[lid] – Se nel secondo semestre 2021 affittare una casa a Viterbo costava mediamente 530 euro al mese, nella seconda parte del 2022 il costo è salito a 600 euro. Con una spesa media annuale di 7200 euro. Questo è quanto emerge dallo studio del Servizio Lavoro Coesione Territorio della Uil, che ha elaborato i valori medi degli affitti su dati dell’Agenzia delle Entrate per un appartamento di 100 metri quadrati in una zona semi centrale delle città capoluogo di provincia.
“Nel capoluogo della Tuscia – dice Giancarlo Turchetti, Segretario generale della Uil di Viterbo – la spesa media per un affitto incide per il 22,2 per cento sul budget delle famiglie. Non solo. Dopo la Capitale, la nostra città è quella che lo scorso anno ha registrato l’aumento del canone di locazione più elevato tra le altre province laziali. Se a Roma l’affitto medio mensile è aumentato di 110 euro, a Viterbo l’incremento è stato di settanta, a Latina soltanto di dieci euro, mentre a Frosinone è addirittura diminuito di 30 euro e a Rieti è rimasto invariato”.
Allargando lo sguardo oltre i confini regionali, dal nostro approfondimento scopriamo che nella vicina Grosseto l’affitto medio mensile nel 2022 è stato di 760 euro (690 nel 2021) con un importo annuale di 9120 euro. A Terni invece la spesa annuale è stata di poco più di 5mila euro, con una rata mensile media di 420 euro, era stata di 390 nel 2021. E poi ancora: i cittadini di Forlì sono gli unici in Italia a sborsare le nostre stesse cifre, mentre quelli di Ferrara mettono dieci euro in più rispetto ai viterbesi per sostenere i costi di locazione.
Da nord a sud dell’Italia, la città più cara è Milano, con una spesa annuale di quasi 19mila euro, la più economica è invece Caltanissetta, in cui costo in dodici mesi è di 2640 euro.
“Prendere in affitto una casa a Viterbo non è possibilità per tutti – prosegue Turchetti – a questa costatazione si lega indissolubilmente quella dei salari e delle pensioni che andrebbero adeguate al costo reale della vita. Non è un caso che l’elevata inflazione si accompagna a livelli di salariali bassi, con una conseguente pressione sul mercato del lavoro e sulla società nel suo complesso. L’aumento delle disparità nella distribuzione rischia di aumentare e inasprire le disuguaglianze nell’accesso alle opportunità di sviluppo”.