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TESTI ALLEGATI ALL’ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 257 di Mercoledì 6 marzo 2024
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
PAOLO EMILIO RUSSO, SQUERI e TENERINI. – Al Ministro delle imprese e del made in Italy. – Per sapere – premesso che:
secondo i dati resi disponibili sul sito del Ministero sono attualmente aperti 59 tavoli di crisi aziendale, di cui 37 attivi e 22 in fase di monitoraggio. I lavoratori a rischio sono circa 70.000 in diversi settori industriali;
uno degli impatti più significativi è rappresentato dalla situazione dell’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia, che occupa 10.700 lavoratori. Sempre nel settore dell’acciaio, circa 1.400 lavoratori della Jsw steel Italy a Piombino (Livorno) affrontano gli ammortizzatori sociali ed è stata chiesta la proroga della cassa integrazione in deroga fino a gennaio 2025;
la multinazionale finlandese Wartsila ha annunciato la delocalizzazione della produzione, mettendo a rischio oltre 300 lavoratori nello stabilimento triestino, dove venivano realizzati motori per grandi navi. Vi sono manifestazioni d’interesse per il sito, ma la società è chiamata ad accompagnare il processo di reindustrializzazione;
Electrolux, multinazionale svedese del bianco, ha reso noti a gennaio 2024 i numeri relativi all’impatto sull’Italia del nuovo piano di riorganizzazione. Ma ha iniziato il 2024 con una ripresa produttiva, limitata a 6 ore, più 2 coperte da contratto di solidarietà;
l’elenco delle crisi comprende aziende di vari settori, tra cui Almaviva contact e Abramo customer care per i call center, Industria italiana autobus, Speedline e Lear nella meccanica, La Perla nella moda, Jabil nell’elettronica, Sideralloys Italia e Portovesme per le materie prime, ma anche marchi storici come Piaggio e Ansaldo energia. Molte di queste vertenze sono in corso da tempo e anche in diversi stadi di evoluzione (sito di Napoli ex Whirlpool e Whirlpool Emea spa);
il Ministero opera costantemente, elaborando piani reindustrializzazione e sviluppo per garantire la continuità produttiva e l’occupazione;
la Cgil, in un’elaborazione dell’area delle politiche industriali, sostiene che a rischio di crisi a causa delle trasformazioni in atto ci sono altri 120 mila lavoratori: 70.000 nell’automotive, 25.459 nella siderurgia, 8.000 nelle centrali a carbone e in quelle a ciclo combinato, 2.000 nel settore elettrico (mercato tutelato), 4.094 nella chimica di base, 3.473 nel petrolchimico e nella raffinazione, 8.500 nel settore delle telecomunicazioni –:
quali ulteriori informazioni intenda fornire il Ministro interrogato in merito alla situazione dei tavoli di crisi d’impresa e quali ulteriori iniziative «anticrisi» intenda porre in essere, in coerenza con gli indirizzi del Governo in materia di politica industriale.
(3-01034)
(5 marzo 2024)
PASTORINO. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
Piaggio aerospace s.p.a., azienda aeronautica strategica italiana leader del settore aeronautico, ha una storia secolare e impiega circa 1.000 lavoratori, sia nella progettazione e manutenzione di velivoli completi per l’aviazione d’affari e missioni di pattugliamento sorveglianza e controllo, sia nella costruzione di motori aeronautici e componenti strutturali;
a dicembre 2018 con decreto del Ministro dello sviluppo economico la società è stata posta in amministrazione straordinaria e si sta seguendo la procedura di cessione. Come dichiarato dal Sottosegretario Bitonci, il 21 febbraio 2024, «alla data del 30 gennaio 2024, sono pervenute 5 offerte. Allo stato, sono in corso le valutazioni da parte dei commissari straordinari»;
sul territorio la preoccupazione è grande, il futuro della Liguria passa anche da aziende storiche e strategiche come Piaggio aerospace s.p.a.; serve, pertanto, una soluzione che garantisca solidità finanziaria e proponga un concreto piano di rilancio volto a mantenere e sviluppare il patrimonio tecnologico e industriale, salvaguardando i livelli produttivi e occupazionali;
con questa consapevolezza, il 19 gennaio 2024 la regione Liguria ha riunito il tavolo di monitoraggio regionale alla presenza di sindacati, sindaci di Genova e Villanova d’Albenga, assessori regionali per il lavoro e per lo sviluppo economico e parlamentari liguri. Successivamente il consiglio comunale di Genova e quello regionale hanno approvato due ordini del giorno per valutare la disponibilità di Leonardo s.p.a. a partecipare all’acquisto della società come partner strategico e per chiedere al Governo di convocare urgentemente le parti sociali;
il fine è di individuare un acquirente forte che mantenga Piaggio aerospace s.p.a. nella sua interezza, evitando spacchettamenti che minerebbero la competitività aziendale, e affianchi alla capacità economica quella industriale e produttiva nel medio-lungo termine. La presenza di Leonardo s.p.a. costituirebbe un elemento di solidità notevole;
