
(AGENPARL) – sab 06 maggio 2023 Al Teatro Palladium martedì 9 maggio
Sogno (ma forse no)
opera di Matteo D’Amico, autore anche del libretto insieme
a Sandro Cappelletto, tratta dall’omonima commedia di
Pirandello.
Firma la regia Denis Krief. Fabio Maestri dirige l’Ensemble
In Canto.
È il primo ‘incontro’ musicale fra il compositore romano e il
grande drammaturgo siciliano, di cui D’Amico è pronipote.
In collaborazione con Accademia Filarmonica Romana,
Associazione In Canto, Associazione Roma Sinfonietta
Sogno (ma forse no) è un’opera “onirica” con musica di Matteo D’Amico,
su un testo che Sandro Cappelletto e lo stesso D’Amico hanno ricavato dalla
commedia omonima di Luigi Pirandello. Opera in un atto, sarà in scena a Roma,
al Teatro Palladium, nell’ambito del Dams Music Fest, martedì 9 maggio
(ore 21) e vede la collaborazione di Associazione In Canto, Roma Sinfonietta e
Accademia Filarmonica Romana.
Sul palco troviamo nei panni del personaggio della Giovane Signora il soprano
Elisa Cenni, L’Uomo in frak sarà il tenore Roberto Jachini Virgili, mentre
l’attore Graziano Sirci veste i panni del Cameriere. Fabio Maestri dirige
l’Ensemble In Canto, Denis Krief firma regia e impianto scenico.
Replica mercoledì 10 maggio (ore 18) in forma di concerto per la stagione
dell’Associazione Roma Sinfonietta all’Auditorium “E. Morricone” dell’Università
di Roma Tor Vergata.
“Seduzione, gelosia, tradimento, disagio, l’incubo di una violenza subita”, così
Cappelletto condensa i temi di questo atto unico scritto da Pirandello fra il
1928 e il 1929. E prosegue: “Con esemplare geometria drammaturgica
Pirandello ci guida all’interno delle dinamiche universali del rapporto di coppia,
restando sul crinale sottile, e per lui determinante, che separa realtà e
immaginazione, la lucida veglia e lo stato onirico. Sigmund Freud avrebbe
molto amato questa commedia”. Dal punto di vista drammaturgico, gli autori
del libretto hanno lasciato pressoché intatta la struttura della commedia
originale, limitandosi ad abbreviare leggermente i dialoghi con un certo
“ammodernamento”, in modo da rendere la commedia più vicina agli spettatori
di oggi, come spiega Cappelletto: “Gli interventi sul testo originale sono stati
essenziali, mirati ad offrire a Matteo D’Amico una sequenza lessicale funzionale
al canto e all’azione scenica. Sapendo che non una parola verrà sprecata o
ignorata ed è questa sua peculiare qualità compositiva che rende per me
entusiasmante scrivere un libretto per lui. Ritornare a collaborare con Denis
Krief e la sua capacità introspettiva, così attenta alle dinamiche musicali e
sceniche, è un ulteriore motivo di soddisfazione. Di attesa.”
“Anche in un contesto, come quello odierno, animato dalle esperienze più
diverse di teatro musicale sperimentale, – afferma Matteo D’Amico – ho
sempre prediletto l’impostazione tradizionale della forma operistica, quella
basata, fin dai suoi albori, sulla presenza forte di un’azione drammatica guidata
dalla musica e dal canto, dalla loro capacità di costruire e plasmare personaggi
e situazioni”. D’Amico aggiunge anche un’annotazione personale:
“Quest’ultima mia fatica segna il mio primo incontro ‘operistico’ con Luigi
Pirandello, che sento molto vicino sia per motivi di stretti legami familiari
[D’Amico è il pronipote del drammaturgo siciliano] sia per la lunga
frequentazione dei suoi testi”. Conclude: “Ho scelto un testo fra i meno noti del
drammaturgo siciliano, raramente rappresentato, ma molto amato dagli
‘specialisti’ del settore per il suo discostarsi, almeno in parte, dai temi e dai
toni più usuali di Pirandello. È una commedia sottile, ambigua – l’ambiguità del
sogno, o, per meglio dire, dell’incubo – un giuoco a due fra un Lui e una Lei,
condotto sul filo del rasoio di dialoghi dentro ai quali la musica vuole ritagliarsi
con sfrontatezza i suoi spazi, pur nel rispetto del loro ritmo stringente”.
LA TRAMA IN SINTESI
Una camera, o forse, un salotto dove una Giovane Signora dorme su un letto,
che, forse, è un divano; a destra, uno specchio, che sembra la finestra che vi è
riflessa. Ogni cosa si distingue appena, tutto appare ambiguo, per la debole
luce che illumina la scena (luce fioca da un lume sul tappetino verde davanti al
divano, poi luce rosea dei tre globi in alto).
La Giovane Signora sogna l’Uomo in Frak, che le compare deformandosi,
minaccioso: le grida la sua passione, teme di non essere più amato; lei lo
rassicura, debolmente; rievocano insieme la scena del loro primo incontro, ad
una festa.
Viene citato nel dialogo un vezzo di perle, che lei avrebbe desiderato in dono, e
per il quale lui si è rovinato barando al gioco. L’Uomo, in preda alla gelosia
verso un supposto amante più ricco di lui, cerca di strangolarla, e a quel punto
Lei si risveglia dall’incubo.
Bussano alla porta, il cameriere consegna un pacchetto: è il vezzo di perle che
il nuovo amante ricco le fa recapitare. La Signora è ancora frastornata
dall’incubo, ma non può fare a meno di provarsi il vezzo allo specchio.
Bussano di nuovo, e il cameriere annuncia l’arrivo dell’Uomo in Frak, vestito
però da pomeriggio. Conversano, con calma. Lui racconta di aver vinto molto al
gioco e di aver provato ad acquistare il vezzo, ma di non averlo più trovato dal
gioielliere. Imbarazzata, lei non rivela di averlo già ricevuto.