
(AGENPARL) – gio 06 luglio 2023 INDICE
Comunicato stampa
Scheda tecnica
Selezione opere per la stampa
«LA PEINTURE N’EST PAS UNE CARESSE» di Arturo Galansino
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra (testo dal catalogo)
Percorso espositivo (testo dal catalogo)
APPROFONDIMENTI
Yan Pei-Ming secondo Yan Pei-Ming: citazioni dell’artista sui temi della sua arte
Personaggi e riferimenti nelle opere di Yan Pei-MIng
Yan Pei-Ming. Pittore di storie
7 luglio – 3 settembre 2023
Yan Pei-Ming irrompe a Palazzo Strozzi con le sue tele monumentali che uniscono storia e contemporaneità.
Celebri opere d’arte, personaggi pubblici e soggetti intimi dialogano nella sua opera per riflettere sulla condizione
umana tra forme convenzionali e attualità, realtà e immaginazione.
Dal 7 luglio al 3 settembre 2023 Palazzo Strozzi a Firenze presenta Yan Pei-Ming. Pittore di storie, la più grande
mostra mai dedicata in Italia all’artista franco-cinese, parte del progetto Palazzo Strozzi Future Art sviluppato con la
Fondazione Hillary Merkus Recordati. A cura di Arturo Galansino, l’esposizione propone un percorso di oltre trenta
opere che permettono di esplorare la potente e originale ricerca dell’artista sulla relazione tra immagine e realtà, in
un cortocircuito tra vita personale e storia collettiva, simboli e icone della cultura e della storia dell’arte tra Oriente e
Occidente.
Celebre per una profonda e appassionata riflessione sulla pittura nell’arte di oggi, Yan Pei-Ming invita a ripensare il
rapporto tra storia e contemporaneità, memoria e presente. Esplorando generi come il ritratto, il paesaggio, la
natura morta e la pittura di storia, i suoi dipinti prendono vita a partire dal modello di immagini fotografiche
estrapolate da fonti diverse, come immagini personali, copertine di giornali, still cinematografici o celebri opere
della storia dell’arte. Yan Pei-Ming ci porta a riflettere sulla contraddizione tra realtà e rappresentazione, verità e
costruzione delle immagini, tema sempre più centrale nell’era della riproduzione e della condivisione digitale della
storia pubblica e delle nostre vite private.
È così che in mostra si alternano monumentali autoritratti e ritratti della madre e del padre o di personaggi storici
come Mao Zedong e Adolf Hitler insieme a originali reinterpretazioni di opere come la Monna Lisa di Leonardo o
l’Innocenzo X di Velázquez o di due copertine della rivista «Time» dedicate rispettivamente nel 2008 al presidente
russo Vladimir Putin e nel 2022 a quello ucraino Volodymyr Zelensky. In diretta connessione con l’Italia l’esposizione
ospita inoltre una sequenza di dipinti legati a celebri immagini fotografiche che hanno documentato drammatici
momenti della storia italiana del Novecento, in una sorta di trilogia di deposizioni laiche: l’esposizione a testa in giù
dei corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci a Piazzale Loreto a Milano nel 1945; il corpo riverso di Pier Paolo
Pasolini all’idroscalo di Ostia nel 1975; il ritrovamento di Aldo Moro nel bagagliaio di un’auto a Roma nel 1978.
Nato a Shanghai nel 1960, Yan Pei-Ming si trasferisce nel 1980 in Francia, dove oggi vive e lavora. Come egli stesso
afferma: «Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista». Cresciuto in Cina
durante la Rivoluzione Culturale, si è infatti formato sulla storia dell’arte europea fondendo insieme tecniche, fonti e
temi che ibridano Oriente e Occidente. Fondamentali per l’artista sono modelli iconografici della cultura visiva
occidentale, ma a questi si uniscono anche soggetti che rimandano in maniera diretta alla Cina come le figure della
tigre e del dragone o quelle di Mao e Bruce Lee, mito della sua infanzia e iconico anello di congiunzione tra Ovest ed
Est, Hollywood e Hong Kong.
Yan Pei-Ming è pittore di storia e di storie: “pittore di storia” quando rilegge momenti iconici del passato anche
recente, ma anche “pittore di storie” personali. Come egli stesso afferma: «non sono un pittore romantico, sono un
pittore del nostro tempo». Ritraendo sé stesso e i propri familiari o celebri figure o momenti storici, Yan Pei-Ming
esalta un rapporto diretto e quasi brutale con i propri modelli attraverso uno stile basato su pennellate vigorose e
ampie stese direttamente senza disegni preparatori. Egli stesso si definisce “pittore d’assalto”: Yan Pei-Ming attacca
la tela con grande energia, quasi in un corpo a corpo con la materia pittorica. La tavolozza è spesso bicolore: nera e
bianca, rossa e bianca, blu e bianca. Il colore diviene un modo per amplificare la forza espressiva dei suoi quadri,
spesso creati in formati monumentali, in cui lo spettatore sembra poter “entrare”. Le immagini diventano quasi
astratte a distanza ravvicinata, macchie di colore che si intrecciano e sovrappongono, acquisendo nitidezza solo da
lontano. La stessa nitidezza che si può percepire per avvenimenti di un passato prossimo, che necessitano di un
distacco cronologico per essere compresi e analizzati.
“La pittura di Yan Pei-Ming è potente e diretta, come dice lui stesso: “non è una carezza”, afferma Arturo Galansino,
Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi e curatore della mostra. “Con questa mostra Palazzo Strozzi
prosegue la sua missione nel creare un dialogo tra passato e presente, coinvolgendo artisti che sanno interpretare il
nostro tempo. Yan Pei-Ming riflette sulla condizione umana, fondendo insieme fonti diverse tra realtà e
immaginazione, vita privata e storia pubblica. È pittore di storie e non solo di Storia perché nella sua pittura si
ritrovano immagini che hanno segnato il passato recente assieme a capolavori della storia dell’arte e al racconto
intimo della propria vicenda personale. L’artista esplora le potenzialità della pittura e la capacità di questo mezzo di
essere attuale, accessibile e coinvolgente per tutti”.
‘Continua il nostro percorso virtuoso a fianco di Palazzo Strozzi con un evento straordinario – conclude Andy
Bianchedi, Presidente della Fondazione Hillary Merkus Recordati – luminoso compendio di ‘turbamento’ e orgoglio.
Yan Pei-Ming è un artista visionario, un vero pittore ‘d’assalto’, immaginifico e coraggioso che obbliga chiunque si
avvicini al suo talento a rispecchiarsi in una irreversibile sintesi tra presente e passato. Ogni sua opera, ogni suo
segno invitano, anzi obbligano a pensare e ripensare, come ribadito dai suoi estimatori, in un salto temporale infinito,
sublimato in una tempesta perfetta che avvolge e stravolge, in tutta la sua potenza visuale ed emotiva, gli animi
sensibili’.
La mostra è promossa e organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze come parte del progetto Palazzo Strozzi
Future Art sviluppato con la Fondazione Hillary Merkus Recordati. Main supporter: Fondazione CR Firenze.
Sostenitori: Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Intesa Sanpaolo, Comitato dei
Partner di Palazzo Strozzi. Con il contributo di Città Metropolitana di Firenze. Si ringraziano MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery.
Biografia
Yan Pei-Ming è nato a Shanghai nel 1960 ed è cresciuto nel momento del culmine del culto della personalità di Mao e della
Rivoluzione culturale. Nel 1978, due anni dopo la morte del Grande Timoniere, il regime comunista cinese ha intrapreso un
ampio programma di “deMaozzazione” e liberalizzazione. Verso la fine della Primavera di Pechino la domanda di
ammissione di Yan Pei-Ming all’Accademia di Arte e Design di Shanghai è stata respinta. Nel 1980, approfittando della
riforma dell’istruzione introdotta da Deng Xiaoping nel 1977 che permette agli studenti cinesi di studiare all’estero, ha
lasciato la Cina per la Francia. Nel 1981 ha iniziato a studiare all’École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Digione,
diplomandosi cinque anni dopo. Ben presto ha incontrato il successo con i suoi ritratti monocromatici, in particolare di
Mao Zedong, che combinano tradizione occidentale e riferimenti culturali cinesi.
Il contributo di Yan Pei-Ming alla Biennale di Venezia del 2003 lo ha consacrato come figura di spicco della scena artistica
internazionale. Sei anni dopo il Louvre lo ha invitato a confrontarsi con la Gioconda in una serie di dipinti intitolata Les
Funérailles de Monna Lisa. Negli ultimi anni ha tenuto mostre personali al Des Moines Art Center, Des Moines, 2008;
all’Ullens Center for Contemporary Art, Pechino, 2009; al QMA Gallery, Doha, 2012; al Beijing Center for the Arts, Pechino,
2014; al CAC Málaga, Málaga, 2015; a Villa Medici, Roma, 2016; al Museo Belvedere, Vienna, 2016.
