanitari e il patrimonio naturale e
senza sprecare denaro pubblico.
*Alfonso Pecoraro Scanio* (Presidente della Fondazione UniVerde): “È
importante una efficace valutazione scientifica dei costi economici,
sociali e ambientali di qualunque opera. L’iniziativa di oggi prevede un
focus sugli impatti della dissalazione con impianti fissi, che in base ai
dati presentati possono essere molto rilevanti. Dobbiamo tenere conto di
soluzioni meno impattanti e, in molti casi, meno costose per la fornitura
di acqua potabile e per il risparmio idrico. È anche una questione di buon
senso, poiché disseminare le isole minori o interi arcipelaghi di
dissalatori fissi, energivori e particolarmente dannosi per la salute dei
cittadini e per gli ecosistemi costieri non è una buona politica. L’ipotesi
di adottare dissalatori mobili marini, realizzati con tecnologia italiana,
rappresenta una valida risposta sia al consumo di suolo che alla necessità
di tutelare flora e fauna marine e oggi rappresenta la soluzione più sicura
per la fornitura di acqua potabile di qualità alle isole minori. Questo è
il senso dell’iniziativa di oggi e dell’appello che rivolgiamo a Governo e
Parlamento per una efficace funzione di indirizzo”.
*Carmen Di Penta* (Direttore Generale di Marevivo): “Per cercare le
soluzioni migliori al nostro sostentamento è utile definire opere di
mitigazione per la salvaguardia del bene “mare”. Ho usato il termine “bene”
e non “risorsa”, perché se non salvaguardiamo il bene, perderemo anche la
risorsa. Senza dimenticare che la siccità ci costringe a trovare anche
questa volta soluzioni alternative e più sostenibili”.
Sui temi dei processi sostenibili di dissalazione, del diritto all’acqua
potabile di qualità per i cittadini delle isole minori e della tutela del
mare, *Fondazione UniVerde* e *Marevivo* hanno da sempre promosso
appuntamenti di pubblico confronto, informazione e coinvolto le Istituzioni
italiane per ottenere norme adeguate. Un ambizioso messaggio rafforzatosi
con la tappa internazionale ad Atene, svoltasi lo scorso ottobre, che ha
visto le due organizzazioni impegnate in un confronto con l’*UNEP/MAP –
United Nations Environment Programme / Mediterranean Action Plan* (il
Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente che coordina il Piano d’Azione
per il Mediterraneo), allo scopo di aprire la strada ai progressi verso
un’economia blu davvero rispettosa degli ecosistemi marini.
*Patty L’Abbate* (Vicepresidente della Commissione Ambiente, Territorio e
Lavori Pubblici, Camera dei Deputati): “La siccità è un problema che si sta
intensificando pertanto occorrono azioni concrete per contrastare
cambiamento climatico. A livello locale, quando parliamo di isole minori,
dobbiamo renderci conto che il dissalatore fisso ha il suo costo e può
creare anche una problematica di natura ambientale perché la salamoia che
viene fuori come scarto dall’impianto danneggia l’ecosistema. Una
soluzione alternativa può essere quella del dissalatore mobile, ovviamente
con una valutazione del rendimento e dei costi economici e ambientali. Un
ulteriore punto da evidenziare riguarda la necessità di evitare gli sprechi
d’acqua attraverso i fondi previsti dal PNRR per il risanamento delle
condotte presenti in Italia, che causano le perdite di acqua
potabile. Infine, bisogna sempre valorizzare il concetto di economia
circolare dell’acqua e quindi da un lato evitare gli sprechi di acqua, ma
anche poter riutilizzare l’acqua piovana nel miglior modo possibile, oltre
che utilizzare l’acqua reflua in agricoltura, soprattutto per quelle
coltivazioni che non sono di prodotti ad uso umano”.
