
(AGENPARL) – mer 22 novembre 2023 TERREMOTI | Studiato il rapporto tra piccoli e grandi terremoti attesi
in futuro in Italia
Un approccio innovativo ha permesso di evidenziare la proporzione attesa in futuro tra il numero
di eventi sismici di lieve e di forte entità in due macro-aree del territorio italiano
[Roma, 22 novembre 2023]
Determinare il rapporto tra la quantità di piccoli e grandi terremoti osservati in passato e, quindi,
attesi in futuro nel nostro Paese (scientificamente “b-value”) è stato l’oggetto dello studio
“Earthquake size distributions are slightly different in compression vs extension” appena pubblicato
dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) sulla rivista
‘Communications of Earth and Environment’ di Nature.
La legge di Gutenberg-Richter alla base della determinazione di questo lavoro stabilisce infatti che
il numero di terremoti osservati diminuisce con l’aumentare della magnitudo: in altre parole, si
osserva un numero molto maggiore di piccoli terremoti rispetto a quelli di grande entità.
I ricercatori dell’INGV che hanno condotto lo studio si sono serviti di dati geodetici e di un
approccio statistico per comprendere, a partire dalla misurazione di piccolissime deformazioni
della superficie terrestre, l’intensità delle forze tettoniche che governano il nostro Pianeta e la
reazione che queste generano sulla crosta terrestre.
“La geodesia satellitare è uno strumento per noi fondamentale poiché consente di stabilire se, nel
corso dei decenni, la distanza tra due punti della superficie terrestre in zone soggette a eventi sismici
stia aumentando o diminuendo”, spiega Michele Carafa, ricercatore dell’INGV e co-autore dello
studio. “A seconda dei casi, infatti, possiamo attenderci in futuro dei terremoti di tipo compressivo,
se la distanza tra i punti sulla superficie terrestre sta diminuendo, oppure estensionale, se la distanza
sta invece aumentando”.
Poiché il b-value non è spazialmente uniforme ma può variare a seconda dell’area geografica di
riferimento, lo studio dell’INGV ha analizzato parallelamente le zone in estensione e quelle in
compressione del nostro Paese, con l’obiettivo di ottenere maggiori informazioni sul numero di
forti terremoti attesi nelle due aree.
“I valori di b-value emersi dal nostro lavoro sono effettivamente diversi per le due zone (le aree in
estensione hanno un b-value più alto di quelle in compressione), ma molto più vicini tra loro di
quanto si potesse pensare”, aggiunge Matteo Taroni, ricercatore dell’INGV e co-autore dello
studio. “Ciò significa che il comportamento delle magnitudo dei terremoti in zone geologicamente
differenti è in realtà abbastanza simile”.
Calcoli statistici hanno poi confermato come l’approccio geodetico con la suddivisione del
territorio nazionale in due sole zone di analisi abbia dato risultati più efficaci rispetto a
suddivisioni precedenti in aree più piccole, aprendo la strada a possibili future collaborazioni tra
il mondo della modellistica geodetica e quello della sismologia statistica.
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“Poiché il b-value è uno dei parametri fondamentali utilizzati per la stima della pericolosità sismica
di un territorio, ci auguriamo che altri lavori confermino i risultati del nostro studio, cosicché questo
nuovo approccio possa essere utilizzato per migliorare il modello di pericolosità sismica italiano,
vale a dire il documento alla base di tutte le azioni di mitigazione e prevenzione del rischio sismico
nel nostro Paese”, concludono Taroni e Carafa.
Link all’articolo: Earthquake size distributions are slightly different in compression vs extension
| Communications Earth & Environment
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Figura: Le curve nere racchiudono le zone in compressione (sinistra) e zone in estensione (destra) della penisola
italiana; la scala di colori indica lo strain rate (tasso di deformazione) orizzontale.
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