Nel 2019, in occasione del bicentenario della nascita di Gustave Courbet, Yan Pei-Ming si è confrontato col pittore in due
mostre, allestite al Musée Courbet di Ornans e al Musée du Petit Palais di Parigi. Contemporaneamente ha realizzato, al
Musée d’Orsay, Un enterrement à Shanghai (Montagne céleste, Ma mère, L’adieu), un trittico monumentale, come
omaggio alla madre scomparsa. A queste è seguita una mostra che ha esplorato l’opera di Yan Pei-Ming attraverso la sua
storia personale al Musée Unterlinden, Colmar, 2021, mentre si è interrogato sull’ambiguità del potere e della sua
rappresentazione alla Collection Lambert e al Palais des Papes, Avignone, 2021. Nel 2023, oltre alla mostra alla Fondazione
Palazzo Strozzi, la sua opera sarà esposta al Francisco Carolinum, Linz e al Museum of Contemporary Art San Diego, San
Diego (MCASD). Yan Pei-Ming vive e lavora tra Parigi e Digione.
SCHEDA TECNICA
Titolo
Yan Pei-Ming. Pittore di storie
Firenze, Palazzo Strozzi
Periodo
7 luglio – 3 settembre 2023
A cura di
Arturo Galansino
Promossa e organizzata da
Fondazione Palazzo Strozzi e Fondazione Hillary Merkus Recordati
come parte del progetto Palazzo Strozzi Future Art
Main Supporter
Fondazione CR Firenze
Sostenitori istituzionali
Comune di Firenze, Regione Toscana, Camera di Commercio di Firenze, Intesa
Sanpaolo, Comitato dei Partner di Palazzo Strozzi
Con il contributo di
Città Metropolitana di Firenze
Si ringraziano
MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Sponsor: Unicoop Firenze. Partner tecnici: Trenitalia, laFeltrinelli, Toscana Aeroporti, Autolinee Toscane, Rinascente,
Ufficio Turismo Città Metropolitana di Firenze, Destination Florence Convention & Visitors Bureau.
Ufficio stampa
Fondazione Palazzo Strozzi:
Sutton:
Comunicazione e Promozione
Catalogo
Marsilio Arte
Informazioni e prenotazioni
Orari e Biglietti
http://www.palazzostrozzi.org
SELEZIONE IMMAGINI PER LA STAMPA
Nom d’un chien ! Un jour
parfait
trittico, olio su tela, n. 2
cm 400 x 280 ciascuno
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023.
Ma mère
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023.
Bouddha pour ma mère
olio su tela, cm 300 × 200
Courtesy
MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023
Les Funérailles de Monna Lisa
polittico, 5 tele
olio su tela, tela n. 3, cm 280 ×
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023.
Exécution, après Goya
olio su tela, cm 280 × 400
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023.
Marat (13 July 1793, Paris)
trittico, olio su tela
cm 180 × 180 ciascuno
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP,
Paris, 2023.
Napoleon, Crowning Himself
Emperor – Purple
olio su tela, cm 200 × 100
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
2023.
Pape Innocent X bleu
olio su tela, cm 250 × 200
Collezione privata
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Vladimir Putin, Tsar of The New
Russia
trittico, acquarello su carta
cm 210 × 154 ciascuno
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
2023.
Volodymyr Zelensky & The
Spirit of Ukraine
trittico, acquarello su carta
cm 76 × 54 ciascuno
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Champ de crânes rouges
acquarello su carta,
cm 154 x 405
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Mao rouge
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
2023.
Bruce Lee
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Photography:
Alessandro Zambianchi © Yan
Pei-Ming, ADAGP, Paris, 2023.
Tigre rouge vermillion de Chine
olio su tela, cm 240 × 280
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Aldo Moro (9 May 1978, Rome)
olio su tela, cm 250 × 300
Collezione privata
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
2023.
Ostia, due novembre 1975
olio su tela, cm 250 × 300
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Crucifixion (Il Vangelo secondo
Matteo)
olio su tela, cm 400 × 300
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Hitler, d’après Hubert
Lanzinger
olio su tela, cm 280 × 280
Collezione privata – Courtesy M.
Ars SA
Photography: André Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
2023.
29 aprile 1945, Piazzale Loreto,
Milano
olio su tela, cm 350 × 200
Collezione privata
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
Chien hurlant
olio su tela, cm 240 × 280
Courtesy MASSIMODECARLO e
Thaddaeus Ropac gallery
Photography: Clérin-Morin
© Yan Pei-Ming, ADAGP, Paris,
«LA PEINTURE N’EST PAS UNE CARESSE»
di Arturo Galansino (testo dal catalogo)
«Dipingo con molti sentimenti personali. Quando si parla di sentimento nella pittura contemporanea
si risulta sempre un po’ sospetti. Pare non si debba mai utilizzare l’emozione, il cuore, io faccio
esattamente il contrario! La pittura mi parla, parla allo spettatore, parla del suo tempo. Voglio essere
attore della mia epoca»
La mostra Yan Pei-Ming. Pittore di storie esplora le potenzialità della pittura, tecnica tradizionale per eccellenza, e la
capacità di questo mezzo di poter parlare della nostra storia in maniera accessibile e diretta. Yan Pei- Ming è infatti
pittore di Storia e di storie perché nella sua pittura si ritrovano immagini che hanno segnato il passato recente assieme
alle invenzioni dei grandi maestri della storia dell’arte e al racconto intimo della propria vicenda personale ed
esistenziale.
«Per me il soggetto stesso è la pittura»
In un dialogo continuo e condiviso tra Storia, storia delle immagini e autobiografia, nei quadri di Yan Pei-Ming i
contenuti si riverberano, rispecchiandosi l’un l’altro in tempi e luoghi diversi, tra Oriente e Occidente. Una
commistione spesso allusiva e misteriosa, come in Les Funérailles de Monna Lisa, una delle composizioni più famose
dell’artista, dove la riproduzione in grande scala del più celebre ritratto al mondo, noto anche nella Cina della
Rivoluzione culturale dove l’artista è cresciuto, viene inserita in un ampio paesaggio e affiancata al ritratto del padre
del pittore e a un autoritratto, entrambi sul letto di morte.
«Il ritratto è una riflessione sul passare del tempo. In questo caso, Monna Lisa rappresenta una
metafora del tempo nel suo infinito»
Yan Pei-Ming ci ripete spesso che «la pittura non è una carezza». Quest’affermazione esprime la consapevolezza della
forza della sua arte, incarnandone lo stile dirompente, i soggetti affrontati drammatici e spesso disturbanti, e la
pratica costante e quotidiana nello studio: un rapporto diretto con la pittura che diventa vitale, esistenziale e spesso
catartico. Più a suo agio con i pennelli che con le teorie, l’artista ha sempre dipinto utilizzando la figurazione imparata
in gioventù a Shanghai, nonostante all’epoca dei suoi esordi in Francia questa fosse tutt’altro che in voga, e riuscendo
a farsi accettare anche dagli ambienti più concettuali della École Nationale Supérieure des Beaux Arts di Digione, dove
arrivò come studente all’inizio degli anni Ottanta. Egli ama definirsi «pittore d’assalto» poiché quando dipinge attacca
la tela con energia, con pennellate vigorose e ampie stese direttamente sul supporto, senza disegni preparatori,
creando le figure con rapidità, grazie a pochi gesti sicuri e quasi rituali. I suoi lavori sono sovente di dimensioni
monumentali e per poterli realizzare egli deve impiegare estensioni, impalcature o piattaforme aeree. In questi
imponenti lavori le immagini rappresentate appaiono quasi astratte a distanza ravvicinata, macchie di colore
intrecciate e sovrapposte che acquisiscono una forma definita solo da lontano.
«Per anni mi sono autocondannato a dipingere in bianco e nero. A un certo punto mi sono detto che
la condanna era un po’ pesante… L’assenza di colore era inizialmente deliberata, per poter forgiare
la mia personalità, per esistere»
Il suo stile riprende, facendola esplodere in formati giganteschi, la più illustre tradizione pittorica occidentale,
traslandola verso una tavolozza quasi sempre bicolore. Inizialmente questa era esclusivamente nera e bianca, come
le foto che da giovane vedeva sui giornali, per poi includere il rosso, colore del sangue e della vita e, in seguito,
gradualmente, altri colori fino a giungere a effetti policromatici. Questa palette limitata contribuisce ad amplificare
la forza espressiva dei quadri e, a detta dell’artista, evita il confronto con i grandi maestri del passato a cui egli si ispira
ma dai quali al contempo vuole differenziarsi profondamente. Proprio per questa ridotta gamma cromatica, il
trattamento luministico della superficie pittorica, la resa delle luci e delle ombre esercitano una funzione sostanziale.
«Il mio lavoro è sempre orientato verso l’essere umano, l’uomo è al centro di ogni cosa, l’elemento
fondamentale del mio lavoro. Se mi chiedessero di creare un dipinto astratto, non credo che ci
riuscirei: io sono interessato agli esseri umani»
Sia quando guarda alla sua vicenda privata che quando affronta la grande pittura del passato o i fatti che hanno
segnato la grande Storia, Yan Pei-Ming predilige soggetti crudi e legati alla morte, da cui è ossessionato e che esorcizza
dipingendola, scegliendo di raffigurare il proprio funerale, di rappresentarsi giustiziato o crocifisso – come nel suo
primo autoritratto a figura intera, il trittico Nom d’un chien ! in cui il pittore si rappresenta crocifisso tre volte,
interpretando sia Cristo che i ladroni –, o in vanitas fatte di teschi che riproducono la TAC del suo cranio. In mostra la
sua storia personale viene raccontata attraverso il trauma della perdita dei genitori, e anche da immagini desunte
dalla sua gioventù a Shanghai, come dimostrano il ritratto della madre, il grande Buddha color ambra – presenza di
una devozione resistente anche all’ateismo della Cina di Mao –, gli animali vermigli dell’oroscopo cinese, come il drago
o la tigre, o la derivazione pop del Kung-Fu di Bruce Lee. All’immaginario cinese appartiene anche il grande Mao, icona
distante e onnipresente nella giovinezza dell’artista. Il ritratto è stato al centro dell’universo di Yan Pei-Ming ben
prima del suo arrivo in Europa e, nonostante fosse un genere considerato minore nella Cina di allora, sin da ragazzo
l’artista si esercitava disegnando e dipingendo i ritratti dei propri familiari. Furono però proprio i suoi ritratti del
“grande timoniere” a farlo conoscere inizialmente in Occidente, emancipandolo e al contempo legandolo
individualmente e indissolubilmente a una storia collettiva in cui quella immagine era imprescindibile.
