[lid] Qui le mozioni sulla tutela della professione giornalistica 👉 https://www.camera.it/leg19/995?sezione=documenti&tipoDoc=assemblea_allegato_odg&idlegislatura=19&anno=2024&mese=02&giorno=21
TESTI ALLEGATI ALL’ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 249 di Mercoledì 21 febbraio 2024
MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI TUTELA DELLA PROFESSIONE GIORNALISTICA E DELLA LIBERTÀ DI INFORMAZIONE
La Camera,
premesso che:
1) il Parlamento europeo l’11 luglio 2023 ha approvato il testo negoziale sulle norme a difesa dei giornalisti dalle querele temerarie, note con l’acronimo inglese Slapp (Strategic litigation against public participation). Le Slapp sono azioni legali, di esito incerto, avviate con l’intento non di portare a termine il processo, ma di intimidire chi viene accusato allo scopo di condizionarne e limitarne il lavoro. Si tratta di cause legali in cui è presente, infatti, un grande squilibrio di potere tra chi querela e il querelante; il divario solitamente coinvolge la sfera economica, nella fattispecie si parla di potenti strutture o persone che avranno sicuramente disponibilità economiche elevate e perciò adatte a sostenere lunghi processi contro giornalisti, che spesso invece sono costretti a provvedere autonomamente a pagare le spese legali;
2) il testo approvato dal Parlamento europeo prevede una serie di garanzie per le vittime delle azioni legali, compresa la possibilità di chiedere il rapido respingimento della causa, nel qual caso sarà il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia e a sostenere l’onere delle spese procedurali, compresa la rappresentanza legale della vittima. Che avrà la possibilità, inoltre, di chiedere un risarcimento per danni psicologici o alla reputazione. Le nuove norme delimitano il campo delle cause temerarie per ridurre appunto i tempi del processo e fermare subito quelle intentate per intimidire;
3) in Italia la riforma della legge sulla diffamazione prosegue lentamente il suo iter al Senato della Repubblica e l’assenza di norme in questi anni ha limitato il diritto all’informazione, con decine e decine di esponenti politici o grandi aziende e potentati economici che le hanno utilizzate per indurre editori e direttori a interrompere il lavoro di inchiesta dei giornalisti. Secondo i dati recentemente forniti dalla Federazione nazionale stampa italiana, 7 volte su 10 le querele vengono archiviate ancor prima di arrivare a processo. Di quelle che effettivamente arrivano in aula di tribunale, 9 su 10 si concludono con l’assoluzione del giornalista. È evidente l’esistenza di un’autocensura preventiva che sfugge a qualsiasi ricerca statistica, che non arriva nelle aule dei tribunali ma che colpisce l’indipendenza dell’informazione;
4) chi non può rischiare di affrontare querele sono, soprattutto, i giornalisti freelance, cioè coloro che non sono stipendiati: quando un loro articolo subisce una querela temeraria, è difficile che la testata decida di farsi carico delle spese legali;
5) il 19 dicembre 2023 la Camera dei deputati ha approvato, con un emendamento alla legge di delegazione europea, una modifica al codice di procedura penale per vietare la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare. Questa norma lede, a parere dei firmatari del presente atto, il diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati. È, quindi, necessario che il Parlamento, in sede di approvazione definitiva del provvedimento, individui soluzioni diverse capaci di determinare un giusto equilibrio tra la tutela degli imputati o delle persone che compaiono negli atti delle indagini e il diritto all’informazione;
6) il 40 per cento dei giornalisti italiani è donna, eppure tale percentuale non si rileva tra le firme che hanno maggiore spazio nei quotidiani, in particolari nelle prime pagine; inoltre, dalle più recenti analisi emerge l’esistenza di un gap salariale importante, lo stipendio delle donne in questo settore è infatti mediamente molto più basso e, secondo l’analisi sugli ultimi dati contributivi dell’Inpgi, la forbice sarebbe di circa 5 mila euro;
7) come denunciato da GiULiA giornaliste – Ets (Giornaliste unite libere e autonome), le giornaliste sono le prime vittime delle intimidazioni e dell’odio in rete, ma anche delle querele temerarie, come se fosse proprio l’essere donna nell’affrontare i temi sociali e di cronaca a non essere accettato. Si aggredisce con il bodyshaming, le minacce di stupro e le oscenità oppure, come ha sottolineato l’indagine di Vox diritti, si sminuiscono le competenze professionali delle donne. La critica ad una donna professionista, quindi anche una giornalista, si pratica con il discredito, prima sottolineando il suo genere, il suo sesso, il suo corpo e poi screditando anche quello, dando per scontato che essere una donna sia già di per sé una colpa o una diminuzione e che per questo motivo non potrebbe fare quella professione o dire quelle cose;
8) la libertà di manifestazione del pensiero è espressamente statuita nell’articolo 21 della Costituzione, il quale si apre con la decisa e inequivocabile affermazione che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Nei commi successivi si prevedono una serie di garanzie per il mezzo della stampa che, invero, viene sottratta a qualsiasi forma di controllo, quali autorizzazioni o censure, e può essere soggetta a sequestro soltanto per effetto di un atto motivato dell’autorità giudiziaria. Deroghe a tale principio sono previste dal quarto comma dell’articolo nel senso che la polizia giudiziaria, in caso di assoluta urgenza, può procedere al sequestro della stampa periodica, ma tale sequestro è valido in un lasso di tempo limitato, richiedendo la convalida dell’autorità giudiziaria;
9) l’articolo 21 della Costituzione stabilisce anche che l’unico limite alla libertà di manifestazione del pensiero è rappresentato dal concetto di buon costume, nel senso che le pubblicazioni, gli spettacoli e le altre manifestazioni di pensiero non debbono essere contrarie, appunto, al buon costume;
10) nella XVII legislatura è stata approvata dalla Camera dei deputati, modifica dal Senato della Repubblica e nuovamente modificata dalla Camera dei deputati, una proposta di legge che riformava la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, intervenendo sulla legge sulla stampa, sui codici penale e di procedura penale, sui codici civile e di procedura civile, ma che ha visto arenarsi il suo iter al Senato della Repubblica. L’articolo 1 del provvedimento modificava la legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948), prevedendo: l’estensione dell’applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche on line registrate presso le cancellerie dei tribunali; la riforma della disciplina del diritto di rettifica; la riforma delle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa, con l’eliminazione della pena della reclusione;
11) la segretezza delle fonti giornalistiche è alla base dello svolgimento dell’indipendenza dell’attività di un giornalista e della qualità delle notizie alle quali accedono i cittadini. La possibilità di appellarsi al segreto professionale per tutelare le fonti dovrebbe essere estesa a tutti coloro che svolgono effettivamente lavoro giornalistico. Attualmente in Italia è previsto solo per i giornalisti iscritti all’albo dei professionisti dell’Ordine dei giornalisti. La tutela delle fonti giornalistiche andrebbe estesa ai giornalisti freelance e anche a tutti quegli operatori che, in ragione dei loro rapporti professionali o personali, possono essere al corrente di determinate informazioni di interesse per la pubblica opinione;
12) secondo il Garante europeo della protezione dei dati, «l’unica opzione praticabile ed efficace per proteggere i diritti e le libertà fondamentali nell’Unione, compresa la libertà dei media, da software spia di livello militare altamente avanzati è un divieto generale del loro sviluppo e della loro diffusione, con eccezioni molto limitate ed esaustivamente definite, integrate da solide garanzie»;
13) appare sempre più necessario garantire pluralismo e libertà di informazione all’interno del servizio pubblico radiotelevisivo e procedere ad una riforma della governance della Rai che garantisca un servizio pubblico quale strumento essenziale per realizzare un’effettiva libertà di accesso alla comunicazione audiovisiva, tutela di un bene comune, il quale si caratterizza per la promozione dello sviluppo democratico, sociale e culturale, dei diritti umani di ogni società e, in particolare, del diritto di ogni cittadino a ricevere e diffondere informazioni, idee e opinioni mediante un accesso non discriminatorio a tutte le piattaforme di trasmissione disponibili,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative normative in materia di querele temerarie, con una norma che contrasti l’abuso delle querele per diffamazione nei confronti dei giornalisti, dovendo al diritto di querelare corrispondere un diritto al risarcimento per chi ha ragione ed essendo necessario, inoltre, dare la possibilità al giudice di respingere rapidamente la causa quando palesemente infondata, attribuendo al ricorrente l’onere di dimostrare la fondatezza della denuncia e di sostenere l’onere delle spese procedurali e legali;
2) ad adottare iniziative normative volte a riformare la disciplina della diffamazione, in linea con i pronunciamenti della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo, in base alle quali la previsione della pena detentiva non è compatibile con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, se non in casi di eccezionale gravità;
3) ad intervenire sulla protezione delle fonti giornalistiche, facendo in modo che il diritto dei giornalisti al silenzio sulle loro fonti non sia considerato un mero privilegio concesso o revocato sulla base della liceità o illegittimità della provenienza delle informazioni, ma un autentico attributo del diritto all’informazione;
4) ad adottare iniziative normative volte ad estendere la possibilità di appellarsi al segreto professionale per tutelare le fonti a tutti coloro che svolgono effettivamente lavoro giornalistico: dai giornalisti freelance, che non svolgono il proprio lavoro alle dipendenze di una testata, a tutti quegli operatori che, in ragione dei loro rapporti professionali o personali, possono essere al corrente di determinate informazioni di interesse per la pubblica opinione;
5) a sostenere, nelle competenti sedi, le nuove norme che saranno previste dalla legge europea per la libertà dei media (Emfa): quelle dirette all’efficace protezione dei giornalisti e dei fornitori dei servizi di media e, in particolare, la tutela dei rapporti tra i giornalisti e le fonti anche da intercettazioni e/o captazioni di conversazione e messaggi;
6) a promuovere iniziative normative sulla parità di genere e contro il gender pay gap nel mondo del giornalismo, per proteggere le giornaliste dalle intimidazioni e dall’odio in rete e per tutelare la privacy delle cittadine e delle personalità pubbliche rispetto a pubblicazioni che ledono l’intimità e il rispetto del corpo, in particolar modo quello femminile, e rispetto all’orientamento sessuale e di genere;
7) a promuovere iniziative normative volte ad una riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo, anche sulla base ai modelli adottati da altri Paesi, che preveda la creazione di un’autorità indipendente rappresentativa delle diverse istanze culturali del Paese, a cui sia affidata, a seguito di una selezione mediante avviso pubblico, la nomina del consiglio di amministrazione, il quale elegga il presidente e il direttore generale sulla base del curriculum vitae e di un progetto editoriale.
(1-00235) «Piccolotti, Zanella, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Zaratti».