il Ministero delle imprese e del made in Italy, dal canto suo, vuole attendere la valutazione delle offerte ricevute. Tuttavia, visti i precedenti, appare necessario un lavoro preventivo di concertazione che permetta di avere pronta un’alternativa in grado di rilanciare l’azienda senza ulteriori attese –:
se il Ministro interrogato, data la necessità di garantire a Piaggio aerospace s.p.a. un futuro all’altezza della sua storia, che ne salvaguardi il valore strategico industriale per la Liguria e il Paese, nonché i livelli di produzione e occupazionali, non ritenga di prorogare l’amministrazione straordinaria dell’azienda, prevedendo l’apertura di un tavolo congiunto tra il Governo e i soggetti coinvolti, nonché valutando la partecipazione di una società pubblica all’acquisto, con particolare riguardo alla Leonardo s.p.a.
(3-01035)
(5 marzo 2024)
CAVANDOLI, MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro delle imprese e del made in Italy. — Per sapere – premesso che:
l’azienda La Perla, con sede in Bologna, è riconosciuta a livello nazionale e internazionale per la produzione di abbigliamento intimo di elevata qualità;
nel 2018, è stata acquistata dal fondo Tennor;
sotto la gestione del fondo anglo-olandese, quello che era un marchio di eccellenza del made in Italy è entrato progressivamente in crisi: riduzione drastica dei ricavi e dei punti vendita in Italia e nel mondo; perdite crescenti e indebitamento netto che ha raggiunto, nel 2023, i 336,68 milioni di euro; taglio del personale e ritardi nei pagamenti degli stipendi;
questa situazione ha condotto all’apertura, presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, di un tavolo di crisi dedicato a La Perla manufacturing srl;
sembra che al tavolo il piano industriale di rilancio delle produzioni La Perla in Italia non sia mai arrivato;
nel frattempo, La Perla global management UK è stata messa in liquidazione giudiziale dalle competenti autorità britanniche, mentre La Perla manufacturing srl è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Bologna, che ha estromesso il fondo Tennor dalla gestione della società;
a seguito della pronuncia del tribunale di Bologna, il Ministero delle imprese e del made in Italy ha nominato tre commissari –:
se e quali iniziative di competenza si intenda intraprendere per garantire il rilancio industriale di un marchio italiano, contrastare la delocalizzazione e salvaguardare posti di lavoro.
(3-01036)
(5 marzo 2024)
BORRELLI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
nonostante il prezzo del gas naturale alla borsa di Amsterdam sia tornato sui livelli del novembre 2021, come all’inizio dell’ultima crisi energetica, secondo un’analisi di Assium (Associazione degli utility manager) e Consumerismo no profit, la riduzione dei prezzi dell’energia non sarà sufficiente ad alleggerire da sola le tariffe di luce e gas di cittadini e imprese;
nel 2024 la spesa della famiglia tipo ammonterà ad almeno 1750 euro in totale per entrambe le forniture;
la fine del mercato tutelato per gas ed energia elettrica, rispettivamente scattato il 10 gennaio 2024 e che scatterà il 1° luglio 2024, determina il passaggio obbligato al mercato libero e, sebbene prometta una rivoluzione, al momento non si accompagna a vantaggi dal punto di vista economico per quanto riguarda le tariffe;
nonostante il 25 gennaio 2024 la Camera dei deputati con l’ordine del giorno n. 9/01606-A/58 avesse impegnato il Governo a prevedere, anche alla luce della fine del mercato tutelato dell’energia e del gas, la necessaria proroga del regime Iva al 5 per cento per il gas metano e il teleriscaldamento, tale regime non è stato prorogato dal Governo;
la fine del regime Iva al 5 per cento per il gas metano e il teleriscaldamento, misura che aveva consentito di tenere sotto controllo il costo del gas, secondo Nomisma ha determinato da inizio 2024 un aumento del 9 per cento sulle tariffe degli utenti domestici;
a Roma, come a Milano, sono numerosi gli utenti del mercato tutelato che si sono visti recapitare da parte di Enel energia bollette anche 10 volte superiori al normale, a seguito di una modifica unilaterale del contratto a partire dagli ultimi due mesi del 2023, modifica che l’azienda sostiene di aver comunicato preventivamente, ma che tanti clienti dicono di non aver ricevuto;
il 2023 ha visto calare, infine, il sipario anche sul bonus sociale potenziato, che riguardava anche le bollette dell’acqua, oltre a quelle energetiche. Dal 1° gennaio 2024 è tornato in vigore il bonus sociale ordinario per gas e acqua, che si può ottenere solo con un Isee fino a 9.530 euro –:
quali iniziative intenda adottare il Governo per far fronte al perdurare dell’aumento delle tariffe di luce e gas per famiglie e imprese, in particolare a tutela di quei clienti vulnerabili che, sebbene possono ancora permanere nel servizio di maggior tutela, hanno visto il prezzo dell’energia aumentare nel mese di febbraio del 6,5 per cento secondo quanto comunicato da Arera.
