
(AGENPARL) – gio 03 agosto 2023 n. 32 – agosto2023
INVECCHIARE IN SANITÀ
Condizioni di lavoro e transizione digitale in una prospettiva di
longevità (lavorativa) sostenibile
Il comparto sanitario, in Italia, si configura come un settore
particolarmente significativo sotto il profilo dell’evoluzione
demografica e del potenziale di sviluppo connesso all’introduzione
delle nuove tecnologie digitali. L’aumento dell’età media degli
operatori e i prossimi pensionamenti, in assenza di un adeguato
turnover e di una ridefinizione dei rapporti tra sistema pubblico e
operatori sanitari privati, rischiano di compromettere l’efficienza dei
servizi e la sostenibilità stessa del nostro Sistema sanitario nazionale
in una fase di progressivo incremento della domanda di servizi di
prevenzione, cura e assistenza legato all’aumento del peso della
popolazione più anziana.
Le condizioni di lavoro nei servizi sociosanitari e la sostenibilità stessa
del lavoro, vanno quindi riconsiderati in una prospettiva di
prolungamento della vita attiva e di rapido invecchiamento
dell’utenza. La digitalizzazione dei servizi, se da una parte può
contribuire a migliorare la qualità e l’efficienza, dall’altra esige misure
e interventi mirati a ottenere uno sviluppo digitale omogeneo su tutto
il territorio, anche attraverso un’adeguata preparazione del personale
che necessita di azioni formative mirate. Questi sono i temi indagati da
una rilevazione indirizzata a medici, infermieri e operatori
sociosanitari, quali figure professionali maggiormente interessate dal
processo di invecchiamento e coinvolte nelle attività di presa in carico
territoriale e di cura e assistenza quotidiana dei pazienti.
INAPP*
Introduzione
In un contesto generale di rapido invecchiamento demografico, il corrispondente innalzamento
dell’età media della forza lavoro interviene nei diversi settori economici italiani e nei relativi
mercati del lavoro con dinamiche complesse legate, da una parte alla sostenibilità del lavoro in
A cura di Luisa D’Agostino e Alessia Romito.
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una prospettiva di prolungamento della vita lavorativa; dall’altra, al possibile rischio di labour e
skills shortage che interessa, in particolare, i comparti dove si rilevano maggiori difficoltà di
turnover. Anche l’introduzione di tecnologia e la digitalizzazione del lavoro, se per un verso
possono contribuire a migliorare l’efficienza, al tempo stesso richiedono interventi di sostegno
allo sviluppo delle competenze necessarie ad affrontare il cambiamento; ciò anche al fine di
sostenere i livelli di occupazione, per evitare il verificarsi di situazioni di esclusione o espulsione
dal lavoro ai danni dei soggetti più fragili, tra i quali anche i lavoratori maturi che potrebbero
trovarsi in condizioni di svantaggio nell’adattamento alle nuove forme di organizzazione del
lavoro.
Nel nostro Paese, il settore sanitario rappresenta un caso emblematico delle criticità sopra
rappresentate. Tra il 2008 e il 2018, a causa soprattutto del blocco del turnover e dei tagli alla spesa
sanitaria previsti dai piani di rientro regionali, il personale del Sistema sanitario nazionale si è ridotto
di oltre 41.000 unità (Agenas 2023). Complici anche le difficoltà di accesso alle professioni sanitarie
e la loro scarsa attrattività nel mercato del lavoro italiano, né l’aumento del personale a contratto
di lavoro flessibile, né i reclutamenti straordinari effettuati in occasione dell’emergenza pandemica
sono riusciti a compensare adeguatamente questa consistente riduzione degli organici; si osserva,
al contempo, il fenomeno dell’abbandono del lavoro subordinato a tempo indeterminato, a favore
del trasferimento all’estero, dove il trattamento economico è più vantaggioso, o dell’esercizio libero
della professione, come nel caso dei c.d. medici a gettone (Cimo Fesmed 2022).
