
(AGENPARL) – ven 10 febbraio 2023 “L’allarme lanciato dal Ministero dell’Interno, di possibili violenze di anarchici in città dopo la decisione del Ministro Nordio di confermare a Cospito il 41 bis, va esteso anche agli istituti penitenziari. Non sottovalutiamo quanto è accaduto nelle scorse settimane e quanto è stato scritto sui giornali sulle “trattative” ed “intese” tra Cospito e mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti”. Così il segretario generale S.PP. – Sindacato Polizia Penitenziaria – Aldo Di Giacomo che aggiunge: “il rischio che nelle carceri possa accadere qualcosa di analogo a quanto avviene fuori non è solo un’ipotesi. Abbiamo un precedente che dovrebbe aiutarci a riflettere e a mettere in atto ogni utile azione di rafforzamento della sorveglianza. Mi riferisco – dice Di Giacomo – alle rivolte della primavera 2020. Allora il pretesto fu il Covid, ma come hanno ricostruito in maniera chiara magistrati antimafia, una regia mafiosa ha guidato rivolte estese a numerosi penitenziari. Il sistema è sempre quello: una volta impartito l’ordine di rivolta e violenza si utilizza la cosiddetta manovalanza, vale a dire i detenuti più deboli e ricattabili, i tossicodipendenti e quelli con problemi psichici, per scatenare disordini. Se sono vere le notizie di stampa per la mafia e la criminalità organizzata, così come è avvenuto per la pandemia, il “caso Cospito” diventa l’occasione per rilanciare quella battaglia mai interrotta contro il 41 bis. Inoltre “alleato” in questa battaglia eversiva a parte le manifestazioni e le occupazioni di Università, le minacce di attentati, cresciute nelle ultime ore, diventa il clima di buonismo che si sta diffondendo intorno al “caso Cospito” contro il 41 bis e che trova terreno fertile in ambienti dell’Unione Europea e nelle campagne sui diritti dei detenuti a regime duro. È dunque tempo che si risponda alla campagna alimentata in ambienti Ue spiegando che soprattutto la ‘ndrangheta è diventata un fenomeno europeo e quindi una minaccia sempre più concreta contro i cittadini europei. Se a Bruxelles o a Strasburgo o nelle capitali europee pensano che la ‘ndrangheta sia un’organizzazione criminale calabrese o tutt’al più diffusa nel nord Italia evidentemente non conoscono o fingono di non conoscere i traffici di droga, affari, che sono guidati dalle cosche ‘ndranghetiste oltre che mafiose e camorriste. Non sfugga – continua Di Giacomo – che lo sbarco della ‘ndrangheta nei Paesi Europei, non certo di recente, trova di fatto terreno fertile nei sistemi penitenziari di quei Paesi a differenza del nostro che con il carcere ostativo e il 41 bis si pone l’obiettivo prioritario (anche se non sempre ci riesce) di evitare che dal carcere si continui a svolgere traffici criminali. Senza sottovalutare i cambiamenti avvenuti e le nuove tecniche usate dalla mafia 2.0. La mafia si è modernizzata, più di quanto possiamo immaginare e come confermano autorevoli magistrati utilizza, già da tempo, non solo i telefonini per impartire ordini ma sofisticate piattaforme informatiche”.