
(AGENPARL) – lun 15 maggio 2023 0015 maggio 2023
L’INDAGINE ISTAT-UNAR SULLE DISCRIMINAZIONI LAVORATIVE
NEI CONFRONTI DELLE PERSONE LGBT+
(Non IN UNIONE CIVILE O GIÀ IN UNIONE)
Anno 2022
Istat e UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) presentano i principali risultati della rilevazione sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (non in unione civile o già in unione), una delle indagini previste dal progetto di ricerca “Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ e le diversity policies attuate presso le imprese”. L’obiettivo è fornire un quadro informativo su diffusione e percezione delle diverse forme di discriminazione, minacce e aggressioni che, in Italia, le persone LGBT+ possono aver subito, in ambito lavorativo e in altri contesti di vita.
La rilevazione, condotta nel 2022 con tecnica CAWI (autocompilazione di un questionario elettronico on line), è stata rivolta a persone omosessuali e bisessuali, maggiorenni, che al momento della rilevazione vivevano abitualmente in Italia, non erano in unione civile e non erano state unite in passato. Si tratta di circa mille e duecento individui che hanno risposto al questionario elettronico (per maggiori dettagli riguardanti il reclutamento si veda la nota metodologica): il 79,6% dichiara un orientamento omosessuale (di cui il 55,2% persone di sesso maschile, il 24,3% di sesso femminile), il 20,4% bisessuale (di cui il 14,2% femmine e il 6,3% maschi). La tecnica di rilevazione ha favorito l’adesione all’indagine di individui che presentano caratteristiche socio-demografiche più spesso associate a maggiori competenze digitali e facilità di accesso a dispositivi mediali (giovane età, elevato livello di istruzione, residenza in grandi comuni).
I risultati di questa rilevazione non possono quindi essere considerati rappresentativi di tutta la popolazione omosessuale e bisessuale non in unione civile, né sono confrontabili con quelli dell’indagine sullo stesso tema del 2020-2021 indirizzata alle persone in unione civile o già in unione. Si riferiscono solamente alle persone appartenenti alla popolazione target che hanno deciso di partecipare all’indagine.
La prima parte del report illustra le principali caratteristiche socio-demografiche delle persone intervistate e riferisce sull’eventuale condizione di svantaggio nella sfera lavorativa che i rispondenti riconducono al proprio orientamento sessuale, con un focus particolare sul coming out e le micro-aggressioni nel mondo del lavoro.
La seconda parte si concentra sulle esperienze di discriminazione che gli individui intervistati dichiarano di aver vissuto in Italia in ambito lavorativo; si tratta di eventi o situazioni in cui la persona ritiene di essere stata trattata in maniera meno favorevole di altre per alcune caratteristiche (es. origini straniere, condizioni di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, orientamento sessuale ecc.). In particolare, sono state indagate le discriminazioni che gli intervistati riferiscono di aver subito durante la ricerca di un lavoro o nel corso della propria attività come dipendente e le situazioni in cui si è percepito un clima ostile oppure si sono verificate minacce o aggressioni. Con riferimento all’ultima situazione di discriminazione vissuta, vengono analizzate le ragioni che ne sono ritenute la causa.
La terza parte restituisce un quadro generale delle esperienze in altri contesti della vita quotidiana (es. doversi trasferire), di minacce e aggressioni che gli intervistati ritengono siano legate all’orientamento sessuale.
Infine, viene proposta una rappresentazione della percezione che le persone intervistate hanno del fenomeno della discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere in Italia, e delle azioni ritenute rilevanti da adottare a favore delle persone LGBT+.
CARATTERISTICHE SOCIODEMOGRAFICHE DEI RISPONDENTI
Fra coloro che hanno partecipato all’indagine (circa mille e duecento persone che vivono in Italia e che non sono in unione civile né lo sono state in passato), il 79,6% dichiara un orientamento omosessuale (di cui il 55,2% persone gay, e il 24,3% persone lesbiche), il 20,4% bisessuale (di cui il 14,2% femmine e il 6,3% maschi). I rispondenti, anche in conseguenza alla tecnica di rilevazione utilizzata per l’indagine, presentano una quota rilevante di giovani (il 55,4% ha tra 18 e 34 anni) che hanno, in genere, maggiori competenze digitali e facilità di accesso a dispositivi mediali. Allo stesso modo si giustifica la presenza numerosa di persone con un livello di istruzione molto elevato: il 64,2% dei rispondenti ha conseguito infatti almeno la laurea. L’indagine ha coinvolto sia persone appartenenti al mondo dell’associazionismo LGBT+ sia persone che non ne fanno parte: circa la metà dei rispondenti (48,2%) partecipa attivamente e con continuità ad associazioni e/o a gruppi LGBT+, il 23,3% ha partecipato in passato e il 26,7% non vi ha mai partecipato.