Il sottodimensionamento del personale dei servizi sanitari appare in tutta la sua problematicità
se considerato anche alla luce del progressivo aumento dell’età media, che nel 2020 era pari a
50,9 anni per i medici e a 46,9 per gli infermieri (Ministero della Salute 2022). Oltre il 55% dei
medici e il 47% degli infermieri ha superato i 50 anni ed entro il 2027 si prevede il pensionamento
di circa il 28% del personale medico e dell’8% di quello infermieristico (Agenas 2023). Inoltre,
entro i prossimi dieci anni si completerà il progressivo pensionamento della generazione più
numerosa, quella dei cosiddetti baby boomers. Rapportato al costante incremento della domanda
di servizi di cura e assistenza, connesso all’aumento della longevità e della popolazione anziana
e/o non autosufficiente, il problema della carenza di personale sanitario, comune a tutti i paesi
occidentali, rischia di assumere in Italia dimensioni tali da compromettere sia i livelli di benessere
lavorativo degli addetti, già normalmente a rischio di burnout, che la sostenibilità stessa del nostro
sistema sociosanitario. A completamento di uno scenario così complesso, bisogna considerare il
tema della sanità digitale che nel nostro Paese si fa strada molto faticosamente, nonostante
l’indubbia accelerazione determinata dalla Pandemia da Covid-19, procedendo a velocità diverse
nei territori e nelle varie tipologie di servizi, pubblici e privati, che presentano differenti livelli di
maturità tecnologica e molti ostacoli legati anche alle resistenze degli operatori, al livello delle
loro competenze digitali e all’adeguamento dell’offerta formativa.
L’Inapp, con una rilevazione rivolta a medici, infermieri e operatori sociosanitari, ha voluto
indagare sia sulle condizioni di lavoro in sanità, in una prospettiva di vita lavorativa giocoforza
prolungata e conseguente invecchiamento degli operatori e dell’utenza, sia sulla diffusione delle
nuove tecnologie e il loro utilizzo, sulle competenze digitali e la partecipazione dei lavoratori alle
attività formative in questo ambito.
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Condizioni di lavoro nei servizi sociosanitari in una prospettiva di invecchiamento
La ricerca L’evoluzione del mercato del lavoro del comparto sanitario nel contesto della
digitalizzazione dei servizi e delle prestazioni1, realizzata nel 2022 con campionamento a valanga,
tramite questionario diffuso sui canali social dell’Istituto, ha restituito informazioni significative
sulle condizioni di lavoro nel settore sanitario.
I 1.803 operatori che hanno compilato volontariamente e in forma anonima il questionario online
considerano il proprio lavoro gravoso, prevalentemente in termini di impegno mentale e
coinvolgimento psicologico ed emotivo, ma in misura significativa anche per lo sforzo fisico (figura 1).
SODDISFAZIONE LAVORATIVA
LAVORO
GRAVOSO
Figura 1.
Gravosità del lavoro e soddisfazione lavorativa alta o medio-alta (%)
96,6%
Impegno mentale
Sforzo/disagio fisico
Coinvolgimento psicologico o emotivo
Clima lavorativo
Orario lavoro
Carico lavoro
Mansioni o compiti
Tutela salute
Prospettive carriera
Trattamento economico
Sviluppo competenze
Stabilità occupazione
Worklife balance
Condizione lavorativa complessiva
76,9%
92,6%
54,3%
47,6%
61,4%
71,1%
51,4%
11,4%
35,1%
86,9%
42,2%
44,4%
Fonte: elaborazioni su dati Inapp 2022
Sono gli uomini a patire in misura maggiore lo sforzo fisico, in particolare quelli appartenenti alle
classi di età più giovani rispetto agli ultracinquantenni (81,2% vs 74%). Le donne denunciano
invece una maggiore pressione legata all’impegno mentale e al coinvolgimento emotivo; nella
misura del 60% si tratta di lavoratrici over 50.
