
(AGENPARL) – gio 27 luglio 2023 SEGRETERIE NAZIONALI
Comunicato stampa
Ex Ilva, il momento delle decisioni
La vertenza ex Ilva-Acciaierie d’Italia per Fim-Cisl, Fiom-Cgil e UILM-Uilm resta una delle
vertenze di cui si attende da troppi anni una soluzione definitiva per un vero rilancio di un
asset strategico per il nostro Paese.
Siamo ancora una volta a sollecitare una risposta dal Governo in questa direzione
evidenziando la drammaticità sociale ed industriale che potrebbe, in mancanza di un
intervento immediato, precipitare irrimediabilmente in una crisi irreversibile.
Denunciamo per l’ennesima volta lo stato dell’arte del più grande gruppo siderurgico italiano:
Il piano industriale posto alla base dell’accordo sottoscritto in sede ministero ex Sviluppo
Economico il 6 settembre 2018 non è stato formalmente modificato ma nei fatti mai
applicato, a partire dalla ripartenza di AFO5, fondamentale per il rilancio di Taranto e
necessario per l’alimentazione di coils per tutti gli altri stabilimenti del gruppo.
Il potenziale livello produttivo di sei milioni di tonnellate annui non è stato mai raggiunto e per
l’anno in corso forse si raggiungeranno, ancora una volta, poco più di tre milioni di tonnellate
di acciaio.
Dal 2018, anno in cui è stato preso in carico da ArcelorMittal l’ex gruppo Ilva, non sono stati
effettuati gli investimenti necessari a garantire la buona tenuta produttiva degli impianti ma
principalmente le condizioni di sicurezza degli stessi; gli interventi effettuati sugli altoforni
sono stati quelli necessari per mantenerli in marcia minima; gli impianti di finitura e tutta la
filiera a valle come i anche i tubifici sono stati fermati. Complessivamente, gli stabilimenti
hanno registrato un peggioramento delle condizioni impiantistiche e dello stato degli
ambienti di lavoro. Sono recentissimi gli ennesimi gravissimi incidenti registrati sia nello
stabilimento di Novi Ligure con la caduta dalla pinza di una gru di un coil, di diverse tonnellate,
che solo per fortuna non ha coinvolto nessun lavoratore che nello stabilimento di Taranto
dove ha preso fuoco un autobus per il trasporto del personale. Questi sono solo gli ennesimi
episodi sulla mancanza di manutenzione degli impianti.
Non sono mai state rese note le modalità di utilizzo e la destinazione dei 680 milioni di euro
di fondi pubblici nonostante gli impegni dichiarati e non realizzati dall’azienda.
Peraltro la recente “piccola†ripresa produttiva dovuta alla ripartenza di Afo2 è servita ad
Acciaierie d’Italia soltanto per vendere i semilavorati anziché, come sarebbe stato più logico,
a farli trasformare negli altri stabilimenti del gruppo, nei quali invece è aumentato
paradossalmente il ricorso alla cassa integrazione.
Dal 2019 si è fatto ricorso ininterrottamente alla cassa integrazione prima ordinaria,
successivamente Covid e poi straordinaria con causale “riorganizzazioneâ€, autorizzata dal
Ministero del Lavoro senza una valida giustificazione e senza alcun controllo sul rispetto di
applicazione della normativa vigente. In questi anni, anche nelle fasi di massima richiesta di
acciaio da parte del mercato è stata utilizzata la CIG. A tutt’oggi sono a carico delle casse
statali 3000 lavoratori Acciaierie d’Italia, 1600 in Ilva A.S. ed altrettanti delle ditte di
subappalto.
Il subappalto, con attività prima esternalizzate, poi successivamente internalizzate e poi
nuovamente parzialmente esternalizzate, al pari della CIG, ha seguito logiche
esclusivamente finalizzate al massimo “risparmioâ€.
La gestione economica e finanziaria è stata sempre poco trasparente certificata lo scorso 3
maggio giorno in cui si è tenuta l’assemblea della holding che controlla Acciaierie d’Italia e
che ha prodotto un documento in cui è stata registrata la denuncia di Invitalia in merito alla
mancanza di informazioni e aggiornamenti fondamentali al socio pubblico, in particolare, il
mancato rispetto degli accordi da parte di ArcelorMittal. Invitalia, infatti, ha fatto presente
che vi sono proiezioni finanziarie mai condivise coi soci e che “incidono di fatto sul piano
industriale allegato all’accordo d’investimentoâ€. Anche per valutare le “potenzialità e
capacità della società di raggiungere i convenuti livelli di produzione e di generare
sufficienti risorse finanziarie per rendere possibile la prosecuzione delle attività â€.
Nonostante le dichiarazioni aziendali sul raggiungimento di oltre il 90% delle prescrizioni
previste dall’AIA, ad oggi manca il pieno completamento degli adempimenti previsti.
Infine, con il ritardo del pagamento dei flexible benefit previsti dal CCNL metalmeccanico e
la retribuzione del mese di giugno pagata con i valori previsti dalla cassa integrazione pur
in assenza dell’autorizzazione del decreto ministeriale, Acciaierie d’Italia ha violato contratto
nazionale e normative di legge.
Nei prossimi giorni si terranno i consigli di fabbrica in tutti i siti ex Ilva per discutere
delle future iniziative a livello territoriale e, successivamente, assumere le decisioni
su iniziative a livello nazionale a sostegno della vertenza.
Chiediamo al Governo che si assuma la responsabilità di decidere sul destino di oltre
20.000 lavoratori dell’ex Ilva e del suo indotto, dell’economia e dell’ambiente di interi
territori da cui dipende e non lasciarlo nelle mani di una multinazionale che, per le
suddette questioni, ha mostrato il disinteresse nel rilancio di Acciaierie d’Italia.
Prima che sia troppo tardi, il Governo assuma la maggioranza nella gestione del
gruppo ex Ilva per preservarne il valore nell’interesse strategico nazionale, fermando
una volta per tutte la spirale in cui l’attuale governance consente al socio privato di
continuare a guadagnare, scaricando le perdite su Acciaierie d’Italia, e perseverando
nel fare utili a scapito degli investimenti, della sicurezza degli impianti e
dell’ambiente.
Uffici Stampa Fim, Fiom, Uilm Nazionali
Roma, 27 luglio 2023