(3-01037)
(5 marzo 2024)
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, MATTIA, BENVENUTI GOSTOLI, IAIA, LAMPIS, MILANI, FABRIZIO ROSSI, ROTELLI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il 29 febbraio 2024, Anci e Conai hanno presentato a Roma i dati sulla raccolta e il riciclo degli imballaggi, relativi all’anno 2022;
in Italia è stata raggiunta una percentuale complessiva di raccolta differenziata pari al 65,1 per cento: a fronte di quasi 29 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti, 18,6 milioni di tonnellate vengono raccolte in maniera differenziata e di queste circa 5,6 milioni sono imballaggi che vengono conferiti al sistema Conai-Consorzi di filiera;
le previsioni di riciclo per il 2024 potrebbero raggiungere il 75 per cento dell’immesso al consumo, oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti che diventano materie prime seconde per la produzione di nuovi beni, senza dimenticare i benefici economici, oltre che ambientali, che derivano direttamente dall’accordo Anci-Conai;
nel quinquennio 2018-2022 si registra una significativa crescita dei corrispettivi riconosciuti ai comuni convenzionati dai consorzi di filiera Conai, che nel 2022 sono stati poco più di 670 milioni di euro;
un dato che emerge prepotente dal rapporto è la carenza di impianti in grado di trattare i rifiuti differenziati e accogliere, all’interno dei propri cicli produttivi, le materie prime seconde che vengono dalla raccolta differenziata;
tale inadeguatezza impiantistica ha un’incidenza negativa soprattutto per i comuni del Mezzogiorno, sia dal punto di vista dei costi di trasporto della materia riciclabile, sia in termini di mancato sviluppo delle economie legate al riciclo;
un importante contributo a queste croniche difficoltà lo sta portando quella parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza legata alla missione 2 «Rivoluzione verde e transizione ecologica», affidata in larga misura al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
il 23 gennaio 2024 è stata pubblicata la circolare con le indicazioni per la realizzazione di nuovi impianti di rifiuti e ammodernamento di impianti esistenti e per i progetti «faro» di economia circolare, con le indicazioni specifiche per l’accelerazione delle procedure di erogazione delle risorse finanziarie;
il 4 marzo 2024 il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio che conferma la richiesta di un calo dei rifiuti da imballaggio del 5 per cento entro il 2030, del 10 per cento nel 2035 e del 15 per cento entro il 2040 –:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di salvaguardare il settore della raccolta differenziata e del riciclo degli imballaggi, che costituisce un’eccellenza italiana da preservare.
