
(AGENPARL) – mar 27 giugno 2023 Leonilla Bariatinsky
“La principessa Leonilla, di capelli scuri, era chiamata Hilda… questo nome era giustificato dall’eccezionale bellezza dei suoi occhi neri, socchiusi con delle ciglia all’insù…” La descrizione che la nobildonna polacca Gabrjela Puzjnina lasciò di Leonilla Bariatinsky, incontrata a Vilnius in occasione di un ballo, consente di percepire lo charme della donna, ammirata nei salotti di tutta Europa. Figlia di arisocratici russi, Leonilla sposò giovanissima il cugino Ludwig von Sayn-Wittgenstein-Berleburg, di origini tedesche. La coppia visse inizialmente a Mosca, e in seguito tra Parigi, Roma e il castello di famiglia a Sayn, in Germania, interamente ricostruito in stile neogotico. Modella per pittori come Horace Vernet e Franz Xaver Winterhalter, Leonilla fu ritratta da Tenerani nel 1853, probabilmente durante uno dei suoi soggiorni romani. Unica tra i personaggi in mostra a sopravvivere al XIX secolo, Leonilla morì a Losanna nel 1918, all’età di 102 anni.
Vittoria Caldoni
“Prova a guardare un lampo nell’attimo preciso in cui erompe con immane fulgore da nubi nere come il carbone. Così sono gli occhi di Annunziata di Albano. Tutto in lei ricorda quei tempi antichi in cui brillavano gli scalpelli degli scultori e il marmo si animava. Comunque volga il suo niveo viso, la sua immagine si imprime a fondo nel cuore. Di profilo emana un’incredibile nobiltà e rivela una bellezza di linee mai eguagliata da nessun pennello. Anche vista da dietro è meravigliosa: i suoi incantevoli capelli raccolti sulla testa scoprono un candido collo e spalle belle come non si sono mai viste prima sulla terra” È opinione comune che l’Annunziata descritta da Nikolaj Gogol nel racconto Roma sia in realtà Vittoria Caldoni, la fanciulla di Albano che all’inizio degli anni Venti, poco più che quindicenne, divenne modella per i maggiori artisti attivi a Roma. Considerata personificazione della bellezza ideale raffaellesca, Vittoria fu effigiata da Tenerani nel 1821 – stesso anno in cui la ritrasse Thorvaldsen – in un’erma lodata dai contemporanei per la rassomiglianza con la modella.
Anne Fitzgerald Arbuthnot
Il busto, che reca sul retro la data “aprile 1852”, servì da modello per un esemplare in marmo risalente al 1854 di cui si sono perse le tracce. Anne Fitzgerald, nata nel 1808 in Canada, dove il padre era ufficiale dell’esercito inglese, si trasferì in seguito con la famiglia in India. Nel 1828 sposò a Mumbai il baronetto scozzese Robert Keith Arbuthnot, in servizio nella Guardia Civile. Per un certo periodo, la coppia fu anche in Egitto: nel 1837 fu dedicato a Lady Arbuthnot un ambiente della piramide di Cheope da poco scoperto da Howard Vyse. Nell’ultimo periodo della sua esistenza, Anne visse con il marito a Firenze, città nella quale morì nel 1882.
Frances Vernon Harcourt
“Mio marito mi dice di esprimerle tutta l’ammirazione che sente, non solo per il lavoro…di somma bellezza…ma per la somiglianza che trova perfetta”. In una lettera del 16 maggio 1850, inviata a Tenerani da Brampton Brian Hall, residenza di famiglia nei pressi di Ludlow, in Inghilterra, Frances Vernon Harcourt esprime così allo scultore la propria gratitudine per il ritratto, eseguito durante un soggiorno a Roma, e servito da modello per la versione in marmo. Vissuta tra il 1804 e il 1872, Frances è ricordata dai contemporanei come acquerellista e appassionata collezionista di manufatti antichi, alcuni dei quali, alla sua morte, sono pervenuti al British Museum.
Chiara Colonna
Poetessa e amante della musica, Chiara Colonna morì a Roma nel 1847. Il suo monumento funebre, nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva, fu realizzato da Tenerani nel 1850. Rispetto al busto della chiesa romana, il gesso esposto presenta alcune significative differenze nell’acconciatura con i riccioli che incoronano il volto della donna: è quindi probabile che esso sia modello per un busto di destinazione privata. Legata a Tommaso Minardi da una lunga amicizia, Chiara, come molti aristocratici del suo tempo, fu anche pittrice di buon livello: “provatasi dapprima nel far ritratti dal vero con grandissima somiglianza, mostrò dipoi la sua valentia nel rendere i propri concetti in imaginose adatte composizioni eseguite con squisita delicatezza sullo stile del Beato Angelico”.
