
[lid] Dal convegno di stamattina alla Sala ISMA emerge la richiesta di meno burocrazia e più concretezza. La mappa del rischio: in Italia sono Liguria, Bolzano e Veneto le più colpite, ma attenzione all’under-reporting visto che secondo uno studio, i cui dati sono stati anticipati nella mattinata, almeno il 50% degli incidenti in alcune aree non verrebbe denunciato.
Legare la cultura del lavoro alla formazione in materia di sicurezza per migliorare i numeri registrati dall’Inail – 700mila denunce di infortunio sul lavoro (+24,6% rispetto al 2021) e 1.208 con esito mortale (-15,2%) – e agevolare le imprese nella definizione di corsi con un fondo dedicato e il supporto delle tecnologie, prendendo come spunto il “modello L’Aquila” utilizzato per la ricostruzione in Abruzzo che ha fatto registrate una tendenza performante nell’ambito delle costruzioni. Riflessioni emerse nel corso della mattinata durante il Convegno “La sicurezza sui luoghi di lavoro. Criticità, analisi e opportunità” organizzato da FederTerziario su iniziativa del Senatore Michele Fina e tenuto a Roma presso la Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro. L’evento, moderato da Nunzia Penelope, vicedirettrice “Il Diario del Lavoro”, ha beneficiato di relatori autorevoli che hanno spaziato sui molteplici aspetti – sindacali, politici, lavorativi, tecnologici – che coinvolgono il tema della sicurezza.
Ad aprire i lavori Alessandro Franco, segretario generale FederTerziario, che ha evidenziato come “la sicurezza non è soltanto un tema lavoristico, anzi, al contrario è un tema soprattutto sociale, che quindi non riguarda solo imprese e lavoratori ma coinvolge tutto il mercato del lavoro e l’intero Paese. E inoltre è un tema che non riguarda solo il presente ma anche il futuro delle nuove generazioni“. Pertanto, prosegue il segretario, come Federterziario “riteniamo che per affrontare temi di così elevata rilevanza sociale e tanto cruciali per il futuro del Paese non si possa prescindere dal dialogo e dal confronto tra le parti sociali e le istituzioni affinché tutti possiamo contribuire a promuovere un dialogo sociale e una cultura del lavoro che riducano sensibilmente o addirittura azzerino i dati preoccupanti in materia di malattie e infortuni sul lavoro“.
La mappatura dell’Italia nella morsa del rischio incidenti sul lavoro – realizzata da openpolis – vede in cima alla graduatoria la Liguria, con 3.050 incidenti ogni 100mila occupati, seguita da Bolzano (2.722) e Veneto (2.484), numeri che certamente vanno anche considerati nell’ottica del “peso specifico” rivestito dagli incidenti del lavoro sommerso e dalle omesse denunce. A livello europeo, con dati Eurostat elaborati da openpolis del 2021, l’infausta classifica è guidata dalla Francia (3.227,24 casi su 100mila occupati) seguita da Danimarca (2.814,35) e Portogallo (2.368,43), con l’Italia al di sotto della media europea (1.200 contro 1.500), sebbene proprio l’Ufficio statistico dell’Ue abbia evidenziato che dati eccessivamente bassi potrebbero derivare da un problema di under-reporting.
Un quadro che, in ogni caso, necessita di interventi costruttivi e che potrà trovare nei corpi intermedi, come FederTerziario, dei punti di riferimento per promuovere un’implementazione delle iniziative in materia di sicurezza da parte del sistema scolastico nazionale e un parallelo potenziamento delle attività delle imprese, da incentivare anche tramite meccanismi premiali da finanziare con un fondo ad hoc.
“La sicurezza per le aziende è spesso solo un adempimento amministrativo da risolvere come tale – evidenzia Nicola Patrizi, presidente di FederTerziario – e lo stesso ragionamento vale per il tema della formazione che è strettamente connesso. Su questi aspetti bisogna invece agire perché costituiscono dei momenti fondamentali che devono avere un rilievo concreto per le aziende e per i lavoratori, da supportare anche con gli strumenti che oggi sono consentiti dalla tecnologia“.
Un percorso da affrontare anche nell’ottica di una nuova gestione dei rapporti tra Stato e imprese. “Noi, come Paese – spiega il Senatore Michele Fina -, vogliamo andare verso una direzione ben specifica: essere coerenti e costruire un programma decennale, o anche ventennale, quindi fare un patto a lungo termine e rispettarlo e fare in modo che l’impresa possa organizzarsi rispetto alla direzione data. E in quest’ottica operare per fornire un’attenzione particolare agli incentivi e alla sburocratizzazione di interventi normativi che vadano tutti nella stessa direzione”.
La prima sessione è stata dedicata all’analisi delle criticità legate agli incidenti nei luoghi di lavoro, alla presenza dell’onorevole Chiara Gribaudo, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, che ha evidenziato il ruolo fondamentale che dovrebbero avere proprio i cantieri pubblici nel promuovere nuove dinamiche basate su prevenzione e controllo maggiori. Poi un passaggio sui numeri certamente sottostimati: “Dobbiamo ricordare che le denunce per infortunio – aggiunge la senatrice Gribaudo – che sono depositate all’INAIL sono un aspetto del fenomeno, perché c’è un ulteriore elemento da considerare che riguarda quanti non arrivano nemmeno a denunciare“.
Un tema che è stato ripreso anche nella seconda sessione dei lavori con l’analisi statistica degli incidenti sul lavoro. Di particolare rilievo l’intervento di Riccardo Persio, ricercatore dell’Università di Enna Kore, attualmente al lavoro con un gruppo di ricerca composto da dottorandi e ricercatori universitari di alcuni atenei italiani per cercare di stimare quale sia realmente il peso degli infortuni sul lavoro dal punto di vista empirico in Italia. Un lavoro che dovrà servire anche per puntellare maggiormente il piano proposto da FederTerziario sul fronte della formazione e della prevenzione. “Attualmente, considerando i dati del quinquennio 2018-2022, – evidenzia Persio – emerge che la probabilità di verificarsi un infortunio sul lavoro maggiore in Italia è in Trentino Alto Adige che è la Regione che investe di più in termini pro-capite sulla sicurezza sul lavoro. Parliamo di un dato percentuale, quindi non si può sapere di preciso la quantità degli incidenti non dichiarati, però in alcune aree geografiche superiamo anche il 50%, in altre siamo più bassi, però c’è una evidente sottostima“.

