
(AGENPARL) – gio 03 agosto 2023 Approfondimenti della
APPROFONDIMENTO
APPROFONDIMENTO DEL 03/08/2023
RIFLESSIONI SUL CONTRATTO A TERMINE
DOPO LA CONVERSIONE DEL D.L. 48/23
PREMESSA
Con l’articolo 24 del decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 (c.d. Decreto Calderone),
convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85 (in G.U. 03/07/2023, n. 153), il
legislatore ha ulteriormente modificato la disciplina del tempo determinato.
In particolare, la regola della proroga libera del contratto a termine nei primi 12 mesi
viene estesa anche ai c.d. “rinnovi”. Pertanto, il contratto potrà essere non solo prorogato
ma anche rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza
delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.
Infine, nell’elaborato viene definito l’ambito applicativo del comma 1-ter dell’art. 24 del
D.L. n. 48/2023.
APPROFONDIMENTO
IL NUOVO TEMPO DETERMINATO
Con l’articolo 24 del decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 (c.d. Decreto Calderone),
convertito con modificazioni dalla L. 3 luglio 2023, n. 85 (in G.U. 03/07/2023, n. 153), il
legislatore ha disposto che: “all’articolo 19, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81,
sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1, le lettere a), b), b-bis) sono sostituite
dalle seguenti: «a) nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51; b) in assenza
delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque
entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate
dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.»; b) il comma 1.1. è abrogato”.
La “nuova regola” risultante dalla novella legislativa è la seguente:
al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non
superiore a dodici mesi (c.d. periodo a-causale);
il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i
ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
a. nei casi previsti dai contratti collettivi di cui all’articolo 51, D.Lgs. n. 81/2015;
b. in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in
azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica,
organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori;
è possibile utilizzare l’istituto della proroga per un massimo di quattro volte
nell’arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti.
Nel testo legislativo si delegano le parti sociali ai fini della individuazione delle esigenze
necessarie legittimanti la causalità del contratto a termine. Va tenuto presente che un
ruolo fondamentale viene attribuito alla contrattazione collettiva comparativamente più
rappresentativa sul piano nazionale e ai contratti collettivi aziendali stipulati dalle
rappresentanze sindacali aziendali, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria della
stessa contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa.
Dal tenore complessivo della previsione normativa appare evidente l’intenzione del
legislatore di affidare, come detto, alla contrattazione collettiva il ruolo centrale di
definire i casi in cui è possibile ricorrere al contratto a tempo determinato, prevedendo
inoltre un periodo transitorio nelle more dell’esercizio di tale delega dalle parti sociali e
perciò riconoscendo, fino al 30 aprile 2024, l’utilizzabilità delle ipotesi contenute dai
contratti collettivi vigenti e già applicati al rapporto di lavoro o, in mancanza,
demandando alle parti il compito di individuare le esigenze oggettive che richiedono
l’apposizione del termine al contratto di lavoro.
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La legge di conversione ha modificato il comma 01 dell’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2015,
rubricato “Proroghe e rinnovi”. La regola della proroga libera del contratto a termine nei
primi 12 mesi viene estesa anche ai c.d. “rinnovi”. Pertanto, il contratto potrà essere non
solo prorogato ma anche rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente,
solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.
Tale scelta legislativa, che introduce un ambito di acausalità nella fattispecie del rinnovo
non eccedente i 12 mesi, rappresenta una importante novità, che sostituisce l’altrimenti
diverso trattamento giuridico tra la proroga, mero spostamento in avanti del termine,
ceteris paribus, e il rinnovo, che implica invece una ricostituzione del rapporto di lavoro
anche con contenuti diversi. Giova ricordare che i contratti per attività stagionali potranno
continuare a essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo
19, comma 1, su citato.
La legge 3 luglio 2023, n. 85, con cui è stato convertito il D.L. n. 48/23, ha introdotto il
comma 1-ter all’art. 24 del provvedimento menzionato, secondo cui “Ai fini del computo
del termine di dodici mesi previsto dall’articolo 19, comma 1, e dall’articolo 21, comma 01,
del decreto legislativo n. 81 del 2015, come modificati dai commi 1 e 1-bis del presente
articolo, si tiene conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto”.
Sembra opportuno porre l’attenzione all’ambito applicativo della norma. L’art. 19,
comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, rubricato “Apposizione del termine e durata massima”,
prevede che:
“Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a
dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i
ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) nei casi previsti
dai contratti collettivi di cui all’articolo 51; b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a),
nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di
natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti; b-bis) in sostituzione di altri
lavoratori”.
L’art. 21, comma 01, D.Lgs. 81/2015, rubricato “Proroghe e rinnovi” prevede che:
“Il contratto può essere prorogato e rinnovato liberamente nei primi dodici mesi e,
successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di
violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo
indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono
essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1”.
Orbene, considerato che il comma 1-ter dell’art. 24 del D.L. n. 48/23 impone di tenere
conto dei soli contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto
medesimo, “ai fini del computo del termine di dodici mesi previsto dall’articolo 19, comma
1, e dall’articolo 21, comma 01, del decreto legislativo n. 81 del 2015, come modificati dai
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commi 1 e 1-bis del presente articolo”, la norma appare dover essere correttamente intesa
nel senso che nel momento in cui si sottoscrive un nuovo rapporto di lavoro a tempo
determinato – o anche una proroga o un rinnovo di altro contratto già in essere, per
effetto dell’esplicito richiamo dell’art. 21, co. 01, del D.Lgs. n. 81/2015 – ai fini della verifica
del superamento dei dodici mesi, e dunque della necessità di prevedere l’apposizione
della causale, rileva soltanto il periodo intercorso dopo il 5 maggio 2023, essendo del
tutto indifferente l’eventuale presenza di un precedente rapporto contrattuale, proprio
per effetto della esplicita esclusione operata dal richiamato comma 1-ter. Ciò,
evidentemente, sempre nel rispetto del limite massimo di ventiquattro mesi.
Tale interpretazione sembra preferirsi a quella secondo cui la regola introdotta dal
comma 1-ter dell’art. 24 del D.L. n. 48/23 vada riferita alla sola fattispecie dei rinnovi che,
come noto, costituiscono un nuovo contratto, mentre la proroga rappresenta
unicamente la volontà delle parti di spostare in avanti la scadenza di un contratto già in
essere. Infatti, l’esplicito richiamo dell’art. 21, co. 01, del D.Lgs. n. 81/2015, inserito dal
legislatore senza alcuna distinzione tra rinnovi e proroghe, sembrerebbe non
permettere altra interpretazione.