Considerando che i rispondenti operano in larga misura (96% circa) nel Sistema sanitario
nazionale, quindi in ambito pubblico o privato in convenzione, i risultati evidenziano una generale
rigidità delle condizioni di lavoro; in particolare, si sottolinea una scarsa flessibilità in relazione
alla possibilità di lavorare da remoto — soprattutto per infermieri e operatori sociosanitari, ma
comunque ancora molto limitata anche per i medici (14,% rispetto al 4,2% del totale) — di
ottenere un cambio di mansione, richiedere ferie e permessi con poco preavviso e avere un
trasferimento in un altro reparto o in una diversa struttura.
Questi risultati suggeriscono l’urgenza di potenziare gli organici con rapide azioni di reclutamento
di nuovo personale, prima ancora che con una ragionata riforma dei percorsi formativi e dei
relativi criteri di accesso, la quale, benché comunque necessaria, porterebbe risultati concreti solo
nel medio-lungo periodo. Inoltre, l’impiego delle risorse andrebbe collocato all’interno di una
diversa organizzazione del lavoro, da ripensare in una prospettiva di migliore efficienza e di
D’Agostino L., Romito A. (2023), L’evoluzione del mercato del lavoro del comparto sanitario nel contesto della digitalizzazione dei servizi e
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riduzione del tempo da dedicare alle mansioni di tipo amministrativo e burocratico, grazie anche
all’uso della strumentazione digitale, per restituire centralità alla relazione col paziente.
I dati della ricerca relativi alla soddisfazione lavorativa non contribuiscono a migliorare lo scenario
delle condizioni di lavoro, se si considera che meno della metà dei rispondenti si dichiara
complessivamente soddisfatto. Guardando alle classi di età, tra gli uomini la percentuale di
insoddisfazione registra un massimo del 60,3% tra gli under 50, mentre per le donne si osservano
percentuali di scarsa soddisfazione più elevate di quelle degli uomini in tutte le classi e che si
attestano complessivamente intorno al 60%.
Analizzando le singole determinanti, a fronte di un buon livello di soddisfazione per la stabilità
dell’occupazione, si registrano percentuali particolarmente critiche in relazione al trattamento
economico e alle prospettive di carriera, con valori minimi rispettivamente dell’8,2% e del 9% per
le donne ultracinquantenni.
Alcune considerazioni particolari riguardano la valutazione espressa dagli operatori in merito
all’evoluzione delle proprie condizioni di lavoro nel corso del tempo. Anche qui, a fronte di una
stabilità occupazionale rimasta uguale o migliorata per poco meno dell’85% dei rispondenti, circa
il 70% ritiene peggiorati i ritmi di lavoro, il 65% circa le condizioni economiche e il 45% le
opportunità di carriera e di affermazione professionale. Si evidenzia che la condizione economica
è considerata peggiorata maggiormente dai lavoratori delle strutture pubbliche, mentre i
cambiamenti nei ritmi e orari di lavoro prevalentemente dai lavoratori delle strutture private.
Sono ancora le condizioni economiche e i ritmi/orari di lavoro ad emergere come elementi critici
nelle aspettative degli operatori rispetto all’evoluzione del proprio lavoro nei prossimi cinque
anni. In particolare, il pessimismo rispetto al trattamento economico prevale tra gli
ultracinquantenni (52,5% degli over 50 su 49,6% totale), soprattutto donne (53,5% su 49,5%).
Invece, il peggioramento dei ritmi e degli orari di lavoro è maggiormente presente nelle
previsioni degli uomini appartenenti alle classi di età più giovani (71,1% degli under 50 su 65,1%
totale). La criticità di questo aspetto del lavoro in sanità è rafforzata anche dal fatto che tutti i
rispondenti l’hanno indicata come causa principale di progressivo aggravio e rischio lavorativo
all’aumentare dell’età; sono soprattutto gli operatori più giovani e in particolare gli uomini ad
esprimere questa opinione, manifestando, in tal modo, una certa preoccupazione per la
sostenibilità del proprio lavoro in una prospettiva di invecchiamento (figura 2). Infine, oltre il
50% dei rispondenti, senza particolari distinzioni di genere ed età, sembra non intravedere
alcuna possibilità di sviluppo professionale, con opportunità di carriera e livello di autonomia
decisionale ritenuti immutabili nei prossimi cinque anni.
