
(AGENPARL) – ven 08 settembre 2023 STAGIONE
MUSICA DA CAMERA
2022/2023
domenica 10 settembre 2023, ore 18.00
BEETHOVEN / BRAHMS
Clarinetto Luca Sartori
Corno Ricardo Serrano
Fagotto Giuseppe Settembrino
Primo Violino Gabriele Pieranunzi
Violino Loana Stratulat
Violoncello Silvano Fusco
Viola Leonardo Li Vecchi
Contrabbasso Alessandro Mariani
Professori d’Orchestra
del Teatro di San Carlo
PROGRAMMA
LUDWIG VAN BEETHOVEN
(Bonn 1770 – Vienna 1827)
Settimino in mi bemolle maggiore
per archi e fiati, op. 20
Adagio. Allegro con brio
Adagio cantabile
Tempo di Menuetto
Tema. Andante con variazioni
Scherzo. Allegro molto e vivace
Andante con moto alla Marcia. Presto
JOHANNES BRAHMS
(Amburgo 1833 – Vienna 1897)
Quintetto in si minore
per clarinetto e quartetto d’archi, op. 115
Allegro
Adagio
Andantino. Presto non assai, ma con sentimento
Con moto. Un poco meno mosso
PICCOLA GUIDA ALL’ASCOLTO
Il Settimino in mi bemolle maggiore di Beethoven, in sei movimenti, prevede una
compagine mista di archi e fiati e segue il modello tardo settecentesco del Divertimento
o della Serenata, comunicando un grande senso di libertà. Del resto, all’epoca della sua
composizione, Beethoven stava ancora cercando di allontanarsi alla sua maniera dai
modelli amati, ma ingombranti, di Haydn e di Mozart. Scritto dopo numerosi esperimenti
per varie formazioni di fiati, ebbe la sua prima esecuzione nel palazzo del principe Karl
Philipp zu Schwarzenberg e fu poi replicato al Teatro di Corte di Vienna nel 1800, con la
partecipazione di strumentisti molto acclamati del tempo – Schuppanzigh, Schreiber,
Baer, Dietzel, Schindlecker, Nickel e Matauschek -, come sottolinearono i giornali
dell’epoca. Il movimento iniziale, un Adagio di 18 battute, vale come introduzione al
successivo Allegro con brio, costruito su un tema saltellante e dinamico di crome. Il
secondo tempo, Adagio cantabile, in 9/8, utilizza un tema da eseguirsi “dolce”, come
indicato in partitura. Il Tempo di Menuetto, seguito classicamente dal Trio, è basato su un
ritmo sincopato e introduce al quarto movimento, che è un Tema seguito da cinque
variazioni e una coda. Il quinto tempo, uno Scherzo con Trio in 3/4, è indicato Allegro
molto e vivace, e produce un effetto indubbiamente leggero e spensierato. Queste
continue alternanze per contrasti tra i movimenti interni formano già il segno
dell’incipiente stile maturo beethoveniano. E infatti l’ultimo tempo si presenta con un
maestoso Andante con moto alla Marcia, seguito da un Presto il cui tema principale è un
sorta di ostinato che pervade tutto il Finale con un’aura di brillante virtuosismo. È curioso
considerare, rispetto alla concezione che si ha oggi della tipica musica beethoveniana,
quale straordinario successo ebbe fin dalle sue prime esecuzioni ottocentesche una
pagina composta e dal sapore arcaico come il Settimino, affermatasi presto come un
modello insuperato per questa atipica formazione: come rivelò il suo allievo e amico Carl
Czerny, lo stesso Beethoven sembra non gradisse l’eccessiva fortuna di questa sua
composizione formalmente perfetta, ma per lui troppo legata a quel Settecento da cui il
compositore era riuscito clamorosamente a distinguersi, aprendo la strada alla musica
del futuro. Eppure l’esecuzione di questa composizione costituisce tuttora per il pubblico
una preziosa occasione di incontro con una grande musica senza tempo.
Se il Settimino di Beethoven costituì un modello per insiemi di strumenti a fiato e archi
utilizzati, con varianti, dai compositori delle successive generazioni fino ai nostri giorni, il
primo autore nella storia della musica occidentale ad utilizzare un clarinetto insieme ad un
quartetto d’archi fu Mozart, nel suo celebre Quintetto in la maggiore K. 581 detto “Stadler”,
risalente al suo ultimo periodo di vita, ed eseguito per la prima volta nel 1789 dal virtuoso
di clarinetto che lo aveva ispirato, Anton Stadler. Una dozzina di anni dopo la prima
esecuzione del Quintetto mozartiano fu composto un nuovo brano per quella stessa
formazione da Carl Maria von Weber: anche il suo Quintetto in si bemolle maggiore op. 34
era ispirato dalla conoscenza di un virtuoso di clarinetto, Heinrich Baermann, ma Weber
seguì il suo personale stile senza lasciarsi influenzare dal modello del suo cugino acquisito
Amadeus. Esattamente un secolo dopo la morte di Mozart, anche Johannes Brahms si
trovò in una situazione analoga a quella del suo illustre predecessore salisburghese,
decidendo di scrivere importanti composizioni da camera con clarinetto dopo aver
conosciuto a sua volta un virtuoso d’eccezione, Richard von Mühlfeld. Questi, alla presenza
del compositore, aveva eseguito con la prestigiosa orchestra di Meiningen, di cui faceva
parte, proprio il Quintetto di Mozart e aveva poi chiesto a Brahms di scrivere per lui nuove
pagine. Nacque così il Quintetto in si minore per clarinetto e quartetto d’archi, eseguito da
Mühlfeld nello stesso 1891 insieme al Trio in la minore per clarinetto/viola, violoncello e
pianoforte op. 114, composto nello stesso periodo. Il modello di Mozart era così ripreso per
un insieme davvero eccezionale, poiché oltre a Mühlfeld il quartetto d’archi era coordinato
dal celebre violinista Joachim. Anche in questo caso, come avviene in Mozart, il primo
tempo Allegro in si minore è in forma sonata e introdotto da bicordi degli archi e il
clarinetto entra solo qualche battuta più avanti, ma in maniera intensa e coinvolgente. Si
alternano tre temi e altrettante idee secondarie, tutto governato con perfetta simmetria
fino alla coda finale. Segue un Adagio, ancora in si minore, definito da alcuni critici un vero
«canto d’amore» per la sua languida liricità. Gli archi usano le sordine (ancora una
corrispondenza perfetta con il modello mozartiano) per consentire al clarinetto di
condurre il tema in un’atmosfera sognante. Inizia un dialogo serrato tra lo strumento a
fiato e le corde, che concorre a fare di questo movimento uno dei capolavori cameristici di
Brahms. Il terzo tempo è un Andantino in re maggiore seguito da un Presto non assai, ma
con sentimento, indicazione estremamente meticolosa e che tuttavia si applica ad una
sezione estremamente libera di tipo improvvisativo, autenticamente romantica. Il Finale
Con moto riporta alla tonalità d’impianto di si minore, e anche qui ricalca perfettamente il
modello del Finale del Quintetto di Mozart, essendo anche in questo caso un tema con
cinque Variazioni. Come nel K. 581, tutti gli strumenti sono trattati alla pari e dialogano in
ciascuna variazione intorno ad una proposta. Ma in Brahms prevale la cura delle
simmetrie, l’esigenza di equilibrio formale e il rigore del contrappunto, lasciando alla coda
finale il compito di chiudere in maniera speculare e armoniosa questo nuovo capolavoro
per clarinetto e quartetto d’archi, non inferiore al suo antico modello mozartiano.
Dinko Fabris
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