
(AGENPARL) – mer 07 dicembre 2022 CONDIZIONI DI VITA DEI PENSIONATI | ANNI 2020-21
Nel 2021 stabile il numero di pensionati, in aumento la spesa pensionistica
Al 31 dicembre 2021 sono stati spesi 313 miliardi di euro per 23 milioni di prestazioni a favore di oltre 16 milioni di pensionati.
Il 37,2% dei pensionati vive in coppia senza figli, più di un quarto da solo (27,7%). Per le famiglie con pensionati, i trasferimenti pensionistici rappresentano, in media, il 64% del reddito familiare netto disponibile.
L’età media dei pensionati da lavoro che dichiarano di essere occupati – uomini nel 78,4% dei casi – supera i 69 anni.
72,6%
La quota di spesa pensionistica erogata per pensioni di vecchiaia e anzianità
+2,4% rispetto al 2020.
19.443
Il reddito medio lordo annuo dei pensionati
14,6%
Il rischio di povertà delle famiglie con pensionati nel 2020 (15,7% nel 2019)
Oltre 10 punti percentuali inferiore a quello delle famiglie senza pensionati.
Spesa pensionistica in larga parte per vecchiaia, invalidità e superstiti
Sono 22,7 milioni le prestazioni del sistema pensionistico italiano vigenti al 31 dicembre 2021, erogate a 16 milioni di titolari, per una spesa di 313 miliardi di euro.
Il 90,5% della spesa complessiva (283 miliardi) è destinata alle prestazioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS). In particolare, il 72,6% del totale (227 miliardi) è rivolto al pagamento delle pensioni di vecchiaia e anzianità, il 13,9% alle pensioni ai superstiti (43 miliardi), il 4% a quelle di invalidità (13 miliardi).
Il sistema dei trasferimenti pensionistici impegna ulteriori 25 miliardi (8,2% della spesa complessiva) per la copertura di 4,4 milioni di prestazioni assistenziali (invalidità civile, accompagnamento, assegni sociali e pensioni di guerra) finanziate dalla fiscalità generale.
Alle prestazioni di tipo IVS e assistenziali si aggiungono 4,1 miliardi (1,3%) erogati a copertura di quasi 700mila rendite dirette e indirette per infortuni sul lavoro e malattie professionali.
L’andamento dei principali indicatori risente degli effetti della pandemia nel biennio 2020-2021, che ha avuto un impatto rilevante non solo sulle componenti della dinamica demografica, prima tra tutte la mortalità, ma anche sul mercato del lavoro e sul Prodotto interno lordo (Tavola 1 in allegato).
Nel 2021 la spesa pensionistica è aumentata di 1,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente (nel 2020 la variazione annua è stata di +2,3 punti percentuali) e rappresenta il 17,6% del Pil (era il 18,5% nel 2020 e il 16,7% nel 2019). Dal 2000 al 2018 il rapporto tra spesa pensionistica e Pil non ha mai superato il 17%, l’aumento registrato negli ultimi due anni è il risultato della contrazione del Pil come riflesso della pandemia (Tavola 1 in allegato).
Anche il rapporto tra numero di pensionati e occupati risente dell’effetto della crisi sanitaria: è di 714 beneficiari ogni 1.000 lavoratori (717 nel 2020, 694 nel 2019). Se si considerano solo i titolari di prestazioni previdenziali, il rapporto tra pensionati che hanno versato i contributi e i lavoratori che li versano scende a 624 ogni 1.000 lavoratori (628 nel 2020, 608 nel 2019). I valori di entrambi gli indicatori risultano in aumento nel 2020 per poi tornare a calare nel 2021, seguendo quindi il trend in diminuzione registrato a partire dal 2013.
Anche tenendo conto della diversa struttura della popolazione, il tasso di pensionamento è più elevato al Nord (269 pensionati ogni 1.000 abitanti), minore nel Mezzogiorno (267) ed è in assoluto più basso al Centro (261). In media nazionale si calcolano 267 pensionati ogni 1.000 abitanti; tale valore è più alto per le donne come conseguenza della maggiore speranza di vita (Tavola 2 in allegato).
Complessivamente, il 59,1% delle singole prestazioni pensionistiche è di importo inferiore ai 1.000 euro lordi mensili. Considerando che il 32,1% dei pensionati riceve più di una prestazione, il reddito pensionistico complessivo – dato dalla somma degli importi delle singole prestazioni – è comunque inferiore a tale soglia per un terzo dei pensionati (32,8%) (Tavole 3 e 4 in allegato).
PENSIONI E PENSIONATI, IMPORTO LORDO COMPLESSIVO, MEDIO E MEDIANO PER CATEGORIA DI PENSIONE. Al 31 dicembre 2021, valori assoluti
CATEGORIA DI PENSIONE Pensioni Pensionati(a) Importo
Complessivo
(in mln di euro) Importo medio annuo (in euro) Importo mediano annuo (in euro)
delle pensioni del reddito pensionistico delle pensioni del reddito pensionistico
Invalidità 996.033 988.035 12.644 12.694 17.911 8.866 15.763
INDENNITARIE 659.759 650.799 4.061 6.156 19.427 3.813 19.461
(a) La somma del numero di pensionati delle diverse categorie non coincide con il totale perché, per effetto della possibilità di cumulo di più prestazioni appartenenti a categorie diverse, un pensionato può ricadere in più categorie.
