
[lid] ‘Amarena’ era stata considerata il simbolo della convivenza tra uomo e natura, perché l’orsa si era abituata alla presenza dell’uomo e molti uomini si erano abituati alla sua presenza. L’ultimo video dell’orsa la ritrae con i suoi cuccioli, mentre una folta schiera di ‘cacciatori di visualizzazioni’ cerca di fotografarla. Ma è veramente questa la situazione a cui noi tutti auspichiamo, quando si parla di convivenza tra uomini e grandi carnivori? Non dovrebbero quest’ultimi mantenere una salutare diffidenza verso l’uomo, per tutelare se stessi e le loro progenie? E non dovrebbe essere questo uno degli obiettivi degli Enti Parco, ovvero assicurarsi che i selvatici rimangano realmente tali? Invece, assistiamo alla ‘Disneylandizazione’ della natura selvaggia, dove anche l’orso marsicano è visto come il curioso e divertente orsacchiotto Yoghi che ruba le torte dai ristoranti…e di fatto lo fa! Non a caso, proprio qualche giorno fa, l’orsa Gemma, la più anziana del Parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM) si è intrufolata in un albergo di Scanno e ha divorato due torte e, appena oggi, ha messo a soqquadro una pizzeria, nello stesso paese. I cittadini sembrano ormai essersi abituati alle sue escursioni, ed il plantigrado è diventata un po’ la mascotte del ridente paesino abruzzese. Ma non tutti, condividono quest’approccio: “Se l’orso entra nella mia proprietà e mi smantella il pollaio, il parco mi dovrebbe dare una mano a ricostruirlo e metterlo in sicurezza…ok lo fa’!” dice G.R., un abitante di una contrada della Val di Comino (Fr.) “ma se la seconda o terza volta l’orso mi fa visita e mi arreca lo stesso danno, allora non chiamo neppure più il Parco, preferisco a questo punto levare di mezzo le galline…non si può andare avanti all’infinito con l’alternanza di danni ed indennizzi …finisci, poi per scoraggiarsi e lasci perdere”.
La morte di un’orsa fertile, in una popolazione di circa 50 individui, resta comunque un dramma, ma bisogna evitare di rimanere intrappolati, in tutti modi, nel dibattito dicotomo ed ultra-polarizzato di chi tifa per l’orso e chi invece lo condanna. “Non è questo il momento di fare polemiche” dice Dario Novellino, l’antropologo che da anni si batte per la difesa e il riconoscimento del pascolo estensivo. “Talvolta è meglio limitarsi ad avanzare qualche domanda anziché fare affermazioni irrevocabili”. Secondo Novellino, esiste un protocollo operativo per la prevenzione e la gestione del fenomeno orsi confidenti e/o problematici che il Parco ha redatto nel 2012 nell’ambito del progetto Life Arctos Azione A5. Il protocollo propone una serie di misure mirate per la sicurezza delle persone in determinate situazioni di conflitto tra presenza di orsi e attività antropiche. Tali misure servirebbero a prevenire, ad ogni costo, le situazioni di problematicità/criticità.
“Allora è lecito porsi una serie di quesiti” dice Novellino ” Il parco, in questi anni, ha fatto veramente tutto ciò che poteva e doveva fare per ridurre il problema di ‘abituazione’ degli orsi, ovvero quel processo che porta alla perdita di una progressiva riduzione di risposta comportamentale (es. fuga) rispetto a varie situazioni, non per ultimo la presenza dell’uomo? Insomma le procedure d’intervento – prevenzione e controllo – previste dalle linee guida son state sempre rigorosamente applicate? Le tecniche d’intervento gestionale che prevedono la somministrazione, continua e coerente, di stimoli negativi ad orsi confidenti sono state tutte messe in pratica?”. Secondo lo stesso protocollo le attività poste in essere, a carico di un orso problematico, possono includere la cattura, l’apposizione di radiocollare, monitoraggio radio telemetrico e condizionamento negativo, misure deterrenti, etc.. “Insomma è stato fatto veramente tutto per scoraggiare gli orsi dall’entrare in contatto con gli umani?”