(3-01038)
(5 marzo 2024)
BENZONI, BONETTI, D’ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
dal 2005 sono stati concessi alle fonti rinnovabili elettriche incentivi in diverse forme – quali «conti energia», certificati verdi, tariffe incentivanti – che gravano sulle bollette dei consumatori per circa 10 miliardi di euro all’anno;
nonostante i costi degli impianti fotovoltaici si siano ridotti considerevolmente e così anche il costo del kilowattora da essi generato, continuano ad essere erogati numerosi incentivi in nuove forme;
il cosiddetto «superbonus 110», ad esempio, remunerava completamente anche il costo di installazione di pannelli solari, senza considerare il miliardo di euro di contributi in conto capitale agli impianti agro-fotovoltaici;
oltretutto, alle numerose comunità energetiche previste in Italia saranno erogati incentivi che, secondo le previsioni del Governo, ammonteranno a diversi miliardi di euro;
è previsto, inoltre, un importante sviluppo di impianti eolici offshore, i cui costi di investimento e di esercizio, in particolare nel caso della tecnologia galleggiante, appaiono al momento ben al di sopra dei costi di mercato dell’energia elettrica e dovranno, quindi, essere incentivati;
le bozze del cosiddetto decreto «Fer2», dedicato alle fonti energetiche non mature, contrariamente ad ogni buona pratica internazionale, da una parte sembrano trattare l’eolico offshore galleggiante come una tecnologia matura, prevedendo un contingente di 3,8 gigawatt, dall’altra indicano una remunerazione di 185 euro per megawattora per 25 anni, tipica di una tecnologia non matura, quindi costosa;
in Europa esistono solo 4 prototipi di impianti eolici offshore galleggianti per un totale di 193 megawatt: due in Scozia, uno in Portogallo e uno in Norvegia; tutti in condizioni di vento più intenso e mare meno profondo rispetto alle coste italiane, quindi meno costosi che in Italia;
non si comprende come mai, anziché finanziare progetti pilota di taglia simile, per verificare poi eventualmente la reale fattibilità e la convenienza economica, si intenda puntare direttamente a 3.800 megawatt, 20 volte di più che nel resto d’Europa;
infine, per fronteggiare la variabilità degli impianti solari ed eolici e la loro concentrazione in alcune regioni del Sud, ingenti investimenti sono previsti sia per il potenziamento delle linee di trasmissione in alta tensione, sia per l’installazione di notevoli capacità di batterie, che dovranno essere sostituite ogni 10-15 anni –:
a quanto ammontino gli incentivi concessi finora e quelli futuri alle fonti rinnovabili e, in tale contesto, quanto si preveda graveranno sulle bollette elettriche i costi di investimento per il potenziamento delle linee di trasmissione e di distribuzione e per l’installazione dei diversi sistemi di accumulo di energia elettrica previsti sino al 2030.
(3-01039)
(5 marzo 2024)
DEL BARBA, FARAONE, GADDA, DE MONTE, MARATTIN, BONIFAZI, BOSCHI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l’idroelettrico in Italia rappresenta l’11 per cento della capacità di generazione installata in Italia e fornisce circa il 7 per cento del totale dell’energia elettrica prodotta nel Paese. Le ricadute in termini di posti di lavoro si attestano in oltre 3.000 lavoratori tra diretti e indiretti;
le centrali idroelettriche forniscono servizi di regolazione di rete, garantiscono capacità di riserva di immediata attivazione e hanno un ruolo fondamentale nei «Piani di riaccensione e rialimentazione della rete elettrica nazionale», anche in relazione ai fenomeni di «over generation»;
il Copasir ha approvato il 13 gennaio 2022 la «Relazione sulla sicurezza energetica nella fase di transizione ecologica», che definisce l’idroelettrico quale asset strategico per la sicurezza energetica nazionale;
la disciplina attualmente in vigore è prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo n. 79 del 1999, così come modificato dal decreto-legge n. 135 del 2018 e dalla legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, e prevede la competenza normativa, sulla materia, delle singole regioni e l’avvio non oltre il 31 dicembre 2023 delle gare per l’assegnazione delle concessioni di derivazione d’acqua per uso idroelettrico scadute o in scadenza;
in questo scenario, è stata archiviata nel 2021 la procedura d’infrazione europea che contestava l’obbligo previsto nell’allora disciplina vigente di trasferimento dal concessionario «uscente» a quello «entrante» della titolarità del ramo d’azienda, a fronte di un corrispettivo determinato secondo criteri di mercato;
l’archiviazione era motivata dal fatto che la stagnazione degli investimenti nell’idroelettrico in Europa e la previsione della perduranza della stessa fino al 2050 sono tali da non esservi un problema di concorrenza da tutelare;
da indiscrezioni apparse sulla stampa, parrebbe che ogni ipotesi di modifica legislativa che introducesse, pur con riferimento alle sole «grandi concessioni idroelettriche», la riassegnazione al concessionario scaduto o uscente, sulla base di una negoziazione diretta, finalizzata all’approvazione e attuazione di un piano pluriennale di investimenti, sarebbe stata valutata, in una comunicazione della Commissione europea, come non compatibile con gli «operational arrangments» del Piano nazionale di ripresa e resilienza –:
quale sia, nel dettaglio, il contenuto della comunicazione della Commissione europea e quale sarebbe la posizione dell’Italia in merito alle valutazioni della Commissione, con particolare riferimento alla natura delle grandi concessioni di derivazione idroelettrica quali asset strategici per la sicurezza e l’autonomia energetica nazionale.