PROSPETTO 1. PERSONE OMOSESSUALI E BISESSUALI, NON IN UNIONE CIVILE (ATTUALMENTE O IN PASSATO), CHE VIVONO IN ITALIA PER ORIENTAMENTO SESSUALE E CARATTERISTICHE SOCIO-DEMOGRAFICHE. Anno 2022, valori assoluti e percentuali*
ORIENTAMENTO SESSUALE TOTALE
Lesbica Gay Bisessuale**
CLASSE DI ETÀ 18-34 anni 53,9 50,3 70,9 55,4
35-49 anni 37,6 38,4 24,5 35,4
50 e oltre 8,5 11,3 – 9,2
TITOLO DI STUDIO Fino al diploma 40,4 33,1 37,6 35,8
Laurea e oltre 59,6 66,9 62,5 64,2
RIPARTIZIONE (dove vive) Nord 48,6 50,0 54,4 50,6
Centro 18,1 23,0 18,6 20,9
Mezzogiorno 12,4 10,5 13,1 11,5
Preferisco non rispondere 20,9 16,6 13,9 17,1
FORMA FAMILIARE Vivo da solo/a 28,7 43,4 24,1 35,9
Vivo solo/a con il partner 32,3 21,4 22,8 24,3
Vivo solo/a con madre/padre 13,8 12,3 19,0 14,1
Vivo solo/a con madre/padre e fratelli o sorelle 9,9 11,1 14,8 11,6
Altro 15,3 11,7 19,4 14,2
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0
*La somma dei valori potrebbe non tornare a 100 a causa di arrotondamenti.
** La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
– dato non pubblicabile a causa della scarsa numerosità.
I rispondenti sono in prevalenza cittadini italiani (98,3%), di sesso maschile (61,5%), che vivono nel Nord del Paese (50,6%) e in centri di grandi dimensioni: oltre sei rispondenti su dieci abitano infatti in comuni con oltre 50 mila abitanti. Nel complesso Lombardia, Emilia-Romagna e Lazio raccolgono il maggior numero di intervistati; il 17,1% ha preferito non indicare la regione in cui vive.
La composizione demografica delle persone che hanno risposto si riflette nella condizione familiare: una persona su quattro vive con la famiglia di origine (solo con madre/padre o con anche fratelli/sorelle); il 35,9% degli intervistati dichiara di vivere solo/a, in misura maggiore per la componente maschile (42,2%), mentre il 24,3% vive solamente con il partner (nel complesso il 29,8% afferma di avere un partner). La quota di quanti hanno figli, che è più rilevante tra la componente femminile, è pari al 3,5%; se si considerano i soli figli conviventi tale quota si riduce al 2,6%.
Trattandosi di un campione di convenienza (che non offre, cioè, a tutte le unità della popolazione target la stessa possibilità di entrare a far parte del campione), si ricorda che tali risultati non possono essere considerati rappresentativi di tutta la popolazione omosessuale e bisessuale non in unione civile, ma fanno riferimento solamente alle persone, appartenenti alla popolazione target, che hanno deciso di partecipare all’indagine.
Coming out in famiglia
Oltre sette intervistati su dieci (omosessuali e bisessuali non in unione civile o già in unione che vivono in Italia), affermano di aver acquisito consapevolezza dell’attuale orientamento sessuale non oltre i 20 anni, con frequenze più elevate tra le giovani generazioni. L’età scende a meno di 15 anni per il 38,5% dei rispondenti, ma l’incidenza sale ancora tra quanti dichiarano un orientamento omosessuale (il 42,3% contro il 23,6% dei bisessuali), così come tra la componente maschile (il 46,6%). Tra le ragazze, invece, l’età indicata è più spesso quella compresa fra i 15 e i 20 anni (42,4%).
Nella quasi totalità dei casi la famiglia di origine è a conoscenza dell’attuale orientamento sessuale dei rispondenti: l’orientamento è/era noto al 76,4% delle madri e al 63% dei padri; nell’81,9% dei casi i fratelli e le sorelle ne sono a conoscenza. Circa un rispondente su cinque proviene da una famiglia in cui sia il padre che la madre hanno conseguito il diploma; oltre una persona su dieci ha entrambi i genitori laureati; una quota analoga si ritrova anche per coloro i cui genitori hanno entrambi la licenza media.
