[lid] – La seconda giornata del Congresso Nazionale di Unicost,
intitolato “La Giustizia e la Magistratura tra riforme e rinnovamento”, che
si svolge presso il centro San Domenico a Bologna, è iniziato con
l’intervento di Fabio Pinelli, Vicepresidente del Csm:
“Credo che il Csm non abbia bisogno di rivoluzioni copernicane. Le leggi
che ne disciplinano ruolo e funzionamento sono già indicate da ben 75 anni
nella Costituzione a cui vanno aggiunti i saggi e prudenti atti di
indirizzo del presidente della Repubblica”.
“Il vero rinnovamento consiste nella ripresa delle funzioni proprie,
originarie, fisiologiche.
Concentrare l’azione di ognuno di noi nelle attività delle commissioni e
del plenum e nelle adeguate forme di rappresentanza all’esterno del
consiglio, con l’abbandono di quelle forme di rappresentanza latu sensu
politiche”, “che sono sfociate in degenerazioni e sono anche state
censurate dal capo dello Stato in maniera piuttosto netta”, ha proseguito
Pinelli, che ha rilevato: “Ogni comunità ha bisogno di credere nella sua
giustizia” e, con le riforme, “abbiamo occasione di scrivere una pagina
nuova”. “Quello che è accaduto va superato”, “abbiamo una occasione
autentica di rinnovamento”, “tornando a concentrarci sul recupero
dell’efficienza del sistema da raggiungere attraverso l’impegno”. “Il
ripristino della piena credibilità può essere raggiunto se si guarda al
naturale statuto dell’organo consiliare, cioè la costituzione”, ha concluso
il Vicepresidente.
Hanno proseguito i componenti del CSM Carmelo Celentano e Felice Giuffrè,
che ha ribadito come la magistratura non possa essere equiparata ad una
azienda, attraverso valutazioni solo di carattere quantitativo.
L’on.le Francesco Paolo Sisto, Viceministro della giustizia, inizia il suo
intervento, chiedendosi retoricamente se il caso Palamara possa essere
considerato “fatto personale o spia di un malessere più generale”. “Quello
che è accaduto non si deve ripetere”. Riguarda “il rapporto fra le
correnti, che considero legittime, se significa condividere un pensiero. E’
l’antagonismo fra correnti che genera mostri. Ma cosa c’entra il cittadino
con queste lotte interne? Quanto incide tutto questo sulla giustizia? Sulla
giurisdizione? Sulla politica dei ministeri? Dove si percepisce una
influenza correntizia ad includendum o ad excludendum. Dobbiamo avere il
coraggio di liberarci di questo”.
Prosegue l’esponente di Forza Italia: “C’è da chiedersi se nella
separazione dei poteri che indica la nostra carta costituzionale sia
possibile un rinnovamento della magistratura. Io penso di sì, ma partirei
dalla rinnovata consapevolezza di che cos’è il magistrato. Servono una
ripresa di orgoglio, efficienza, servizio, tutte componenti che devono fare
della magistratura un’importantissima cellula del percorso istituzionale a
cui tutti quanti dobbiamo tendere. Se recuperiamo questa sinergia,
eliminando magari qualche patologia come il carrierismo o percorsi che
fanno scambiare ruoli importanti in magistratura come ruoli di potere, può
essere un ottimo viatico per recuperare quell’armonia che nelle istituzioni
è necessaria”.
Il viceministro ragiona sul “binomio fra potere e servizio”. Vale per
tutti, avvocati, politica. Se riuscissimo ad anteporre il servizio al
potere, sarebbe una rivoluzione copernicana”. In merito alla separazione
delle carriere, Sisto ritiene che, fra giudice e Pm “ci deve essere la
stessa separazione che c’è fra giudice e avvocato”. La paventata riforma
“non è un percorso punitivo. Non vedo nessun rischio, ferma l’autonomia e
l’indipendenza. Agitare la separazione come un momento di crisi della
magistratura è sbagliato, è un momento di crescita della democrazia”, ha
chiuso il suo intervento Sisto.
Il moderatore David Ermini, già vicepresidente del Csm, si riallaccia
all’intervento di Sisto, eccependo: “Le cordate non sono state fatte dai
magistrati, ma dai magistrati con la politica. E’ ingiusto che si sia
utilizzato quello che è successo contro tutta la magistratura”.
Il componente del Csm, Marco Bisogni, ha dichiarato: “Il Csm deve tornare
ad esercitare una discrezionalità sulle nomine senza improprie interferenze
correntizie” e “riflettere sui risultati concreti derivati dalla
gerarchizzazione esasperata degli uffici di procura”. “Il Pm nel processo è
una parte imparziale, non vince se l’imputato è condannato ma solo quando
il tribunale riconosce la correttezza delle sue richieste finali, anche
quelle di assoluzione”.
Michele Forziati, Csm, ha poi aggiunto: “Occorre prendere atto
dell’inadeguatezza degli indicatori previsti dal testo unico sulla
dirigenza giudiziaria a far emergere le reali attitudini degli aspiranti a
ricoprire gli incarichi direttivi e semidirettivi: occorre semplificare le
procedure di valutazione, individuare attendibili fonti di conoscenza e
restituire al Consiglio l’esercizio di una responsabile e riconoscibile
discrezionalità, in grado di coniugare prevedibilità e tempestività delle
decisioni”, ha concluso il magistrato.