(AGENPARL) – ven 28 aprile 2023 Carta dei valori
della ristorazione
italiana
Novembre 20
Carta dei valori
e delle azioni
condivise
dagli imprenditori
della ristorazione
e dai cittadini
delle belle contrade
italiane.
Per le prossime
generazioni.
La mietitura, la vendemmia, la grande pesca,
la raccolta dei frutti, la nascita delle greggi
e degli armenti, erano appuntamenti con
sacro
e il
profano
per festeggiare il
raccolto
il frutto del
lavoro
, mettendo in comune il
il vino, la musica, la danza, l’allegria, la felicità,
per riconoscersi
comunità festante
Ogni festa svela, conferma una comunità.
Oggi stiamo iniziando a ri-coniugare il tempo del fare e dell’azione. Come
vogliamo declinare questa opportunità? Consci che le catastro e le calami
tà sono contro la vita spirituale e contro qualsiasi sottigliezza e complessità,
consci che le esperienze passate sono l’eetto della nostra vulnerabilità, è evi
dente allora che l’
impellente necessità di ri-partire deve essere di fatto la
cosciente determinazione di ri-nascere
. Quale miglior modo di rinascere se
non come comunità coesa e unita da un grande valore condiviso:
la cultura
Ma che senso e valore sociale vogliamo dare oggi a questa parola, che nella
sua accezione comune pare assai generica e inadeguata ad esprimere il biso
gno profondo di senso che tutti noi avvertiamo.
“Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie,
ma la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto
che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha
coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con gli altri esseri.”
Antonio Gramsci, “
Quaderni dal carcere”
Cultura deriva dal latino
cultus
, che pertiene a
colere
, “coltivare”.
Fare cul
tura signica quindi “coltivare”.
Ma “coltivare” cosa? A rischio di apparire a
nostra volta generici, credo che l’unica possibile risposta oggi sia: “coltivare la
vita”. Attivare cioè i sensi ed acquisire la consapevolezza di ciò che ci circon
da. Gli uomini colti sono infatti individui “coltivati”, capaci al tempo stesso
di “coltivare” quotidianamente e in qualunque circostanza i frutti della vita,
anche durante una quarantena.
Crediamo che fare cultura, oggi più che mai, voglia dire resistere a quel
risparmio emotivo che ci allontana dalla partecipazione attiva, resistere all’a
patia e ritrovare le strade del pathos, resistere alla morte dei sentimenti che
preludono alla ne della vita stessa.
Bisogna riappropriarsi della coscien
za del sé e di quel “senso del tutto” a cui faceva riferimento Gramsci che,
nell’Umanesimo, motivava la “curiosità” per ogni cosa di mercanti, artisti,
uomini di scienza e di arme, “curiosi” del tutto, che si prendevano “cura” di
ogni cosa.
“Cura” di noi, “curatori” a nostra volta dell’altro da noi, “curatori tutti assie
me” in una comunità che con l
’arte dell’Ospitalità
collabori a rammendare la
società, aiutando gli uomini a fare ciò che solo gli uomini sanno fare: ideare,
progettare, creare, immaginare nuovi mondi.
L’uomo è “felice” quando è fer
tile, consapevole e libero di creare.
Nel Rinascimento, il principe, occupato nelle politiche di conquista, nei
progetti commerciali e di valorizzazione delle arti e mestieri della sua signo
ria, mirava ad “ornare” il proprio potere con il fulgore del “decoro”, della “glo
ria”, della “fama”. A corte, nei palazzi ducali, ospitava e ragionava con letterati,
astronomi, astrologi, alchimisti, matematici, poeti, servendosi per la rappre
sentazione della sua grandezza di architetti, pittori, musicisti e… scalchi. Ci
ricordiamo i nomi dei principi, degli architetti, dei pittori, dei poeti, ma abbia
mo dimenticato:
Bartolomeo Scappi, Cristoforo Messisbugo, Gianbattista
Rossetti, Antonio Latini
e molti altri maestri di ospitalità, ideatori, creatori
di feste e banchetti che mettevano in scena il “decoro”, la “gloria”, la “fama” del
signore. Coltissimi gentiluomini, nissimi umanisti che furono di fatto i primi
compilatori e valorizzatori del patrimonio delle diversità agrarie ed enoga
stronomiche delle “
terre italiche
”. Compilatori maniacali di inniti elenchi
di varietà di pesci, volatili, animali, formaggi, salumi, ortaggi, erbe, frutta, dol
ci, spezie e vini. Consapevoli eredi della cultura latina, elaborarono
“ricetta
ri”, “strumenti e tecniche di cottura e servizio”.
Conoscitori e interpreti delle
lettere, delle scienze umanistiche e delle scienze sceniche, elevarono
l’arte
dell’elaborazione delle vivande
l’arte dell’accoglienza e dell’ospitalità
, con
tribuendo alla narrazione e alla diusione della
cultura Rinascimentale e
Barocca
in Europa e nel mondo.
