[lid] – Negli Stati Uniti è in corso il NAB Show, la più grande fiera di tecnologia elettronica professionale dedicata al broadcasting. Già le numerose anticipazioni fatte dalle aziende dicono che saranno moltissime le proposte tecniche utili ad un salto di qualità della produzione e diffusione dei contenuti audiovisivi; oltretutto la tecnologia sempre più basata su protocollo IP rende tali scelte tecnologiche particolarmente accessibili.
Tuttavia, per diffondere contenuti audiovisivi pregiati, in alta definizione, è indispensabile disporre di una capacità trasmissiva adeguata. Una capacità che per legge anche le imprese televisive italiane locali dovrebbero avere, ma così ancora non è *a causa dei ritardi nella piena attuazione della normativa*.
In particolare, nell’ambito del recente passaggio della cosiddetta banda 700 dalle trasmissioni televisive ai servizi di comunicazione mobile di larga banda, le tv nazionali hanno dovuto dismettere una parte delle proprie reti, mentre la dismissione da parte delle tv locali ha riguardato tutte le relative reti. Conseguentemente le tv locali possono ora diffondere i propri programmi in spazi frequenziali molto ridotti, eserciti da pochi operatori di rete.
Tale transizione è stata attuata sul presupposto della adozione del nuovo piano delle frequenze emanato dall’Agcom (delibera n.39/19/Cons) basato sulla tecnologia DVB-T2. L’uso di tale tecnologia con le codifiche più avanzate (*HEVC*), come previsto dalla legge di bilancio 2018, consentirebbe, infatti, alle tv locali di trasmettere programmi con buona qualità tecnica (anche in HD), seppure in spazi trasmissivi più limitati. Diversamente, ad oggi, le trasmissioni stanno ancora avvenendo con l’originaria e ormai obsoleta tecnologia DVB-T utilizzando la compressione MPEG-4 in luogo della originaria MPEG-2. Tutto ciò, se da una parte consente alle tv nazionali (che dispongono, attraverso le rispettive reti, di quantità di capacità trasmissiva adeguata) di trasmettere, comunque, con buoni livelli di qualità tecnica, allo stesso tempo non permette altrettanto alle tv locali, stante la limitatezza degli spazi radioelettrici complessivamente previsti per le stesse. Il ritardo nella adozione del DVB-T2 viene giustificato da alcuni operatori nazionalidalla circostanza che una parte rilevante di utenza non sarebbe ancora dotata di ricevitori (tv e/o decoder) idonei alla ricezione *DVB-T2/HEVC*.
Cosa chiede Aeranti-Corallo
Sul punto,l’avvocato Marco Rossignoli, coordinatore di *Aeranti-Corallo* (che rappresenta circa 600 imprese radiotelevisive locali, tra cui 147 imprese tv) a conclusione dell’incontro odierno del Comitato Esecutivo della federazione ha dichiarato: “Aeranti-Corallo ritiene che *debbano essere avviate al più presto le trasmissioni DVB-T2/HEVC* in quanto con le attuali trasmissioni in DVB-T/MPEG-4 l’emittenza televisiva locale ha spazi radioelettrici troppo ridotti per poter trasmettere i programmi con adeguata qualità tecnica. Tale situazione sta causandogravi danni al nostro comparto con evidenti ricadute in termini occupazionali e di pluralismo informativo”.
“Per questo – ha proseguito Rossignoli – riteniamo che debba essere fissata al più presto e, *comunque entro il corrente anno 2023*, la data per il passaggio dell’intero sistema televisivo nazionale(tv nazionali e tv locali) alla tecnologia DVB-T2/HEVC. Solo in questo modo – ha aggiunto Rossignoli- ci sarà una accelerazione della vendita dei televisori e dei decoder idonei alla ricezione della nuova tecnologia. Occorre, peraltro, rilevare che negli ultimi anni vi è, comunque, già stato un forte sviluppo del mercato delle smart-tv che sono predisposte anche per la ricezione DVB-T2/HEVC. Con lo sviluppo della nuova tecnologia trasmissiva – ha concluso Rossignoli – *le tv locali saranno stimolate ad effettuare investimenti al riguardo*, con conseguenti nuove opportunità per l’utenza”.