
[lid ] – Cambiata. La società italiana negli ultimi venti anni si è profondamente trasformata. Cambiata la distribuzione di fasce di età, con una redistribuzione a favore delle fasce di età over 50, cambiata la aspettativa di vita, cresciuta in modo inedito nella storia del paese, cambiate le differenze territoriali e, anche le divaricazioni sociali, entrambe aumentate. Così l’ISTAT intervenuta il 26 di gennaio nell’evento di alto profilo istituzionale organizzato congiuntamente con l’Osservatorio Nazionale Permanente per l’esercizio della Giurisdizione e la Corte dei Conti, in occasione della pubblicazione del volume curato da Giovanna Bellitti e da Massimo Fedeli, Regole e strategie nel trattamento digitale e nella produzione dei dati quantitativi e qualitativi, edito da ISTAT con i contributi di Serena Ravioli, rappresenta in una fotografia esperta e chiara il paese. Un cambiamento che interessa a maggior ragione oggi perché su una società così asimmetrica si innesta un processo di profonda trasformazione che attiene alla digitalizzazione e al modo con cui il cittadino accede ai servizi della pubblica amministrazione inclusi quelli che sono connessi con l’esercizio della giurisdizione e che sono fortemente legati alla capacità delle parti di vivere in modo simmetrico ed egualmente rispettoso delle reciproche capacità l’interazione con il diritto – o meglio quello che viene chiamato diritto in azione.
La trasformazione digitale sta attraversando il paese da diversi anni. Non è si tratta di una novità apportata dal PNRR. Tuttavia, all’interno delle politiche pubbliche e delle riforme che sono nel quadro degli obblighi e delle intese convenute con l’Unione europea a fronte dei finanziamenti erogati per promuovere il rilancio e la resilienza del sistema Italia, la piena valorizzazione del potenziale di crescita che nasce dalla digitalizzazione, dalla semplificazione che con questa può essere raggiunta se realizzata come percorso di ripensamento delle routine di lavoro nella PA, dalla trasparenza e dalla più agile comprensione delle traiettorie che procedure, procedimenti, documenti e atti seguono dal cittadino internamente alle istituzioni, e da queste verso il cittadino, appare oggi un asset per qualificare il paese e portarlo al livello dei benchmark internazionali.
Nel settore della giustizia gli obiettivi di cui sopra, che sono stati fortemente enfatizzati da tutte le istituzioni rappresentate nelle due tavole rotonde dell’evento, il Ministero della Giustizia, Banca d’Italia, così come sono emersi nei saluti portati dal Ministro delle imprese e del made in Italy, costituiscono uno snodo prioritario e vitale per la crescita non solo dell’economia ma anche della qualità della giustizia e della fiducia del cittadino per le istituzioni della giurisdizione.
La strategia per la digitalizzazione nel settore della giustizia così come illustrata da Davide Galli direttore generale dell’unità di missione PNRR presso il Ministero della Giustizia copre tutti gli aspetti della giurisdizione, dalle procedure – con la digitalizzazione del processo penale e la estensione ovvero la razionalizzazione delle forme di informatizzazione utilizzate nel settore della giustizia civile – alle risorse umane il cui investimento deve comprendere, secondo quanto convenuto con l’Unione europea, un potenziamento delle competenze in materia informatica e, elemento fondamentale, di trattamento e gestione dei dati. Le risorse investite e lo sforzo di riforma meritano una riflessione riguardante le condizioni di attuazione anche in relazione a quello che viene sovente qualificato come digital divide. Se si osservano i dati dell’indice DESI – (digital economy and society index) – su 27 paesi l’Italia appare – rispetto al macro indice – al 18mo posto. Ma è la disaggregazione di quel valore che ci dice di più sulle sfide che ci aspettano con particolare attenzione al settore della giustizia. Se infatti per connettività la posizione del paese sale al 7mo posto, così come per integrazione delle tecnologie digitali nelle aziende siamo all’8vo posto, gli indicatori di capitale umano con competenze fortemente digitalizzate e di servizi pubblici digitali riportano il paese al di sotto della media europea. Nel settore della giustizia questo significa che la digitalizzazione ha bisogno di politiche che investono sul cittadino in tutti i territori e in tutte le fasce di età, reddito, livello di istruzione. Politiche capaci di dare una risposta al bisogno del cittadino e quindi rendere effettivo, comprensibile, efficace ed equo quell’incontro fra domanda di giustizia e giurisdizione interessata da processi di digitalizzazione che oggi promuoviamo. Fra queste come sottolineato da Laura Sabbatini, direttore generale ISTAT del Dipartimento per lo sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e la diffusione dell’informazione statistica, il rafforzamento presso tutti i plessi della pubblica amministrazione e nei contesti imprenditoriali, di una cultura del dato. Le voci diverse che sono intervenute qui appaiono convergere, forse esprimendo così in modo plurale, in perfetta linea con lo spirito di lavoro dell’ONPG, la priorità che di fatto assume la persona soprattutto nelle fasi di grande trasformazione e cambio di paradigma.
Lo dichiarano Stefano Bertollini e Daniela Piana in una nota.