(3-01040)
(5 marzo 2024)
PELUFFO, SIMIANI, DE MICHELI, DI SANZO, GNASSI, ORLANDO, BRAGA, CURTI, FERRARI, SCARPA, ROGGIANI, GHIO, CASU e FORNARO. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
l’idroelettrico rappresenta la prima fonte energetica rinnovabile in Italia, producendo il 41 per cento dell’energia complessiva rinnovabile, con quasi 4.300 impianti che ogni anno producono 46 terawattora. Una risorsa energetica che impiega quasi 15.300 addetti e che necessita di costante manutenzione e continui investimenti;
sono state più volte segnalate capacità non sfruttate del sistema idroelettrico «storico»: la potenza lorda degli impianti idroelettrici operativi è quasi raddoppiata dal 1963 a oggi; eppure, la produzione idroelettrica si è mantenuta sostanzialmente costante, segno evidente della carenza di investimenti nel settore che ne penalizza la produzione;
nel 2021 è stata disposta l’archiviazione delle procedure di infrazione in precedenza avviate nei confronti di diversi Stati membri, tra cui l’Italia, in relazione alle modalità di affidamento senza gara delle grandi concessioni idroelettriche: tra le ragioni dell’archiviazione, la Commissione europea ha preso atto che le analisi svolte hanno mostrato una situazione stagnante nel settore idroelettrico negli ultimi 15 anni e anche nel prossimo futuro, il che rivelerebbe la mancanza di un interesse economico a realizzare i nuovi impianti anche in ragione degli investimenti necessari per adempiere agli obblighi ambientali derivanti dalla normativa unionale;
con il decreto-legge n. 21 del 2022 (articolo 25, comma 1, lettera 0a), si è estesa la disciplina del golden power anche alle concessioni di grande derivazione idroelettrica;
con la legge sulla concorrenza n. 118 del 2022 si è stabilito che procedure di assegnazione delle concessioni sono effettuate tenendo conto degli interventi di miglioramento delle infrastrutture esistenti e di recupero della capacità di invaso, e si disciplina la competenza normativa, sulla materia, delle singole regioni e l’avvio non oltre il 31 dicembre 2023 delle gare per l’assegnazione delle concessioni di derivazione d’acqua per uso idroelettrico scadute o in scadenza;
tra dicembre 2023 e gennaio 2024 Lombardia e Abruzzo hanno avviato le procedure per la riassegnazione delle prime concessioni scadute: tali azioni, pur compiute nell’alveo delle rispettive competenze e deliberazioni regionali in materia, evidenzierebbero importanti profili di disomogeneità inerenti non solo alle condizioni di gara ma anche alle leggi regionali stesse, ostacolando già in partenza lo sviluppo di investimenti nel settore –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di pervenire a una disciplina uniforme sul territorio nazionale e stimolare nuovi investimenti nel settore idroelettrico, anche alla luce del fatto che le grandi concessioni di derivazione idroelettrica sono asset strategici per la sicurezza e l’autonomia energetica nazionale.