«Mao per me è una specie di laboratorio. Faccio tutte le mie prove, i miei esperimenti sui suoi
ritratti»
Yan Pei-Ming affronta un volto arcinoto di cui ha sperimentato il culto della personalità, partendo perciò da una
prospettiva molto diversa rispetto a quanto abbiano fatto artisti come Gerhard Richter o Andy Warhol. Qui il volto
di Mao viene consapevolmente integrato nell’esistenza dell’artista, come un elemento che lega differenti momenti
della sua vita in modo quasi contradditorio: un’immagine che, onnipresente in Cina e simbolo di controllo e
mancanza di libertà di espressione, lo ha spinto a essere artista e a una nuova vita in Francia.
«Non faccio troppa distinzione tra Mao e mio padre […]. In Cina ci è stato sempre detto che Mao
era più importante di nostro padre. Io non ero d’accordo […]. Evidentemente è Mao il padre»
La riflessione sull’immagine del grande leader comunista apre idealmente la sua ricerca sui volti dei leader mondiali,
sulla loro immagine e sul loro carisma, tra cronaca e fascinazione, che ha portato il pittore a dipingere la sua serie
potenzialmente infinita dei Game of Power, ritratti del potere, che include capi di Stato, sovrani, dittatori, capi
religiosi. Per Yan Pei-Ming la pittura può essere un atto politico, come dimostrano i due ritratti, in mostra
contrapposti, di Putin e Zelensky entrambi ispirati alle copertine, una del 2007 e l’altra del 2022, che la rivista «Time»
dedica ogni anno a un personaggio che si sia particolarmente distinto a livello globale. Questa giustapposizione
evoca l’onnipresenza della guerra nella storia umana e trova un macabro riscontro nel grande acquarello con un
“campo di crani rossi”, una catasta di teschi immersa nel sangue che sembra grondare dalla tela.
«Non intendo praticare la nostalgia per la pittura antica: è solo un punto di appoggio per una rilettura.
Si tratta di comprendere la potenza di Caravaggio e di precipitare immediatamente nella storia
contemporanea»
Questo interesse di Yan Pei-Ming per la rappresentazione del potere sfocia anche nella citazione della pittura del
passato, come testimoniano in mostra le sue riletture dell’Innocenzo X di Velázquez – ritratto che Francis Bacon
non riusciva a guardare negli occhi –, dell’imperiosa auto-incoronazione di Napoleone Bonaparte, ispirata a un
disegno preparatorio di Jacques- Louis David per il grande Le Sacre de Napoléon, o del retorico quadro di
propaganda hitleriana di Hubert Lanzinger. Colpito dalla violenza intrinseca che si manifesta nella storia, Yan PeiMing riflette su soggetti drammatici, come la fucilazione dei rivoluzionari spagnoli da parte delle truppe
napoleoniche rappresentate da Goya come automi senza volto, e l’assassinio del giacobino Marat, scena del
crimine attentamente studiata da David per creare un martire della rivoluzione.
«Non sono un pittore romantico. Sono un pittore del nostro tempo»
Come i quadri dei grandi maestri della pittura fin qui citati hanno fatto da base di partenza per una rilettura di
alcuni temi o fatti storici appartenenti a momenti passati, alcune più recenti fotografie di cronaca hanno portato
il pittore a rappresentare in una terribile trilogia di dipinti alcune delle vicende italiane più drammatiche dell’ultimo
secolo: il corpo di Benito Mussolini, giustiziato e appeso a testa in giù a Milano a Piazzale Loreto, il cadavere di Pier
Paolo Pasolini trovato all’idroscalo di Ostia e quello di Aldo Moro fatto rinvenire dalle Brigate Rosse a Roma in via
Caetani.
«La storia ha un ruolo fondamentale nel mio lavoro, anche perché è governata dal conflitto
tra la vita e la morte, vale a dire l’idea della fine della condizione umana. Penso sia proprio
questa lotta perpetua a commuoverci»
Un trittico di uccisioni che hanno segnato nei decenni passati il susseguirsi della storia del nostro Paese e che
dialogano in modo allusivo con una Crocifissione – tratta dal film Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini – e con un
paesaggio “sombre” che sembra dipinto col catrame e nella cui profonda notte echeggia l’abbaiare feroce di un
cane dalle fauci spalancate.
«Il nero della notte mi interessa molto, gioca un ruolo fondamentale nel mio lavoro, ma affinché
diventi davvero intenso anche il grigio è necessario»
PERCORSO ESPOSITIVO
(dal catalogo)
Sala 1
NOM D’UN CHIEN !
«Il ritratto è come uno specchio, riflette chi siamo, cosa siamo»
Gli autoritratti, potenti e intensi, hanno un ruolo insostituibile nell’arte di Yan Pei-Ming e rivelano, come per tutti gli
artisti, il suo pensiero e la sua sensibilità. In Nom d’un chien ! Un jour parfait, (Porca miseria! Un giorno perfetto),
titolo originato dall’esclamazione di un critico davanti all’opera, il pittore si rappresenta frontalmente, a figura intera,
in pose che evocano la crocifissione, uno dei temi dell’iconografia cristiana che affronta di frequente, anche per la sua
volontà di costituire un esempio di sincretismo culturale tra Oriente e Occidente. Nel trittico monumentale sceglie
dunque di impersonare sia Gesù che i ladroni, di eliminare le croci pur mantenendo la tradizionale posizione dei piedi
e, per queste figure che galleggiano in uno spazio indefinito, di sostituire il perizoma con degli anacronistici
pantaloncini jeans. I pugni chiusi con energia, portati al petto nella tela centrale, evocano un’emersione dagli abissi
alla superficie, quasi in cerca di aria per respirare.
Nella sala è presente anche un carrello su cui l’artista ha stratificato dal 1996 i residui di vernice delle opere:
costituisce dunque un compendio di oltre venticinque anni del suo lavoro, un ritratto tridimensionale che rappresenta
anche in modo concreto, strato dopo strato, il tempo che passa.
Nom d’un chien ! Un jour parfait, 2012
trittico, olio su tela, cm 400 x 280 ciascuno
Collezione privata
Sala 2
PER MIA MADRE
«Il ritratto è il centro del mio universo»
I ritratti sono spesso legati al privato di Yan Pei-Ming, come quelli della madre, cui ha dedicato un solo dipinto quando
era viva, riservandole, dopo la morte avvenuta nel 2018, opere di formato monumentale che rappresentano un omaggio
sentito e una testimonianza del suo affetto filiale. Anche l’attenzione dell’artista per la figura di Buddha costituisce un
atto di ossequio nei confronti di lei, profondamente religiosa, e insieme un ricordo nostalgico dell’infanzia: «Sin da piccolo
sono stato attratto da tutto ciò che riguarda il buddhismo» spiega «perché sono nato in un tempio, e ho respirato la
cultura buddhista da subito».
Ed era destinato alla madre il primo Buddha che ha dipinto da bambino, poiché durante la Rivoluzione culturale, con la
repressione del culto, queste immagini erano proibite e il piccolo Ming ne dipingeva per i parenti. Ricordando la religiosità
materna, da adulto ha ricominciato a rappresentare la figura di Buddha in serie, come riferimento alla successione delle
sculture nei templi. Il delicato scenario, invece, rappresenta «un paesaggio ideale, una specie di paradiso, dove vorrei
che mia madre vivesse».
Ma mère, 2018
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Paradis Céleste pour ma mère, 2023
olio su tela, cm 280 × 280
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Bouddha pour ma mère, 2023
olio su tela, cm 300 × 200
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Sala 3
MONNA LISA
«Il funerale di Monna Lisa significa seppellire Monna Lisa. Monna Lisa è un mistero, come la morte stessa»
Mentre viveva ancora in Cina Yan Pei-Ming conosceva dell’arte occidentale antica quasi solo la Gioconda e gli affreschi
di Michelangelo alla Sistina. L’opera di Leonardo ha assunto dunque un significato profondo nel suo immaginario e, dal
2009, quando è stato invitato a confrontarsi al Louvre con l’opera, l’artista ha ripensato il ritratto più famoso al mondo
dipingendo il funerale della protagonista e inserendo nella scena la propria vicenda personale. Oltre ad aver ampliato il
paesaggio dell’originale nelle due tele ai lati di Monna Lisa, ha collocato sulla parete di sinistra il ritratto del padre in
ospedale e allestito di fronte le proprie immaginarie esequie, rappresentandosi da giovane. Con questo inserimento
privato in una delle opere più iconiche della storia, Yan Pei-Ming affronta il tema del rapporto tra padre e figlio, uno degli
archetipi primordiali, inscenando una morte che vada contro il principio naturale della vita, secondo cui dovrebbero
essere i figli a seppellire i padri, e dà vita al dramma che un detto cinese racchiude nelle parole: “I capelli bianchi
partecipano al funerale dei capelli neri”. Nonostante il rapporto distaccato che Yan Pei-Ming ricorda di aver avuto col
padre, uomo taciturno e riservato, dai suoi lavori emerge un sentimento profondo, ancestrale, che fa assurgere il
ritrattato a figura paradigmatica dell’Uomo.
