
[lid] L’assoluta centralità mediatica del dibattito in materia di salario minimo in Italia ha assunto dimensioni tali da dover essere trattata, da parte degli attori protagonisti coinvolti sul tema, con una diversa e rinnovata responsabilità. Troppi gli interventi che molto poco hanno realmente a che fare con la genuina tutela del lavoro, con il sindacato o con le norme necessarie sul tema. Molto spesso tali interventi vengono drogati da interessi di ruolo dei relatori o anche da beceri indirizzi politici fuorvianti che manifestano l’unico obiettivo di condizionare o indirizzare pro o contro il salario minimo. Nelle ultime settimane sul salario minimo si è assistito all’apoteosi dello shakespeariano “molto rumore per nulla”. giudici che provano a fare i sindacalisti riscrivendo i CCNL, sindacalisti che provano a fare i politici tentando di colmare i vuoti di ruolo dagli stessi creati, e da ultimo il voto dell’Assemblea del Cnel che sancisce la spaccatura (ove ci fosse stato bisogno del Cnel) delle Organizzazioni Sindacali. Il Sindacato vero rispetto a tale quadro sul tema non solo ha il diritto ad intervenire, ma soprattutto deve esprimere un dovere istituzionale che è quello di proporre risoluzioni rispetto al dibattito in corso sul salario minimo.
L’essenziale domanda di sintesi che bisogna porsi a questo punto è molto semplicemente una: in un paese come l’Italia dove la copertura sul lavoro dei CCNL copre il 95% della platea, ma allo stesso tempo di tale percentuale oltre la metà, il 54% al 01 settembre 2023 risulta tecnicamente scaduta, davvero si può realisticamente pensare che la panacea miracolosamente risolutiva possa essere rappresentata dal salario minimo per legge? Utopistico, fuorviante e addirittura “deviante” rispetto al vero problema. Abbiamo in Italia l’assoluta ed urgente necessità di ridare realmente alla contrattazione la centralità sul lavoro che essa merita, le sue giuste retribuzioni, la sua sicurezza, ed in una parola la sua VERA DIGNITA’. Tutto ciò oggi esiste poco e male. Il sindacato, soprattutto quello universalmente riconosciuto come quello di riferimento, ha il dovere di riacquisire il suo ruolo sul campo che ormai ha drammaticamente perduto. Tutto questo, che già rappresenta tanto purtroppo non è assolutamente sufficiente, la politica specialmente quella considerata legislativa ha il dovere di capire che ormai sono assolutamente maturi i tempi per legiferare sul tema, intervenendo con una norma che regoli effettivamente nei fatti la rappresentatività sindacale. L’art. 39 della Costituzione italiana, se non implementato e corredato da una nuova norma, tecnica, specifica ed integrativa, continuerà ad essere interpretata da giudici, datori di lavoro e pseuso organizzazioni sindacali cosiddette “pirata” che tutto tuteleranno tranne la dignità dei lavoratori, del loro salario e più in generale della loro universale dignità.
L’UGL Credito che negli ultimi anni ha dovuto sul tema rappresentatività sindacale dimostrare in maniera stoica tutte le sue importanti capacità di resilienza sindacale, ha recentemente iniziato, contestualmente alla celebrazione del suo V° Congresso Nazionale, un percorso di progettualità propositiva legislativa sul tema, rispetto al quale stimolerà e supporterà il legislatore nel corso delle prossime settimane.