(29 gennaio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) ai sensi dell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, «Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere»;
2) la libertà di espressione, la libertà dei media e il pluralismo sono sanciti anche dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo cui «Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati»;
3) la Costituzione, all’articolo 21, afferma che «Tutti», non solo i cittadini dunque, «hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione»; «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.» – ciò pone il divieto di controlli preventivi – ferma restando l’indicazione da parte della legge in ordine alle possibilità di sequestro in ipotesi di delitti espressamente previsti;
4) l’articolo 21 affida, altresì, alla legge ordinaria la possibilità di imporre la piena conoscibilità dei mezzi di finanziamento della stampa periodica, con ciò implicitamente riconoscendo il rapporto strettissimo tra informazione, potere economico e libertà di espressione e il diritto del pubblico lettore a conoscerlo;
5) preme segnalare che, pur non essendo espressamente menzionato, la Corte costituzionale, fin dalla sentenza n. 202 del 1976, ha costantemente affermato che la libertà di manifestare il proprio pensiero con qualsiasi mezzo e diffusione ricomprende tanto il diritto di informare quanto il diritto di essere informati e ha precisato che l’articolo 21 colloca la predetta libertà tra i valori primari, assistiti dalla clausola dell’inviolabilità ex articolo 2 della Costituzione, i quali, in ragione del loro contenuto, in linea generale si traducono direttamente e indirettamente in diritto soggettivi dell’individuo, di carattere assoluto (sentenza n. 112 del 1993, che richiama, oltre alla già citata, anche le sentenze nn. 148 del 1981 e 826 del 1988);
6) in proposito, si ritiene opportuno, in questa sede, riportare integralmente il passo della sentenza n. 112 del 1993, per la costruzione e l’estrinsecazione del concetto di pluralismo che offre: «Tuttavia, l’attuazione di tali valori fondamentali nei rapporti della vita comporta una serie di relativizzazioni, alcune delle quali derivano da precisi vincoli di ordine costituzionale», e, sotto questo profilo, prosegue, «questa Corte ha da tempo affermato che il “diritto all’informazione” va determinato e qualificato in riferimento ai principi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale;
7) da qui deriva l’imperativo costituzionale che il “diritto all’informazione” garantito dall’articolo 21 sia qualificato e caratterizzato: a) dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – che comporta, fra l’altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l’accesso nel sistema radiotelevisivo del massimo numero possibile di voci diverse – in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti; b) dall’obiettività e dall’imparzialità dei dati forniti; c) dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell’attività di informazione erogata; d) dal rispetto della dignità umana, dell’ordine pubblico, del buon costume e del libero sviluppo psichico e morale dei minori» (sentenza n. 112 del 1993);
8) la manifestazione del pensiero, in ogni sua forma, garantita dall’articolo 21 della Costituzione, è da considerarsi cardine dell’ordinamento democratico, baluardo del buon funzionamento della democrazia – «pietra angolare dell’ordine democratico» (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969);
9) non è un caso se nei Paesi che, in modo eclatante o latente, involvono o si avviano ad intaccare libertà e principi democratici, i primi assalti investano la televisione, i media e la stampa ai fini del loro controllo, unitamente a misure che possono colpire anche direttamente l’informazione e i suoi attori, con modalità che vanno dalla censura al sequestro e all’arresto;
10) un esempio nella storia del nostro Paese è l’attività di censura ai fini del controllo sistematico della comunicazione e della libertà di espressione nel corso del lungo periodo del regime fascista, ma, in tempi più recenti, lo stesso può dirsi con riguardo all’esperienza, ancora attuale, dell’Ungheria sotto la guida oscurantista di Viktor Orban o dei sussulti totalitari della Tunisia e della Turchia;
11) forse non è un caso che la storia della giustizia costituzionale italiana (come ricorda il professor Enzo Cheli in uno scritto sul tema) abbia avuto il suo inizio proprio con una sentenza in tema di libertà di espressione – la sentenza n. 1 del 14 giugno del 1956 – dove la Corte, dopo aver tracciato le linee portanti del giudizio costituzionale, veniva a sanzionare l’incostituzionalità, per la violazione della libertà di espressione, di alcune norme del testo unico di pubblica sicurezza del 1931;
12) l’adempimento dell’articolo 21 si mostra e si attua nella sua pienezza, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, nel suo dispiegamento anche in ordine all’organizzazione delle misure negli ambiti che alla manifestazione del pensiero sono direttamente e strettamente connessi – l’indipendenza, la libertà e il pluralismo dell’informazione, la proprietà e il mercato editoriali, i contributi pubblici alla stampa, le misure che agevolano o ostacolano il diritto di cronaca, il lavoro giornalistico nell’accertamento dei fatti, la loro conoscenza e la loro diffusione, a loro volta strettamente correlate al diritto all’informazione;
13) la libertà e il pluralismo dei media, come pure l’indipendenza e la sicurezza dei giornalisti, rappresentano, altresì, uno dei pilastri dello Stato di diritto dell’Unione europea, in quanto elemento fondamentale del diritto alla libertà di espressione e di informazione ed essenziale per il funzionamento democratico dell’Unione europea e dei suoi Stati membri, inclusa la lotta alla corruzione;
14) l’ultimo «Rapporto sullo Stato di Diritto», pubblicato dalla Commissione europea a inizio luglio del 2023, aveva evidenziato, con riferimento al nostro Paese, più di una preoccupazione sul fronte della libertà di stampa, tra cui: le condizioni di lavoro precarie di molti giornalisti, la protezione delle fonti giornalistiche e la questione del segreto professionale, nonché le azioni legali strategiche locali tese a bloccare la partecipazione pubblica (Slapp), la legislazione sulla diffamazione, in sede penale e civile, i casi di aggressioni fisiche e intimidazioni nei confronti di giornalisti e organi di informazione, che continuano ad aumentare di anno in anno;
15) in particolare, l’Italia presenta un rischio medio in merito all’indipendenza politica dei media (relativa al conflitto di interessi e al controllo politico sui media e sulle agenzie di stampa) ed è considerata dalla Commissione europea uno dei sedici Stati a «rischio elevato» per la «crescente politicizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo». Sussiste, altresì, ad avviso della Commissione, un rischio elevato o medio di influenza commerciale e della proprietà sui contenuti editoriali;
16) molti dei temi oggetto di raccomandazione da parte della Commissione europea nel 2023 sarebbero al centro anche del nuovo questionario sullo Stato di Diritto per il 2024 inviato in questi giorni all’attenzione del Governo italiano, con riferimento, fra l’altro, al premierato, al processo penale telematico, alle modifiche al reato di abuso d’ufficio, alle conseguenze della nuova prescrizione per i processi per corruzione, nonché all’informazione, in particolare sullo stop alla pubblicazione dell’ordinanza di custodia cautelare e sulle misure per garantire la libertà di stampa e il diritto a essere informati;
17) la persistenza delle preoccupazioni della Commissione europea sui richiamati temi lascerebbe intendere che la situazione sul fronte della libertà e del pluralismo dei media non sia stata affrontata sufficientemente dal Governo italiano e che nel nostro Paese permangono numerose problematiche nel suddetto ambito;
18) a norma della direttiva 2018/1808 sui servizi di media audiovisivi (Avms) – i cui correttivi al decreto legislativo di recepimento n. 208 del 2021 (cosiddetto Tusma) sono attualmente all’esame delle Camere – gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione esercitino i loro poteri in modo imparziale e trasparente, in particolare per quanto attiene al pluralismo dei media, alla diversità culturale e linguistica, alla tutela dei consumatori, all’accessibilità, alla non discriminazione, al corretto funzionamento del mercato interno e alla promozione della concorrenza leale;
19) sempre a norma della citata direttiva, gli Stati membri devono assicurare che le autorità o gli organismi nazionali di regolamentazione dispongano di risorse finanziarie e umane, nonché di poteri di esecuzione sufficienti per svolgere le loro funzioni in modo efficace;
20) per rispondere alle crescenti preoccupazioni in seno all’Unione europea per la politicizzazione dei media e la mancanza di trasparenza in merito alla loro proprietà, la Commissione europea è inoltre intervenuta, da ultimo, con due nuove proposte normative riguardanti la libertà dei media: una proposta di direttiva contro le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (cosiddette Slapp) e la proposta di regolamento inerente alla prima legge europea per la libertà dei media (Emfa), che si basa proprio sulla revisione della citata direttiva Avms;
21) in particolare, con quest’ultima proposta, che è stata oggetto di recente di parere da parte del Parlamento italiano, l’Unione europea intende rafforzare il quadro normativo europeo affinché tutti gli Stati membri adottino un sistema di maggior tutela della libertà di stampa, del lavoro di giornaliste e giornalisti e la garanzia dell’indipendenza del servizio pubblico dal condizionamento dell’autorità politica;
22) mentre la proposta di direttiva contro le Slapp prevede garanzie per coloro che sono bersaglio di procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi, la legge europea per la libertà dei media istituirà un quadro comune per i servizi di media nell’ambito del mercato interno dell’Unione europea, attraverso l’introduzione di misure volte a proteggere i giornalisti e i fornitori di servizi di media da ingerenze politiche, rendendo nel contempo più agevole per loro operare attraverso le frontiere interne dell’Unione europea;
23) nel nostro Paese si è assistito di recente ad un abuso del ricorso alla querela per diffamazione e all’azione di risarcimento dei danni sul piano civilistico nei confronti dei giornalisti, al punto da poter considerare tali strumenti processuali alla stregua di mezzi intimidatori e di pressione per limitare l’attività giornalistica, col rischio di influenzare gravemente la libertà di stampa;
24) numerose iniziative giudiziarie per diffamazione risultano, invero, pretestuose, alla luce delle più recenti statistiche che dimostrano come il 90 per cento dei procedimenti per diffamazione si risolvano con archiviazioni o proscioglimenti pronunciati prima del giudizio, proprio perché basati su accuse infondate o, comunque, sproporzionate;
25) i dati relativi alla mediazione civile obbligatoria, inoltre, testimoniano come anche le questioni relative a fatti di diffamazione sul piano civile ammontino a meno dell’1 per cento dell’intero contenzioso;
26) per arginare tale fenomeno appare, dunque, indispensabile intervenire a livello normativo per introdurre uno specifico strumento a tutela dei giornalisti rispetto al fenomeno delle cosiddette querele temerarie (o «bavaglio»), che consenta la comminazione di una pena pecuniaria adeguata da devolvere alla Cassa delle ammende a carico di chi presenti querele senza alcun fondamento, oltre alla condanna alle rifusione delle spese processuali e alla possibilità per il giornalista di ottenere il risarcimento degli eventuali danni, come previsto dall’articolo 427 del codice di procedura penale;
27) nella medesima direzione, dovrebbe prevedersi altresì nel giudizio civile, nel caso di azione per presunta diffamazione commessa con il mezzo della stampa (o con gli altri prodotti editoriali registrati ai sensi dell’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47), in cui risulti la mala fede o la colpa grave di chi agisce per il risarcimento del danno, che il giudice, anche d’ufficio, con la sentenza che rigetta la domanda, condanni l’attore, oltre che alle spese processuali e a quelle risarcitorie già previste dall’articolo 96 del codice di procedura civile, al pagamento a favore della Cassa delle ammende di un’ulteriore somma, determinata in via equitativa, non inferiore ad un quarto di quella oggetto della domanda risarcitoria;
28) sotto altro profilo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non è più rinviabile un intervento del legislatore che recepisca i più recenti orientamenti della Corte costituzionale in materia di diffamazione. Segnatamente, la Corte costituzionale si è espressa al riguardo con la sentenza n. 150 del 2021, esortando il Parlamento ad intervenire sulla materia, al fine di assicurare un più adeguato bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale, anche alla luce dei pericoli sempre maggiori connessi all’evoluzione dei mezzi di comunicazione;
29) in particolare, essa ha dichiarato incostituzionale l’articolo 13 della legge sulla stampa (n. 47 del 1948) che fa scattare obbligatoriamente, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa compiuta mediante l’attribuzione di un fatto determinato, la reclusione da uno a sei anni, unitamente al pagamento di una multa;
30) ad avviso del Giudice delle leggi, le norme vigenti sono incostituzionali perché contrastano con la libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta tanto dalla Costituzione italiana quanto dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La minaccia dell’obbligatoria applicazione del carcere può produrre, infatti, l’effetto di dissuadere i giornalisti dall’esercizio della loro cruciale funzione di controllo dell’operato dei pubblici poteri;
31) ne deriva che l’obbligatoria inflizione della sanzione detentiva viola, in particolare, tanto l’articolo 21 della Costituzione con riferimento alla libertà di stampa, già definita «pietra angolare dell’ordine democratico» dalla già citata risalente pronuncia della Corte (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969), quanto l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
