
(AGENPARL) – mar 13 febbraio 2024 https://www.aduc.it/articolo/quanto+capitale+serve+vivere+rendita+bonus+diverso_37183.php
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Quanto capitale serve per vivere di rendita? (Bonus: un diverso foglio di calcolo)
Questo articolo nasce da una richiesta di un mio cliente relativamente recente (ci conosciamo da circa un paio di anni). Per il modo di intendere la professione nella società di consulenza finanziaria che ho co-fondato più di vent’anni fa, il lavoro “cammina su due gambe”: l’aspetto tecnico e l’aspetto psicologico o relazionale. Il primo è indispensabile ma non è affatto sufficiente. Non può esserci una buona consulenza finanziaria se l’aspetto psicologico/relazionale non è curato al massimo. Uno dei punti di svolta della componente psicologica/relazionale della professione è il momento nel quale il consulente riesce a far emergere nella consapevolezza dell’investitore i suoi reali obiettivi d’investimento. Per obiettivi, qui, non s’intendono quelli di cui si riempiono la bocca quasi tutti i consulenti finanziari (compresi quelli che fanno consulenza strumentale alla vendita di prodotti). Qui intendiamo qualcosa di molto più profondo che nasce da una
riflessione sul senso del denaro nella propria vita. Non è qualcosa che finisce nei “profili mifid”. Intendiamo prendere consapevolezza di come il denaro possa migliorare la qualità della vita nostra e dei propri cari. Quando emerge questa consapevolezza (a qualcuno servono pochi anni, altri ci arrivano dopo più tempo, altri ancora non ci arrivano mai) l’esperienza dell’investire migliora radicalmente.
La scorsa settimana ho ricevuto un messaggio vocale da questo cliente che mi ha riempito di soddisfazione. Ecco la trascrizione letterale della parte finale del suo vocale: “Cioè… sento proprio che è l’obiettivo che mi sta… mi sta dando proprio… cioè proprio, sai?… la volontà di risparmiare per raggiungere quell’obiettivo… ecco… forse per la prima volta sento seriamente il potere dell’avere l’obiettivo nella pianificazione finanziaria. Sì, sicuramente un bel risultato.”
Quando ho ascoltato queste parole ho compreso che il rapporto di quel cliente con gli investimenti finanziari sarebbe migliorato per sempre. Ma qual era questo obiettivo? Ottenere dal suo portafoglio finanziario un flusso di entrate in grado di coprire completamente il suo tenore di vita, così da lavorare non perché necessario, ma perché lo desidera.
Una volta che questo obiettivo è diventato qualcosa di veramente significativo è necessario sviluppare un piano d’investimento che gestisca l’incertezza che – inevitabilmente – un progetto del genere deve fronteggiare.
Le tre variabili chiave
Quanti soldi servono per vivere di rendita? Oppure, ponendo la domanda in modo diverso: avendo un certo capitale, quanto posso spendere ogni anno affinché il capitale duri per tutta la vita? In rete esistono tantissime risorse che cercano di rispondere a questa domanda e – in genere – trascurano un elemento fondamentale che costituisce il cuore di questo articolo: il problema della sequenza dei rendimenti.
Quando dobbiamo costruire un piano finanziario per vivere di rendita abbiamo il problema di dover stimare tre variabili che per loro natura sono incerte: gli anni per i quali deve durare il piano, la dinamica delle entrate/uscite future (che è collegata con la stima dell’inflazione) ed i rendimenti del capitale.
La stima della prima variabile, la durata del piano, è la più semplice perché ovviamente si cerca di essere il più prudenti possibile allungando gli anni di durata del piano ben oltre la vita media. In genere, l’investitore desidera lasciare del capitale agli eredi, quindi l’idea è che a circa 90 anni di vita dell’investitore dovrebbe rimanere con un capitale significativo da lasciare in eredità. Spesso, inoltre, l’obiettivo è quello di non intaccare affatto il capitale (o solo in minima parte) e quindi la durata “ideale” del piano è: “per sempre”.