Lilla Montobbio Tenerani
Proveniente da una famiglia di origini genovesi, Lilla Montobbio sposò Pietro Tenerani nel febbraio 1842 nella chiesa di San Lorenzo in Lucina. I testimoni dell’epoca la descrivono come “donna modestissima e di virtù esemplari…seppe acconciarsi amorevolmente a tutte le abitudini del marito, lo secondò in ogni cosa, lo fece padre di tre cari figli, Faustina, ora contessa Hervé de Saisy, Carlo ed Enrichetta”. Il busto esposto, probabilmente eseguito da Tenerani nella fase conclusiva della sua vita, è modello per la versione in marmo collocata sul monumento funebre di Lilla, posto di fronte a quello del marito nella chiesa romana di Santa Maria degli Angeli.
Enrico Lenzoni
Il ritratto forse più vicino alla realtà di Enrico Lenzoni, rampollo di un’illustre famiglia fiorentina e pittore dilettante, morto a ventisei anni, si deve a Giacomo Leopardi, che in una lettera a Pietro Giordani del settembre 1832 ne tratteggia acutamente la personalità: “Il povero, come altri dice, o, come dico io, il felicissimo Enrico terminò il dì 26 del passato la sua corta vita. Studiare, bere, fumare e usar con donne l’hanno prestamente consumato, e ridotto a perire dopo due mesi di malattia non penosa. Savissimo nella pratica, e fortunatissimo fra mille giovani …”. Il busto fu eseguito da Tenerani come modello per quello posto sulla tomba del giovane nel chiostro della chiesa fiorentina di Santo Spirito.
Margareth Compton
Il ritratto di Margaret Douglas-Maclean Clephane, moglie di Spencer Joshua Alwyne Compton, marchese di Northampton, sposato nel 1815, morì nel 1830, a soli trentatré anni, per le conseguenze del suo sesto parto. Amante della musica e pittrice dilettante, Margaret fu soprattutto poetessa di talento, apprezzata da Walter Scott. Tra le sue opere letterarie, il poemetto in strofe Irene e una traduzione inglese della petrarchesca Chiare fresche dolci acque. Oltre al busto esposto, probabilmente di destinazione domestica, Tenerani realizzò anche il monumento funerario della donna, completato nel 1833 e collocato nel castello di Ashby nel Northamptonshire.
La contessa Oustinoff
Dell’elegante dama con una ghirlanda di fiori tra i capelli non conosciamo il nome. Sappiamo però che era la moglie di un diplomatico russo presente a Roma nella seconda metà degli anni Quaranta, proprietario di una versione della Psiche abbandonata. L’uomo menziona il busto della moglie in un biglietto del marzo del 1848, nel quale chiede a Tenerani di rinviare la posa della moglie a causa di una malattia della figlia. Ricordato dai contemporanei come musicista dilettante, l’uomo morì nel gennaio 1849 in un incidente marittimo al largo di Gaeta.
Carlotta de Medici Lenzoni
“Madama Carlotta Lenzoni, nata Medici, dama che appartiene alla prima nobiltà di Firenze, ha un pregio maggiore ancora, cioè quello di amare le lettere e le arti più che non sogliono le dame italiane. Ella conosce personalmente quasi tutti i letterati d’Italia, avendo sempre amato che la società che si raduna regolarmente in sua casa più volte la settimana, fosse composta dagl’ingegni più distinti che si trovano in Firenze”. Le parole di Giacomo Leopardi, in una lettera del giugno 1831, bene illustrano il ruolo di Carlotta Medici Lenzoni nella cultura fiorentina della prima metà dell’Ottocento, animatrice di un salotto frequentato, oltre che da Leopardi, da artisti e letterati, tra cui Pietro Giordani, Lorenzo Bartolini, Antonio Rosmini e Alessandro Manzoni. Anche Tenerani fu spesso ospite della principessa, con la quale intrattenne una lunga corrispondenza, proprietaria della prima versione della Psiche abbandonata, primo capolavoro di Tenerani, oggi a palazzo Pitti. Il ritratto in mostra fu modello per quello che la dama fiorentina tenne in casa propria per tutta la vita.