32) invero, anche la Corte europea dei diritti dell’uomo si è più volte pronunciata sull’argomento, ribadendo nella propria copiosa giurisprudenza – condivisa anche dalla Corte costituzionale – come la previsione del carcere obbligatorio non sia compatibile con l’articolo 10 della Convenzione europea, al pari delle sanzioni pecuniarie troppo elevate, in quanto, appunto, costituiscono un rischio per la libertà di stampa;
33) nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo si rinvengono molti precedenti che offrono criteri alla luce dei quali valutare la sussistenza del requisito della proporzione:
34) secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, infatti, la pena detentiva può dirsi proporzionata (e quindi legittima) quando «la diffamazione si caratterizzi per la sua eccezionale gravità» (così la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, Grande Camera, sentenza 17 dicembre 2004, Cumpănă e Mazăre contro Romania, paragrafo 115; nonché: sentenze 5 novembre 2020, Balaskas contro Grecia, paragrafo 61; 11 febbraio 2020, Atamanchuk contro Russia, paragrafo 67; 7 marzo 2019, Sallusti contro Italia, paragrafo 59; 24 settembre 2013, Belpietro contro Italia, paragrafo 53; 6 dicembre 2007, Katrami contro Grecia, paragrafo 39); ciò si verifica sia, «con riferimento ai discorsi d’odio e all’istigazione alla violenza, che possono nel caso concreto connotare anche contenuti di carattere diffamatorio», sia in presenza di «campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della – oggettiva e dimostrabile – falsità degli addebiti stessi»;
35) a tal riguardo, appare opportuno richiamare in questa sede le proposte di legge in materia attualmente in esame al Senato della Repubblica – alcune delle quali proposte dalla maggioranza che rappresenta il Governo in carica – che sembrano porsi in direzione parzialmente diversa rispetto agli arresti giurisprudenziali testé richiamati;
36) ci si riferisce, in particolare, ai disegni di legge atto Senato 466 Balboni e atto Senato 573 Martella, che intervengono proprio sulla vigente normativa in materia di diffamazione a mezzo stampa e il cui contenuto è in larga parte coincidente;
37) tra gli aspetti che assumono rilevanza, vi sono le previsioni che intervengono sull’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (di recente dichiarato incostituzionale), da un lato eliminando la previsione della pena detentiva, ma dall’altro comminando la multa di importo da 5.000 a 10.000 in caso di diffamazione a mezzo stampa «base» e da 10.000 a 50.000 nelle ipotesi aggravate dall’attribuzione di un fatto determinato. L’innalzamento della sanzione pecuniaria, specie nel minimo, potrebbe essere distonico rispetto all’interpretazione giurisprudenziale costante dell’articolo 10 da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui le sanzioni previste per la diffamazione devono tener conto dell’impatto che avranno sulla situazione economica del querelato, al fine di evitare che una sanzione pecuniaria sproporzionata possa avere effetto deterrente sulla libertà di stampa e di espressione;
38) del pari, destano preoccupazioni quelle modifiche normative che, novellando il delitto di diffamazione di cui all’articolo 595 del codice penale, eliminano sì ogni riferimento alla pena della reclusione, ma, contestualmente, inaspriscono il trattamento sanzionatorio relativo alla pena pecuniaria;
39) infatti, vengono introdotte sanzioni ben più gravi rispetto a quelle attualmente previste, a prescindere che la condotta perpetrata sia connotata dalle caratteristiche delineate dalla giurisprudenza precedentemente richiamata: da 3.000 a 10.000 euro nelle ipotesi di diffamazione «base» e fino a 15.000 euro in caso di diffamazione con l’attribuzione di un fatto determinato (in luogo dei 1.032 euro e 2.065 euro nelle ipotesi aggravate dall’attribuzione di un fatto determinato, attualmente previsti);
40) se l’offesa è arrecata con qualsiasi mezzo di pubblicità (eliminando il riferimento all’offesa arrecata per mezzo stampa) diverso dalle ipotesi di cui all’articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, ovvero in atto pubblico, la pena è aumentata della metà;
41) tra l’altro, proprio l’articolo 595 del codice penale – qui novellato – non era stato oggetto di censura di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale nella citata pronuncia del 2021;
42) passando in rassegna altre proposte di legge attualmente in esame nei due rami del Parlamento, degno di nota è il cosiddetto disegno di legge Nordio, di recente approvato al Senato della Repubblica. Esso contiene modifiche rilevanti in tema di intercettazioni. Allo scopo (presunto) di rafforzare la tutela del terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate, viene introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento. È, inoltre, escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori. Infine, si interviene sull’articolo 268 del codice di procedura penale che disciplina le modalità esecutive delle intercettazioni, prevedendo «che non debbano essere riportate nei verbali neppure espressioni che riguardano dati personali sensibili che consentano di identificare soggetti diversi dalle parti», oltre a disporsi al contempo «l’obbligo di stralcio anche delle registrazioni e dei verbali che riguardano soggetti diversi dalle parti, salvo che non ne sia dimostrata la rilevanza»;
43) a ben guardare, tali norme riflettono, tuttavia, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, una visione fraintesa della pubblicità. Il processo è pubblico, anche e soprattutto, per funzioni di controllo democratico, popolare, dell’esercizio della funzione giurisdizionale. Il che significa che il pubblico, e di riflesso la stampa, deve poter controllare (per limitarsi all’ambito toccato da questa norma) cosa il giudice usi, e come, e cosa il giudice non usi;
44) strettamente connesso alle restrizioni operate in materia di intercettazioni può dirsi, inoltre, la norma introdotta in sede di esame della legge di delegazione europea (atto Senato n. 969), che ben può essere definita «bavaglio» per i giornalisti;
45) in particolare, l’articolo 4, comma 3, del citato provvedimento – approvato definitivamente al Senato della Repubblica il 14 febbraio 2024 – che vieta la pubblicazione delle ordinanze che dispongono le misure cautelari fino all’udienza preliminare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, lungi dal rappresentare la giusta attuazione del principio di presunzione di innocenza, rischia di tradursi, piuttosto, in una pesante limitazione del diritto di cronaca, rappresentando un grave passo indietro per la libertà di stampa e il diritto dei cittadini di essere informati, anche in presenza di un indiscutibile interesse pubblico;
46) l’elenco delle vicende di cronaca giudiziaria che i giornali non avrebbero potuto raccontare se fosse stata già in vigore la «legge bavaglio» è copioso: dalla gestione dei vertici di Autostrade svelata dopo il crollo del ponte Morandi allo schianto della funivia del Mottarone. Oltre a numerosi femminicidi e alle modalità dell’arresto dell’ex capo di Cosa Nostra, allo spaccio e agli orrori presso la Caserma Levante dei carabinieri di Piacenza, dove le pratiche illegali venivano consumate «con l’arroganza e la convinzione che le vittime non avrebbero avuto voce»;
47) tra l’altro, posto che ciò che sarà consentito è la pubblicazione della ricostruzione di una parte o dell’altra appresa dal giornalista, senza però la possibilità di conoscere gli indizi, le intercettazioni o le testimonianze, l’effetto che ne deriva non giova neanche agli stessi soggetti coinvolti nell’indagine;
48) far conoscere i motivi per i quali un giudice decide di privare una persona della cosa più importante, ovvero la sua libertà, non è solo una questione di trasparenza nei confronti dei cittadini, ma anche una forma di garanzia per lo stesso indagato, in quanto le ordinanze sono basate su elementi oggettivi e su valutazioni di un soggetto terzo ed imparziale, che fotografa al meglio l’ambito di una determinata fase di indagine. Inoltre, attraverso tale perverso meccanismo si impedisce il controllo da parte dell’opinione pubblica nei confronti degli atti emanati dell’autorità giudiziaria;
49) in conclusione, lo stop alla pubblicazione delle ordinanze di arresto appare antidemocratico, oltre che controproducente: imbavaglia solo la democrazia, mentre la trasparenza è sempre la massima garanzia del corretto esercizio del potere giudiziario;
50) ogni tentativo di limitare la libera informazione e, di conseguenza, la disinformazione che viene generata dall’uso distorto dei media, in particolare i social media, di fatto, erodono le fondamenta della democrazia perché compromettono la capacità dei cittadini di valutare i fatti e di orientare le proprie scelte;
51) i temi della libertà sono inscindibili da quelli della dignità del lavoro, a cominciare dalla valorizzazione del lavoro di giornalisti e giornaliste, a prescindere dallo status di lavoratori dipendenti o di freelance; in particolare, si riscontra un’incertezza dell’azione pubblica in merito alla valorizzazione delle giornaliste, soprattutto con riferimento al contrasto alle discriminazioni professionali, ad un lavoro di riequilibrio di fronte al gap economico e al mancato riconoscimento di adeguate tutele e del livello professionale;
52) peraltro, il consolidamento delle piattaforme digitali ha ampliato il mercato dell’informazione, creando un contesto nel quale la competitività avviene spesso in assenza di regole che valgano per tutti; questo rende ancora più pressante rafforzare le tutele a garanzia della libertà di stampa, della sicurezza e delle condizioni di lavoro dei giornalisti;
53) in tal senso, non è più procrastinabile l’impegno di tutte le forze politiche a lavorare per una riforma del servizio pubblico radiotelevisivo, attraverso un ampio confronto in Stati generali, al fine di garantirne l’indipendenza, un più ampio pluralismo e una maggiore qualità dell’informazione, per rendere la Rai più autorevole, moderna, sempre più digitalizzata e sostenibile, accrescendone la competitività rispetto alle ormai predominanti piattaforme digitali;
54) a tal proposito, nel parere che la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha espresso sul contratto di servizio tra il Governo e la Rai, è stato inserito un importante riconoscimento del valore del giornalismo di inchiesta, che deve essere tutelato, supportato e rafforzato nel servizio pubblico ed è stata posta grande attenzione alla necessità che i giornalisti e gli operatori del servizio pubblico osservino rigorosamente la deontologia professionale, coniugando il principio di libertà con quello di responsabilità, nel rispetto della dignità della persona,
impegna il Governo:
1) a tutelare la libertà di stampa e il diritto di cronaca, quale strumento di estrinsecazione anche del fondamentale diritto di informazione per il cittadino, astenendosi dal portare a compimento tutte quelle riforme che possano comportare una compressione di tali diritti costituzionalmente garantiti, nonché a ripristinare la normativa precedente alla «norma bavaglio» contenuta all’articolo 4, comma 3, della legge di delegazione europea approvata definitivamente il 14 febbraio 2024 al Senato della Repubblica;
2) ad adottare iniziative volte a rafforzare la libertà della stampa e dei media, la tutela del giornalismo in tutte le sue forme ed espressioni, a salvaguardare i diritti, la sicurezza e le condizioni di lavoro dei giornalisti, anche preservandoli da querele temerarie o altre forme di pressioni indebite, a contrastare le discriminazioni professionali, al fine di garantire pienamente la dignità dei giornalisti e la libertà di informazione;
3) nel quadro di garanzie a tutela della libertà dei media, ad attuare e dare seguito alle raccomandazioni della Commissione europea contenute nella Rapporto annuale sullo Stato di diritto 2023 e a quelle di prossima pubblicazione, con particolare riguardo all’introduzione di garanzie per il regime di diffamazione, alla protezione del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, all’indipendenza delle autorità di regolamentazione dei media, alla trasparenza dell’assetto proprietario, alla protezione dei media dalle pressioni e dalle influenze politiche – compresi i media del servizio pubblico;
4) a sostenere, nelle competenti sedi istituzionali nazionali ed europee, la conclusione dei negoziati relativi alle proposte normative riguardanti la libertà dei media e, in particolare, le nuove norme dirette all’efficace protezione dell’autonomia e dell’indipendenza dei giornalisti, quali condizioni indispensabili per garantire un’informazione corretta, la diversità di opinioni e l’assenza di qualsiasi tipo di discriminazione nella narrazione dei fatti, a garanzia dello stesso pluralismo e dell’indipendenza del settore;
5) ad assumere iniziative normative, con il primo provvedimento utile, per scongiurare, nel caso di azione per presunta diffamazione commessa con il mezzo della stampa o con gli altri prodotti editoriali registrati, eventuali azioni pretestuose, ponendo a carico dell’attore, che abbia agito in giudizio civile ai fini risarcitori con mala fede o colpa grave, il pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende determinata in via equitativa non inferiore ad un quarto di quella oggetto della domanda risarcitoria, nonché a prevedere la condanna al pagamento di una pena pecuniaria adeguata in caso di querele temerarie e pretestuose per il delitto di diffamazione;
6) ad adottare iniziative normative per riformare, alla luce dei principi fissati di recente dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la fattispecie di diffamazione, escludendo la pena detentiva, in quanto incompatibile con l’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e prevedendo la comminazione di pene pecuniarie che non risultino eccessive e che siano proporzionate all’offesa cagionata, affinché le stesse non si traducano in concreto in una limitazione della libertà di stampa;
7) ad adottare iniziative di competenza per un aggiornamento di tutta la normativa in materia di rafforzamento delle tutele per chi esercita la professione giornalistica, anche in forma freelance;
8) ad adoperarsi, adottando le opportune iniziative normative, per dare seguito pienamente alla costante giurisprudenza costituzionale, affinché sia garantito il pluralismo nella sua qualità di valore primario sotteso all’intero sistema dell’informazione, assicurandone l’imparzialità, l’obiettività, la correttezza e la completezza.
(1-00244) «Orrico, Caso, Carotenuto, Amato, Francesco Silvestri, Alfonso Colucci, Alifano, Auriemma, Penza, D’Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Scutellà, Bruno, Scerra».