Anche tra gli altri parenti il coming out è abbastanza diffuso, in particolare tra cugini e zii (per oltre la metà dei rispondenti), in percentuale inferiore tra i nonni (15,9%). Una quota molto elevata riguarda gli amici, infatti l’85,3% degli intervistati afferma che tutti o quasi tutti gli amici sono a conoscenza del proprio orientamento sessuale. Valori più ridotti si registrano quando si tratta della bisessualità (74,3% rispetto all’88,2% degli omosessuali), mentre il coming out tra amici è più frequente tra coloro che hanno un livello di istruzione più elevato. Nel complesso la rete amicale delle persone intervistate si compone, per circa la metà dei rispondenti, in egual misura di persone eterosessuali e non eterosessuali.
La partecipazione al mercato del lavoro
I rispondenti all’indagine, omosessuali e bisessuali (non in unione civile e che non lo sono stati in passato) che vivono in Italia, si caratterizzano per un’elevata partecipazione al mercato del lavoro (Prospetto 2). Nonostante il profilo mediamente molto giovane, la stragrande maggioranza è occupata (84,7%) o lo è stata in passato (9,8%) in virtù del livello di istruzione elevato. La quota restante (5,5%) non ha mai lavorato. La principale motivazione per cui al momento non si è occupati, pur avendo lavorato in passato, è il fatto di studiare o seguire corsi di formazione professionale (43,4% con un’incidenza più alta per la componente maschile).
La percentuale di quanti, al momento della rilevazione, non risultano occupati ma lo sono stati in passato, è superiore tra la componente femminile (13,3% a fronte del 7,6%) e tra le persone bisessuali (11% a fronte del 4,1%) che sono però mediamente più giovani.
Tra la componente femminile una persona ex-occupata su quattro riferisce la difficoltà a trovare lavoro pur cercandolo, un altro 5,1% afferma di aver smesso di cercare (a fronte dell’1,9% tra la componente maschile nelle stesse condizioni); pesano inoltre difficoltà legate ad altre motivazioni (11,9 contro il 3,7%).
Il tipo di attività lavorativa prevalente tra gli occupati ed ex-occupati intervistati è il lavoro dipendente (con una quota superiore tra la componente maschile e tra le persone bisessuali), nel 62% dei casi nell’ambito del settore privato. In circa sette casi su dieci i dipendenti o ex-dipendenti hanno una posizione stabile, potendo contare, adesso o in passato, su un contratto a tempo indeterminato, con una quota di lavoro a termine superiore per la componente femminile.
Il 29% dei rispondenti occupati ed ex-occupati svolge o ha svolto come ultima occupazione un’attività lavorativa indipendente. La componente femminile, più spesso rispetto a quella maschile, svolge o svolgeva un lavoro di collaborazione coordinata e continuativa o di prestazione d’opera occasionale.
La tipologia di lavoro indipendente più diffusa è la libera professione (12,2% sul totale degli occupati ed ex-occupati) con un’incidenza di poco superiore per la componente maschile. La scelta di un lavoro autonomo (imprenditore, libero professionista, lavoratore in proprio) non risulta essere legata a forme di auto-discriminazione e quindi all’aver scelto questo tipo di lavoro perché come lavoratore dipendente avrebbe avuto problemi legati al proprio orientamento sessuale, bensì alla volontà di lavorare in autonomia e alla natura stessa della professione scelta.
Nel complesso, le persone omosessuali e bisessuali (non in unione civile o già in unione) coinvolte nell’indagine risultano maggiormente impiegate nel terziario (sanità e assistenza sociale, istruzione e formazione e altri servizi) dove si colloca metà circa degli occupati o ex-occupati. La componente femminile è più presente nei settori “servizi di alloggio e ristorazione”, “istruzione e formazione” e “altri servizi”, la componente maschile nei “servizi di informazione e comunicazione”.
Circa quattro persone occupate ed ex-occupate su dieci svolgono o hanno svolto una professione che prevede attività organizzative, tecniche, intellettuali, scientifiche o artistiche a elevata specializzazione. Gli altri gruppi professionali più diffusi fra i rispondenti sono “lavoro esecutivo d’ufficio” (15,7%), “attività di vendita al pubblico o di servizio alle persone” (15,3%) e “attività tecnica, amministrativa, sportiva o artistica a media qualificazione” (15,1%).