Edvige Carnevali Righetti
Edvige Carnevali, moglie del banchiere Pietro Righetti, stretto collaboratore del ministro Pellegrino Rossi, fu ritratta da Pietro Tenerani nel luglio del 1831. L’iscrizione di Pietro Giordani sulla base del busto attesta che l’opera, uno dei capolavori della prima attività dello scultore, fu donata ad Anna Fazzi, madre dell’effigiata, nel giorno dell’onomastico. Due anni più tardi, Gaetano Donizetti omaggiò l’onomastico della donna con una cantata il cui testo fu scritto da Edvige e dalla sorella Clementina, entrambe cantanti dilettanti. Tenerani ebbe stretti rapporti con la famiglia Carnevali e ne frequentò a lungo il salotto, paragonato da Oreste Raggi a quello di Carlotta Lenzoni a Firenze.
Giovanni Battista Sartori
Il busto di Giovanni Battista Sartori, fratello per parte di madre di Antonio Canova, è modello per l’esemplare in marmo ultimato nel 1852, oggi al Museo Civico di Bassano del Grappa. Grazie alla fitta corrispondenza tra il podestà di Bassano, Giuseppe Bombardini, e lo scultore – illuminante anche sul metodo di lavoro di quest’ultimo – è possibile ricostruire le vicende connesse alla realizzazione dell’opera. Attento agli sviluppi della neonata fotografia, in un primo tempo Tenerani aveva chiesto di ricevere “due disegnini, uno di profilo e l’altro di faccia, meglio se riprodotti col Dagherrotipo”, da cui riprendere i tratti del religioso. La richiesta dello scultore non fu esaudita, perché all’epoca a Bassano “non è maniera di giovarsi del Daguerrotipo”, e quindi il podestà poté inviare allo scultore solo “la maschera tratta dall’originale”, fiducioso che “in tutto e per tutto, supplirà l’esimio scarpello, cui è affidata l’opera”. Insoddisfatto degli arrivi dal Veneto, Tenerani riuscì a eseguire il ritratto grazie a un imprevisto passaggio a Roma di Sartori: “È stata una vera fortuna che Monsignore sia venuto in Roma, perché così ho potuto fare dal vero il modello”. Gli esiti, visibili, furono all’altezza delle aspettative dei committenti: “un fratello del Canova non poteva esser meglio scolpito”.
Luigi Canina
Oreste Raggi, biografo di Tenerani, accenna la busto di Luigi Canina tra quelli più significativi realizzati dallo scultore: ricordandone la committenza del duca di Northumberland, Algernon Perry, per il quale Canina aveva realizzato la trasformazione in stile italianeggiante degli interni del castello di Alnwick, menzionando anche un esemplare in marmo, del quale sembrano essersi perse le tracce. Lo stesso nobile inglese commissionò a Tenerani il monumento a Canina nella chiesa romana dei Santi Luca e Martina, al centro del quale, entro un clipeo, è un ritratto in altorilievo dell’archeologo e architetto piemontese che presenta numerose varianti rispetto all’opera in mostra.
Orazio Carnevalini
Viterbese di nascita, il poeta Orazio Carnevalini, scomparso ventunenne nel 1823, fu legato a Tenerani da profonda amicizia. Nel 1821, Orazio dedicò alla Venere cui Amore toglie una spina dal piede, capolavoro giovanile dello scultore, un poemetto in rime. L’espressivo ritratto in forma di erma fu eseguito dallo scultore “di suo pensiero”, a memoria, modello per quello collocato sulla tomba del giovane letterato nel chiostro di Santa Maria Nuova a Viterbo.
Livio Odescalchi
L’archivio Tenerani, conservato al Museo di Roma, conserva due biglietti a firma di Livio Odescalchi. In uno dei quali, purtroppo privo di data, è stata letta un’allusione al busto: il nobile romano ringrazia infatti lo scultore per aver soddisfatto una sua richiesta. Il ritratto esposto fu probabilmente eseguito in coppia con quello di Sofia Branicka, discendente da una ricca famiglia polacca, che Livio sposò nel 1841. Il matrimonio contribuì a risanare le dissestate finanze di famiglia – permettendo il riscatto dai Torlonia dei possedimenti di Bracciano – mentre il legame di Sofia con alcune delle principali famiglie nobili d’Europa rese palazzo Odescalchi uno dei principali punti di incontro della società romana di metà Ottocento.