(19 febbraio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la libertà di manifestazione del pensiero, prevista dall’articolo 21 della Costituzione, si configura come diritto fondamentale della persona, quale libertà strumentale al pieno realizzarsi dell’ordinamento democratico; la libertà e l’autonomia dell’informazione sono pilastri fondamentali per la promozione dello sviluppo democratico, sociale e culturale di ogni società e il lavoro giornalistico è lo strumento fondamentale per l’attuazione di tale diritto democratico;
2) per una serie di fattori interconnessi, legati, tra l’altro, alla crisi economica del settore informativo, all’assenza di un quadro normativo organico e moderno che supporti nella sostanza il giornalismo libero, alla precarietà del lavoro nel settore, all’interferenza della politica e alla presenza di portatori di interessi nella proprietà editoriale, il panorama mediatico internazionale e italiano presenta uno scenario allarmante sotto il profilo della libertà di stampa e del libero esercizio del diritto di cronaca;
3) secondo i dati del Consiglio d’Europa il livello di violenza e minacce subite dai giornalisti è in continua crescita, specie nei contesti di lotta alla criminalità o di conflitto; nel nostro Paese, stando alla «Piattaforma per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti», sono oltre 250 i giornalisti ad essere sotto vigilanza e di questi più di venti sono sotto scorta;
4) l’ordinamento costituzionale, nel confermare che la libertà di pensiero è «pietra angolare dell’ordinamento democratico» (Corte costituzionale, sentenza n. 84 del 1969), ha precisato la necessità di garantire anche tutti quei diritti inalienabili dell’individuo che si esplicano nella tutela dell’onore, della reputazione, dell’integrità personale e della privacy. Una democrazia matura, quindi, si misura anche sulla capacità di saper coniugare il diritto dell’individuo ad essere informato e il diritto/dovere del giornalista ad informare con l’inalienabile diritto di ogni persona a non veder divulgate proprie informazioni di natura privata o sensibile, o a non vedere ingiustamente lesa la propria reputazione e integrità personale, nonché altri diritti costituzionalmente garantiti, quali la presunzione di innocenza e il diritto all’oblio;
5) nel dibattito pubblico nazionale e internazionale è in atto già da tempo un confronto sulle azioni da intraprendere in materia di procedimenti giudiziari manifestamente infondati o abusivi tesi a bloccare la partecipazione pubblica, comunemente noti con l’acronimo inglese «Slapp» (Strategic litigation against public participation);
6) anche l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nelle analisi condotte dall’Osservatorio sul giornalismo, denuncia «il crescente problema delle intimidazioni ai giornalisti, sotto diverse forme» (le minacce tradizionali, le nuove forme di intimidazione sul web, gli ostacoli all’informazione), nonché «alcune forme di intimidazione subite dai giornalisti esercitate attraverso strumenti legali» quali fenomeni di «particolare gravità» perché in grado di condizionare o compromettere la libertà di espressione;
7) in riferimento alle Slapp, specifica che «si tratta di azioni processuali per lo più infondate in punto di fatto e diritto, (…) esperite con il solo scopo di limitare e condizionare l’esercizio del diritto di cronaca del giornalista. (…) Nel caso di lite temeraria intentata nei confronti del giornalista il processo, mezzo di tutela dei diritti della personalità, si trasforma in strumento di limitazione di un altro diritto fondamentale, quello della libera manifestazione del pensiero»;
8) le giornaliste sono ancor più esposte dai rischi della professione; in tal senso, i dati sulle vittime delle intimidazioni e dell’odio mediatico e on line in costante crescita sono allarmanti e hanno l’effetto di sminuire il riconoscimento delle competenze professionali delle stesse e di creare un clima di generale intimidazione e attacco alla reputazione che non permette a molte donne giornaliste di condurre la propria professione in modo adeguato e compiuto; tutto ciò è accresciuto dall’esistenza di un notevole gap salariale tra generi, visto che in Italia il 40 per cento dei giornalisti è donna; eppure tale percentuale non si rileva tra le firme che hanno maggiore spazio nei media e lo stipendio delle donne, secondo i dati forniti dall’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti), è di quasi il 20 per cento inferiore nella retribuzione media delle professioniste dell’informazione rispetto ai colleghi uomini a parità di incarico;
9) in risposta alle numerose richieste di intervento sul tema delle Slapp, giunte anche dal Parlamento europeo, la Commissione europea nell’aprile 2022 ha presentato una propria proposta di direttiva sull’abuso delle querele per diffamazione contro giornalisti e attivisti;
10) a seguito della seduta plenaria del 10 luglio 2023, il Parlamento europeo ha approvato il testo negoziale sulle norme a difesa dei giornalisti dalle querele temerarie;
11) i co-legislatori europei hanno poi raggiunto un compromesso sulla proposta di direttiva nel dicembre 2023 e la Commissione giuridica (Juri) ha votato sull’approvazione di questa versione il 24 gennaio 2024. Nello specifico, il testo – che verrà votato nella prossima plenaria a partire dal 26 febbraio 2024 – prevede una serie di garanzie per le vittime delle azioni legali, compresa una specifica regola sull’onere della prova secondo cui sarà il ricorrente a dover dimostrare la fondatezza della denuncia ed eventualmente a sostenere le spese procedurali. Inoltre, per quanto riguarda le spese della vittima, ove la legislazione nazionale non prevedesse una garanzia piena dei costi sostenuti per difendersi, sarebbero gli stessi Paesi membri a doverli garantire, entro limiti non eccessivi. Inoltre, i Paesi membri avrebbero l’obbligo di fornire informazioni per le vittime di queste cause, così come di pubblicare le sentenze relative alle Slapp in formato elettronico. Le nuove norme delimitano il campo di queste cause al fine di ridurre il ricorso e i tempi del processo civile, fermando sul nascere quelle intentate al fine di intimidire;
12) dal canto suo, il Consiglio d’Europa ha, nella sessione di gennaio 2024, varato una risoluzione che impegna gli Stati membri ad avviare senza indugio politiche per contrastare le Slapp;
13) il corpo normativo italiano si è arricchito negli anni di discipline volte a bilanciare i diversi diritti costituzionali, valutando quale sia l’interesse di volta in volta prevalente; si pensi all’articolata normativa sulla privacy o alla norma con cui il 19 dicembre 2023 la Camera dei deputati ha approvato una modifica al codice di procedura penale per vietare in modo prescrittivo la pubblicazione delle ordinanze cautelari, integrali o per estratto, fino al termine dell’udienza preliminare, anche in attuazione dei principi e dei diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della stessa Costituzione, nonché in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343;
14) è da tempo attesa in Italia una riforma della disciplina in tema di diffamazione: per citare uno degli aspetti più rilevanti, ma non l’unico, l’esistenza del reato di diffamazione a mezzo stampa punibile con la reclusione è stata contestata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e dalla Corte costituzionale. Entrambe hanno ritenuto che la pena detentiva per diffamazione costituisca una violazione sproporzionata del diritto alla libertà di espressione;
15) per consentire la disciplina dei casi di diffamazione, nel 1984 è intervenuta sul tema una storica sentenza della Corte di cassazione, conosciuta dai giornalisti come «sentenza decalogo», la quale individua le tre condizioni che rendono legittimo il diritto di cronaca in presenza di uno «scontro» con la tutela dell’altrui reputazione, e cioè quando concorrano le seguenti tre condizioni: utilità sociale dell’informazione, verità dei fatti esposti, forma «civile» dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, ossia non eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire;
16) cionondimeno, l’assenza di norme adeguate in questi anni ha portato ad un sistema rallentato e saturo, nel quale 7 volte su 10 le querele vengono archiviate dal giudice per le indagini preliminari – ancor prima, quindi, di arrivare a processo – e, di queste, 9 su 10 si concludono con l’assoluzione dei giornalisti;
17) la Corte costituzionale ha più volte raccomandato una riforma legislativa in materia e ha avvertito che, qualora il Parlamento non avesse modificato la legge entro il 22 giugno 2021, la stessa Corte avrebbe dovuto abolire le pene detentive. A seguito di tale monito, diversi disegni di legge sono stati discussi e presentati in Parlamento, ma nessuno di essi ha portato ad una vera e propria legislazione. Pertanto, il 22 giugno 2021 la Corte costituzionale è tornata a pronunciarsi sulle relative disposizioni di legge, rinnovando la richiesta al Parlamento di approvare una riforma che possa bilanciare adeguatamente il diritto alla libertà di espressione con la tutela della reputazione dell’individuo;
18) per quanto riguarda il servizio pubblico radiofonico e televisivo italiano, anche in tale ambito appare necessario uno specifico intervento volto a garantire pluralismo e libertà di informazione attraverso una riforma della governance della Rai;
19) secondo il «Rapporto sullo Stato di diritto 2023», l’Italia è considerata dalla Commissione europea uno dei sedici Stati a «rischio elevato» per la «crescente politicizzazione del servizio pubblico radiotelevisivo», con un rischio elevato o medio di influenza commerciale e della proprietà sui contenuti editoriali, presentando un rischio medio in merito all’indipendenza politica dei media, relativa al conflitto di interessi e al controllo politico sui media e sulle agenzie di stampa;
20) tutti i sistemi di governance sperimentati dal 1952 a oggi hanno consentito alla maggioranza parlamentare di nominare gran parte dell’organo di amministrazione e, di conseguenza, di influenzare le nomine dei direttori e dei dirigenti delle reti, delle testate e delle strutture societarie e amministrative della RAI, anche in base ad accordi con le opposizioni parlamentari;
21) le diverse formule utilizzate – sia che attribuissero il potere di nomina al Governo, sia che lo attribuissero al Parlamento – non hanno mai impedito, ma semmai agevolato, che fosse il sistema politico il cosiddetto «editore di riferimento» del servizio pubblico, con un’automatica prevalenza delle forze governative;
22) senza una modifica istituzionale del modello di governance della Rai, che eviti la politicizzazione delle nomine non come abuso censurabile, ma come conseguenza inevitabile del suo stesso statuto giuridico, non è realistico auspicare l’affrancamento del servizio pubblico da ragioni di parte;
23) quanto all’obiettivo di rafforzare l’indipendenza della stampa dai poteri economici e di rafforzare l’informazione libera, occorre trovare strumenti, anche normativi, adeguati a sostenere l’editoria e il giornalismo nella sua indipendenza, anche per ciò che concerne gli assetti proprietari; sarebbe opportuno potenziare gli incentivi economici e fiscali destinati al finanziamento delle testate giornalistiche di editori «puri», che separino la proprietà dalla linea editoriale, salvaguardandone l’indipendenza, legando altresì gli incentivi economici alle copie effettivamente vendute;
24) alle problematiche sopra esposte si aggiunge la sempre più rapida diffusione dell’intelligenza artificiale – e in particolar modo della cosiddetta «Ia generativa» – la quale ci pone di fronte a sfide epocali, soprattutto nel campo dell’informazione, comportando diversi rischi in materia di qualità delle informazioni, affidabilità delle fonti, responsabilità professionale e tutela del diritto d’autore e dei dati personali,
impegna il Governo:
1) a prevedere iniziative di carattere normativo volte a riformare la disciplina della diffamazione, in linea con i pronunciamenti della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell’uomo;
2) a dare attuazione alle indicazioni del Consiglio d’Europa e alla normativa europea sulle Slapp, anche attraverso le modifiche normative necessarie a garantire il diritto all’informazione;
3) ad adottare iniziative volte a prevedere un sostegno finanziario e legale per le vittime delle Slapp, valutando altresì la creazione di un regime assicurativo, ovvero di un apposito fondo finanziato anche attraverso i proventi delle condanne risarcitorie, con particolare riferimento alle categorie di professionisti contraddistinti da minori tutele contrattuali, come nel caso dei freelance;
4) a promuovere iniziative normative a favore della parità di genere e contro il gender pay gap nel mondo del giornalismo, volte anche a proteggere le giornaliste dalle maggiori intimidazioni e dall’odio in rete;
5) ad adottare iniziative normative volte a garantire che, su richiesta dell’imputato assolto con sentenza divenuta irrevocabile o dell’indagato prosciolto, il direttore o il responsabile della testata giornalistica, radiofonica, televisiva o on line che abbia dato notizia dell’avvio del relativo procedimento penale o di dichiarazioni, informazioni o atti oggetto del procedimento stesso sia tenuto a dare immediata pubblicità alla sentenza di assoluzione o di proscioglimento, con spazio ed evidenza proporzionati e adeguati alla notizia dell’avvio del procedimento penale o alle dichiarazioni, informazioni e atti oggetto del procedimento;
6) a promuovere iniziative normative per una riforma del modello di governance del sistema radiotelevisivo e della Rai con l’istituzione di una fondazione pubblica, di nomina non politica e che sia sotto l’alta vigilanza di un organo dotato di requisiti di «terzietà», prevedendo il trasferimento ad essa della proprietà della società concessionaria, oggi in capo al Ministero dell’economia e delle finanze, e la contestuale abolizione della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
7) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte al sostegno di un settore vitale per la democrazia del Paese come quello dell’editoria, anche attraverso il sostegno finanziario vincolato a reinvestimenti qualitativi che tutelino l’indipendenza della linea editoriale, prevedendo anche uno strumento di finanziamento a sostegno delle testate editoriali – in particolar modo quelle cartacee – basato sulla loro reale presenza e diffusione territoriale, ovvero sul numero di copie vendute, vincolando tale sostegno al fatto che si tratti di editori «puri» o che scelgono di diventarlo trasferendo la proprietà ad una fondazione che non possa influenzare la linea editoriale;
8) ad agire, sia a livello nazionale che nelle sedi internazionali, affinché vengano implementati quanto prima degli strumenti, anche normativi, a tutela del diritto d’autore nel mondo dell’informazione nei confronti dei rischi posti dall’intelligenza artificiale, con particolare riguardo alla valorizzazione della professionalità e delle capacità umane.
(1-00245) «Grippo, Richetti, Bonetti, Benzoni, D’Alessio, Sottanelli, Castiglione, Onori, Pastorella, Ruffino».
(20 febbraio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la libertà di manifestazione del pensiero, prevista dall’articolo 21 della Costituzione, è diritto fondamentale della persona, presupposto basilare di ogni ordinamento democratico;
2) in quest’ambito la tutela della libertà di stampa e la garanzia per i giornalisti di poter operare e compiere liberamente e senza condizionamenti esterni la loro opera di informazione costituiscono una pietra angolare nell’ambito del diritto e dell’ordinamento di uno Stato compiutamente democratico come l’Italia;
3) nel rispetto della doverosa indipendenza dell’attività giornalistica e del diritto di informare, occorre tenere conto del bilanciamento con i valori costituzionali del rispetto della dignità umana, del diritto alla riservatezza, alla presunzione di non colpevolezza, alla tutela della reputazione e della garanzia alla non divulgazione di notizie che possano ledere l’onore, ma anche del diritto all’oblio e alla riabilitazione, che fanno parte del nostro Stato di diritto;
4) pertanto, in uno Stato di diritto deve essere tutelata tanto la dignità della persona – compresa la non divulgabilità di informazioni di natura privata o sensibile – e la presunzione di innocenza, quanto il diritto ai giornalisti alla loro libertà di espressione, privi di minacce e intimidazioni;
5) in tutta Europa, l’Italia ha il triste primato dell’unico giornalista, Paolo Berizzi, messo sotto scorta dal Ministero dell’interno, per le gravi minacce ricevute dalle organizzazioni di estrema destra per il suo lavoro di inchiesta sulle organizzazioni medesime;
6) con particolare riferimento alla Rai e al sistema del servizio pubblico in Italia, la garanzia di un’azienda di informazione pubblica che sia libera dai condizionamenti politici, con riferimento, in particolare all’Esecutivo e alla maggioranza che lo sostiene, e che garantisca la divulgazione di una pluralità di opinioni, con la dovuta attenzione a quelle delle minoranze, è presupposto fondamentale per il realizzarsi del servizio pubblico e, al proprio interno, per la valorizzazione delle professionalità che esso esprime;
7) l’ingerenza del Governo in questa materia costituirebbe una violazione della libera informazione e, al contempo, del diritto dei cittadini a fruire di un servizio pubblico indipendente e di informazioni obiettive e scevre da condizionamenti politici;
8) la libertà di stampa, ma anche la tutela della professione giornalistica e la tutela delle proprietà intellettuali e del diritto d’autore, nel tempo delle deep fake e dell’intelligenza artificiale, con particolare riferimento alla «Ia generativa», sono esposte a gravi rischi e richiedono nuovi strumenti di tutela;
9) la qualità dell’informazione, l’affidabilità delle fonti, la veridicità dei fatti riportati, la possibilità di attribuire correttamente le opinioni ai loro autori impongono nuove sfide ed esigono nuove soluzioni compiute alla luce delle implicazioni delle attuali tecnologie, anche per l’importanza degli effetti in ambito democratico,
impegna il Governo:
1) a porre in atto tutte le necessarie misure di competenza per tutelare la libertà dell’attività di giornalista, la sicurezza dei professionisti e la loro espressione libera da condizionamenti, censure o minacce da ogni parte esse provengano, anche adottando iniziative normative volte ad escludere pene detentive per i giornalisti;
2) a garantire la piena indipendenza del servizio pubblico di informazione da ogni ingerenza, anche da parte dello stesso Esecutivo, favorendo altresì, per quanto di competenza, l’iter delle proposte di iniziativa parlamentare di riforma della gestione della Rai, al fine di garantirne l’indipendenza, valutando l’ipotesi della costituzione di una fondazione;
3) a garantire, attraverso iniziative normative di rango primario, la modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale, prevedendo, nel rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e in attuazione dei principi e diritti sanciti dagli articoli 24 e 27 della Costituzione, il divieto di pubblicazione, integrale o per estratto, del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli articoli 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343, come già previsto nella delega di cui all’articolo 4, comma 3, della legge di delegazione europea 2022/2023;
4) a garantire, anche attraverso iniziative normative, la tutela della libertà di stampa, ma anche della professione giornalistica connessa alle proprietà intellettuali e al diritto d’autore, nell’ambito delle possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale, con particolare riferimento alla «Ia generativa».