Queste storie, le storie della nostra agricoltura, dei nostri paesaggi, delle
nostre città, borghi e paesi, sono “l’alimento” vero della nostra
“ri-nascita”
di voi imprenditori della ristorazione, di noi tutti cittadini di questo Paese
della Bellezza. Come raccomandava alla fine del XVII secolo Antonio La
tini nel suo
“Scalco alla Moderna”: “dovremmo essere tutti di genio pronto,
vivaci, cortesi nel tratto, candidi nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei
vizi, cercando di dare la salute ai nostri ospiti, dando buoni cibi secondo
le stagioni. Essere affabili con tutti i nostri collaboratori, riflettendo che
l’asprezza nel comandare partorisce odio e fabbrica ruina. Per la ‘gloria’
della nostra condotta e il decoro del nostro paese.”
Abbiamo iniziato questi ragionamenti, ricordando le feste sacre e profa
ne che nelle nostre contrade si facevano per celebrare e onorare il “raccolto”,
la mietitura, la vendemmia, la grande pesca etc. La condivisione del cibo,
del vino, del canto, del ballo e, soprattutto, la
condivisione dell’allegria e
della “felicità”
. Felicità deriva dal greco
, ovvero “produco”, “faccio”, “ge
nero”, da cui il latino
felix
, che vuol dire
“fecondo”
“fertile”
. L’uomo quando
fa, genera, produce, prova un sentimento che ha chiamato: Felicità. Di
questa “felicità”, dobbiamo continuare a ragionare assieme, della sua “festa”.
Virgilio, nelle Georgiche, con la magia della sua poetica, ci restituisce
l’armonia di quel tempo in cui il sacro e il profano vivevano nell’animo me
ravigliato degli uomini:
“Ora con te, o Bacco, farò poesia… Vieni qua giù, o
Padre, vieni Torchiatore. Qua tutto abbonda delle tue grazie: per te, il podere
si avvia fruttuoso tra i pampini dell’autunno, e la vendemmia spumeggia,
riempiendo i tini, vieni qua giù, o Padre, vieni Torchiatore: togliti i calzari,
e diguazza a gambe nude con me nel mosto nuovo.”
Le vendemmia e la mietitura, il raccolto del grano e dell’uva, il pane
e il vino, il convivio, la relazione, l’ospitalità.
Feste di genti, feste di popolo. Nelle taverne, nelle osterie, locande, tratto
rie, pizzerie, caè, ristoranti, in tutti quei luoghi diversi per storie, per arredo
e oerta di vivande, ma animati tutti dallo stesso sentimento, dalla stessa
arte: “l’Ospitalità”. Qui, si compie il rito più antico e più amato: il “
Convivio
”,
il “vivere assieme”. Queste ecclesie laiche sono luoghi indispensabili per il
mantenimento e il riconoscimento della comunità dove, abbandonati all’e
sperienza dei sapori, disponibili alla desistenza delle didenze, rinnoviamo
in noi il soo vitale che solo il “nutrimento” garantisce al corpo e allo spirito.
Ogni territorio possiede, grazie al genius loci e al saper fare dei suoi protago
nisti, dei veri “Beni Culturali Viventi” e, inoltre, ogni luogo esprime nel paesag
gio, nel patrimonio architettonico, pittorico, letterario, musicale, ambientale,
la testimonianza viva delle proprie tradizioni.
Le taverne, osterie, locande,
trattorie, pizzerie, caè, ristoranti, gestiti da imprenditori consapevoli di
tutto ciò, sono o possono diventare delle vere e proprie “agenzie” di tutela
e valorizzazione del territorio. Imprese che con il lavoro e il loro impegno,
possono contribuire a sostenere e promuovere le economie e le diversità
culturali della propria regione.
Questo è il cambiamento profondamente
culturale a cui tutti siamo chiamati.
Ri-iniziamo a raccontare di noi, delle nostre comunità, dei nostri borghi
e paesi, dei nostri paesaggi e città, dell’animo delle nostre genti, donne e uo
mini alimentati nello spirito e nel corpo da una comune-unione che si fonda
sull’arte più antica e preziosa: l’Ars Agraria. Marsilio Ficino, nel XV secolo, de
niva la campagna:
“il giardino fuori città”
, tanto era mirabile la cura che gli
ortolani, i vignaioli, i bovari, i pastori, i contadini tutti ponevano nel lavorare,
coltivare la terra. Montaigne, Montesquieu, Goethe rimanevano stupiti, am
mirati dal paesaggio che la sapienza e il lavoro delle “italiche genti” oriva al
loro desiderio di conoscenza ed esperienza.
È per noi tutti evidente che l’inesauribile quantità di storie della nostra
cultura – materiale, immateriale, artistica – sono il patrimonio che può
dare più senso e valore al lavoro del nostro quotidiano, all’interminabile
ricerca dell’arte della Cucina e della Tavola.
La ricchezza, la varietà delle vivande ci emoziona con i suoi sapori, profu
mi, consistenze… Pani, oli, salumi, insaccati, formaggi a pasta dura e pasta la
ta, ricotte, paste, paste ripiene, paste condite, brodi, risotti, minestre, verdure,
legumi, fritti, carni succulenti, frutti di mare, pesci dai colori e sapori medi
terranei, frutta maturata al sole e venti delle nostre terre, dolci, paste secche e
lievitate, sorbetti, gelati cremosi e fragranti, caè, liquori d’erbe, distillati, bir
re gelate e dissetanti e… vini, vini, vini. Noi siamo “l’Enotria”, la terra del vino.