Les Funérailles de Monna Lisa, 2009
polittico, 5 tele, olio su tela
tele 1 e 5: cm 400 × 400; tele 2 e 4: cm 280 × 500; tela 3: cm 280 × 280
Collezione privata
Sala 4
STORIE DELL’ARTE
«Sono interessato ai grandi pittori, non faccio che nutrirmi del loro lavoro»
Yan Pei-Ming si appropria delle rappresentazioni degli artisti del passato ma le rielabora rendendole vive e pulsanti,
come avviene per la raffigurazione – nell’originale cristallizzata e finalizzata a scopi propagandistici – di Marat
assassiné, messa in scena da David nel 1793. L’artista sceglie poi di virare al bianco e nero l’Exécution, après Goya
(originale del 1814), in cui elimina i cadaveri che giacciono sul terreno trasformandoli in lampi che illuminano la scena
notturna e concentrandosi sull’esecuzione: tutte le figure che rappresenta sono ancora in vita, volendo mostrare solo
«gli uomini che resistono». Come Bacon, Yan Pei-Ming è stato profondamente colpito dal Ritratto di Innocenzo X di
Velázquez del 1650: «Sono rimasto affascinato… Il colore è fantastico. Mi ha ispirato molto». L’immagine del pontefice
viene trasformata in simbolo del potere, nella sua personificazione, al pari di Napoleon, ispirato al bozzetto per il
grande quadro di David al Louvre (1805-1807), in cui il còrso si auto-incorona alla presenza di uno sconfitto Pio VII –
che Yan Pei-Ming elimina – per dimostrare il proprio rifiuto dell’autorità papale. Come Innocenzo X incarna insieme
l’autorità religiosa e politica, analogamente queste prerogative vengono riunite in Napoleone, il cui gesto sancisce un
passaggio che ha segnato la storia.
Napoleon, Crowing Himself Emperor – Purple, 2017
olio su tela, cm 200 x 100
Collezione privata
Exécution, après Goya, 2012
olio su tela, cm 280 x 400
Collezione privata
Marat (13 July 1793, Paris), 2014
trittico, olio su tela, cm 180 x 180 ciascuno
Collezione privata
Pape Innocent X bleu, 2022
olio su tela, cm 250 x 200
Collezione privata
Saletta 4 bis
«La storia è una tragedia, crudelissima, che travolge l’umanità»
La copertina del «Time» che il 31 dicembre 2007 nominava «persona dell’anno» Vladimir Putin, definendolo Tsar
of the New Russia, aveva sollecitato Yan Pei-Ming a rappresentarlo in un trittico. Nel 2022 la copertina di fine
dicembre, che la rivista americana riserva a chi ha segnato gli ultimi dodici mesi, è stata dedicata a Volodymyr
Zelensky & the Spirit of Ukraine e Yan Pei-Ming ne ha tratto ispirazione per un altro trittico ad acquarello,
immaginando che «le due opere avrebbero potuto confrontarsi e scontrarsi». Per rafforzare l’immagine centrale
l’artista ha utilizzato i colori della bandiera ucraina, potente simbolo d’indipendenza e appartenenza di un popolo,
con il blu a simboleggiare la pace e il giallo i campi di grano. Recentemente, spronato dalle ripetute atrocità via via
trapelate sulle operazioni militari in Ucraina, ha completato i ritratti con una nuova grande opera in cui
innumerevoli teschi – un “campo di crani” – sono immersi nel sangue, come forte e drammatico riferimento agli
orrori di tutte le guerre. I teschi sono comunque un tema che Yan Pei-Ming ha affrontato frequentemente,
riprendendo le antiche vanitas che alludono alla transitorietà della vita, in opere intimiste legate ai propri
autoritratti, e utilizzando la TAC del proprio cranio.
Vladimir Putin, Tsar of The New Russia, 2008
trittico, acquarello su carta, cm 210 × 154 ciascuno
Collezione privata
Saletta 5 bis
«La storia è una tragedia, crudelissima, che travolge l’umanità»
La copertina del «Time» che il 31 dicembre 2007 nominava «persona dell’anno» Vladimir Putin, definendolo Tsar of
the New Russia, aveva sollecitato Yan Pei-Ming a rappresentarlo in un trittico. Nel 2022 la copertina di fine dicembre,
che la rivista americana riserva a chi ha segnato gli ultimi dodici mesi, è stata dedicata a Volodymyr Zelensky & the
Spirit of Ukraine e Yan Pei-Ming ne ha tratto ispirazione per un altro trittico ad acquarello, immaginando che «le
due opere avrebbero potuto confrontarsi e scontrarsi». Per rafforzare l’immagine centrale l’artista ha utilizzato i
colori della bandiera ucraina, potente simbolo d’indipendenza e appartenenza di un popolo, con il blu a
simboleggiare la pace e il giallo i campi di grano. Recentemente, spronato dalle ripetute atrocità via via trapelate
sulle operazioni militari in Ucraina, ha completato i ritratti con una nuova grande opera in cui innumerevoli teschi –
un “campo di crani” – sono immersi nel sangue, come forte e drammatico riferimento agli orrori di tutte le guerre.
I teschi sono comunque un tema che Yan Pei-Ming ha affrontato frequentemente, riprendendo le antiche vanitas
che alludono alla transitorietà della vita, in opere intimiste legate ai propri autoritratti, e utilizzando la TAC del
proprio cranio.
Volodymyr Zelensky & The Spirit of Ukraine, 2023
trittico, acquarello su carta, cm 76 × 54 ciascuno
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Champ de crânes rouges, 2023
acquarello su carta, cm 154 x 405
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Sala 5
TIGRE DI CARTA
«Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista»
Inizialmente Yan Pei-Ming ha dipinto volti di persone anonime, a eccezione di Mao Zedong, soggetto imprescindibile
della pittura di propaganda durante la Rivoluzione culturale (1966-1976), la cui immagine è diventata fondamentale
per l’artista, che l’ha integrata nella propria storia, soprattutto dopo che, lasciata la Cina, ha potuto estrapolarne la
figura dalla tradizione agiografica. Una parte del lavoro di Yan Pei-Ming è dedicata a soggetti che fanno parte
dell’immaginario che gli europei hanno della Cina: la tigre e il dragone, Buddha e Bruce Lee. L’attore – un mito,
esempio perfetto degli esordi della globalizzazione, pensato come anello di congiunzione tra Hollywood e Hong Kong
– è collegato alla tigre e al dragone, due delle figure del Kung-Fu Shaolin, uno dei principali e più antichi stili di arti
marziali cinesi. Il drago, simbolo di buon auspicio, emblema stesso della Cina, ha un ruolo preponderante nella
mitologia e incarna il concetto di yang, elemento maschile. È anche – come la Tigre – uno dei dodici segni zodiacali
cinesi, ma l’unico a essere un animale leggendario, dai lunghi baffi e le cui zampe terminano in artigli affilati. Precetti,
quelli della pratica marziale orientale, che sembra si possano applicare anche alla pittura di Yan Pei-Ming.
Dragon rouge vermillion de Chine, 2023
olio su tela, cm 350 × 200
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Bruce Lee, 2007
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Tigre rouge vermillon de Chine, 2023
olio su tela, cm 240 × 280
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Mao rouge, 2006
olio su tela, cm 350 × 350
Collezione privata
Sala 6
STORIE ITALIANE
«L’attualità che racconto diventerà un giorno pittura di storia»
Il corpo di Pasolini ritrovato all’idroscalo di Ostia il 2 novembre 1975 e quello di Aldo Moro lasciato il 9 maggio 1978
dalle Brigate Rosse a Roma nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Caetani, a uguale distanza delle sedi del Partito
Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana, sono tra le vicende più drammatiche della storia italiana dell’ultimo
secolo. Yan Pei-Ming sceglie di presentare la dimensione pubblica di questi eventi già divenuti storici, sebbene non
troppo lontani cronologicamente dall’oggi. Le immagini, quasi astratte a distanza ravvicinata, macchie di colore che
si intrecciano e sovrappongono, acquisiscono nitidezza solo da lontano; lo stesso distacco necessario affinché
particolare Roma città aperta di Rossellini e Mamma Roma di Pasolini, i cui fotogrammi ha poi riletto nelle proprie
tele. Più recentemente attraverso la Crucifixion, ispirata al pasoliniano Vangelo secondo Matteo, ha amplificato la
crudissima scena del ritrovamento del corpo del regista.