Se la legge “Salvamare” si proponeva di colmare il vuoto normativo
esistente, dettando criteri generali di disciplina in tema di dissalazione,
con decreto legge n. 39 del 14 aprile 2023, coordinato con la legge di
conversione n. 68 del 13 giugno 2023, sono stati tuttavia cassati l’obbligo
di VIA (Valutazione di impatto ambientale – tranne che per i dissalatori
con produzione di oltre 17.000 mc d’acqua/die, non realizzabili peraltro
sulle isole minori), e la preventiva riduzione delle perdite dalle condotte
idriche. Restano a tutt’oggi non emanate le cosiddette “linee guida”
sull’analisi dei rischi ambientali e sanitari correlati agli impianti di
desalinizzazione tanto che in una nota del MASE si ribadisce “*è un
processo che presenta degli impatti ambientali da considerare attentamente
nella valutazione del rapporto costi/benefici ed è necessario garantirne
una adeguata gestione di tutte le fasi al fine di limitarne gli impatti
negativi su salute umana e ambiente*”.
*Mario Antonio Scino* (Capo di Gabinetto al Ministero dell’Ambiente e della
Sicurezza Energetica): “Cogliamo l’opportunità di discutere di questo
studio ‘Costi ambientali ed economici della dissalazione’ presentato dalla
Fondazione UniVerde e dalla Fondazione Marevivo per approfondire a livello
normativo e amministrativo le migliori soluzioni per accompagnare le
tecnologie volte a risolvere le problematiche rappresentate nello studio
stesso, anche in attesa dell’approvazione del regolamento europeo sulle
acque”.
*Giuseppe Cavuoti* (Dirigente della Struttura di Missione al Ministero per
la Protezione Civile e le Politiche del Mare presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri): “Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva
che nelle piccole isole l’acqua potabile è un bene limitato e le soluzioni
per accedervi sono, in genere, ad alto impatto ambientale, considerato
l’uso delle energie per trasportarlo o le possibili esternalità negative
degli impianti fissi di dissalazione. La scarsità d’acqua rappresenta,
dunque, per molte di queste isole un problema endemico, ancora lontano
dall’essere risolto. Il Piano del Mare, tra gli interventi da promuovere
indica, tra gli altri, anche di innovare le reti idriche esistenti e la
realizzazione/implementazione di impianti di depurazione delle acque
reflue”.
In questo allarmante scenario, i dissalatori mobili marini rappresentano
una risposta innovativa, efficace e sostenibile, dal punto di vista
ambientale, sociale ed economico, alla domanda idrica delle isole minori
italiane, anche nei periodi di alta stagione o in caso di prolungate
emergenze.
In sintesi, rispetto agli impianti a terra, la tecnologia italiana del
*dissalatore
mobile marino* consente, tra i tanti vantaggi, di abbattere costi e tempi
di costruzione – non risentendo della natura vulcanica di molte isole -,
oneri di manutenzione, evitare consumo di suolo da parte di strutture
altamente energivore e ridurre le emissioni e gli impatti ambientali lungo
le coste di isole spesso incontaminate e talvolta ricadenti in Aree marine
protette, scrigni di floridi ecosistemi e biodiversità. Infine, essendo
modulabile a seconda delle richieste stagionali, elimina il problema
derivante dai picchi estivi garantendo affidabilità del servizio e
flessibilità della produzione.
A differenza degli impianti fissi – che captano acqua di incerta qualità
lungo la costa, spesso in prossimità di porti e, comunque, in prossimità
dell’area di sversamento della salamoia – il dissalatore mobile marino
preleva acqua a largo e in profondità, dove le condizioni la rendono di
migliore qualità e pertanto sottoposta a trattamenti meno impattanti.
Nondimeno, disperde gradualmente la salamoia durante la navigazione, anche
sfruttando la forza motrice dell’elica per evitarne la concentrazione in
singoli punti che provoca la totale distruzione dell’ecosistema marino
nell’intera area interessata dallo sversamento. L’acqua prodotta è sicura e
di qualità, remineralizzata secondo le normative vigenti. Inoltre, è stato
recentemente definito un accordo di ricerca con l’Istituto Superiore di
Sanità per la definizione del Piano di sicurezza dell’acqua potabile per
questa tipologia di impianto.
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