La seconda variabile è molto difficile da ipotizzare e richiede, fra l’altro, un’analisi previdenziale per stimare l’importo di un’eventuale pensione futura. Il problema della stima dell’inflazione, per quanto complesso, può però essere inglobato nel problema successivo della stima del rendimento finanziario del portafoglio. Si tratta, quindi, di un problema assai difficile, ma della stessa natura.
La terza variabile è quella sulla quale maggiormente si concentrano coloro che – come chi scrive – ha contratto la malattia della passione per la finanza fin da giovane. In rete si trovano fogli di calcolo o software che – definendo un’ipotesi di rendimento medio annuo – sviluppano tabelle che mostrano lo sviluppo del capitale negli anni per capire se il capitale può durare gli anni considerati necessari. Se non si comprende bene il problema che approfondiremo nel prossimo paragrafo, queste tabelle possono essere inutili – nel migliore dei casi – o gravemente fuorvianti.
Il problema della sequenza dei rendimenti
Fa sempre una certa impressione vedere come variazioni, apparentemente piccole, del rendimento medio anno, su un arco di tempo molto lungo, producano variazioni così enormi del montante a scadenza.
È comprensibile, quindi, che molti piani d’investimento si concentrino su questo aspetto. L’aumento del rendimento medio annuo degli investimenti, potenzialmente, libera così tante risorse che, per la maggioranza degli investitori, è impensabile fare un progetto per vivere di rendita senza provare ad aumentare il rendimento medio atteso rispetto ai rendimenti assicurati dai titoli di stato (cioè l’investimento considerato “sicuro”). Tra l’altro, investire in azioni è anche il modo più efficace per proteggersi contro l’aumento dell’inflazione, ancora più efficace rispetto ai titoli di stato legati all’inflazione.
L’uso di azioni, però, porta con sé un problema ulteriore. Non solo, com’è ovvio, non possiamo sapere quale sarà il rendimento medio annuo nei prossimi decenni, ma non possiamo nemmeno immaginare attraverso quale sequenza di rendimenti annui si realizzerà il rendimento medio. Vediamo un esempio pratico per comprendere il problema.
Ipotizziamo che una persona abbia raggiunto il fatidico milione di euro di capitale e preveda di prelevare 40 mila euro annui rivalutati (sulla base di un’inflazione del 3% media annua) per 30 anni. Se il rendimento è pari al 4,5%, alla fine dei 30 anni rimarranno circa 125 mila euro. Una cifra che qualcuno potrebbe considerare un margine di sicurezza.
Questo, però, è vero SOLO se ipotizziamo che il rendimento sia fisso ogni anno. Ma questa ipotesi è certamente falsa! I rendimenti, di anno in anno, saranno sempre molto diversi. Per mostrare questo problema ho creato un foglio di calcolo che genera, ogni volta che si cambia il valore di una cella, una sequenza di rendimenti diversi. L’immagine qui sotto mostra una di queste sequenze che ha portato ad un rendimento medio annuo capitalizzato del 4,67%. Nella terza colonna si vede l’evoluzione del montante con un tasso medio applicato ogni anno confrontato con l’evoluzione che effettivamente si sarebbe ottenuta con la sequenza di variazioni annuali riportata nella penultima colonna.
Come si può vedere, la differenza è abissale! Si comprende meglio, quindi, perché ho scritto che I fogli di calcolo e i software che si trovano in rete, i quali sviluppano le tabelle di evoluzione del capitale sulla base di un tasso fisso medio annuo, possono fornire risultati altamente fuorvianti.
Un tasso di rendimento medio annuo come quello dell’esempio, per un investimento con una componente azionaria importante, potrebbe essere considerato prudente, se non conservativo. Se i calcoli ci dicono che dopo 30 anni ci si trova comunque con un discreto margine di sicurezza, l’investitore potrebbe esserne rassicurato. In realtà, con una sequenza di rendimenti più vicina al mondo reale, i soldi finirebbero prima dei due terzi del piano!
Più lungo è l’orizzonte temporale del piano, più significativo è questo problema, così come più è elevata la cifra che dobbiamo disinvestire ogni anno e più una differente sequenza di rendimenti genera una variazione molto più grande del capitale a scadenza. Vediamo adesso come affrontare questo problema.
Un piano finanziario per vivere di rendita