(1-00246) «Faraone, Gadda, De Monte, Del Barba, Marattin, Bonifazi, Boschi, Giachetti, Gruppioni».
(20 febbraio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) il giornalismo e la libertà di stampa rappresentano temi fondamentali per l’operato del Governo, impegnato ad assicurare tutela e garanzia ai professionisti, e certamente non passano inosservati i troppi giornalisti uccisi e le centinaia feriti in tutto il mondo, nell’anno 2023 appena trascorso;
2) il diritto all’informazione è un tema centrale e sempre più attuale e costituisce un pilastro per le democrazie di tutto il mondo e nello specifico per quelle europee che, soprattutto nel corso degli ultimi anni, si sono impegnate attivamente per bilanciare i contrapposti interessi in essa rappresentati;
3) in Italia, secondo le ultime rilevazioni del 2022 del «Centro di coordinamento per le attività di monitoraggio, analisi e scambio permanente di informazioni sul fenomeno degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti» del Ministero dell’interno, sono stati 111 gli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti rispetto ai 232 del 2021, con una diminuzione pari al 52 per cento;
4) nella classifica mondiale della libertà di stampa pubblicata da «Reporter sans frontieres» l’Italia è in netta risalita e si attesta al 41° posto; inoltre, si evidenzia che l’attività dei giornalisti è soprattutto minacciata da gruppi di criminalità organizzata che perseguono l’obiettivo di limitare il giornalismo di inchiesta;
5) è evidente come la crescita della cosiddetta disintermediazione possa portare a fenomeni di larga disinformazione, uniti anche ad un sempre più frequente utilizzo di algoritmi che provocano una marcata polarizzazione e radicalizzazione dell’informazione. In questo panorama è sempre più fondamentale il ruolo di un giornalismo serio, affidabile e di approfondimento e analisi;
6) a ciò si aggiunge la diffusione dell’intelligenza artificiale ed in particolar modo della «Ia generativa», che pone riflessioni epocali nell’applicazione al campo dell’informazione, manifestando luci ed ombre, opportunità (soprattutto organizzative nelle redazioni), responsabilità (etiche e deontologiche) e rischi (di sostituzione di redattori, di qualità dell’informazione, di manipolazione di contenuti, di tutela di diritti d’autore e dei dati personali);
7) proprio in materia di intelligenza artificiale, con decreto di iniziative del Sottosegretario di Stato con delega all’informazione e all’editoria del 23 ottobre 2023, è stato istituito un comitato tecnico al fine di studiare l’impatto di tale nuova forma di tecnologia sul sistema dell’editoria e della formazione. Il comitato ha approfondito l’incidenza dell’intelligenza artificiale sull’occupazione, sulla vulnerabilità e sull’evoluzione della professione giornalistica, ponendosi in ascolto delle istanze provenienti dalle associazioni della categoria;
8) è necessario considerare che il diritto all’informazione deve sempre essere bilanciato con il diritto all’onore di coloro che possono essere potenzialmente lesi dalle notizie che circolano sulla stampa; a tal proposito, si deve richiamare la proposta di direttiva europea «Slapp», che mira a rafforzare la tutela degli operatori dell’informazione dalle denunce temerarie, ossia quelle presentate al solo fine di intimidire e ostacolare la diffusione delle notizie e il dibattito pubblico;
9) nell’ordinamento italiano, la libertà di manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione, dalla quale discende il diritto di cronaca, è diritto inviolabile, ma hanno fondamento costituzionale anche i suoi limiti, individuati nei diritti della personalità e, in particolare, nel diritto all’onore e alla reputazione;
10) la libertà di espressione è, dunque, un diritto fondamentale che deve essere esercitato con senso del dovere e responsabilità, tenendo conto del diritto fondamentale delle persone di ottenere informazioni imparziali, come anche del rispetto del diritto fondamentale della persona alla tutela della propria reputazione, dei propri dati personali e della propria vita privata; in caso di conflitto tra tali diritti, tutte le parti devono avere accesso alla giustizia, nel pieno rispetto del diritto al processo equo;
11) l’ordinamento italiano garantisce sia la tutela del diritto all’informazione, sia la tutela del diritto all’onore e alla reputazione, tanto in sede penale quanto in sede civile; tuttavia, appare opportuna una riflessione sulla necessità di individuare indici di temerarietà delle querele, al fine di consentire al giudice di irrogare la sanzione adeguata;
12) d’altro lato, è opportuno valorizzare la professionalità e la serietà nell’esercizio del diritto di cronaca, garantendo a chi sia leso da condotte connotate da intenti diffamatori un pieno ristoro; inoltre, appare opportuno anche riflettere sulla necessità di incrementare la tutela in caso venga accertato il carattere diffamatorio delle condotte;
13) per questo motivo al Senato della Repubblica è in corso d’esame in Commissione giustizia il disegno di legge recante «Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione»;
14) nell’ordinamento processuale, i limiti legali che devono preservare la legittimità degli atti di «interferenza» che l’autorità giudiziaria è abilitata ad esercitare sono fissati nell’articolo 200, terzo comma, del codice di procedura penale, in base al quale il giudice può ordinare al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni solo in presenza delle due condizioni ivi tassativamente previste: a) che la rivelazione della fonte sia indispensabile per la prova del reato per il quale si procede, prendendo a riferimento fatti specifici in ordine ai quali si sviluppa l’attività di indagine, e non semplicemente riconducibili all’astratto nomen iuris; b) che le notizie non possano essere altrimenti accertate;
15) non basta, dunque, un semplice nesso di «pertinenzialità» tra le notizie e il generico tema dell’indagine per chiedere la rivelazione della fonte, ma occorre che la necessità di conoscere la fonte rappresenti la extrema ratio cui ricorrere per poter conseguire la prova necessaria per perseguire il reato;
16) pertanto, i disegni di legge presentati al Senato della Repubblica, nella parte che la maggioranza condivide, sono finalizzati a modificare la disciplina vigente, in materia di diffamazione, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di condanna del querelante nonché di segreto professionale, assicurando una celere tutela del soggetto offeso dalla pubblicazione diffamatoria, avendo cura di evitare un rischioso sconfinamento nell’esercizio del diritto di cronaca spettante al giornalista;
17) è opportuno ricordare che la tutela penale dell’onore rappresenta uno degli aspetti più controversi del codice penale, dovuto all’inafferrabilità del bene giuridico oggetto di tutela e le progressive rivendicazioni della libertà di manifestazione del pensiero;
18) in tale contesto si rileva le necessità di favorire l’immediata riparazione dell’offesa subita, consentendo alla persona offesa un’effettiva tutela del proprio onore e della propria dignità, senza le lungaggini processuali. Siffatta tutela consiste nella pubblicazione gratuita e senza commento, senza risposta e senza titolo, con l’indicazione «rettifica dell’interessato», sia su iniziativa del direttore sia su iniziativa del responsabile dell’offesa, delle rettifiche e delle smentite dei soggetti di cui sono state pubblicate immagini o a cui sono stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità, del loro onore e della loro reputazione o contrari a verità;
19) è di tutta evidenza che le rettifiche e le smentite, oltre a non dover essere documentalmente false, non dovranno contenere elementi in grado di dar luogo ad ipotesi di responsabilità penale. Il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a informare l’autore dell’articolo o del servizio della richiesta di rettifica o smentita, nonché l’autore di esse nel caso in cui ritenga di non pubblicarle, con specifica indicazione delle ragioni per cui la pubblicazione è stata esclusa. Sono, altresì, previste le modalità per effettuare la rettifica per i quotidiani, per i periodici, per i quotidiani on line, per la stampa non periodica, per i telegiornali e i giornali radio;
20) la permanenza di notizie lesive, sul web in particolare, è paragonabile ad un vero e proprio virus che reitera la sua tossicità, per questi motivi occorrono provvedimenti adeguati e puntuali in merito;
21) in materia di tutela della professionalità, delle condizioni di lavoro e dell’occupazione dei giornalisti, il Governo, tramite il Dipartimento per l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, si è fatto promotore di una serie di misure, tra le quali la riforma della disciplina del sostegno pubblico alle agenzie di stampa che offrono i propri servizi alla pubblica amministrazione, con la quale è stato introdotto l’elenco delle agenzie di rilevanza nazionale, che vede quale principale requisito per l’iscrizione la disponibilità di un numero di giornalisti, assunti a tempo pieno e indeterminato, pari a non meno di cinquanta, con retribuzione non inferiore alla soglia minima stabilita dal contratto collettivo nazionale del comparto giornalistico. L’accesso all’elenco delle agenzie di stampa di rilevanza nazionale consente la sottoscrizione, a seguito di procedura negoziata, di contratti con i quali il Dipartimento per l’informazione e l’editoria riconosce un contributo minimo per l’acquisizione dei notiziari da parte delle amministrazioni dello Stato. La misura del contributo è parametrata anch’essa sul numero dei giornalisti con contratto a tempo pieno e indeterminato. Inoltre, con la legge di bilancio per l’anno 2024, sono stati enunciati i principi in conformità ai quali devono essere ridefiniti i criteri per l’erogazione dei contributi a sostegno del settore dell’editoria e dell’informazione. Tra questi, particolare rilevanza acquista il requisito per l’accesso ai contributi da parte delle imprese editrici di quotidiani, anche digitali, della dotazione di una struttura redazionale con almeno quattro giornalisti assunti a tempo indeterminato, con una retribuzione non inferiore alla soglia minima stabilita dal contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto giornalistico,
impegna il Governo:
1) a tutelare il giornalismo e l’informazione reale in tutte le sue forme, nel rispetto della dignità umana e del diritto alla riservatezza di ogni cittadino;
2) a tutelare il diritto d’autore del giornalista e dei contenuti editoriali con riguardo all’intelligenza artificiale generativa, valorizzando l’apporto umano e la sua unicità;
3) a promuovere maggiori iniziative di collegamento tra mondo del giornalismo e scuole, per riavvicinare i giovani alla professione del giornalista e all’informazione di approfondimento, nonché favorire la lettura dei giornali in classe e sviluppare la capacità critica, al fine di riconoscere le fonti di informazione autentiche e difendersi da false informazioni;
4) a favorire il mantenimento e la crescita qualitativa delle scuole di formazione giornalistica, assicurando che il percorso all’interno di esse, così come dei corsi di formazione universitari in cui si insegna giornalismo, garantiscano un maggior numero di contatti con il mondo del lavoro e sviluppino percorsi di formazione più orientati alla pratica e alla conoscenza delle reali dinamiche delle redazioni;
5) a promuovere ogni iniziativa volta a garantire la tempestiva tutela del soggetto offeso dalla pubblicazione diffamatoria, specificatamente quando si parla di risposte e rettifiche a mezzo stampa;
6) a valutare l’opportunità di adottare iniziative normative che rafforzino il sistema di tutele già previste a protezione del diritto di cronaca, impedendo lo scorretto esercizio dello stesso e garantendo una maggiore tutela dei soggetti lesi;
7) ad istituire un tavolo interministeriale, con la partecipazione di rappresentanti dell’ordine dei giornalisti, ai fini del monitoraggio della normativa sulle liti temerarie;
8) a promuovere a livello europeo iniziative normative volte ad uniformare, in materia di diffamazione, il valore della piena proporzionalità della pena rispetto alla gravità del fatto;
9) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per la protezione delle fonti giornalistiche, individuando strumenti idonei al rafforzamento del sistema di tutele già strutturato dalla giurisprudenza;
10) ad adottare iniziative normative volte a garantire, anche per il tramite di interventi sanzionatori, la tempestiva pubblicazione della rettifica a favore del soggetto leso nell’onore;
11) ad adottare iniziative volte a prevedere norme risarcitorie più incisive, rafforzando gli interventi a tutela del cosiddetto diritto «all’oblio», nell’ottica di difendere l’onore e la dignità di chiunque sia stato leso dalle notizie circolanti in rete o su altro mezzo di comunicazione, qualsivoglia sia il suo status, anche professionale;
12) a promuovere iniziative normative sulla parità lavorativa e salariale tra uomo e donna, con particolare riferimento alla tutela della maternità e contro ogni forma di discriminazione nel giornalismo;
13) a potenziare, per quanto di competenza, il funzionamento indipendente dei media del servizio pubblico, assicurando la prevedibilità dei flussi economici ai fini della programmazione di maggiori investimenti in nuove tecnologie, salvaguardando la trasparenza e il merito nelle nomine dei vertici delle aziende pubbliche.