PROSPETTO 2. PERSONE OMOSESSUALI E BISESSUALI, NON IN UNIONE CIVILE (ATTUALMENTE O IN PASSATO), CHE VIVONO IN ITALIA OCCUPATI O EX-OCCUPATI PER ORIENTAMENTO SESSUALE E CARATTERISTICHE DELL’ATTUALE/ULTIMO LAVORO. Anno 2022, valori assoluti e percentuali*
ORIENTAMENTO SESSUALE TOTALE
Lesbica Gay Bisessuale** CONDIZIONE OCCUPAZIONALE (a) Occupato/a 89,7 92,6 81,0 89,7
Non occupato/a ma ha lavorato in passato 10,3 7,4 19,0 10,3
TIPO DI LAVORO Indipendenti 28,6 26,8 35,6 29,0
Dipendenti 71,4 73,2 64,5 71,1
Dipendenti di cui: A termine 38,0 26,4 48,5 33,2
A tempo indeterminato 62,1 73,6 51,5 66,8
Settore pubblico 30,8 26,9 25,7 27,6
Settore privato 56,9 64,2 61,8 62,0
In azienda mista (o non so) 12,3 8,9 – 10,4
TOTALE 100,0 100,0 100,0 100,0
*La somma dei valori potrebbe non tornare a 100 a causa di arrotondamenti.
** La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
– dato non pubblicabile a causa della scarsa numerosità.
(a) Le persone occupate e non occupate ma che lo sono state in passato hanno risposto facendo riferimento rispettivamente all’attuale e all’ultimo lavoro svolto.
LE DISCRIMINAZIONI IN AMBITO LAVORATIVO
Orientamento sessuale e sfera lavorativa
La stragrande maggioranza delle persone omosessuali o bisessuali (non in unione civile o già in unione), occupate in Italia, in passato o attualmente, dichiara che il proprio orientamento sessuale era o è noto almeno a una parte delle persone del proprio ambiente lavorativo (84,3%), con un’incidenza maggiore tra le persone omosessuali (l’87,7% contro il 69,9% dei bisessuali).
Più di frequente, nell’attuale o ultimo lavoro, sono o ne erano a conoscenza i colleghi di pari grado (78,3%), seguiti dal datore di lavoro o superiori (64,8%) e dai dipendenti o persone di grado inferiore (55,3%). Tuttavia, il 31,2% afferma che sia capitato che un collega, una persona di grado superiore o inferiore, un cliente o un’altra persona dell’ambiente lavorativo rivelasse ad altri il suo orientamento sessuale senza che ne avesse dato il consenso (outing).
Il 34,1% dei rispondenti ritiene che il proprio orientamento sessuale l’abbia svantaggiato nel corso della vita lavorativa in termini di riconoscimento e apprezzamento delle proprie capacità professionali; il 30,8% rispetto ad avanzamenti di carriera e crescita professionale. Nella valutazione degli intervistati, è invece meno diffuso riferire uno svantaggio riguardo al livello del reddito/retribuzione lavorativa (circa una persona occupata o ex-occupata su cinque), ma è comunque più frequente che ciò avvenga tra le persone omosessuali rispetto ai bisessuali e tra la componente maschile (Figura 1).
In complesso, il 41,4% delle persone occupate o ex-occupate intervistate dichiara che essere omosessuale o bisessuale ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione); tale situazione viene segnalata in misura maggiore dalla componente maschile (42,3% contro 39,9% della componente femminile), dalle persone omosessuali (42,3% contro 37,4% dei bisessuali) e dalle fasce di età più giovani (42% contro 37,4% degli ultra 50enni).
Tra i lavoratori dipendenti o ex-dipendenti lo svantaggio legato al proprio orientamento sessuale si riduce all’aumentare degli anni di lavoro svolti nel medesimo posto di lavoro. Il fenomeno viene inoltre segnalato maggiormente tra i lavoratori o ex-lavoratori dipendenti del privato.
FIGURA 1. PERSONE OMOSESSUALI E BISESSUALI, NON IN UNIONE CIVILE (ATTUALMENTE O IN PASSATO), CHE DICHIARANO DI ESSERE STATE SVANTAGGIATE NEL CORSO DELLA VITA LAVORATIVA PER MOTIVI LEGATI ALL’ORIENTAMENTO SESSUALE (a) PER TIPO DI SVANTAGGIO E ORIENTAMENTO SESSUALE. Anno 2022, valori percentuali.
(a) Si fa riferimento alle persone che si sono definite omosessuali o bisessuali, non in unione civile e che non lo sono state in passato, che vivono in Italia e sono occupate in Italia o hanno svolto l’ultimo lavoro in Italia o non hanno mai lavorato.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
Il 61,2% riferisce, in relazione all’attuale/ultimo lavoro svolto, di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale, con un’incidenza più alta per la componente femminile (65,7% contro il 58,5% della componente maschile), tra le persone bisessuali (71,4% contro il 58,8% delle persone omosessuali), tra i più giovani (63,7% contro 52,3% degli ultracinquantenni) e tra i lavoratori dipendenti o ex-dipendenti (63,2% contro 56,3% degli indipendenti o ex-indipendenti) (prospetto 3).