Rosa Lavaggi Marescalchi
Ammirata dai contemporanei per la sua “beltà giunonica”, dama di compagnia della Regina Margherita, Rosa Marescalchi, moglie del marchese Ignazio Lavaggi, fu un personaggio controverso nella Roma di secondo Ottocento. Ce ne fornisce una pungente descrizione la scrittrice francese Juliette Adam: “Impietosa all’eccesso, Rosa Marescalchi aveva quella che si chiama una lingua biforcuta e non risparmiava nessuno, cosa che spiega le inimicizie .. che aveva suscitato intorno a sé. Ma la morte dei figli….strappati ad uno ad uno nel fiore dell’età, ha gettato sulla sua fortuna, eccessiva come il suo carattere, una tristezza che nessuno riesce a consolare e che ha mosso a pietà i più acerrimi nemici”. Il busto, datato 1858, è modello per una versione in marmo successiva di due anni
William Charles Wentworth
Il monumento all’uomo politico e scrittore australiano Charles William Wenthworth fu commissionato a Tenerani a seguito di una sottoscrizione pubblica tra i cittadini di Sidney deliberata nel 1853. L’inaugurazione della statua a figura intera, che mostra l’uomo in abiti moderni, avvenne però solo nel 1862. È probabilmente in relazione col monumento il busto esposto in mostra, che risale al 1858 e servì probabilmente da modello per alcuni esemplari in marmo conservati a Sidney. L’esecuzione del ritratto Tenerani approfittò di una visita a Roma dello statista, di cui Oreste Raggi fornisce testimonianza, mettendo in risalto la capacità dello scultore di riprodurre realisticamente i propri personaggi: “Egli, l’illustre oratore, venne in Roma e posò innanzi l’artista, e l’artista se lo improntò siffattamente nell’animo che non sembra facesse un ritratto, ma riproducesse la persona stessa che aveva dinnanzi agli occhi”.
Vincenzo Gioberti
Politico e filosofo di estrazione cattolica, Vincenzo Gioberti pubblicò nel 1843 la sua opera più significativa, Del primato morale e civile degli Italiani. Di pochi anni più tardo è il busto in mostra, eseguito nel 1848 in occasione di un breve soggiorno romano occasione per fare la conoscenza diretta di Tenerani. Dello scultore Gioberti era però estimatore già in precedenza. In una lettera del 1847, nella quale auspica di poterlo incontrare presto, egli lo definì “uomo che rinnova ai nostri dì il secolo di Fidia e abbellisce l’Italia di questa gloria privilegiata”. Il ritratto in marmo in relazione col modello si conserva al Museo della Certosa di San Martino a Napoli.
Alfonso Caetani
Esponente di secondo piano della nobile famiglia romana, con la quale Tenerani ebbe frequenti contatti, Alfonso Caetani era nato nel 1792. L’apparente età dell’effigiato, fa supporre che al ritratto possa far riferimento una lettera del 1831, in cui Alfonso esprime a Tenerani tutta la propria riconoscenza: “Io sono con trasporto ammirando il vostro lavoro di cui ve ne rimango veramente grato; e che a voce ben presto ve ne contesterò tutta la mia gratitudine”. L’erma tratta dal modello esposto in mostra, si trova tuttora nella chiesa di Santa Pudenziana, dove è già menzionata da Oreste Raggi “sopra di una colonnetta nella cappella dei Caetani in Santa Pudenziana presso il monte Esquilino”, a seguito delle disposizioni testamentarie dell’effigiato.
José Maria Gutierrez De Estrada
Influente uomo politico messicano, José Maria Gutierrez de Estrada si trasferì in Europa alla fine degli anni Trenta dell’Ottocento. Abile diplomatico, Gutierrez, che fu anche Ministro degli Esteri, rivestì un ruolo di primo piano nella delegazione che a Trieste, nel 1863, offrì a Massimiliano d’Asburgo il regno messicano. Dalla metà del secolo, l’uomo fu in più occasioni a Roma, città nella quale sposò la sua seconda moglie, Genevieve Dayderi de Saint-Laurent. La coppia risiedeva in palazzo Marescotti, appartenente alla famiglia della donna. I coniugi furono ritratti da Tenerani in una coppia di busti presumibilmente eseguita negli anni Cinquanta, come paiono attestare la presenza nell’archivio Tenerani conservato al Museo di Roma di alcune lettere di Gutierrez risalenti a quel periodo, e la morte di Genevieve nel 1860.