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Figura 2.
Secondo te, superati i 50 anni cosa diventa più faticoso o rischioso nel tuo lavoro (%)
80,0%
Lavoro a turni
70,0%
Turno di notte
60,0%
Lavorare festivi
Turni supplementari
50,0%
Sforzo fisico
40,0%
Ritmi di lavoro intensi
30,0%
Spostamenti quotidiani
Trasferte lavoro
20,0%
Visite/Ass. domicilio
10,0%
35-49
50-59
Fonte: elaborazioni su dati Inapp 2022
Anche la dimensione relativa all’uscita dal lavoro merita una riflessione in una prospettiva di
sviluppo delle misure di age management nel comparto sanità. Infatti, il problema
dell’intensità/gravosità del lavoro è da considerare anche alla luce delle opinioni espresse dal
gruppo dei rispondenti in merito alle ricadute che si ritiene potranno avere i numerosi
pensionamenti previsti nei prossimi anni sulla propria situazione lavorativa. Fatta eccezione per i
più giovani, che intravedono un’opportunità per ‘svecchiare’ il personale (circa 74% tra gli under
35), in tutte le altre classi di età prevale il timore di un aggravio di lavoro per coloro che rimarranno
in servizio, con percentuali progressivamente più elevate all’aumentare dell’età e un’incidenza
media che sfiora il 76% per il totale degli ultracinquantenni. Inoltre, lo scenario così dipinto dal
gruppo dei rispondenti sulle proprie condizioni di lavoro, complessivamente abbastanza negativo
sia per quanto riguarda la situazione attuale, che per le aspettative nel prossimo futuro, sembrano
giustificare i risultati dei dati riguardanti le opinioni relative ai tempi di uscita dal lavoro. L’80%
circa prevede di andare in pensione entro i prossimi 10 anni (di cui oltre il 33% entro 5), ma circa
il 28% del totale afferma di essere interessato ad un’eventuale possibilità di ritiro anticipato,
anche se ciò significasse una riduzione dell’assegno mensile del 20-30%. Si tratta di una
percentuale non trascurabile, se si considera che non sono i lavoratori più anziani, con una lunga
carriera alle spalle, stanchi e desiderosi di accorciare i tempi per ‘tagliare il traguardo’, i più attratti
da una soluzione di questo tipo; al contrario, la maggiore incidenza si evidenzia nelle classi di età
più giovani, in particolare tra gli uomini (33,3% tra gli under 34 e 34,3% nella classe 35-49),
evidentemente più preoccupati per l’ulteriore impegno e il peggioramento di alcune condizioni
lavorative che prevedono di dover affrontare nel corso di una vita lavorativa giocoforza
prolungata.
Digitalizzazione e competenze digitali in sanità
L’esperienza pandemica ha messo in evidenza come un sistema sanitario sostenibile, resiliente ed
equo, non possa prescindere dalla necessità di ripensare il sistema stesso attraverso la diffusione
delle tecnologie digitali, volte a rendere processi e servizi più efficienti e più vicini alle esigenze
dei cittadini, dei pazienti e del personale sanitario.
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Negli ultimi anni si è assisto a un’accelerazione verso la transizione digitale nel settore sanitario;
è quanto emerge anche dai risultati della ricerca, che evidenziano come la quasi totalità dei
rispondenti (99%) abbia utilizzato almeno una tecnologia nell’esercizio del proprio lavoro. Tale
dato, tuttavia, cela uno squilibrio nell’uso delle diverse tipologie di tecnologia e mette in luce limiti
e difficoltà nel loro utilizzo.
Una quota significativa dei rispondenti, difatti, ha fatto prevalentemente ricorso a quelle
tecnologie strumentali, amministrativo-gestionali che favoriscono l’integrazione tra servizi e