Aldo Moro (9 May 1978, Rome), 2017
olio su tela, cm 250 x 300
Collezione privata
Crucifixion (Il Vangelo secondo Matteo), 2023
olio su tela, cm 400 x 300
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Ostia, due novembre 1975, 2023
olio su tela, cm 250 x 300
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Sala 7
A EST DELL’EDEN
«Per me il tema è la pittura, prima di tutto»
Il titolo dell’opera si riferisce alla citazione biblica della Genesi (4:11-16) in cui Caino, dopo aver ucciso il fratello Abele,
viene maledetto dal Signore che lo scaccia «lontano dalla terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di
tuo fratello dalla tua mano. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti e tu sarai vagabondo e
fuggiasco sulla terra». Allora Caino «si allontanò dal Signore e visse nel paese di Nod, a est dell’Eden». Yan Pei-Ming
trasforma gli uomini con i loro istinti primordiali in animali feroci – orsi, leoni, lupi, bufali, aquile, tigri, gorilla – che,
esiliati dal paradiso terrestre, si affrontano e sbranano con violenza per suggerire la lotta per la sopravvivenza che ha
da sempre accompagnato la storia umana. Il monumentale dittico, scurissimo e materico, è dipinto da Yan Pei-Ming,
«come se stessi facendo la guerra», un combattimento, un corpo a corpo con la pittura, attraverso pennellate violente
inferte come fendenti sulla tela. Per le lotte tra animali in un contesto boschivo che uniscono il paesaggio alla pittura
animalista, Yan Pei-Ming si è ispirato ai dipinti di Gustave Courbet, artista che conosceva e amava già quando era
ancora in Cina, dove era tenuto in alta considerazione soprattutto perché era stato un rivoluzionario che aveva preso
parte alla Comune socialista parigina del 1871.
À l’est d’Eden, 2015
dittico, olio su tela, cm 400 x 600
Collezione privata
Sala 8
LA NOTTE
«La morte è sempre presente. Per chiunque, e in qualsiasi momento, è presente»
La Seconda guerra mondiale e i suoi drammi, di cui vengono presentati i momenti conclusivi, sono racchiusi in due
potenti lavori di Yan Pei-Ming: quello che rappresenta il corpo di Mussolini – giustiziato il 28 aprile 1945 nel comasco e
il giorno seguente appeso a testa in giù a Milano a Piazzale Loreto assieme all’amante Claretta Petacci – e quello del
ritratto di Adolf Hitler ispirato a Der Bannerträger dell’artista austriaco Hubert Lanzinger (1880-1950). Questo dipinto
celebrava nel 1933 la presa del potere del Nazionalsocialismo attraverso la figura del Führer a cavallo che indossa
un’armatura medievale e regge in mano uno stendardo con la croce uncinata. Al termine del conflitto i militari
americani confiscarono l’opera e, dopo aver forato per spregio l’occhio dell’icona del male, la trasferirono a
Washington, all’United States Army Center of Military History, il centro che riunisce gli archivi storici dell’esercito degli
Stati Uniti d’America. Yan Pei-Ming ha utilizzato dunque una foto e un dipinto come fonte d’ispirazione per
rappresentare un’epoca fosca, tragica, evocata dal cane che diviene trasfigurazione della ferocia umana e da un cupo
paesaggio boschivo notturno, cui la scala e la tavolozza conferiscono una dimensione allegorica. La macchia dipinta
sull’occhio di Hitler, poi, rimarca la volontà di damnatio memoriae di un’epoca terribile per la sua mancanza di umanità.
Hitler, d’après Hubert Lanziger, 2012
olio su tela, cm 280 × 280
Collezione privata, Courtesy M. Ars SA
29 aprile 1945, Piazzale Loreto, Milan, 2022
olio su tela, cm 350 × 200
Collezione privata
Chien hurlant, 2022
olio su tela, cm 240 × 280
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
Paysage sombre, 2023
olio su tela, cm 250 x 500
Courtesy MASSIMODECARLO e Thaddaeus Ropac gallery
YAN PEI-MING SECONDO YAN PEI-MING: citazioni dell’artista sui temi della sua arte
Storia
«Io racconto sia la storia antica che quella contemporanea, due dimensioni profondamente legate tra loro.
L’attualità che racconto diventerà un giorno pittura di storia».
«Essere un pittore di storia contemporanea significa diventare un pittore di storia (in assoluto) in pochi anni».
«La storia ha un ruolo fondamentale nel mio lavoro, anche perché è governata dal conflitto tra la vita e la morte,
vale a dire l’idea della fine della condizione umana. Penso sia proprio questa lotta perpetua a commuoverci».
«Ogni epoca ha le sue tragedie. Quella di fuggire dalla guerra è ricorrente».
«Provo a tratteggiare un grande ritratto del genere umano, quello di una tragedia perpetua».
«La storia è una tragedia, crudelissima, che travolge l’umanità».
«Non si può dipingere senza emozioni».
«Quando si parla di sentimento nella pittura contemporanea si risulta sempre un po’ sospetti. Pare non si debba
mai utilizzare l’emozione, il cuore, io faccio esattamente il contrario! La pittura mi parla, parla allo spettatore, parla
del suo tempo. Voglio essere attore della mia epoca».
«L’arte parla degli uomini e parla agli uomini. Il ritratto è come uno specchio, riflette chi siamo e ciò che siamo. Il
mio lavoro è sempre orientato verso l’essere umano, l’uomo è al centro di ogni cosa, l’elemento fondamentale del
mio lavoro. Se mi chiedessero di creare un dipinto astratto, non credo che riuscirei: io sono interessato agli esseri
umani».
«Il ritratto è una riflessione sul passare del tempo. In questo caso, Monna Lisa rappresenta una metafora del tempo
nel suo infinito».
«Non intendo praticare la nostalgia per la pittura antica: è solo un punto di appoggio per una rilettura. Si tratta di
comprendere la potenza di Caravaggio e di precipitare immediatamente nella storia contemporanea».
«Sono interessato ai grandi pittori, non faccio che nutrirmi del loro lavoro».
«Quando ero ancora in Cina conoscevo l’Italia solo attraverso il ritratto di Monna Lisa e i dipinti di Michelangelo».
«Per me il soggetto stesso è la pittura, prima di tutto».
«Il ritratto è il centro del mio universo».
«La scala gioca un ruolo importante: lo spettatore può entrare nel quadro, che è realizzato in un formato
gigantesco».
«Il nero della notte mi interessa molto, gioca un ruolo fondamentale nel mio lavoro, ma affinché diventi davvero
intenso anche il grigio è necessario».
«Ogni volta che facevo un dipinto a colori avevo la sensazione della pesante eredità della pittura del passato, le
ombre dei grandi maestri erano troppo forti! Dunque, per risolvere il problema ci sono due soluzioni: sia evitare il
problema, sia affrontarlo. Sono abbastanza sicuro che la soluzione più efficace sia di evitarlo».
«Per anni mi sono autocondannato a dipingere in bianco e nero. A un certo punto mi sono detto che la condanna
era un po’ pesante… L’assenza di colore era inizialmente deliberata, per poter forgiare la mia personalità, per
esistere».
«Mi interessa l’uomo in generale. Il mio lavoro può essere visto come una sorta di ritratto universale. Ciò che dipingo
è infatti l’umanità. Tuttavia, più teste creo, meno capisco queste persone…».
«Presumo di essere un artista cinese ed europeo, ma sono prima di tutto un artista».
«Il mio primo giorno di scuola, la prima lezione che si faceva, come in tutta la Cina durante la rivoluzione culturale,
era un buongiorno con “Evviva il Presidente Mao”. Era un obbligo per tutti».
«Mao per me è una specie di laboratorio. Faccio tutte le mie prove, i miei esperimenti sui suoi ritratti».
«Non faccio troppa distinzione tra Mao e mio padre […]. In Cina ci è stato sempre detto che Mao era più importante
di nostro padre. Io non ero d’accordo […] Evidentemente è Mao il padre».
«Sin da piccolo sono stato attratto da tutto ciò che riguarda il buddhismo perché sono nato in un tempio, e ho
respirato la cultura buddhista da subito. […] Già da bambino disegnavo Buddha per offrirli alla mia famiglia perché
all’epoca non si trovavano. Bisogna sempre avere un lato ribelle».
«I miei paesaggi sono di una banalità spaventosa, non ci succede nulla, assomigliano a tutto e a niente».
Dolore-Morte
«Lavoro nutrendo un profondo sentimento del dolore umano, che condivido con chi contempla le mie opere».
«La morte è sempre presente. Per chiunque e in qualsiasi momento è presente. È inevitabile. Ho paura quando
penso di non poter più vivere. Mi fa davvero paura. Si sa che è inevitabile, tutti dobbiamo morire, tutti gli animali
moriranno. Mi fa impazzire l’idea di non poter più vivere».
«Mi dà fastidio dover morire, non ho paura della morte, ho paura di non vivere più, è un’angoscia costante fin
dall’infanzia, per questo mi ostino a dipingere la morte».
«La morte è la tragedia dell’uomo, non possiamo esserne indifferenti».
«Dipingere è seppellire e far nascere allo stesso tempo, cercare l’equilibrio».
«Credere che la pittura renda eterni mi dà la forza di continuare a dipingere: mi dico che la pittura è eterna e la vita
temporanea».