Inoltre, circa una persona su tre afferma di aver evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero per non rivelare il proprio orientamento sessuale. È sempre la componente femminile a segnalare maggiormente tale comportamento (34,8% contro 30,1% tra la componente maschile), insieme alle persone bisessuali (37,9% contro 30,5% delle persone omosessuali) e ai lavoratori dipendenti o ex-dipendenti (34,5% contro 25,6% degli indipendenti o ex-indipendenti). Un profilo simile si osserva anche tra quanti dichiarano di aver evitato, nell’attuale o ultimo lavoro, di partecipare a eventi aziendali o altri eventi sociali collegati all’attività lavorativa (il 19,6% dei rispondenti).
PROSPETTO 3. COMPORTAMENTI ADOTTATI PER TENERE NASCOSTO IL PROPRIO ORIENTAMENTO SESSUALE NELL’ATTUALE/ULTIMO LAVORO IN ITALIA PER ORIENTAMENTO SESSUALE (a). Anno 2022, valori percentuali
ORIENTAMENTO SESSUALE TOTALE
Lesbica Gay Bisessuale* Evitare di parlare della propria vita privata 64,2 56,5 71,4 61,2
Evitare di frequentare nel tempo libero persone dell’ambiente lavorativo 35,5 28,3 37,9 31,9
Evitare di partecipare a eventi aziendali o altri eventi sociali 21,3 18,2 21,8 19,6
(a) Si fa riferimento alle persone che si sono definite omosessuali o bisessuali, non in unione civile e che non lo sono state in passato, che vivono in Italia e sono occupate in Italia o hanno svolto l’ultimo lavoro in Italia o non hanno mai lavorato.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
Micro-aggressioni in ambito lavorativo legate all’orientamento sessuale
Le micro-aggressioni sono “brevi interscambi quotidiani che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili (verbali, non verbali, e/o visivi) diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio” (Sue, 2010) che possono avere effetti sullo stato di benessere psico-fisico di una persona. Secondo l’indagine, circa otto persone su dieci hanno sperimentato almeno una forma di micro-aggressione in ambito lavorativo legata all’orientamento sessuale (tra quelle riportate nel prospetto 4).
L’incidenza del fenomeno è simile per genere e molto elevata, ma le micro-aggressioni sono riportate con maggiore frequenza dalle persone omosessuali rispetto a quelle bisessuali (81,7% a fronte del 78,8%). Inoltre, il problema è segnalato più spesso dai meno giovani (l’88,8% degli ultra 50enni contro il 77,6% dei 18-34enni) e dai lavoratori dipendenti o ex-dipendenti (82,6% contro 77,9% degli indipendenti o ex-indipendenti).
Tra coloro che hanno dichiarato di aver vissuto almeno una micro-aggressione, la quasi totalità afferma di aver sentito “battute offensive o allusive nei confronti delle persone gay, lesbiche o bisessuali” (oltre nove su dieci), ma anche di sentire qualcuno “definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica/gay o simili” (87,1%); segue, seppure in misura minore, “che le si chiedesse della sua vita sessuale” (39,9%).
La componente maschile riporta con maggiore frequenza che “è capitato che i suoi modi di essere (gesticolare, parlare, vestire) venissero imitati per prendersi gioco di lei” (26,6% a fronte del 14,9%), mentre “che si desse per scontata la sua disponibilità sessuale” viene indicato maggiormente dalla componente femminile (21% contro 15,6%) (prospetto 4).
I lavoratori indipendenti sono maggiormente esposti a messaggi o considerazioni inerenti la sfera sessuale: un indipendente o ex-indipendente su quattro (24,1%), tra quanti dichiarano almeno una micro-aggressione, riporta “che si desse per scontata la sua disponibilità sessuale” (contro il 15,1% dei dipendenti o ex-dipendenti); il 43,9% “che le si chiedesse della sua vita sessuale (ad es. come fai sesso)” a fronte del 38,3%.
Circa nove persone su dieci hanno sperimentato più di un tipo di micro-aggressione (il 65,2% ne segnala due o tre); nell’ 85,3% dei casi l’ultima esperienza è avvenuta negli ultimi tre anni.
Con riferimento all’ultima esperienza di micro-aggressione vissuta, il 67,2% di chi ha dichiarato di averne subita almeno una, riporta che i responsabili di tali eventi sono colleghi di pari grado; seguono datori di lavoro o superiori.