(1-00247) «Amorese, Miele, Paolo Emilio Russo, Pisano, Cangiano, Sasso, Dalla Chiesa, Di Maggio, Latini, Mulè, Matteoni, Loizzo, Tassinari, Messina, Mollicone, Perissa, Roscani».
(20 febbraio 2024)
La Camera,
premesso che:
1) la libertà e il pluralismo dell’informazione rappresentano una componente essenziale della democrazia e dei diritti fondamentali dei cittadini; una vera democrazia non può esistere senza media liberi e indipendenti nei confronti del potere;
2) i media sono un pilastro fondamentale del sistema di bilanciamento dei poteri su cui poggiano i Governi democratici, ed è per questo motivo che spesso lo scivolamento verso le autocrazie e gli autoritarismi comincia proprio quando la libertà di informazione e i media indipendenti vengono presi di mira;
3) negli ultimi decenni diversi Stati del mondo hanno intrapreso questo cammino, ricorrendo alla coercizione e spesso alla violenza per perseguitare organi di informazione e singoli giornalisti;
4) gli operatori dell’informazione continuano a lavorare in condizioni molto difficili: solo per aver svolto il loro lavoro, molti di loro vengono infatti sottoposti a pressioni finanziarie e politiche sempre più forti, sono messi sotto sorveglianza, sono vittime di condanne arbitrarie a pene detentive o di atti di violenza;
5) l’articolo 21 della nostra Costituzione sancisce che «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» e che «La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure»;
6) i nostri Costituenti lo hanno previsto consapevoli del valore e della rilevanza che la libera stampa ha a tutela della qualità della democrazia;
7) la libertà di informazione è il risultato di un processo iniziato con la diffusione della stampa molto tempo fa, ma si è affermata come principio costituzionale solo nel XVIII secolo, partendo dalla Dichiarazione dei diritti umani del 1789; essa è considerata una sorta di cartina di tornasole della natura democratica di uno Stato e del livello di libertà dei suoi cittadini;
8) l’accesso ad un’informazione indipendente, libera e plurale è un requisito fondamentale per il pieno esercizio della cittadinanza, ma purtroppo questo principio risulta essere sempre sotto minaccia;
9) nell’ultimo rapporto del World Press Freedom Index 2023, la libertà di stampa in Italia continua ad essere minacciata dalla criminalità organizzata oltre che da vari gruppi estremisti violenti, attacchi che sono notevolmente aumentati durante la pandemia e continuano a ostacolare il lavoro dei professionisti dell’informazione, soprattutto durante le manifestazioni;
10) il rapporto prosegue evidenziando come, pur in un panorama mediatico nazionale, che garantisce il pluralismo, in un quadro normativo che, nel 2022, ancora risente di «una certa paralisi legislativa» su temi come la diffamazione, a condizionare il lavoro dei giornalisti, oltre alle intimidazioni e alle minacce, è soprattutto la «crescente precarietà che mina pericolosamente il giornalismo, il suo dinamismo e la sua autonomia»;
11) l’11 luglio 2023 il Parlamento europeo ha approvato il testo negoziale sulle nuove norme per tutelare giornalisti, media, e attivisti dalle querele vessatorie, azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica, note con l’acronimo inglese SLAPP, Strategic Lawsuit Against Public Participation, volte a intimidirli o penalizzare la stampa ed il dibattito pubblico; il testo prevede una serie di garanzie per le vittime delle azioni legali, compresa la possibilità di chiedere il rapido respingimento della causa, l’istituzione di sportelli unici in cui le vittime di azioni legali vessatorie possano chiedere informazioni e consulenza alle autorità nazionali e in cui sia possibile fornire assistenza finanziaria, legale e psicologica, e richiede agli Stati membri di non riconoscere le sentenze di azioni SLAPP decise in Paesi non Ue nei confronti di persone fisiche e società residenti nel proprio territorio. Sarà previsto un risarcimento del tribunale nazionale per le parti interessate; gli Stati saranno tenuti inoltre a formare adeguatamente i consulenti legali in materia di azioni legali vessatorie e a garantire che le associazioni di categoria adottino norme per dissuadere i propri membri dall’uso di tale pratica, di raccogliere dati in maniera regolare sulle decisioni giudiziarie di modo che la Commissione Ue possa istituire un registro Ue sulle SLAPP monitorando il fenomeno e i principali utilizzatori;
12) per «Slapp», Strategic Litigation Against Public Participation, ci si riferisce dunque a quelle azioni legali strategiche, temerarie, utilizzate di solito per silenziare le voci critiche di giornalisti, difensori dei diritti umani e attivisti ambientali, cause che, per quanto legittime, risultano pretestuose perché finalizzate a creare un danno economico e psicologico, dissuadendo dal proseguire nel lavoro d’inchiesta intrapreso;
13) l’European Media Freedom Act (EMFA) rappresenta dunque il nuovo corpo di regole dirette a proteggere il pluralismo e l’indipendenza dei media nell’Unione europea, strumento, per i Paesi Ue necessario a garantire la pluralità dei media e proteggerne l’indipendenza da interferenze governative, politiche, economiche o private, un sistema rapido e coordinato di risposte per far fronte al recente deterioramento della libertà di stampa;
14) nel corso della XVII legislatura è stata approvata dalla Camera dei deputati, modificata dal Senato della Repubblica e nuovamente modificata dalla Camera dei deputati in terza lettura e che poi non ha visto la luce, una proposta di legge che riformava la disciplina della diffamazione a mezzo stampa, intervenendo sulla legge sulla stampa, sui codici penale e di procedura penale, sui codici civile e di procedura civile; l’articolo 1 del provvedimento modificava la legge sulla stampa (legge n. 47 del 1948) prevedendo: l’estensione dell’applicazione della legge sulla stampa alle testate giornalistiche online registrate presso le cancellerie dei tribunali; la riforma della disciplina del diritto di rettifica; la riforma delle pene previste per la diffamazione a mezzo stampa, con l’eliminazione della pena della reclusione;
15) nel corso della presente legislatura, invece, alcune iniziative parlamentari con parere favorevole del Governo, rischiano di incidere, ad avviso dei firmatari, in maniera molto rilevante sulla effettività di questo principio costituzionale, come denunciato da operatori dell’informazione, sindacati, magistrati;
16) purtroppo questi principi in questo inizio di legislatura, sembrano essere ampiamente derubricati e palesemente aggrediti. Basti pensare al proliferare di denunce nei confronti del giornalismo di inchiesta, alla occupazione del servizio pubblico radiotelevisivo, all’attacco politico, senza precedenti, di una parte della maggioranza contro testate e gruppi editoriali; ad aggravare il contesto vi sono altri elementi come il proliferare del precariato all’interno delle redazioni, il condizionamento delle querele sul lavoro dei giornalisti, oltre alle intimidazioni e alle minacce, con una ventina di professionisti dell’informazione costretti alla tutela proprio per l’esercizio del proprio lavoro;
17) è necessario, inoltre, contrastare, monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l’informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l’intimidazione nei confronti dei giornalisti, alla molteplicità delle loro cause, riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali o ispirate da altri soggetti, quali esponenti di organizzazioni politiche o di gruppi di potere economico o finanziario, che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi, nonché alle conseguenze degli atti di violenza o di intimidazione sulla qualità complessiva dell’informazione, esaminando la diffusione geografica del fenomeno, con attenzione particolare ai territori in cui queste conseguenze si manifestano in modo più evidente, e indicare eventuali iniziative ritenute opportune per adeguare la normativa in materia, conformandola ai livelli europei, con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto-dovere di informare, anche al fine di favorire l’emersione del lavoro non contrattualizzato e di contrastare normativamente le querele temerarie;
18) esiste, inoltre, come denunciato, una grave questione di genere in quanto ad un crescente incremento di professioniste donne all’interno del mondo dell’informazione non corrisponde un incremento delle figure femminili nell’ambito degli incarichi di responsabilità nelle testate giornalistiche e si conferma una disparità salariale molto evidente a tutti i livelli rispetto ai colleghi maschi;
19) organizzazioni di rappresentanza professionale come GiULiA giornaliste – ETS (Giornaliste unite libere e autonome) sottolineano la difficoltà presente oggi da parte delle operatrici di informazione che sono le prime e principali vittime di intimidazioni e aggressioni;
20) allargando lo sguardo alle ulteriori minacce che si addensano all’orizzonte del settore dell’informazione vi sono sicuramente la governance di innovazioni come l’Intelligenza Artificiale e il rapporto con i grandi player del web che nonostante l’introduzione di una severa normativa come da direttiva europea continuano a speculare sui contenuti editoriali a danno della libera informazione;
21) il contenzioso giudiziario che coinvolge Agcom sottolinea l’importanza di avere una legislazione ancora più attenta alla tutela del principio della libertà di stampa;
22) la filiera editoriale nazionale sconta una serie di ritardi e di mancato processo di modernizzazione;
23) l’incertezza che complessivamente riguarda il PNRR interessa anche i progetti e le risorse destinate al settore che avrebbero dovuto supportare il processo di transizione in atto;
24) continua il processo di ridimensionamento delle edicole. In base ad un recente rapporto di Unioncamere rimangono attive poco meno di 14 mila edicole 3.733 in meno rispetto a 10 anni fa. Dal 2019 al 2023 hanno abbassato definitivamente le saracinesche circa 2.700 chioschi;
25) dall’analisi dei dati Ads, la società che certifica la diffusione e la vendita delle copie dei giornali, risulta che nel 2023 le copie vendute, nel giorno medio, erano circa un milione e mezzo con la perdita di oltre 200 mila copie di media rispetto al 2021;
26) oltre al cambio di costume e all’incremento della quota digitale molto incide anche la rarefazione delle edicole;
27) numerose sono inoltre le crisi e le vertenze che riguardano testate storiche che vedono forti ridimensionamenti in termini di redazioni e personale;
28) il servizio pubblico radiotelevisivo, come testimoniano anche le recenti vicende, è sempre più bersaglio di mire egemoniche da parte della maggioranza di Governo che rischia di pregiudicare pluralismo e libertà di informazione; a tal proposito si rende sempre più urgente una riforma che ne salvaguardi il carattere pubblico, l’autonomia e valorizzi le professionalità che vi operano all’interno; strumento centrale per la promozione culturale e sociale del Paese, nell’interesse generale di ciascun cittadino a poter usufruire di informazioni libere e accessibili,
impegna il Governo:
1) ad adottare finalmente, per quanto di competenza, iniziative anche normative, adeguandosi alle indicazioni provenienti dall’Europa, atte a contrastare il fenomeno delle querele temerarie, che possono diventare strumenti intimidatori in grado di condizionare le inchieste e la libera circolazione delle informazioni, impedendo di portare alla luce situazioni di grave illegalità, nonché a predisporre misure che regolino l’istituto della diffamazione, trovando un punto di equilibrio tra la tutela della dignità delle persone e il diritto di cronaca, che prevedano, però, oltre al diritto del cittadino di non essere ingiustamente diffamato, anche tutele inattaccabili che mettano al riparo la libertà dell’informazione e il diritto dei cittadini di essere informati, che passi anche, ad esempio, per una efficace protezione delle fonti, in modo da garantirne la segretezza e la sicurezza;
2) a programmare un’attività volta a contrastare, monitorare e valutare il rapporto tra le mafie e l’informazione, con particolare riferimento alle diverse forme in cui si manifesta la violenza o l’intimidazione nei confronti dei giornalisti, alla molteplicità delle loro cause, riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali o ispirate da altri soggetti, quali esponenti di organizzazioni politiche o di gruppi di potere economico o finanziario, che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi, nonché alle conseguenze degli atti di violenza o di intimidazione sulla qualità complessiva dell’informazione, esaminando la diffusione geografica del fenomeno, con attenzione particolare ai territori in cui queste conseguenze si manifestano in modo più evidente, e indicare eventuali iniziative ritenute opportune per adeguare la normativa in materia, conformandola ai livelli europei, con particolare riferimento alla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto-dovere di informare, anche al fine di favorire l’emersione del lavoro non contrattualizzato e di contrasto delle querele temerarie;
3) ad affrontare, con il pieno coinvolgimento del Parlamento, le conseguenze e le prospettive per il settore dell’informazione in relazione all’uso della intelligenza artificiale, coinvolgendo editori, giornalisti, operatori dell’informazione, esperti, anche al fine di garantire contenuti multimediali diversificati e inclusivi, rispetto ai quali appare fondamentale contrastare i rischi derivanti dalla formazione con dati non equilibrati, anche dal punto di vista di una corretta informazione di genere;
4) a promuovere politiche di genere, nel settore dell’informazione che riducano in tempi rapidi il gender gap nelle retribuzioni e che contrastino ogni forma discriminatoria nella crescita professionale, forme di hate speech e diffusione di odio, violenza e di messaggi discriminatori, anche sul web, che contrastino fenomeni di vittimizzazione, anche secondaria, delle donne, e che affrontino inoltre la grave carenza di rappresentanza e di partecipazione di donne competenti nei media, in qualità di esperte e leader accademiche, esecutive e istituzionali;
5) ad introdurre, misure di incentivazione del settore dell’informazione, rafforzando quelle esistenti, con particolare attenzione per le nuove generazioni, anche per contrastare le forme di precariato dilagante nel settore dell’informazione, l’adeguatezza salariale, e a prevedere adeguati meccanismi di stabilizzazione, nonché strumenti di tutela per tutte le forme contrattuali e per i freelance, garantendo, inoltre, la possibilità di mantenere la segretezza delle fonti;
6) a promuovere una riforma della governance del servizio pubblico radiotelevisivo, salvaguardandone il carattere pubblico e indipendente e sottraendola alle mire egemoniche delle maggioranze politiche di turno nell’interesse generale del Paese, e garantendone l’autonomia e la valorizzazione delle professionalità che vi operano all’interno, e la sua qualità di strumento centrale per la promozione culturale e sociale del Paese, nell’interesse generale di ciascun cittadino a poter usufruire di informazioni libere e accessibili;
7) a tutelare la filiera dell’editoria operante in Italia partendo dalla rete delle edicole, valorizzandone la funzione anche sociale in particolare nelle aree interne, anche individuando nuovi e ulteriori strumenti per la diffusione della stampa.