La cosa alla quale invece abbiamo assistito, dichiara L.A. un abitante della zona pre-parco in Val di Comino “sono le crescenti interazioni tra uomo e orso. Inizialmente si è tentato di convivere….ma spesso le cose non hanno funzionato!” Lo stesso protocollo si avvale poi di una serie di definizioni per descrivere orsi che, in un modo o in un altro, hanno intensificato le loro relazioni con umani: si tratterebbe d’individui ‘condizionati’, ‘confidenti’ e ‘problematici’. L’orso ‘condizionato’ è definito come quello “che ricerca attivamente risorse trofiche di origine umana, avendo imparato ad associarle alla presenza umana, a talune infrastrutture (centri antropici, depositi di rifiuti, etc.) o ad altri stimoli di natura antropica”, mentre l’orso ‘confidente’ è definito nel protocollo come quello “che non mostra evidenti reazioni in presenza dell’uomo come conseguenza di una ripetuta esposizione a stimoli di natura antropica senza conseguenze negative per l’orso stesso”. Quello ‘pericoloso’, invece, è l’orso che “a causa del suo comportamento aggressivo può rappresentare un rischio per l’incolumità delle persone”. Infine l’orso ‘problematico’ è quello che “provoca danni, o è protagonista di interazioni uomo-orso, con una frequenza tale da creare problemi economici e/o sociali al punto da richiedere un immediato intervento gestionale risolutivo”. Per tutte queste tipologie di ‘orso’ il protocollo propone una serie di misure ‘ad hoc‘ per ricondurre questi animali a condizioni di naturalità. Allora, dice Novellino “sarebbe giusto domandarsi, a quale tipologia apparteneva l’orsa ‘Amarena’ (condizionato? confidente? etc.) E a quale tipologia appartiene la longeva orsa ‘Gemma’? E cosa ha fatto il Parco finora per evitare le occasioni di sconfinamento di tali animali in contesti antropici?”. L’esecuzione d’interventi di dissuasione tramite squadre d’intervento rapido, appositamente organizzate ed addestrate, si e sempre realmente tradotta in azioni concrete ed efficaci? “O magari bisognava impegnarsi di più, ed un po’ meglio, a livello gestionale, per prevenire e correggere determinati comportamenti degli orsi più confidenti?”. Si domanda Novellino. Secondo un membro di APAC (Alleanza dei Pastori Aurunci e Ciociari): “Si ha l’impressione che il Parco sia intervenuto soltanto in condizioni di emergenza conclamata, mentre sarebbe stato opportuno intervenire volta per volta, caso per caso, per ridurre al minimo l’ingresso degli orsi nei centri abitati. L’orso confidente piace ai turisti, e su questo il Parco ha chiuso un occhio”.
Ma cosa ha spinto gli orsi a contatti sempre più ravvicinati con le attività antropiche? Secondo alcuni allevatori del territorio, gli orsi tendono a scendere nei paesi perché in montagna il cibo scarseggia, soprattutto in alcuni periodi. Lo dice Dino Rossi, presidente di COSPA- Abruzzo: “Per ridurre la presenza di orsi nei centri abitati il Parco avrebbe dovuto investire fondi e risorse per attuare interventi di rifocillamento con altane di frutta e verdure scartate dai supermercati e dalle industrie di lavorazione degli ortaggi. Purtroppo, tutto ciò non è stato fatto. I meleti che erano stati originariamente impiantati per offrire un’ulteriore fonte di cibo agli orsi, sono ormai abbandonati. Tutto ciò è la testimonianza più lampante del fallimento della gestione della fauna selvatica da parte del Parco”. Secondo Dino Rossi la penuria di cibo per gli orsi è anche dovuta alla massiccia presenza di cinghiali, specie opportunista, anch’essa onnivora, che entra, perciò, in competizione con l’orso per quanto riguarda l’uso di alcune risorse naturali (es. le fagiole del faggio).
