
(AGENPARL) – lun 31 luglio 2023 BOLOGNA, 31 luglio 2023
Cosa cambierebbe davvero con l’introduzione del salario minimo?
“Nessuno potrebbe non essere d’accordo con un aumento salariale per i lavoratori. Ma occorre precisare alcune cose e fare alcuni distinguo, soprattutto nelle modalità in cui si raggiunge l’aumentoâ€. A dirlo è Filippo Diaco, Presidente del Patronato Acli di Bologna, che oggi ha presentato in conferenza stampa alcune riflessioni sul salario minimo. “Il contratto del lavoro domestico, ad esempio, per la sua natura particolare dovrebbe restare fuori dall’aumento: i datori di lavoro, già fragili perché anziani o disabili, non possono sostenere una spesa che diventerebbe di circa 30.000€ l’anno per una badante che, tra l’altro, gode già di vitto e alloggio†ha precisato Diaco. Le Acli bolognesi prendono ad esempio il modello francese, “che vede una compartecipazione diretta dello Stato alla spesa per l’assistenza domestica, grazie a un articolato sistema di aiuti come assegni, esoneri contributivi e credito d’imposta, fino a dimezzare il carico sulle famiglieâ€. Allo stesso modo, l’aumento di punto in bianco del salario di certe categorie, come quelle agricole, già interessate dal triste fenomeno del lavoro nero, “potrebbe aumentare ancora di più l’irregolarità â€, è l’opinione del Presidente del Patronato.
Non solo: “un aumento salariale cui non consegua un adeguamento delle politiche di welfare rischia di far perdere dei benefici ai diretti interessatiâ€, prosegue Chiara Pazzaglia, Presidente provinciale delle Acli di Bologna. “I settori che sarebbero maggiormente coinvolti dalla misura sono proprio quelli in cui è maggiore il ricorso al lavoro nero e grigioâ€, precisa Pazzaglia. Peraltro, “bisognerebbe prima studiare al meglio le variazioni Isee conseguenti l’adeguamento salariale, per non rischiare che un maggior reddito infici il welfare familiareâ€. Un modo corretto di agire, secondo le Acli, “potrebbe essere prima di tutto quello di diminuire la pressione fiscale sui datori di lavoro, diminuendo il gap esistente tra ‘lordo’ e ‘netto’ retributivoâ€, anche perché “l’introduzione del salario minimo a 9€ in molti casi comporterebbe un aumento netto in busta paga di poche centinaia di euro l’anno, a fronte, magari, della perdita di altri bonusâ€.
Per quanto riguarda, in particolare, il lavoro domestico, è stato il Direttore del Patronato, Matteo Mariottini, a fare il punto: con l’adeguamento contrattuale del 2023, le retribuzioni minime contrattuali del CCNL del lavoro domestico sono aumentate del 9,2% e i valori convenzionali di vitto e alloggio sono aumentati dell’11,5%â€, spiega. Già a fronte di questo aumento, sono sempre di più le famiglie che non riescono a sostenerlo e “le stime dell’Associazione Domina denunciano già un aumento del lavoro irregolareâ€. Se si prende a riferimento, ad esempio, una badante assunta a tempo indeterminato con contratto full time (54h settimanali), convivente, sulla base degli aumenti sopra riportati, nel 2023 rispetto al 2022 “lo stipendio mensile della lavoratrice sul minimo contrattuale è passato da 960,00€ a 1.050,00€, è quindi aumentato di 90,00€; il costo annuo per la famiglia datrice di lavoro è passato da 17.178,00€ a 18.758,00€, è quindi aumentato di 1.600,00۠spiega Mariottini. L’introduzione del salario minimo orario di 9,00€ per il lavoro domestico, nella fattispecie presa ad esempio di badante assunta con contratto a tempo indeterminato full time convivente determinerebbe che:
lo stipendio mensile della lavoratrice sul minimo contrattuale passerebbe da 1.050,00€ a 1.700,00€, con un aumento quindi di 650,00€;
il costo annuo per la famiglia datrice di lavoro passerebbe da 18.758,00€ a 27.800,00, con un aumento quindi di più di 9.000,00€.
“Salvo interventi al momento non previsti/prevedibili, l’aumento dello stipendio mensile della lavoratrice e del costo annuale per la famiglia datrice di lavoro che si andrebbe a determinare con l’introduzione del salario minimo orario di 9,00€ nel lavoro domestico,sarebbe tutto spostato sulla retribuzione corrente e differita (TFR)†prosegue Mariottini, “in quanto l’importo delle retribuzioni minime convenzionali su cui si calcola l’importo dei contributi da versare all’INPS continuerebbe, come adesso, ad essere “agganciato†alla variazione annuale dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
Ciò significa che non subirebbero variazioni:
per la lavoratrice, il trattamento pensionistico così come le prestazioni a sostegno del reddito garantite a valere sull’assicurazione INPS a copertura di eventi durante la carriera lavorativa (vd. ad esempio la NASpI a copertura della disoccupazione involontaria);
il costo annuale per contributi INPS, sia nella quota a carico della lavoratrice che in quella a carico del datore di lavoro.