PROSPETTO 4. MICRO-AGGRESSIONI LEGATE ALL’ORIENTAMENTO SESSUALE VISSUTE NELL’ATTUALE/ULTIMO LAVORO IN ITALIA (a). Anno 2022, valori percentuali
ORIENTAMENTO SESSUALE TOTALE
Lesbica Gay Bisessuale* Almeno una micro-aggressione (% sul tot. delle persone in unione civile o già in unione) (a) 82,6 81,3 78,7 81,3
MICRO-AGGRESSIONI
Di sentire battute offensive o allusive nei confronti delle persone gay, lesbiche o bisessuali 89,0 90,8 91,3 90,4
Di sentire qualcuno definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni “lesbica”, “è da gay” o simili 90,0 84,4 92,2 87,1
Che le si chiedesse della sua vita sessuale 39,0 40,5 39,1 39,9
Che i suoi modi di gesticolare, parlare, vestire venissero imitati per prendersi gioco di lei 13,5 26,2 22,6 22,3
Che si desse per scontata la sua disponibilità sessuale 17,5 15,9 24,4 17,6
Che il/la suo/a partner non venisse invitato/a a eventi sociali 15,0 13,1 – 13,5
Che si insinuasse che lei avesse ottenuto la sua posizione lavorativa solo in quanto omosessuale o bisessuale – 9,2 – 6,8
(a) Si fa riferimento alle persone che vivono in Italia, si sono definite omosessuali o bisessuali, non in unione civile e che non lo sono state in passato, attualmente occupate in Italia o hanno svolto un lavoro in passato e l’ultimo lavoro era in Italia, e che hanno o avevano superiori, colleghi, clienti, altre persone dell’ambiente lavorativo.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
– dato non pubblicabile a causa della scarsa numerosità.
Ricerca di lavoro
Tra le persone omosessuali e bisessuali (non in unione civile o già in unione) che vivono in Italia, circa una su tre dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione nella ricerca di lavoro, non necessariamente legato all’orientamento sessuale (es. origini straniere, aspetto esteriore, problemi di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, etc.). La percentuale risulta più alta tra la componente femminile (in quattro casi su dieci) e tra le persone bisessuali (36,2% contro il 30% degli omosessuali). A riportare maggiormente comportamenti discriminatori sono le persone con un titolo di studio più basso (34% tra chi ha fino al diploma) (figura 2).
FIGURA 2. PERSONE OMOSESSUALI E BISESSUALI, NON IN UNIONE CIVILE (ATTUALMENTE O IN PASSATO), CHE DICHIARANO DI AVER VISSUTO ALMENO UN EVENTO DI DISCRIMINAZIONE NELLA RICERCA DI LAVORO IN ITALIA (a). Anno 2022, valori percentuali
(a) Si fa riferimento alle persone che vivono in Italia, non in unione civile e che non lo sono state in passato, e si sono definite omosessuali o bisessuali.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
Il 51% di quanti, nella ricerca di un’occupazione, hanno indicato di aver subito almeno un evento di discriminazione legato a caratteristiche personali non rilevanti ai fini dell’attività lavorativa, riferisce di aver ricevuto un’offerta di lavoro senza contratto (il 55,3% tra la componente femminile, il 64,3% tra le persone bisessuali). Inoltre, tra gli episodi più frequenti, vi è la proposta di mansioni inferiori a quelle per cui era stata fatta domanda e per le quali il rispondente era qualificato/a (46,2%). I dati mostrano alcune differenze riconducibili soprattutto ai divari di genere nell’accesso al lavoro: tra la componente femminile il secondo evento più frequente è la proposta di una retribuzione inferiore a quella prevista o concessa ad altri per le stesse mansioni, situazione indicata da metà delle rispondenti (prospetto 5).
PROSPETTO 5. EVENTI DISCRIMINATORI VISSUTI NELLA RICERCA DEL LAVORO IN ITALIA. Anno 2022, valori percentuali
ORIENTAMENTO SESSUALE TOTALE
Lesbica Gay Bisessuale* Almeno un evento di discriminazione nella ricerca di lavoro
(% sul tot. delle persone non in unione civile o già in unione) (a) 41,5 25,0 36,2 31,2
EVENTI % su quanti hanno dichiarato di aver subito almeno un evento
Le abbiano offerto il lavoro, ma senza contratto 49,6 45,0 64,3 51,0
Le abbiano proposto mansioni inferiori a quelle per cui aveva fatto domanda e per le quali era qualificato/a 43,5 47,5 47,6 46,2
Le abbiano proposto una retribuzione inferiore a quella prevista per le stesse mansioni 49,6 36,3 53,6 44,6
Non le abbiano dato il lavoro anche se aveva requisiti simili ad altri candidati 39,1 40,0 31,0 37,6
Non le sia stato concesso di partecipare alla selezione/di fare domanda per un posto nonostante avesse i titoli – 16,3 – 14,5
(a) Si fa riferimento alle persone che vivono in Italia, non in unione civile e che non lo sono state in passato, e si sono definite omosessuali o bisessuali.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
– dato non pubblicabile a causa della scarsa numerosità.
