
(AGENPARL) – ven 16 giugno 2023 LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA CONFISCA BENI PER UN
VALORE DI 18 MILIONI DI EURO AD EREDI DI UN IMPRENDITORE
CATANESE
La Direzione Investigativa Antimafia, articolazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, ha
eseguito un provvedimento di confisca dei beni emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure
di Prevenzione, nei confronti degli eredi di un imprenditore catanese, deceduto nel 2018, operante
nel settore della raccolta di rifiuti solidi urbani e ritenuto contiguo alla criminalità organizzata.
Il Giudice della Prevenzione ha confermato, in larga parte, quanto già era stato valutato in sede di
sequestro circa le tesi proposte dagli investigatori sulla passata pericolosità sociale
dell’imprenditore e la dimostrata stretta correlazione temporale tra gli episodi in cui lo stesso
intratteneva rapporti e faceva affari con la criminalità organizzata e la contestuale acquisizione del
pregevole patrimonio aziendale e immobiliare che, già prima della sua morte, era stato trasferito ai
suoi congiunti ed oggi è sottoposto a confisca.
L’imprenditore, nel 2017 era stato arrestato nell’ambito dell’operazione di polizia denominata
“Piazza Pulita”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, in quanto ritenuto
responsabile dei reati di tentata estorsione aggravata e danneggiamento aggravati dal metodo e dalle
modalità mafiose (clan Trigila), commessi nei confronti di una società che gestiva il servizio di
raccolta rifiuti a Noto (SR).
Nel 2018, l’uomo veniva, nuovamente, tratto in arresto dalla DIA di Catania in esecuzione di un
provvedimento applicativo di misura cautelare nell’ambito dell’operazione “Gorgoni”, anch’essa
coordinata dalla Direzione Distrettuale di Catania, poiché ritenuto responsabile di aver preso parte
all’associazione mafiosa, per concorso in corruzione e in turbativa d’asta ed intestazione fittizia di
beni, reati tutti aggravati per averli commessi con il metodo e le modalità mafiose (clan Cappello).
Dalle due inchieste era emerso chiaramente il marcato profilo tipico del cosiddetto “imprenditore
mafioso”.
Anche il Giudice per le Indagini Preliminari lo aveva definito “il volto imprenditoriale” del clan
Cappello, dando una importante conferma sulle camaleontiche capacità della mafia di servirsi di
affidabili e insospettabili imprenditori per il raggiungimento dei propri illeciti obiettivi.
L’imprenditore catanese era riuscito a costruire e sviluppare il suo impero economico convivendo
attivamente proprio con il clan da ultimo citato con il quale era nato un vero e proprio rapporto
sinallagmatico di reciproco vantaggio. Da una parte l’imprenditore riceveva “protezione” riuscendo,
DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA 00193 Roma, Via Torre di Mezzavia 9/121
altresì, ad ottenere l’affidamento di importanti appalti pubblici, dall’altra la consorteria criminale
veniva sostenuta economicamente.
Il rapporto era divenuto così intimamente profondo che l’imprenditore, conoscitore delle gerarchie
interne al sodalizio e dei meccanismi di funzionamento del gruppo mafioso, si rivolgeva al capo pro
tempore (oggi sottoposto al regime di carcerazione speciale del 41 bis OP), criticandolo per la sua
inclinazione a circondarsi di affiliati di scarso valore e rimpiangendo i precedenti vertici.
È la stessa Autorità Giudiziaria, sulla base degli elementi probatori rilevati dagli investigatori ed
emersi durante le articolate attività di indagine, a ritenere che l’imprenditore “fosse
progressivamente assurto al rango di esponente di spicco del clan “Cappello” proprio per il suo
ruolo e nell’esercizio della sua attività di imprenditore attivo nel settore della raccolta e gestione
dei rifiuti”.
Con l’odierno provvedimento il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione – che ha
definito l’impresa mafiosa affermando che “l’attività imprenditoriale si è infatti costituita e