(1-00248) «Gianassi, Graziano, Bakkali, Di Biase, Lacarra, Peluffo, Serracchiani, Stumpo, Zan».
(20 febbraio 2024)
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
RUFFINO, BENZONI, BONETTI, D’ALESSIO, GRIPPO e SOTTANELLI. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
la legge di bilancio per il 2024, all’articolo 1, comma 510, ha previsto ingenti tagli – pari a 84 milioni di euro (44 milioni di euro per l’anno 2024, 14 milioni di euro per l’anno 2025 e 26 milioni di euro per l’anno 2027) – a discapito dei fondi, individuati nello stato di previsione del Ministero dell’interno, destinati agli enti comunali con meno di 1.000 abitanti;
i successivi commi 533 e 534 disciplinano, invece, il concorso alla finanza pubblica del comparto di enti locali, province e città metropolitane di tutte le regioni a statuto ordinario, oltre che di Sicilia e Sardegna, per un totale di 250 milioni di euro fino al 2028;
il cosiddetto decreto «milleproroghe 2024» prevede che da quest’ultima misura di spending review siano esclusi gli investimenti destinati ad opere pubbliche per efficientamento energetico e per lo sviluppo territoriale sostenibile, ma la previsione del comma 510 sui piccoli comuni è rimasta immutata;
dopo due anni in cui i fondi sono stati in media superiori agli 80 mila euro annui, per effetto di tali disposizioni i piccoli comuni riceveranno solamente in media 58 mila euro annui;
si tratta di risorse che erano state stanziate a decorrere dal 2021, finalizzate all’avvio da parte dei piccoli comuni di un programma pluriennale per potenziare gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche, così che tutta la collettività potesse beneficiare delle infrastrutture presenti sul territorio;
il fondo, inoltre, è destinato anche ad interventi di efficientamento energetico e per lo sviluppo territoriale sostenibile;
quelle risorse, nella formulazione e nella dotazione originaria, erano decisive ed essenziali per investimenti e progetti pluriennali che gli enti comunali avevano previsto;
quello attuato è un taglio a giudizio degli interroganti estremo ed ingiustificato: si tratta, infatti, di risorse destinate a realtà territoriali che hanno una già ridotta disponibilità di fondi e la cui gestione economica e finanziaria è sempre più spesso governata da un quadro normativo che pregiudica fortemente la loro stessa funzione –:
se non ritenga doveroso intervenire, per quanto di competenza, al fine di ripristinare lo stanziamento originario del fondo destinato ai comuni con meno di mille abitanti, anche alla luce della natura essenziale degli interventi in oggetto.
(3-01003)
(20 febbraio 2024)
MOLINARI, ANDREUZZA, ANGELUCCI, BAGNAI, BARABOTTI, BELLOMO, BENVENUTO, DAVIDE BERGAMINI, BILLI, BISA, BOF, BORDONALI, BOSSI, BRUZZONE, CANDIANI, CAPARVI, CARLONI, CARRÀ, CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COMAROLI, CRIPPA, DARA, DI MATTINA, FORMENTINI, FRASSINI, FURGIUELE, GIACCONE, GIAGONI, GIGLIO VIGNA, GUSMEROLI, IEZZI, LATINI, LAZZARINI, LOIZZO, MACCANTI, MARCHETTI, MATONE, MIELE, MINARDO, MONTEMAGNI, MORRONE, NISINI, OTTAVIANI, PANIZZUT, PIERRO, PIZZIMENTI, PRETTO, RAVETTO, SASSO, STEFANI, SUDANO, TOCCALINI, ZIELLO, ZINZI e ZOFFILI. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
dopo il drastico calo del numero di sbarchi nel 2018 e nel 2019 con il gruppo della Lega alla direzione del Ministero dell’interno, successivamente, con il cambio di guida al Viminale, si è invece registrato un allarmante aumento degli stessi, con effetti prolungati fino al 2023;
grazie all’impegno dell’attuale Governo e all’efficacia delle nuove misure nel frattempo adottate per contrastare l’immigrazione irregolare, già dall’ottobre 2023 si è registrata una consistente riduzione degli arrivi via mare nel nostro Paese;
stando ai dati resi disponibili dal Ministero dell’interno il 19 febbraio 2024, sono finora 4.149 gli immigrati sbarcati sulle coste italiane da inizio 2024, con una riduzione del 66 per cento;
pur essendo imprescindibile un percorso di soluzione europea per affrontare la questione migratoria con una strategia comune, la stessa deve essere, nel frattempo, gestita e governata soprattutto a livello nazionale, attraverso misure efficaci finalizzate alla difesa dei confini e del tessuto sociale;
diversamente, invero, il tema migratorio subito indiscriminatamente rischia di generare disordine, pericolo, minacce alla sicurezza dei cittadini e tensioni sociali;
questo Governo e questa maggioranza hanno deciso di affrontare sin da subito tale questione, anche alla luce del numero ormai importante di arrivi illegali nel nostro Paese e del mutato contesto internazionale dovuto ai conflitti in corso, attraverso l’approvazione di diversi provvedimenti in materia di immigrazione e ponendo anche una chiara distinzione tra contrasto all’immigrazione illegale e valorizzazione delle forme di immigrazione legale –:
se e quali ulteriori misure il Governo intenda adottare per ridurre ulteriormente gli sbarchi irregolari sulle coste italiane.
(3-01004)
(20 febbraio 2024)
PASTORINO. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
a seguito della morte di Alexei Navalny varie sono state le manifestazioni spontanee o organizzate in tutta Italia per onorare la memoria dell’attivista, politico e blogger russo, ma non sono mancate le polemiche per alcune scelte di intervento da parte della polizia di Stato;
un piccolo gruppo di persone si è dato appuntamento, a Milano, davanti al monumento ad Anna Politkovskaja, per commemorare Navalny e posare un fiore. Questi liberi cittadini sono stati raggiunti e identificati da agenti della Digos in borghese;
sorte simile per una cittadina italiana, di origini russe e residente a Savona, che ha deposto un mazzo di fiori, una candela e la foto di Aleksei Navalny davanti al consolato russo di Genova Nervi per poi raccogliersi in preghiera, un gesto di sensibilità e umanità alla luce del sole;
tuttavia, la sua presenza sarebbe stata segnalata dal personale dell’ufficio diplomatico che ha avvertito la polizia: sul posto sono giunti gli agenti delle volanti e della Digos che l’hanno identificata;
si tratta di un atto di controllo che, per quanto lecito, desta perplessità in termini di opportunità, trattandosi di una signora recatasi sola e pacificamente dinanzi alla sede consolare, che peraltro non risulta tra gli obiettivi di possibili azioni violente, unicamente per testimoniare la propria partecipazione al lutto;
molte sono state le reazioni di denuncia e le voci sollevatesi in disaccordo con l’identificazione dei cittadini, denunciando la gravità del messaggio che potrebbe passare: intimidire quanti vogliano manifestare cordoglio per la morte del dissidente al regime putiniano e onorarne la memoria, cosa che purtroppo sta avvenendo in ben altri termini in Russia –:
se intenda chiarire le ragioni delle azioni di identificazione, valutando se siano imprescindibili o se in talune situazioni, come quelle esposte in premessa, vi possa essere un grado di tollerabilità differente nel rispetto dell’ordine pubblico, ma anche della pacifica espressione di cordoglio per la morte.
(3-01005)
(20 febbraio 2024)
MAURI, BRAGA, SCHLEIN, BONAFÈ, CUPERLO, FORNARO, CASU, FERRARI, GHIO, CIANI, TONI RICCIARDI, DE LUCA, MORASSUT, ROGGIANI, DE MARIA e ORFINI. — Al Ministro dell’interno. — Per sapere – premesso che:
il 18 febbraio 2024, in occasione delle manifestazioni di cordoglio per Navalny, il dissidente russo morto in una colonia penale della regione artica, una dozzina di persone che si erano recate a commemorarlo sono state identificate da tre agenti della Digos, nonostante si fossero limitate a portare fiori;
il Ministro interrogato, come riportato dalla stampa, ha minimizzato l’accaduto, dichiarando che «il personale che aveva operato non avesse piena consapevolezza»;
da notizie a mezzo stampa è emerso che nell’ultimo anno diverse sono state le identificazioni non necessarie effettuate da appartenenti alle forze di polizia, in relazione a circostanze politicamente sensibili come nel caso avvenuto alla Scala di Milano, il 7 dicembre 2023, quando un uomo è stato identificato dalla Digos per il solo fatto di aver detto ad alta voce «Viva l’Italia antifascista» al termine dell’Inno di Mameli;
ancor più allarmanti sono le notizie riportate a mezzo stampa sulle modalità di reazione o di gestione dell’ordine pubblico, tra cui ci si limita qui a citare i fatti di Torino del 3 ottobre 2023 o di Napoli del 13 febbraio 2024 di fronte alla sede Rai, o ancora di Bologna del 16 febbraio 2024, modalità di reazione ritenute da più parti sproporzionate in relazione ai fatti avvenuti;
altrettanto gravi i fatti riportati su uno studente, rappresentante di istituto a Modena, sospeso per dodici giorni dopo un’intervista rilasciata sulle criticità della vita scolastica, che dimostra, come nel caso della circolare ministeriale sulle occupazioni scolastiche, un clima di generale inasprimento di tutte le istituzioni di fronte a qualunque forma di protesta o di dissenso;
questi segnali di un atteggiamento intimidatorio e repressivo del dissenso trovano ulteriore conferma nella disposizione prevista dall’articolo 11 del disegno di legge governativo, a prima firma del Ministro interrogato, sulla sicurezza pubblica che trasforma in reato l’impedimento alla circolazione fatto con il proprio corpo e che verrebbe ora punito con la reclusione fino a due anni, norma che limiterebbe in maniera drastica la possibilità di protestare senza incorrere in gravissime conseguenze –:
quali siano le direttive impartite alle forze di polizia – corpi fondamentali per la tutela delle garanzie democratiche della Repubblica – per la gestione dell’ordine pubblico e se nei casi citati sia stato rispettato il principio di proporzionalità, nonché quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire in ogni occasione il pieno e sostanziale rispetto della libera manifestazione del pensiero in tutte le sue forme e modalità, così come previsto dalla Costituzione.
(3-01006)
(20 febbraio 2024)
DORI, ZANELLA, BONELLI, BORRELLI, EVI, GHIRRA, GRIMALDI, FRATOIANNI, MARI, PICCOLOTTI e ZARATTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
pochi giorni fa l’Ansa ha pubblicato un video risalente al 3 aprile 2023, dove si vedono, per 10 minuti, agenti di polizia penitenziaria nel carcere di Reggio Emilia effettuare un duro pestaggio nei confronti di un cittadino tunisino;
il detenuto, mentre si trovava a terra, veniva colpito al volto, calpestato con gli scarponi, trattenuto per le gambe, con un braccio torto dietro la schiena, denudato dalla cintola in giù, sollevato di peso, portato in cella e ancora colpito, lasciato lì, per oltre un’ora, mezzo nudo, ferito e sanguinante;
il Ministro dell’interno Piantedosi ha definito quelle immagini «inaccettabili torture», mentre il Ministro interrogato ha affermato: «Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico»;
tale video, nella sua atrocità, evidenzia l’esito di una politica che ha nel tempo abbandonato il sistema carcerario;
con un sovraffollamento medio pari al 118 per cento, ovvero 60 mila detenuti stipati in poco più di 50 mila posti a disposizione, viene da chiedersi se si sta parlando di umanità o disumanità, riservata ai condannati ad espiare una pena;
oltre al sovraffollamento cronico e alla mancanza di personale, ogni due giorni un detenuto si toglie la vita: sono ben 20 i suicidi dall’inizio del 2024;
del preoccupante stato delle carceri si è interessato, nei giorni scorsi, anche il Presidente della Repubblica Mattarella convocando al Quirinale il Garante dei diritti dei detenuti;
il Ministro interrogato nel gennaio 2023, in risposta a un’interrogazione a risposta immediata in Assemblea del primo firmatario della presente interrogazione, affermava: «questo reato di tortura difetta in alcune parti di queste condizioni, ma questo non significa affatto che debba essere abolito o che debba essere attenuata quella che è l’attenzione nei confronti dello Stato nella repressione di condotte illecite che possono essere riferite sotto l’ambito della citata Convenzione di New York»;
tuttavia, successivamente, il 2 agosto 2023 la Commissione giustizia del Senato della Repubblica ha iniziato l’esame del disegno di legge n. 341 presentato dal principale partito di maggioranza per abrogare il reato di tortura ex articolo 613-bis del codice penale, trasformandolo in mera aggravante;
l’opinione pubblica italiana è stata recentemente sconvolta dal trattamento disumano riservato dalle autorità ungheresi alla cittadina italiana Ilaria Salis –:
quale sia la posizione del Governo in ordine alla disciplina del reato di tortura e ad una sua possibile trasformazione in mera aggravante, cosa che, ad avviso degli interroganti, provocherebbe quindi un preoccupante allontanamento dell’Italia dalle norme internazionali e dalla Carta dei diritti dell’Unione europea e un suo avvicinamento a Paesi come l’Ungheria.