I conti Larisch
I due ritratti sono menzionati da Oreste Raggi tra quelli nella Galleria Tenerani, come raffiguranti il conte e la contessa Larich. E’ tuttavia probabile che come in altre circostanze il biografo di Tenerani abbia trascritto male i nomi dei personaggi: i due effigiati potrebbero infatti appartenere alla famiglia Larisch, nobili di origine morava. È probabile quindi che nei ritratti siano raffigurati il conte Heinrich Larisch von Moennich, nato nel 1793 e morto a Firenze nel 1859, e la moglie Henrietta von Haugwitz, più giovane di lui di sei anni. Heinrich fu il primo esponente dei Larisch-Moennich a seguito dell’acquisizione del cognome materno. Imprenditore e ricco proprietario terriero, attivo anche in campo minerario, il conte rivestì anche alcuni incarichi pubblici. Considerata l’età apparente degli effigiati, è possibile che i busti siano stati realizzati negli anni Quaranta del XIX secolo, forse durante un soggiorno della coppia in Italia.
Zenaide Wolkonsky
Il busto esposto, datato 1850, modello per quello conservato alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, raffigura Zenaide Wolkonsky una delle maggiori protagoniste dei salotti internazionali della prima metà dell’Ottocento. Celebre per la sua bellezza e la sua voce da contralto, compositrice e scrittrice lei stessa, Zenaide visse a lungo a Mosca, e nel 1829 si trasferì a Roma, dove acquistò una villa nei pressi di San Giovanni in Laterano. Il salotto di villa Wolkonsky divenne in breve tempo punto d’incontro di artisti e intellettuali, tra i quali Camuccini, Thorvaldsen e Gogol. In precedenza, la principessa aveva abitato a Palazzo Poli, dove viveva anche Giuseppe Gioacchino Belli. Durante un pranzo nel gennaio 1835, il poeta rispose alla richiesta di Zenaide di offrire agli ospiti un saggio della sua arte con un sonetto dall’attacco bruciante: Sor’Artezza Zzenavida Vorcoschi,/ perché llei me vò espone a sti du’ rischi / o cche ggnisun cristiano me capischi / o mme capischi troppo e mme conoschi? . Negli ultimi anni di vita, dopo la conversione al cattolicesimo, la principessa si dedicò alla beneficenza con sempre maggior fervore, ospitando nel suo salotto teologi e religiosi. Morì nel 1862 di polmonite, causata, stando ai racconti dell’epoca, dall’aver donato a una mendicante il proprio cappotto.
Autoritratto
Si tratta di uno dei cinque autoritratti che Tenerani realizzò nel 1856 conservati al Museo di Roma. Sono in relazione con la serie, gli esemplari dell’Accademia di San Luca e della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, della Glyptothek di Monaco, della Ny Carlsberg Glyptothek di Copenaghen e con quello sulla tomba dello scultore, nell’atrio della chiesa di Santa Maria degli Angeli. Un’ulteriore versione in marmo dell’opera è esposta nelle sale del secondo piano di palazzo Braschi.
Il Duca di Reichstadt
Figlio di Napoleone e della seconda moglie Maria Luisa d’Asburgo, Napoleone Francesco Giuseppe Carlo Bonaparte nacque nel 1811. Designato Principe Imperiale dalla nascita, ricevette anche il titolo puramente formale di Re di Roma. Alla caduta dell’Impero, il piccolo fu portato a Vienna, dove trascorse l’infanzia nella corte imperiale con il titolo di Duca di Reichstadt, mentre la madre si trasferì in Italia avendo acquisto il ducato di Parma e Piacenza. Iniziato fin da giovanissimo alla carriera militare, il Bonaparte morì di tubercolosi a ventuno anni, nel 1832. Nello stesso anno, a quanto risulta da una lettera conservata nell’Archivio Tenerani, Elisa Baciocchi, figlia di Elisa Bonaparte, sorella dell’Imperatore, commissionò il busto a Tenerani, che, come ricordato da Oreste Raggi, lo realizzò lavorando solo sulla base di un’incisione. È in relazione con il busto l’esemplare in marmo conservato nel Castello di Fontainebleau.