Nel complesso, tra quanti hanno indicato almeno un evento, la metà dichiara di aver sperimentato diversi tipi di eventi discriminatori; nel 13,1% dei casi almeno quattro casistiche previste dal questionario. Con riferimento all’ultimo evento accaduto (nel 63% dei casi verificatosi negli ultimi tre anni), il 26,5% non riconduce l’evento a una caratteristica in particolare, come l’orientamento sessuale, l’età o il genere di appartenenza, ecc., oppure non ha saputo indicarla o preferisce non rispondere. Il restante 40,4% ha indicato un solo fattore, il 23,7% due, il 9,5% tre o più. Il 28,4% dichiara di essere stato trattato meno bene degli altri per motivi legati all’età. In particolare, sono i più giovani a indicare con più frequenza tale fattore (il 35% dei 18-34enni). Inoltre, nel confronto con le altre fasce di età, i giovani riferiscono più spesso caratteristiche legate all’identità di genere e all’aspetto esteriore.
La seconda motivazione di discriminazione è l’orientamento sessuale indicata dal 24,5%, in misura minore dalla componente femminile (19,9%) che invece indica come motivo più ricorrente l’ “essere donna” (52,5%).
Considerando invece comportamenti di auto discriminazione specificatamente legati al proprio orientamento sessuale, il 13% delle persone intervistate omosessuali e bisessuali non in unione civile o già in unione dichiarano di non essersi presentate a un colloquio di lavoro o di non aver presentato domanda per un lavoro, pur avendone i requisiti, perché pensavano non sarebbero state prese a causa del proprio orientamento. La quota è doppia (25,9%) per chi afferma di non essersi presentato perché pensava che l’ambiente di lavoro sarebbe stato ostile al suo orientamento sessuale. In entrambi i casi, in oltre sei casi su dieci il fatto è accaduto negli ultimi tre anni.
Il fenomeno è particolarmente diffuso tra i più giovani per cui la ricerca di lavoro si conferma una fase critica. A spiegare questa circostanza contribuiscono sicuramente diversi fattori legati alle differenze di contesto e l’aver vissuto il passaggio scuola/lavoro in un tempo più recente.
D’altra parte, circa sette persone omosessuali o bisessuali intervistate su dieci (71,9%) dichiarano di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università, a conferma della delicata fase di formazione che precede l’inserimento nel mondo del lavoro e i possibili effetti che questa può avere sui successivi percorsi di studio e lavoro. Il fenomeno viene indicato maggiormente dalla componente maschile (77,1% a fronte del 63,6%), dalle persone omosessuali rispetto alle persone bisessuali (72,8% contro 68,2%), dai più giovani (il 76,4% dei 18-34enni) e da coloro con un livello di istruzione più basso (88,2% di chi ha al massimo la licenza media). Con riferimento all’ultimo evento vissuto, che per il 61,5% è avvenuto alle scuole superiori, l’orientamento sessuale viene indicato dal 62,2% tra i motivi per cui si ritiene di essere stati discriminati. Seguono nella graduatoria delle caratteristiche l’aspetto esteriore (47,2%) e il proprio carattere (42,1%); tra i più giovani tali valori arrivano rispettivamente al 50,5% e al 46,8%. In generale circa nove persone su dieci indicano i compagni di scuola o studenti come i responsabili di tali comportamenti.
Lavoro dipendente
Il 44,2% dei dipendenti o ex-dipendenti che hanno partecipato all’indagine dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione durante lo svolgimento del proprio lavoro in Italia tra quelli proposti nel questionario: l’incidenza è superiore per la componente femminile (50,5% contro 40,6% della componente maschile), tra i bisessuali (48,1% contro 43,4% delle persone omosessuali) e le persone in fascia di età centrale (46% dei 35-49enni). Il fenomeno viene riportato maggiormente da chi al momento non è occupato (55,9%) rispetto agli occupati (figura 3).