(3-01007)
(20 febbraio 2024)
LUPI, ROMANO, BICCHIELLI, BRAMBILLA, CAVO, CESA, ALESSANDRO COLUCCI, PISANO, SEMENZATO e TIRELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nel dicembre 2003 il Parlamento italiano ha approvato la legge 9 gennaio 2004, n. 6, che ha introdotto l’amministrazione di sostegno;
all’articolo 1 della legge citata si legge: «La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente»;
in Italia al 2022 si contavano 350 mila soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno;
l’amministratore di sostegno viene nominato dal tribunale e ha il compito di provvedere ad alcune esigenze quotidiane della persona, come la gestione delle sue cure e del suo patrimonio, della casa in cui vive, garantendo l’ascolto delle volontà dell’amministrato;
l’amministratore di sostegno ha il compito di assistere la persona nelle sue cure, nei rapporti con il personale medico e nella gestione di tutti gli aspetti relazionali e sociali della sua vita. Inoltre, cura il patrimonio del beneficiario con l’obiettivo di conservarlo per soddisfare le necessità ordinarie, come l’acquisto del cibo e dei medicinali, il pagamento delle tasse e delle utenze;
la legge prevede che l’amministratore di sostegno sia chiamato a svolgere il suo ruolo gratuitamente, ma nel caso in cui sia un soggetto estraneo alla famiglia è possibile il riconoscimento di un’indennità calcolata a seconda dell’entità del patrimonio e della difficoltà nell’amministrarlo;
i giudici dovrebbero preferire la nomina di un familiare, anche se negli ultimi anni è aumentato il ricorso ad amministratori di sostegno estranei alla famiglia, come avvocati e commercialisti;
nel corso degli anni si sono susseguite numerose denunce da parte di associazioni di familiari dei sottoposti ad amministrazione di sostegno, che hanno denunciato casi di abusi nell’applicazione della legge;
diverse persone sono state poste sotto amministrazione di sostegno contro la loro volontà, senza essere ascoltate, e in molti casi l’amministratore decide il trasferimento in residenze sanitarie, dove parenti e amici non possono entrare;
è necessario garantire la giusta tutela e ascolto ai soggetti sottoposti ad amministrazione di sostegno –:
quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere, in particolare al fine di modificare la legge 9 gennaio 2004, n. 6, al fine di garantire la tutela dei soggetti più fragili.
(3-01008)
(20 febbraio 2024)
FOTI, MESSINA, ANTONIOZZI, GARDINI, MONTARULI, RUSPANDINI, VARCHI, BUONGUERRIERI, DONDI, LA SALANDRA, PALOMBI, PELLICINI, PULCIANI e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
lunedì 19 febbraio 2024, durante un convegno organizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere, si sono svolte le celebrazioni per i venticinque anni di attività del Gruppo operativo mobile (Gom) della Polizia penitenziaria;
nel corso del suo intervento, il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, ha evidenziato un problema molto diffuso nelle carceri italiane, ovverosia la presenza di cellulari, introdotti illegalmente, all’interno degli istituti penitenziari;
in passato, il Ministero della giustizia, mediante il proprio canale di informazione on line, ha divulgato i relativi dati statistici, dai quali si rileva che, solamente nei primi 9 mesi del 2020, sono stati 1.761 gli apparecchi rinvenuti nelle carceri italiane, requisiti all’interno o bloccati prima del loro ingresso. Nello stesso periodo del 2019 erano stati 1.206, mentre nel 2018 se ne erano registrati 394;
la disponibilità di telefoni cellulari consente ai detenuti non solo di commettere e di commissionare reati, ma anche di svolgere una sorta di attività commerciale, permettendo ad altri detenuti di effettuare telefonate alla famiglia, oltre i limiti imposti dall’ordinamento penitenziario, in cambio di sigarette, di alimenti o di bevande, ovvero dietro promessa di ricevere altri vantaggi;
la presenza di smartphone all’interno delle carceri, inoltre, è stata spesso documentata e comprovata attraverso la diffusione, sulle piattaforme social, di video e immagini registrate all’interno delle celle dai detenuti degli istituti stessi, i quali, attraverso tale condotta, continuano, non curanti, a violare i rigidi protocolli imposti;
i molteplici controlli effettuati in diversi istituiti penitenziari italiani hanno sottolineato l’esigenza di imporre ulteriori misure, come, ad esempio, la schermatura delle sezioni detentive, con la finalità di eliminare la prassi ormai diffusa dell’introduzione illegale di telefoni e di dispositivi dotati di connessione ad internet –:
quali iniziative il Governo, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di contrastare la diffusione di questo fenomeno.
(3-01009)
(20 febbraio 2024)
D’ORSO, ASCARI, CAFIERO DE RAHO, GIULIANO, BARZOTTI, AIELLO, CAROTENUTO e TUCCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati forniti dall’Inail, in tutto il 2023 le denunce per incidenti mortali sul luogo di lavoro sono state 1.041: quasi tre morti al giorno;
tali dati fotografano una situazione allarmante, dimostrando che ancora troppo poco è stato fatto in termini di prevenzione e contrasto;
l’ultimo – di una lunga serie – grave incidente sul lavoro si è verificato di recente, il 16 febbraio 2024 a Firenze, sul cantiere del nuovo centro commerciale Esselunga, in cui hanno perso la vita cinque operai e altri tre sono stati estratti vivi dalle macerie. La procura di Firenze ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati, per crollo colposo e omicidio colposo;
l’eccezionalità della situazione attuale richiede risposte da parte di tutti gli attori istituzionali altrettanto eccezionali;
in tale direzione si colloca, invero, la proposta più volta avanzata dal MoVimento 5 Stelle di istituire una procura nazionale del lavoro e procure distrettuali del lavoro, che siano competenti per il coordinamento e l’accertamento dei reati riguardanti infortuni sul luogo di lavoro e che siano specializzate nel fare fronte alle ipotesi di reato caratterizzate da maggiore complessità;
una procura ad hoc non solo consentirebbe di affidare l’accertamento di fatti complessi ad un pool di magistrati con competenze specifiche e pregresse esperienze in materia, ma consentirebbe, altresì, di sgravare le procure ordinarie, già sommerse da un copioso carico di arretrato, dando un’accelerata alle indagini e, di conseguenza, anche alla celebrazione dei processi. Si consideri, infatti, che troppo spesso i processi per morti sul lavoro si estinguono prima ancora di aver raggiunto un accertamento dei fatti, a causa della prescrizione, proprio per il dilatarsi dei tempi che questo tipo di indagini comportano;
questo rischio diventerà ancora più concreto, a giudizio degli interroganti, per effetto dell’approvazione definitiva della riforma che ripristina la prescrizione sostanziale, ad oggi in esame al Senato della Repubblica (atto Senato n. 985);
una procura nazionale ad hoc assolverebbe anche ad una funzione preventiva, posto che, potendo contare su uomini e mezzi propri, la stessa potrebbe svolgere azioni sistematiche e organiche di prevenzione in ordine ai problemi che maggiormente insidiano la sicurezza del lavoro in violazione delle norme vigenti e penalmente sanzionate –:
se il Ministro interrogato, alla luce anche degli ultimi fatti di cronaca, non ritenga indispensabile adottare le iniziative di competenza volte all’istituzione di una procura nazionale che si occupi nello specifico delle morti sul luogo di lavoro e, se del caso, non intenda stanziare le necessarie risorse, anche umane, all’uopo destinate.
(3-01010)
(20 febbraio 2024)
MAZZETTI, CASASCO e SQUERI. — Al Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica. — Per sapere – premesso che:
il settore tessile italiano è una realtà costituita da 13.500 imprese e 110.000 occupati diretti, cui si somma il comparto moda con 33.000 imprese e 200.000 addetti. Per tali realtà l’introduzione della responsabilità estesa del produttore («Epr tessile») e del regolamento recante la disciplina per la cessazione della qualifica di rifiuti (cosiddetta «EoW tessile») rappresenta una tappa decisiva nel processo di evoluzione verso una maggiore circolarità;
la responsabilità estesa del produttore è un regime che impone alle aziende di farsi carico dell’intero ciclo di vita dei prodotti immessi sul mercato, anche mediante creazione di specifici consorzi di gestione collettiva. La preoccupazione espressa dal settore tessile, a fronte delle proposte in corso di esame, consiste nel rischio che sia sottovalutato il ruolo delle imprese manifatturiere a monte della filiera nei sistemi di gestione collettiva, a vantaggio di soggetti a valle, spesso puramente commerciali e a controllo estero, che potrebbero condizionare l’operato dei consorzi Epr, in contrasto con le esigenze della filiera tessile nazionale;
in sostanza la parte finale della filiera non dovrebbe essere l’unico gestore delle risorse rappresentate dal contributo ambientale, oltre che il decisore di strategie e operazioni specialistiche e complesse che non gli appartengono;
quanto all’end of waste (EoW), rispetto al testo in consultazione, il settore tessile chiede che l’elenco delle materie prime secondarie (mps) sia il più ampio e dinamico possibile e rileva che sarebbe opportuno un confronto per definire le priorità per il sistema produttivo nazionale, valorizzando quei processi produttivi che già impiegano i materiali tessili riciclati;
le ipotesi attualmente in discussione parrebbero penalizzare le filiere produttive europee specializzate nel lavorare materiali tessili riciclati, estendendo oltre misura le operazioni di recupero rifiuti, aumentando costi e adempimenti burocratici e di fatto favorendo i processi di delocalizzazione. Peraltro, è in corso la definizione di un regolamento europeo sull’EoW tessile, che occorre monitorare attentamente;
il sistema di responsabilità estesa del produttore (Epr) e il regolamento EoW dovrebbero tenere conto delle esperienze e delle esigenze di filiera, sviluppandole e superando i limiti che oggi non favoriscono il riutilizzo e il riciclo di maggiori quantità di prodotti tessili –:
se non ritenga opportuno, nel quadro dei comuni obiettivi di economia circolare, istituire un tavolo di confronto con il settore tessile manifatturiero nazionale al fine di approfondire le tematiche esposte in premessa, individuando un percorso condiviso che valorizzi le esperienze in corso e favorisca la competitività di questo rilevante comparto dell’economia nazionale.
(3-01011)
(20 febbraio 2024)
GADDA, FARAONE, DE MONTE, DEL BARBA, MARATTIN, BOSCHI, BONIFAZI, GIACHETTI e GRUPPIONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
la situazione di violenza e di guerra nella Repubblica di Haiti ha raggiunto ormai livelli gravissimi;
Haiti è da anni preda di una crisi economica, politica e di sicurezza senza precedenti e il territorio è oggetto di saccheggi, incendi e violenze continue da parte dei miliziani delle gang locali;
la chiusura, nel mese di settembre 2023 delle frontiere con la Repubblica dominicana, ha dato nuovo impulso alle bande criminali, tra le quali la cosiddetta «coalizione G9» capeggiata dall’ex agente di polizia Chèrizier;
a questa gravissima situazione di insicurezza, con le bande armate che controllano quasi due terzi della capitale, si aggiunge un’allarmante crisi alimentare e sanitaria che porta a prefigurare il possibile nascere di gravi epidemie, come accadde con quella di colera subito dopo il grave terremoto del 2021;
la forza multinazionale decisa dall’Onu nel mese di ottobre 2023, con il compito di sostenere le forze di sicurezza locali, contribuendo a difendere scuole, porti, ospedali e aeroporti e «migliorare le condizioni di sicurezza ad Haiti», forse anche per l’esiguo numero dei suoi componenti, non sembra aver contribuito a migliorare la situazione, mentre la polizia, con pochi effettivi e scarsissimi mezzi, non appare in grado di garantire la sicurezza di un Paese che conta 11 milioni di abitanti, dei quali, quasi 5, secondo le Nazioni Unite, soffrono la fame acuta;
nell’ambito di questa situazione si trova ad operare la «Fondazione via Lattea», la quale gestisce a Port au Prince la Kay Pè Giuss, una casa con annesso istituto scolastico che accoglie i bambini orfani che lì trovano rifugio, assistenza ed educazione;
tre giorni fa un rappresentante di uno dei gruppi armati, appartenenti alla «coalizione G9», ha ordinato l’evacuazione dei 134 bambini dalle strutture, in quanto le loro milizie avrebbero a breve occupato gli edifici che ospitano la casa, la scuola e la scuola materna e, da allora, con una serie di comunicati, gli operatori hanno chiesto aiuto al fine di garantire la sicurezza dei bambini –:
sulla base delle informazioni recenti rispetto all’attuale situazione della struttura e dei suoi ospiti, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia assunto per mettere al sicuro i volontari e i bimbi orfani ivi ospitati e, più in generale, quali iniziative di competenza intenda porre in essere, anche nei consessi internazionali, al fine di garantire un compiuto ed efficace intervento che consenta di porre fine alla violenza e di assistere la popolazione civile, attraverso un graduale ritorno alla normalità.
(3-01012)
(20 febbraio 2024)