PERSONAGGI E RIFERIMENTI NELLE OPERE DI YAN PEI-MING
Sala 3
MONNA LISA
LEONARDO DA VINCI, LA GIOCONDA
(MONNA LISA), 1503-1518
Il ritratto di Lisa del Giocondo (1479-1542) fu commissionato a
Firenze a Leonardo dal marito di lei, Francesco (1460-1539),
mercante di seta. Il dipinto è stato iniziato nel 1503 dall’artista
che ha poi portato con sé l’opera, non terminata, sia a Milano
che in Francia, dove è stato acquistato, forse nel 1518, da
Francesco I.
Leonardo ha utilizzato una tavola di pioppo, come consueto in
Toscana, per un’opera che mostra la figura femminile a
grandezza naturale, seduta su una sedia a pozzetto, con le mani
incrociate sul ventre, davanti a una balaustra dietro cui si apre
un ampio panorama, con catene montuose, strade e un corso
d’acqua traversato da un ponte. Gli studiosi hanno variamente
identificato il paesaggio con zone del pisano o dell’aretino.
Ricorda Yan Pei-Ming: «Non volevo fare il ritratto da un dipinto.
Monna Lisa è per me un modello, non è un dipinto, ma una
donna che ha posato per Leonardo e che adesso posa per me.
Da qui il trattamento realistico del volto e delle mani (…). Mi
sono detto che era troppo bella, che non potevo maltrattarla».
«Volevo ridarle un’altra vita, e dunque il modo più efficace era
di seppellirla». «Seppellire il mito» che ha ispirato tra l’altro
Duchamp, Warhol, Botero, Bansky, «per ridare vita all’atto di
dipingere». Prolunga così l’icona con i due grandi paesaggi
laterali e inserisce nelle pareti laterali il ritratto del padre
morente e il proprio immaginario
autoritratto da morto. Con
questo inserimento privato in una
delle opere più iconiche, Yan PeiMing affronta anche il tema del
rapporto tra padre e figlio, uno
degli archetipi primordiali.
Leonardo da Vinci, La Gioconda o Monna
Lisa, 1503-1519, olio su tavola, cm 79,4 x
53,4. Parigi, Musée du Louvre, Département
des Peintures.
Sala 4
STORIE DELL’ARTE
NAPOLEONE BONAPARTE
Ming esclude, concentrandosi sull’inedito gesto dell’autoincoronazione. Nel corso della cerimonia vennero infatti
Di famiglia italiana, ha studiato in Francia. Generale durante la introdotti nuovi rituali con i quali Napoleone voleva rimarcare
Rivoluzione francese, dopo la prima campagna d’Italia assume il che stava diventando imperatore per i propri meriti e volontà
potere con il colpo di stato del 1799 ed è Primo Console fino al del suo popolo e non per consacrazione religiosa. L’interesse
1804. In vista della proclamazione a Imperatore dei Francesi col di Yan Pei-Ming è, come riferisce, per «la storia degli uomini
nome di Napoleone I, papa Pio VII si reca a Parigi, e il 2 dicembre di potere», emblematicamente incarnati da Bonaparte.
1804 presenzia alla solenne cerimonia di incoronazione.
Napoleone mantiene il titolo fino all’aprile 1814, quando abdica
dopo sfortunate campagne militari, prima fra tutte quella in Russia.
Esiliato all’isola d’Elba fugge, ritorna a Parigi e riconquista il potere
per i cosiddetti “cento giorni”, fino al 22 giugno 1815, quando la
disfatta di Waterloo pone fine alla sua parabola. Vive gli ultimi anni
in esilio nell’isola di Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico centro
meridionale, sotto il controllo britannico. Yan Pei-Ming rilegge il
cartone preparatorio eseguito da Jacques-Louis David per il grande Jacques-Louis David, L’Empereur Napoléon Ier se couronnant lui-même
dipinto Le Sacre de Napoléon (1805-1807, Parigi, Musée du Louvre) (Napoleone I si incorona da solo), studio per Le Sacre de Napoléon
(L’incoronazione di Napoleone), 1804-1807, matita nera su carta, mm 292 ×
in cui compaiono sia l’imperatore che il pontefice, che però
25. Parigi, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques.
Ajaccio, 15 agosto 1769 – Isola di Sant’Elena, 5 maggio 1821
JEAN-PAUL MARAT
Boudry 24 maggio 1743 – Parigi, 13 luglio 1793
Giornalista, medico, uomo politico nato in Svizzera e trasferitosi
a Parigi, è stato direttore dell’”Ami du peuple”, fondato nel
1789: lui stesso sarà poi chiamato con quell’appellativo. Tra i
protagonisti della Rivoluzione francese, accanito oppositore
della monarchia, eletto alla Convenzione nazionale e dall’aprile
1793 nominato presidente del Club dei Giacobini, fu tra i
responsabili dei massacri dei Girondini e dell’inizio di quello che
sarà il Regime del Terrore. Viene pugnalato da una filogirondina, Charlotte Corday, mentre è immerso nella vasca da
bagno in cui cercava di lenire i sintomi di una malattia della
pelle. Yan Pei-Ming si è ispirato al dipinto di Jacques-Louis
David, Marat assassiné, oggi conservato ai Musée Royaux de
Beaux-Arts di Bruxelles. David, amico di Marat, fu incaricato di
immortalare la scena e organizzare l’esposizione pubblica del
corpo, che venne presentato nudo per mostrare la ferita,
«coperto da un lenzuolo bagnato che avrebbe rappresentato la
vasca da bagno e che, innaffiato di tanto in tanto, avrebbe
impedito l’effetto della putrefazione». Nel dipinto – eseguito
successivamente e donato da David alla Convenzione il 14
novembre 1793 – la scena viene ricostruita come una “pietà” o
una “deposizione repubblicana”, per trasformare Marat in un
martire della Rivoluzione, con la ferita sul costato grondante
sangue, il braccio riverso, in una posizione che cita sia
Michelangelo (Pietà Vaticana) che Raffaello (Deposizione
Borghese).
Se Baudelaire nel 1846 ha messo in luce l’algidità della tela di
David («Vi è in questa opera alcunché nel contempo di tenero
e pungente; nell’aria fredda
di questa camera, su questi
muri freddi, intorno a questa
fredda e funebre vasca da
bagno, si libra un’anima»),
Yan Pei-Ming la rende invece
vibrante, riproponendola in
tre diverse dominanti e
collocando al centro del
trittico la versione in un
drammatico rosso sangue.
Jacques-Louis David, Marat assassiné (L’assassinio di Marat), 1793, olio su tela, cm
165×128. Bruxelles, Musée Royaux de Beaux-Arts.
FRANCISCO GOYA, EL 3 DE MAYO EN MADRID o LOS
FUSILAMIENTOS, 1814
All’alba del 3 maggio 1808 le truppe di Napoleone che avevano
invaso la Spagna giustiziarono per rappresaglia in varie zone di
Madrid decine di rivoltosi che il giorno prima avevano cercato
di opporsi ai francesi. Nonostante l’abdicazione del marzo
precedente di re Carlo IV Borbone in favore del figlio
Ferdinando VII, entrambi avevano dovuto rinunciare al trono,
consegnato a Giuseppe Bonaparte. Tuttavia la debolezza di
Napoleone, dopo la fallimentare campagna di Russia, e l’aiuto
dell’Inghilterra, permisero in seguito la vittoria dei guerriglieri
spagnoli e nel maggio 1814 Ferdinando poté tornare sul trono.
Francisco Goya dipinse la grande tela su commissione del
Consiglio della Reggenza, per quanto sia stata esposta al Prado
solo nel 1872. La scena, crudamente realistica, è dominata dai
colpi di luce della figura del contadino in camicia bianca e della
lanterna che illumina le figure dei condannati, riproposti in
atteggiamenti diversi, per esprimere sentimenti anche
contrastanti, mentre i francesi sono raffigurati solo dal retro.
L’opera, come altre di Goya, vuole comunicare la disumanità
della guerra.
Yan Pei-Ming, che ha dipinto il suo Exécution, après Goya nel
2008, a duecento anni dall’eccidio, spiega: «Mi piacciono i
soggetti tragici perché li trovo eterni. L’empatia è un modo per
esprimermi nella pittura. I soggetti che scelgo suscitano in me
un’emozione immensa, come Tres de mayo di Goya. Mi chiedo:
come può un uomo fucilare un altro uomo?»
Francisco Goya, El 3 de mayo en Madrid (Il 3 maggio 1808) o Los fusilamientos (Le
fucilazioni), 1814, olio su tela, cm 268 × 347. Madrid, Museo del Prado.
GIOVANNI BATTISTA PAMPHILI,
papa INNOCENZO X
Roma, 6 maggio 1574 – 7 gennaio 1655
Innocenzo X, nato Giovanni Battista Pamphili, è stato papa dal
1644 al 1655. Noto per il suo nepotismo, a lui si devono
numerosi e importanti interventi urbanistici a Roma, tra cui la
sistemazione di piazza Navona, con la Fontana dei Quattro fiumi
di Gian Lorenzo Bernini, il palazzo della famiglia – cui collaborò
Francesco Borromini – di Girolamo Rainaldi, la chiesa di
Sant’Agnese in Agone. Di lui restano numerosi ritratti, tra cui
due busti marmorei scolpiti da Gian Lorenzo Bernini (nella
Galleria Doria Pamphili), la statua bronzea di Alessandro Algardi
(Musei Capitolini) e quello dipinto da Diego Velázquez
nell’Anno Santo 1650. Yan Pei-Ming si ispira a questa tela, ma
vira il predominante colore rosso nelle sue varie sfumature di
Velázquez in un blu segnato da gocciolature scurissime.