Tutto questo creato da donne e uomini colti che sanno preparare, matu
rare, trasformare le ricchezze che i nostri territori producono. Tutto questo
elaborato, composto, cotto da mani che quotidianamente rinnovano i saperi
di una famiglia, di una tradizione o da mani di geniali creatori che quotidia
namente ricercano nella qualità estrema il sapore assoluto.
Tutto questo è
ricchezza, ma per la sua innita varietà, può diventare fragilità, frammen
to, vulnerabilità.
Gli imprenditori della ristorazione, ora più che mai, devono essere con
sapevoli che si debba scegliere un percorso unitario e condiviso, ma l’
unità
la vera concretezza negli obiettivi, gli uomini la raggiungono quando credo
no e condividono competenze, talenti, qualità, valori: concretezza viene da
cum-credere
, ovvero
avere ducia, credere assieme
Le cose diventano quindi “cumcrete” se sono “cumcredute”.
Economia —
Comunità —
Cura — Cultura —
Memoria —
Ambiente
Valori
da condividere
Valori da condividere
È evidenza comune l’importanza economi
ca fondamentale che le imprese della ristora
zione hanno nella vita del paese. Ma sta nella
consapevolezza
di ogni imprenditore la
volon
, la cultura, la cura di essere con la propria
impresa qualcosa di più, una vera e propria
“agenzia” che sostiene l’
economia
del territo
rio e ne promuove i saperi.
Sempre maggiore dovrà essere la
consape
volezza
che i luoghi del Ristoro, dell’Ospitali
tà, hanno una fondamentale
funzione sociale
contribuendo alla vigilanza e al
rammendo
Valori da condividere
Prendersi
di, cura di noi, per una miglior
cura dell’altro. Tutti insieme per una comuni
tà della
cura
che perfezioni ed esalti la civiltà
dell’Ospitalità e della Ristorazione Italiana.
Sentimento che deve guidare le nostre scel
te. Declinazione di
“colere”
“coltivare”
Valori da condividere
Recupero e valorizzazione delle culture agra
rie, delle archeologie vegetali, degli usi e costu
mi, delle feste, dei riti, delle ere, delle comu
nità della montagna, della pianura, dei borghi,
del mare, delle acque dolci e delle lagune.
Recupero e valorizzazione della trattatistica
e archivistica che documentano l’enorme im
portanza che le arti e scienze gastronomiche
e la loro rappresentazione hanno avuto per la
cultura italiana e occidentale in genere.
Memoria è madre delle muse.
È evidente che
senza Memoria non si generano né Scienza né
Arte. La contemporaneità si vive e crea nella
consapevolezza della
Memoria.
L’
ambiente
si difende anche a tavola, con la
qualità del cibo. Cibo prodotto nel rispetto e
cura della terra e degli uomini e delle donne
che la lavorano, la coltivano, mantenendola
fertile e generosa.
Memoria —
Ambiente —
Festa —
Formazione
da condividere
Azioni da condividere
Formazione —
È necessario e urgente creare un’accademia
per la
Cultura
l’Impresa della Ristorazione
Italiana. Il patrimonio culturale, economico,
sociale che questa attività rappresenta, l’im
portanza strategica che
l’ars coquinaria
ha per
la valorizzazione e narrazione del patrimonio
agroalimentare, e per una
consapevole indu
stria del turismo
, impongono la creazione di
un istituto che possa garantire la più elevata
formazione alle nuove generazioni di impren
ditori, preparandoli alla
cultura di impresa
, del
fare rete, alla consapevolezza di esser parte
di un sistema complesso e prezioso che deve
esprimere e assicurare una sempre maggior
Festa —
In collaborazione con il Ministero delle Poli
tiche Agricole e il Ministero del Turismo, realiz
zeremo una Festa popolare, inclusiva, solidale
e profondamente etica: la
Festa dell’Ospitalità
per la Cultura della Ristorazione Italiana
, un
evento nazionale coordinato in tutto il paese,
che celebra e valorizza un
tema fondamentale
per il mondo della ristorazione,
l’ospitalità.
qualità, ecienza, valore alle nostre taverne,
osterie, trattorie, locande, caè, pizzerie, risto
ranti, per la
Cultura, l’Economia, la Felicità del
nostro Paese.
“Dovremmo essere tutti di genio pronto, vivaci, cortesi nel tratto, candidi
nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei vizi, cercando di dare la
salute ai nostri ospiti, dando buoni cibi secondo le stagioni. Essere aabili
con tutti i nostri collaboratori, riettendo che l’asprezza nel comandare
partorisce odio e fabbrica ruina. Per la ‘gloria’ della nostra condotta
e il decoro del nostro paese.”
Antonio Latini,
“Scalco alla Moderna”
, Napoli, 1692
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