(AGENPARL) – mer 11 gennaio 2023 Se in Burkina Faso dal 2015 il terrorismo ha fatto registrare un aumento senza precedenti, il 2023 si è aperto sotto i peggiori auspici con l’assassinio di un sacerdote il 2 gennaio scorso nel nord-ovest del Paese. Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) ha raccolto la testimonianza di Mons. Laurent Dabiré, Vescovo di Dori e Presidente della Conferenza Episcopale del Burkina Faso e del Niger. «La popolazione è stremata e molti piangono la perdita dei familiari. Interi villaggi sono stati distrutti e questo contribuisce ad abbattere lo spirito delle persone. Tuttavia, il Natale è sempre stato, oltre che di gioia, un momento di tregua. La gente si è riunita per la Messa, anche se alcuni non sono venuti perché hanno avuto paura. Lo capiamo e non chiediamo alle persone di essere più coraggiose di quanto possano. Il Natale ci ha offerto l’opportunità di rendere omaggio a tutte le vittime di questa guerra e di pregare insieme per il ritorno alla pace», racconta il prelato.
Quanto alla diffusione dei gruppi terroristici, Mons. Dabiré aggiunge che «il 50% del Paese è occupato e controllato da loro. Se alcuni gruppi hanno dichiarato esplicitamente le loro intenzioni, con altri sono sufficienti le loro denominazioni, come il Gruppo per il sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM), per comprendere che esplicitamente mirano a imporre l’Islam a tutto il Paese, anche attraverso l’uso del terrorismo. Certo, questo implica la soppressione della società attuale, multireligiosa, caratterizzata dal dialogo e dalla convivenza. I terroristi vogliono sradicare questa società libera e tutti coloro che non professano il loro stesso tipo di Islam, inclusi i musulmani, il che significa che il terrorismo è ora rivolto alla società nel suo insieme», spiega il Vescovo di Dori.
Il fenomeno terroristico ha un impatto drammatico sulla vita della Chiesa. «Le conseguenze di questa ondata di violenza feroce negli ultimi sette anni sono state terribili. Da un punto di vista pastorale non possiamo più spostarci come prima. Il nostro raggio d’azione è molto più ridotto, perché i terroristi occupano i due terzi del territorio del Sahel. Rimangono praticamente solo i capoluoghi di provincia. La diocesi di Dori ha sei parrocchie, tre sono state chiuse, e siamo stati vicini a chiuderne un’altra quest’estate», mentre una quinta è tuttora «bloccata». La chiusura viene decisa quando, a causa della presenza di terroristi, «sono gli stessi parrocchiani a chiedere che i loro sacerdoti siano inviati in un luogo sicuro».
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