Conserva lo sguardo intenso del pontefice, mentre trasforma il
gesto delle mani: la sinistra non è mollemente appoggiata sul
bracciolo ma ha il pugno chiuso in un gesto potente e volitivo;
la destra non stringe il foglio con il nome del pittore e del
ritrattato, ma è trasformata quasi in un artiglio. Ribadisce Yan
Pei-Ming ricordando anche come l’opera seicentesca abbia
ispirato Francis Bacon: «Sono rimasto affascinato quando ho
scoperto i ritratti di papa Innocenzo X. Il colore è fantastico. Mi
ha ispirato molto e volevo lavorare, come Bacon, d’après
Velázquez».
Diego Velázquez, Ritratto di papa Innocenzo X, 1650, olio su tela, cm 140 × 120.
Roma, Galleria Doria Pamphili.
Francis Bacon, Study after Velázquez’s Portrait of Pope Innocent X, (Studio dal ritratto
di papa Innocenzo X di Velázquez), 1953, olio su tela, cm 153 × 118. Des Moines, Des
Moines Art Center.
Salette 4 bis e 5 bis
VLADIMIR PUTIN
Leningrado, 7 ottobre 1952
Laureato in legge a Leningrado, entra nel KGB per il quale lavora
dal 1985 al 1989 nella Repubblica Democratica Tedesca (DDR).
Torna in Russia, si schiera con la perestrojka e lascia il KGB nel
1991; nel 1996 si trasferisce a Mosca dove collabora
strettamente con Borís Yeltsin cui succede come capo dello
Stato, prima ad interim, poi confermato con le elezioni del
2000. È stato rieletto in tutte le successive votazioni, ricoprendo
la carica di presidente o di primo ministro: l’approvazione del
referendum del 2020 sulle riforme costituzionali ha tra l’altro
eliminato il vincolo del secondo mandato presidenziale
consecutivo. Nel febbraio 2020 rilancia il piano imperialista
russo annettendo la Crimea, invadendo l’Ucraina e
riconoscendo l’indipendenza delle autoproclamate repubbliche
popolari di Donetsk e Luhansk nel Donbass. Nel marzo 2023 è
stato emesso contro di lui dalla Corte penale internazionale
dell’Aja un mandato di arresto per aver commesso crimini di
guerra contro bambini ucraini. Durante il suo primo mandato
come presidente l’economia russa è cresciuta notevolmente
per otto anni consecutivi, ma la Russia ha subito anche un
graduale processo di arretramento democratico.
Putin ha ottenuto la copertina dell’ultimo numero del «Time»
del 2007 come “uomo dell’anno” al termine del suo primo
mandato come presidente russo, con la motivazione: «Se la
Russia fallisce, tutte le scommesse sono annullate per il XXI
secolo. E se la Russia avrà successo come Stato nazionale nella
famiglia delle nazioni, dovrà molto di questo successo a un
uomo, Vladimir Vladimirovich Putin». Ricorda Yan Pei-Ming «Il
trittico Vladimir Putin, Tsar of The New Russia (2008) è stato
realizzato quando ho visto una copertina del “Time” del 2007.
Ho reagito immediatamente: “questo è il mio soggetto”»,
coerentemente con il suo interesse per «la storia degli uomini
di potere».
VOLODYMYR ZELENSKY
Kryvyj Rij, 25 gennaio 1978
Politico, attore, regista, comico, sceneggiatore, si laurea in
giurisprudenza a Kiev, ma poi fonda la casa di produzione
Kvartal 95 che realizza film, cartoni animati e, nel 2015, la serie
TV Servitore del popolo in cui Zelensky stesso interpreta un
insegnante eletto quasi casualmente presidente dell’Ucraina. A
seguito del successo, e alla fondazione del partito che dalla
serie ha tratto il nome, il 31 dicembre 2018 si candida alle
elezioni presidenziali e diviene presidente dell’Ucraina
nell’aprile 2019. Dal febbraio 2022, a seguito
dell’invasione dell’esercito russo, è diventato simbolo della
resistenza ucraina. Il «Time» spiega così la scelta come “uomo
dell’anno” 2022 di Zelensky insieme allo “spirito dell’Ucraina”:
«Sia che le vostre reazioni alla battaglia per l’Ucraina siano di
speranza o di terrore, Zelensky ha galvanizzato il mondo in
modo che non vedevamo da decenni. La decisione di non
lasciare Kiev mentre cominciavano a cadere le bombe russe è
stata epocale. Dal suo primo post di 40 secondi su Instagram il
25 gennaio in cui ha mostrato che il governo e la società civile
ucraina erano intatti, ai quasi quotidiani discorsi a Westminster,
la Banca Mondiale e ai Grammy, il presidente dell’Ucraina è
stato onnipresente. La sua offensiva mediatica ha spostato
l’equilibrio geopolitico innescando un’ondata di azione che ha
spazzato il globo».
Ricorda Yan Pei-Ming riferendosi anche al trittico raffigurante
Putin «Quando ho visto Zelensky sulla copertina del “Time” nel
2022, ho capito come le due opere si sarebbero scontrate.
L’arte della pittura è già un impegno. Faccio una dichiarazione,
mi esprimo nel quadro, lo mostro agli spettatori e poi sta a loro
reagire. Piango i nostri tempi e allo stesso tempo sono felice di
vivere in questo mondo. Siamo tutti di passaggio, mentre la
terra continuerà a girare».
Sala 5
TIGRE DI CARTA
BRUCE LEE
San Francisco, 1940 – Hong Kong, 20 luglio 1973
Attore, regista, artista marziale più noto, nasce – nell’anno del
Drago – nella Chinatown di San Francisco, durante il tour della
compagnia cantonese di cui fa parte il padre. Il nome Lee Jun
Fan, che significa “torna ancora Lee”, indica la speranza dei
genitori di un suo futuro ritorno in America, ma per molti anni
vive a Hong Kong, dove impara vari stili di Kung-Fu e inizia a
lavorare nel cinema. Trasferitosi negli Stati Uniti, dove assume
il nome d’arte di Bruce Lee, studia “drama/philosophy”
all’Università di Seattle e vi insegna arti marziali prima di
trasferirsi a Los Angeles nel 1966. Inizia a lavorare in serie
MAO ZEDONG
Shaostan, 26 dicembre 1893 – Pechino, 9 settembre 1976
Rivoluzionario, politico, filosofo, poeta, presidente del Partito
Comunista Cinese dal 1945 alla morte, presidente della
Repubblica Popolare Cinese dal 1949 al 1959. A lui si devono,
tra l’altro, lo sviluppo di un pensiero marxista-leninista
“sinizzato”, il maoismo, e la Rivoluzione culturale proletaria
lanciata nel 1966. Oggetto di un capillare culto della
personalità, manifestato anche con le immagini, era chiamato,
tra l’altro, “Presidente Mao” o “Grande Timoniere”.
Yan Pei-Ming è cresciuto con la figura di Mao: «Il mio primo
giorno di scuola, la prima lezione che si faceva, come in tutta la
Cina durante la rivoluzione culturale, era un buongiorno con
“Evviva il Presidente Mao”. Era un obbligo per tutti». I ritratti di
Mao – con cui Ming ha iniziato a essere conosciuto in Occidente
televisive, ma torna poi a Hong Kong dove raggiunge la celebrità
con alcuni film, tra cui Fist of Fury (Dalla Cina con furore, 1972).
Yan Pei-Ming ha scelto come fonte iconografica uno still di
Enter the Dragon (I 3 dell’Operazione Drago), quarta pellicola di
cui l’attore è stato protagonista. Il film, pensato anche per il
mercato occidentale, è stato il suo maggior successo
internazionale e anche l’ultimo da lui girato, prima della morte
improvvisa. Ming dichiara di dipingere il maestro del Kung-Fu –
perfetto anello di congiunzione tra Oriente e Occidente – anche
perché Warhol non l’aveva fatto, forse perché «non era
abbastanza chic».
– costituiscono il fil rouge della sua pittura: «Ogni volta che
faccio un ritratto di Mao c’è un problema. Per me è una forma
di parola o di energia. È anche una specie di feticcio e
corrisponde a una pausa e a un punto di riferimento». Ancora
«Mi interessavo all’umanità, non alla individualità. Per dare un
senso a tutti questi anonimi ho dipinto un solo uomo
riconoscibile: Mao», che definisce «maître à penser di tutta la
mia generazione, uomo insieme brillante, crudele, stratega,
colto».
L’immagine scelta da Yan Pei-Ming per questa tela mostra il
Grande Timoniere serio, plaudente (uno tra i frequenti
atteggiamenti dei suoi ritratti ufficiali), dipinto in rosso e
bianco, mentre nelle prime opere Ming lo ha raffigurato in nero
e bianco.
Sala 6
STORIE ITALIANE
PIER PAOLO PASOLINI
Bologna, 5 marzo 1922 – Idroscalo di Ostia, notte 1°-2 novembre 1975
È stato tra i massimi intellettuali del Novecento, poeta,
scrittore, sceneggiatore e regista cinematografico e teatrale,
giornalista, saggista, critico letterario, sempre impegnato a
testimoniare e difendere il proprio orientamento sessuale.