Fonte: Elaborazioni sul Casellario centrale dei Pensionati
Titolari in maggioranza donne, ma oltre la metà della spesa va agli uomini
Nel 2021, il valore mediano dell’importo annuo delle singole prestazioni pensionistiche è di 8.897 euro, vale a dire che la metà delle pensioni prese singolarmente non supera questo importo (Figura 1). Forti differenze si rilevano con riferimento al genere, al territorio e alla tipologia di prestazione.
Le donne sono la maggioranza sia tra i titolari di pensioni (55%) sia tra i beneficiari (52%), ma gli uomini percepiscono il 56% dei redditi pensionistici. In media, l’importo di una pensione di una donna è più basso rispetto a quello riservato agli uomini per lo stesso tipo di pensione (11mila contro 17mila) e i redditi mediani percepiti dalle donne sono inferiori del 28% rispetto a quelli degli uomini (14.529 contro 20.106 euro) (Tavola 5 in allegato).
La disuguaglianza di genere è influenzata principalmente dalla minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e spesso da carriere discontinue e quindi da storie contributive più brevi e frammentate, caratterizzate anche da un differenziale retributivo generalmente svantaggioso. In Italia, il tasso di occupazione femminile nella classe di età 15-64 anni è infatti al 49,4% nel 2021 (contro il 67,1% degli uomini) e nel Mezzogiorno è occupato il 33% delle donne (56,8% degli uomini). Inoltre, nel 2018 il differenziale di genere tra le retribuzioni orarie medie (GPG) è stato del 6,2% – con forti differenze tra gruppi di professioni (27,3% tra i dirigenti) – e l’incidenza dei dipendenti a bassa retribuzione è più alta tra le donne (11,6% contro 8,5% degli uomini).
Tali differenze si riflettono non solo nella diversa distribuzione delle categorie di pensione tra i due sessi, ma – a parità di prestazione – anche negli importi mediani. Infatti, per una pensione di vecchiaia un uomo percepisce 20mila euro lordi annui e una donna solo 11mila (Tavola 5 in allegato).
L’importo mediano più basso si registra nei trattamenti dei pensionati del Mezzogiorno. Al Sud e nelle Isole gli importi sono rispettivamente l’87% e il 94% del valore mediano nazionale (numero indice, base Italia=100), mentre al Nord si registrano importi mediani pari al 128% nel Nord Ovest e al 123% nel Nord Est (Figura 1).
Le differenze territoriali nei valori mediani degli importi sono da rintracciare anche nella distribuzione territoriale per categorie di prestazioni. Tra le pensioni di tipo Ivs (tipicamente di importo più elevato), il 51,5% è erogato al Nord e solo il 28,3% nel Mezzogiorno (per le pensioni di vecchiaia e anzianità la percentuale sale rispettivamente al 54,5% e si abbassa al 25% nel Mezzogiorno), mentre tra le prestazioni assistenziali (generalmente di importo inferiore rispetto alle prime) il rapporto si inverte: nel Mezzogiorno risiede quasi un titolare su due (47,7%) e al Nord il 31,5% (Tavola 6 in allegato).
Ciascun beneficiario percepisce in media 1,4 prestazioni, anche di diverso tipo, secondo quanto previsto dalla normativa. Nel complesso più di due terzi dei pensionati (67,9%) beneficiano di una sola prestazione. Il cumulo di più pensioni riguarda soprattutto le donne, più rappresentate nelle categorie di prestazioni con titolarità indiretta: le pensionate rappresentano il 58,5% tra i titolari di due pensioni e il 68,8% tra i titolari di tre o più prestazioni (Tavola 7 in allegato), condizione che permette alle donne di cumulare più importi e quindi di ridurre parzialmente lo svantaggio reddituale rispetto agli uomini.
FIGURA 1. IMPORTO MEDIANO LORDO ANNUO DELLE PRESTAZIONI PER GENERE, TIPOLOGIA DI PRESTAZIONE E RIPARTIZIONE GEOGRAFICA. Anno 2021, valori in euro
Fonte: Elaborazioni sul Casellario centrale dei Pensionati
In aumento i pensionati che continuano a lavorare
In media, per l’anno 2021, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro, i pensionati da lavoro che percepiscono anche un reddito da lavoro sono 444 mila, in deciso aumento rispetto al 2020 (+13,3%). Si ricorda che, per effetto della crisi pandemica, il 2020 aveva fatto segnare rispetto al 2019 una contrazione del 6,5% nel cumulo di pensione e lavoro. Il gruppo è composto principalmente da uomini (in oltre tre casi su quattro), da residenti nelle regioni settentrionali (in due casi su tre) e da lavoratori non dipendenti (l’86,3% dei casi) (Figura 2).