Anche la massiccia ed incontrollata presenza di mandrie di cervi, che radono al suolo pascoli e divorano interi campi, ridurrebbe la presenza di vegetali erbacei di cui si nutrono gli orsi. Quindi alla base dello sconfinamento degli orsi nei centri abitati ci sarebbe una carente e, quanto mai inefficace gestione della fauna selvatica da parte del Parco. Questi argomenti, senza dubbio, richiamano ad una lettura più critica del fenomeno degli orsi confidenti, e alla necessità di intraprendere tecniche gestionali della fauna selvatica di gran lunga più incisive. Intanto la ‘sete di vendetta’ e la gogna mediatica si è abbattuta impietosa su ‘quell’umano’ che il mondo animalista e le istituzioni hanno identificato e ‘crocifisso’ come il solo ed unico colpevole di un atto orrendo e criminale (la morte dell’orsa amarena). Persino un esponente della Chiesa, Don Cosimo Schena, sacerdote animalista ha chiesto tolleranza zero per chi compie ”reati contro la fauna selvatica” ritenendo ”insostenibile” la difesa dell’uomo che ha ucciso l’orsa. Giusto o sbagliato che sia, forse Don Cosimo ha dimenticato che, oltre 2000 anni fa, c’è stato ‘CHI’ della tolleranza ne fece l’emblema di un nuovo modo di concepire l’esistenza, dando vita ad una religione che oggi abbraccia 2,2 miliardi di fedeli. Andando al nocciolo della questione, ciò che ha acuito il divario tra movimento animalista, le fringe più radicali dell’ambientalismo, allevatori, pastori e cacciatori è stata la prolungata mancanza di comunicazione tra chi vive il territorio e le istituzioni che dovrebbero tutelarlo. In questo schieramento manicheo, tra ‘buoni’ e ‘cattivi’ (al quale noi tutti assistiamo) la gente del territorio, però, continua a domandarsi in che termini, e fino a che punto, le esigenze della fauna selvatica sono prioritarie rispetto a quelle dei residenti. Questa domanda diventa quanto mai pressante oggi che il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ha proposto un piano di pianificazione territoriale, pubblicato tra Settembre e Dicembre 2022.
Questo strumento, totalmente calato dall’alto, contiene regole contrarie all’ordine giuridico dello Stato Italiano ed è gravemente lesivo dei diritti costituiti dei residenti, con particolare riferimento agli usi civici. Fa bene il Presidente del Parco Giovanni Cannata ad aver dichiarato che lui “detesta le situazioni in cui si fanno accuse di tipo generico”. Peccato, però, che durante il Sit In per la morte di ‘Amarena’ tenutosi a San Sebastiano dei Marsi qualche giorno fa, abbia poi detto che “la cultura della prevenzione passa attraverso l’avere, per esempio, allevatori che non pensano che queste montagne sono il far-west, dove prendi la madre (di orso) e la butti sotto”. Il Presidente ha invocato poi la necessità per un pascolo più attento, più controllato e più gestito che non esista soltanto perché ci sono i finanziamenti comunitari. Va comunque chiarito che, se il Parco vuole regolamentare il pascolo deve comunque farlo rispettando “i diritti reali e gli usi civici delle collettività locali” che sono inalienabili, come stabilito dalla stessa Legge Quadro sulle Aree Protette (394/91). Purtroppo, con le sue generalizzazioni, il Presidente Cannata ha offeso un’intera categoria, attribuendogli anche la prerogativa di ‘allevatori di contributi comunitari’ e che, di tanto in tanto, investono gli orsi con i loro autoveicoli. E’ ovvio che tali affermazioni, invece di contribuire a smussare il dibattito già troppo polarizzato, creano le premesse per un’ulteriore radicalizzazione di posizioni e punti di vista che, oramai, non riescono più a dialogare tra di loro. Per tutte queste motivazioni, gli allevatori manifesteranno il 10 Settembre, alle ore 9,30, a San Benedetto Dei Marsi.