Numerose sono le sue raccolte di poesie in friulano, Ragazzi di
vita (1955) e Una vita violenta (1959) figurano tra i romanzi più
noti e controversi, mentre le collaborazioni al «Corriere della
Sera» (dal 1973) sono state riunite nei famosi Scritti corsari.
Dopo aver lavorato come sceneggiatore ha diretto pietre miliari
della cinematografia quali Accattone (1961), Mamma Roma
(1962), La ricotta (episodio del film collettivo Ro.Go.Pa.G.
(1963), Il Vangelo secondo Matteo (1964), Uccellacci e uccellini
(1966), Edipo re (1967), I racconti di Canterbury (1972); esce
postumo Salò o le 120 giornate di Sodoma. Viene barbaramente
assassinato la notte tra il 1° e il 2 novembre 1975.
La fotografia della scena del ritrovamento del corpo di Pasolini
cui si è ispirato Yan Pei-Ming è tra le numerose scattate sullo
squallido spiazzo dell’idroscalo di Ostia dove è stato trovato:
accanto al corpo martoriato sono accovacciati un ufficiale dei
carabinieri e i responsabili della squadra Mobile di Roma e della
Omicidi di Roma. Nel dipinto la scena si concentra sulla parte
inferiore della fotografia, eliminando le baracche sul fondo e gli
astanti in piedi ridotti a quattro e di cui sono cancellati busti e
volti. Nei suoi soggiorni romani Yan Pei-Ming ha molto amato
Mamma Roma e Il Vangelo secondo Matteo da cui ha tratto
ispirazione per dipinti. Sul secondo, esposto in mostra, dichiara:
«Il film è straordinario. La presenza della Crocifissione e della
scena del ritrovamento del corpo di Pasolini nella stessa sala
crea una tensione visiva nella mostra. Ho voluto rendere
omaggio alla grandezza di questo straordinario uomo e
personaggio».
ALDO MORO
Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978
Politico e giurista, tra i fondatori della Democrazia Cristiana di
cui è stato Segretario dal 1959 al 1964, creatore della corrente
“morotea” che a lui faceva riferimento. Più volte ministro (della
Giustizia, della Pubblica istruzione, degli Esteri) e cinque volte
Presidente del Consiglio dei ministri, fu tra i promotori del
“compromesso storico”, cioè l’apertura al Partito Comunista,
che attraverso l’astensione appoggiò il terzo e quarto governo
Andreotti. Moro venne rapito a Roma in via Fani dalle Brigate
Rosse il 16 marzo 1978, in un agguato in cui furono uccisi i
cinque membri della sua scorta, e fu tenuto nascosto in quella
che i terroristi definirono la «prigione del popolo» per
cinquantacinque giorni, nel corso dei quali si aprì un dibattito
tra le forze politiche sull’opportunità di negoziare con i
terroristi. Il suo corpo crivellato di colpi fu fatto ritrovare nel
bagagliaio di una Renault 4 rossa in via delle Botteghe Oscure,
a centocinquanta metri dalla sede del Partito Comunista e a
duecento da quella della Democrazia Cristiana.
Yan Pei-Ming si è ispirato a una fotografia scattata, intorno alle
14.30 del 9 maggio, dalla finestra di un edificio vicino con la sua
Reflex Nikon, dal cinefotoreporter Domenico De Carolis, il quale
ricorda come, aperta la portiera e scostata la coperta che
nascondeva il corpo: «lo abbiamo visto. Nella posizione che
tutti conosciamo. E anche i nostri occhi su Moro, a quel punto,
sono entrati a far parte di quella storia».
Sala 8
LA NOTTE
ADOLF HITLER
Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945
Di origine austriaca, a capo del Nationalsozialistische Deutsche
Arbeiterpartei (NSDAP), cancelliere del Reich dal gennaio 1933
e Führer dal 1934 al 1945. Sfidando la comunità internazionale
invade la Polonia il 1º settembre 1939, provocando lo scoppio
della Seconda guerra mondiale e arrivando poi a dominare gran
parte d’Europa. Dal 1942 deve però combattere gli Alleati
anglo-americano-sovietici che – dopo un conflitto lungo e
cruentissimo – riescono a prevalere sull’ideologia nazionalista
e razzista, che ha portato allo sterminio di gruppi etnici
(soprattutto ebrei, ma anche rom e slavi), e all’eliminazione di
oppositori politici, omosessuali, disabili. Hitler si è suicidato nel
suo bunker insieme a Eva Braun, sposata il giorno precedente.
Yan Pei-Ming si è ispirato al ritratto encomiastico a tempera su
tavola del Führer Der Bannerträger, intitolato anche
Schirmherrn der Deutschen Kunst (Il protettore dell’arte
tedesca), dipinto nel 1933 da Hubert Lanzinger. Hitler – con
riferimento all’incisione Ritter, Tod und Teufel di Albrecht Dürer
– vi è raffigurato come un cavaliere medievale su un cavallo
nero, chiuso in una lucente armatura e un vessillo con la croce
uncinata nella destra.
Nel 1935 l’opera venne donata al Führer e trasferita a Monaco
nella “Braune Haus”, il quartier generale del Partito
Nazionalsocialista, dove fu appesa sopra la scrivania del
ministro, e architetto, Albert Speer. Dopo la caduta del Reich un
soldato americano ha forato con una baionetta un occhio del
dipinto, trasferito poi negli USA come preda di guerra e
conservato a Washington D.C., nel German War Art Collection,
dell’U.S. Army Center of Military History. In ogni epoca si sono
abbattuti o danneggiati simboli (soprattutto statue o quadri di
propaganda come questo di Hitler) di regimi politici che si
volevano cancellare, esprimendo così la volontà di liberarsi di
un periodo passato. Dice Yan Pei-Ming: «Volevo anche io dare
l’impressione che la tela avesse un buco, mettendo una
macchia nera sul volto di Hitler».
Hubert Lanzinger, Der Bannerträger (Il portabandiera), 1933, olio su tavola, cm 160
× 160. Washington, United States Army Center of Military History.
Albrecht Dürer, Ritter, Tod und Teufel (Il cavaliere, la morte e il diavolo),1513,
incisione a bulino, mm 246?× 190.
BENITO MUSSOLINI
Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 – Giulino di Mezzegra, Dongo 28
aprile 1945
Politico, giornalista, fondatore del Fascismo, presidente del
Consiglio del Regno d’Italia dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio
1943, dal 1925 capo del governo, Primo ministro, Segretario di
Stato, Primo maresciallo dell’Impero dopo la guerra d’Etiopia
nel 1938. Avvicinatosi alla Germania di Hitler, nel 1939 firma il
Patto d’Acciaio e promulga le leggi razziali; nel giugno 1940
decide l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale.
Messo in minoranza durante il Gran Consiglio del Fascismo (24
luglio 1943), arrestato, liberato dai tedeschi, instaura la
Repubblica Sociale Italiana, di cui è a capo dal settembre 1943
all’aprile del ’45. Il 25 aprile lascia Milano per raggiungere la
Svizzera ma viene catturato dai partigiani a Dongo sul lago di
Como e fucilato il 28 insieme all’amante Claretta Petacci per
ordine del Comitato di Liberazione Nazionale. Il 29 aprile i corpi
di Mussolini, di Claretta Petacci e di tre gerarchi vengono appesi
a testa in giù alle travi della tettoia del distributore di benzina
Esso, a Piazzale Loreto a Milano, dove i fascisti nel ’44 avevano
fucilato quindici partigiani.
Yan Pei-Ming si ispira alla fotografia – scattata insieme a molte
altre, probabilmente da Fedele Toscani per l’agenzia
“Publifoto” fondata da Vincenzo Carrese – in cui l’inquadratura
è limitata a Mussolini e Claretta. L’artista si concentra sulle
figure riprendendo particolari come la cintura che stringe le
gonne della donna o la mancanza di uno stivale dell’uomo.
L’immagine di Mussolini evoca barbarie che hanno una lunga e
terribile tradizione nelle “pitture infamanti” dipinte da
numerosi artisti, tra cui Andrea del Sarto, che affrescò per la
Repubblica fiorentina su un palazzo pubblico i ritratti di tre
capitani che nel febbraio 1530 avevano disertato e vennero
impiccati “in effigie” per un piede, secondo la consolidata
tradizione di questo genere di rappresentazioni. Simili punizioni
riservate ai colpevoli in contumacia, e dunque senza che vi
fosse la possibilità di comminare realmente la pena, erano
legate a un antico codice d’onore in cui essere tacciati di
infamia era condanna oltraggiosa, resa
ancora più disonorevole dalla posizione
rovesciata che toglie dignità. Una lunga e
terribile scia di barbarie che non si è
fermata in tempi recenti, e cui ha fatto
riferimento Luciano Fabro nella sua Italia
“rovesciata” del 1968. La teatralità
polisemica dei diversi travestimenti di
Mussolini
durante
Ventennio
(contadino, operaio, in tenuta militare,
sportiva, istituzionale), che inglobava le
diverse sfumature delle aspettative della
popolazione, viene totalmente annullata
in questa fotografia, che incarna
insieme il carattere di immagine
di propaganda partigiana e di
espressione del senso di
liberazione per la fine di un
incubo. Afferma Yan Pei-Ming:
«Le immagini desunte dagli
organi di stampa costituiscono
documentazione
importante, a volte sono quelle