(3-01041)
(5 marzo 2024)
LUPI, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, ROMANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
la maggiore diversificazione delle forniture di energia, sia sotto il profilo tecnologico che geografico, può ridurre la dipendenza dell’Italia da una sola fonte e costituire un deterrente alla speculazione dei mercati, anche in caso di crisi geopolitiche;
nel 2022, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa, l’Italia ha inaugurato una strategia di diversificazione dell’approvvigionamento energetico. Le ulteriori tensioni internazionali, tra cui il conflitto tra Hamas e Israele e gli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso, rendono ancora più necessario accelerare la strategia inaugurata nel 2022;
tra le misure italiane di risposta alla crisi energetica, a seguito del conflitto russo-ucraino, rientra la decisione di aumentare la capacità di rigassificazione del Paese;
nel 2023 i rigassificatori italiani hanno permesso di importare 16,6 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto, con un aumento del 16,8 per cento rispetto al 2022;
in Italia si contano oggi tre rigassificatori attivi: il terminale di Panigaglia, in provincia di La Spezia, il rigassificatore offshore «Adriatic Lng», collocato a circa 15 chilometri al largo della provincia di Rovigo, e il terminale di rigassificazione «Fsru Toscana» al largo del Mar Tirreno;
ai tre impianti citati si aggiungono le unità di stoccaggio e rigassificazione galleggiante (cosiddetto Fsru) «Golar Tundra», già operativo al largo di Piombino, e «BW Singapore», il cui impiego è previsto al largo di Ravenna dal 2025;
la previsione di ricorrere ai rigassificatori costituisce una parte integrante del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), secondo cui si ipotizza un consumo complessivo di gas naturale al 2030 pari a 47 miliardi di metri cubi;
la realizzazione di alcuni progetti di rigassificazione onshore in Italia è stata frenata per anni da impedimenti burocratici e ha incontrato anche negli ultimi mesi non pochi ostacoli;
il decreto-legge 9 dicembre 2023, n. 181, ha qualificato come interventi strategici di pubblica utilità, indifferibili e urgenti le opere finalizzate alla costruzione e all’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto onshore, nonché le connesse infrastrutture –:
quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere per garantire il completamento in tempi utili degli impianti di rigassificazione già programmati e la realizzazione di nuovi progetti onshore e offshore, al fine di assicurare una maggiore diversificazione delle forniture energetiche del Paese.
(3-01042)
(5 marzo 2024)
TORTO, FRANCESCO SILVESTRI, BALDINO, SANTILLO, AURIEMMA e CAPPELLETTI. — Al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. — Per sapere – premesso che:
a fronte del definanziamento di 9 misure per effetto della rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza avanzata dal Governo, i progetti a rischio nella sola regione Abruzzo ammonterebbero a 1.861, con conseguenti tagli alla spesa per oltre mezzo miliardo;
secondo i dati Openpolis, le misure definanziate in Abruzzo riguardano: la messa in sicurezza del territorio, il miglioramento dell’illuminazione pubblica e l’efficientamento energetico degli edifici (1.723 progetti, per un valore totale di circa 392 milioni di euro); la riqualificazione del contesto sociale e ambientale delle città (69 progetti per 165 milioni di euro); il miglioramento dei servizi nelle aree interne (55 progetti per 39,4 milioni di euro); la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie (13 progetti per 8,5 milioni di euro);
a livello provinciale è Chieti il territorio in cui rischiano di saltare i progetti con l’importo totale più consistente (218,1 milioni di euro). Seguono le province di Teramo (192,2 milioni di euro), L’Aquila (158,7 milioni di euro) e Pescara (114,4 milioni di euro);
tutti i comuni abruzzesi rischiano di perdere fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con le città capoluogo ad essere più penalizzate. Al primo posto Teramo con 10 progetti a rischio, per un valore complessivo di circa 33 milioni di euro (di cui 24,8 del Piano nazionale di ripresa e resilienza); seguono Pescara (27 progetti per 28 milioni di euro, quasi interamente Piano nazionale di ripresa e resilienza) e Chieti (12 progetti per 20,6 milioni di euro, quasi totalmente provenienti dal Piano);
ci sono poi altri 5 comuni che hanno progetti a rischio per un valore complessivo superiore ai 10 milioni di euro: Montesilvano (25 progetti per 15,7 milioni di euro), Martinsicuro (12 progetti per 14 milioni di euro), Roseto (9 progetti per 12,9 milioni di euro), Avezzano (17 progetti per 12,3 milioni di euro) e San Salvo (10 progetti per 10,5 milioni di euro);
altri 231 comuni abruzzesi hanno progetti a rischio per un importo superiore al milione di euro; tra gli esempi di tagli eclatanti: il recupero del teatro romano (11,6 milioni di euro) e del teatro comunale (11,7 milioni di euro) di Teramo; la riqualificazione del lungofiume nord e sud (4 milioni di euro), del lungomare (2 milioni di euro) e di corso Umberto e piazza Sacro Cuore (1,5 milioni di euro) a Pescara; il recupero di palazzo Massangioli e del cinema Eden (4,3 milioni di euro), la rifunzionalizzazione delle ex scuole Nolli e di piazza De Lauretis (3,3 milioni di euro) e la riqualificazione del Supercinema (750 mila euro) a Chieti –:
con riferimento alla regione Abruzzo, a seguito della revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quanti e quali interventi siano stati definanziati o siano stati oggetto di rimodulazione e quali siano le fonti di finanziamento alternativo previste per tali opere.
(3-01043)
(5 marzo 2024)