FIGURA 3. PERSONE OMOSESSUALI E BISESSUALI, NON IN UNIONE CIVILE (ATTUALMENTE O IN PASSATO), DIPENDENTI O EX-DIPENDENTI CHE DICHIARANO DI AVER VISSUTO ALMENO UN EVENTO DI DISCRIMINAZIONE NELLO SVOLGIMENTO DEL LAVORO DIPENDENTE IN ITALIA (a). Anno 2022, valori percentuali
(a) Si fa riferimento alle persone non in unione civile o già in unione che vivono in Italia, si sono definite omosessuali o bisessuali, occupate o ex-occupate in Italia il cui ultimo/attuale lavoro è da dipendente.
* La distinzione per femmine e maschi tra le persone bisessuali non è disponibile a causa della scarsa numerosità.
Considerando le caratteristiche del lavoro attualmente svolto (per gli occupati) o dell’ultimo lavoro (per gli ex-occupati), le persone con un’occupazione a termine e con un lavoro part-time riportano in misura maggiore episodi di discriminazione (rispettivamente 46,7% e 51,4%). Coloro che lavorano o lavoravano nel settore pubblico segnalano tali esperienze in misura minore (36,9%). Da notare come il 52,3% dei dipendenti che ha segnalato almeno un evento ne abbia indicati più di due tipi, percentuale che sale al 78,9% tra gli ex-dipendenti.
Le situazioni di discriminazione più frequentemente riportate sono “vedere rifiutati permessi/congedi o non averne fatto richiesta per evitare che fossero rifiutati o si creasse un clima sfavorevole” (51,8% dei dipendenti o ex-dipendenti che dichiarano almeno un evento di discriminazione), “vedere i risultati raggiunti o le proprie capacità sminuite o valutate negativamente da superiori, colleghi di pari grado o persone di grado inferiore” (il 50%) e “non aver avuto promozioni o avanzamenti di carriera, aumenti di stipendio o premi che meritava” (il 42,9% dei dipendenti) (prospetto 6).
La componente femminile indica, in misura maggiore di quella maschile, di aver ricevuto retribuzione e mansioni inferiori o affidamento di carichi di lavoro eccessivi o penalizzanti; nella componente maschile è invece più alta la quota di chi si è visto negare l’accesso a percorsi di formazione professionale concesso ad altri colleghi.
Con riferimento all’ultimo evento accaduto di discriminazione nel lavoro dipendente (in circa otto casi su dieci verificatosi negli ultimi tre anni), il 23,8% dei dipendenti o ex-dipendenti che hanno dichiarato di aver subito almeno un evento discriminatorio indica l’orientamento sessuale come motivo in base al quale si ritiene di essere stati trattati meno favorevolmente di altri. La motivazione “perché donna” è indicata dal 45,1% delle rispondenti. Il 20,3% ritiene che il motivo sia l’età, mentre il 33% non ha rintracciato una caratteristica in particolare o ha preferito non rispondere. La grande maggioranza ha segnalato una sola caratteristica (44,7%), il 22,3% più di una.
PROSPETTO 6. EVENTI DISCRIMINATORI VISSUTI NELLO SVOLGIMENTO DELL’ATTUALE/ULTIMO LAVORO DIPENDENTE IN ITALIA PER SESSO. Anno 2022, valori percentuali
SESSO TOTALE
Femmina Maschio Almeno un evento discriminatorio nel lavoro dipendente
(% sul tot. delle persone non in unione civile o già in unione) (a) 50,5 40,6 44,2
EVENTI % su quanti hanno dichiarato di aver subito almeno un evento
Vedere rifiutati o non abbia fatto richiesta di congedi o permessi per evitare fossero rifiutati o clima ostile 50,7 52,5 51,8
Risultati raggiunti o sue capacità sminuite o valutate negativamente 52,1 48,5 50,0
Non le siano stati concessi promozioni o avanzamenti di carriera, aumenti 42,2 43,4 42,9
Carichi di lavoro eccessivi o penalizzanti 43,7 39,9 41,5
Mansioni inferiori alla sua qualifica o compiti meno importanti 52,1 32,8 40,9
Retribuzione inferiore a quella prevista per la mansione svolta 44,4 29,3 35,6
Sono stato/a messo/a in cassa integrazione o in prepensionamento, licenziato/a, messo/a in condizione di dare le dimissioni 21,8 17,2 19,1
Negato l’accesso a percorsi di formazione professionale concesso ad altri 15,5 19,7 17,9
(a) Si fa riferimento alle persone che vivono in Italia, non in unione civile e che non lo sono state in passato, si sono definite omosessuali o bisessuali e sono occupate o ex-occupate in Italia il cui ultimo/attuale lavoro è da dipendente.