Oltre la metà dei pensionati occupati possiede al massimo la licenza media (circa il 30% per il complesso degli occupati), tre su dieci possiedono un diploma mentre il segmento dei laureati rappresenta oltre un quinto del totale (Tavola 8 in allegato).
L’età media dei pensionati che lavorano è progressivamente cresciuta: nel 2021 il 78,6% ha almeno 65 anni (77,4% nel 2019) e il 45,4% ne ha almeno 70 (41,8% nel 2019); proprio al segmento più anziano si deve buona parte dell’incremento osservato nel 2021 rispetto all’anno precedente (+15,7%). L’età media dei pensionati con redditi da lavoro supera quindi i 69 anni nel 2021; tra gli uomini la media è di circa mezzo anno più elevata rispetto alle donne e tra i lavoratori indipendenti supera di tre anni quella dei dipendenti.
Nel 2021 lavora nel settore dei servizi il 61,8% dei percettori di pensione (da lavoro) che continuano a essere occupati (64,8% nel 2019); al suo interno circa il 30% è impiegato nel commercio (Tavola 9 in allegato). In crescita rispetto al 2019 i pensionati occupati in agricoltura (+2,2 punti, il 16,2%).
Il confronto con il collettivo degli occupati nel suo complesso mostra differenze significative. I pensionati che lavorano sono più spesso impiegati in agricoltura – con un’incidenza quasi quattro volte superiore rispetto al totale – e nel commercio (quasi una volta e mezzo superiore), risultando sovra rappresentati anche nelle attività professionali e nei servizi alle imprese. Nei settori istruzione, trasporti e nell’industria in senso stretto, al contrario, l’incidenza è sensibilmente inferiore a quella del totale degli occupati.
Il 41,4% dei pensionati che lavorano svolge una professione qualificata (compresa nei primi tre grandi gruppi della classificazione delle professioni CP2011), una quota in riduzione in confronto sia al 2019 sia al 2020, ma comunque più alta rispetto al totale degli occupati (34,5%), lo stesso si verifica per gli operai (34,3% contro 23,2%). È invece più bassa la percentuale di pensionati che lavorano in professioni non qualificate (3,9% contro 11,8%).
Considerando solo l’occupazione indipendente (l’86,3% dei lavoratori beneficiari di una pensione da lavoro), la quota è aumentata di circa due punti percentuali nell’ultimo biennio. Il 56,3% è rappresentato da lavoratori autonomi (in aumento rispetto al biennio 2019-2020), il 24,9% da liberi professionisti (-2,1 punti rispetto al 2019), il 7,1% da coadiuvanti nell’azienda familiare e il 6,0% da imprenditori (in calo dopo la crescita del 2020). Tra l’esiguo gruppo dei dipendenti, invece, il 57,3% è operaio e circa il 31,4% è impiegato, entrambi in aumento rispetto ai due anni precedenti.
FIGURA 2. PENSIONATI DA LAVORO CHE SI DICHIARANO OCCUPATI PER VARIE CARATTERISTICHE. Anno 2021, composizioni percentuali
Fonte: Rilevazione sulle forze di lavoro
Un titolare di pensione in quasi una famiglia su due
Nel 2020, si stima che in quasi una famiglia su due sia presente almeno un pensionato (oltre 11,8 milioni di nuclei); in particolare, nel 32,8% dei casi si tratta di un solo titolare di pensione e nel 13,1% di due e più.
I pensionati vivono più frequentemente in coppia senza figli (37,2%) e da soli (27,7%) (Figura 3). È invece più contenuta la percentuale di pensionati che vivono in coppia con figli (17,3%), in famiglie con singolo genitore (11,6%), oppure in altra tipologia (7,8%), cioè in famiglie di membri isolati o composte da più nuclei. Rispetto al resto del Paese, i pensionati del Nord vivono più spesso da soli (29,3%) o in coppia senza figli (40,8%), mentre i pensionati del Mezzogiorno risiedono con maggior frequenza in coppia con figli (21,7%); infine i pensionati del Centro si trovano più diffusamente in famiglie di altra tipologia (10,5%).
I titolari di pensioni di vecchiaia e anzianità vivono relativamente di più in coppie senza figli (45,9%), mentre i percettori di pensioni di reversibilità vivono prevalentemente da soli (60,1%) e in misura minore con i figli in qualità di unico genitore (26,4%), essendo rappresentati nella stragrande maggioranza dei casi da anziane vedove.
Per le famiglie con almeno un titolare, i trasferimenti sociali in favore dei pensionati (da qui denominati semplicemente trasferimenti pensionistici) rappresentano, in media, il 64% del reddito familiare netto disponibile (al netto dei fitti imputati); la quota restante è costituita per il 27,8% da redditi da lavoro e per l’8,3% da altri redditi (primariamente affitti e rendite finanziarie). Le pensioni di anzianità e vecchiaia, unitamente alle liquidazioni di fine rapporto per quiescenza, forniscono mediamente il 46,1% delle loro risorse economiche, i trattamenti di reversibilità l’8,7% e le restanti pensioni il 10,1%.
Per oltre 7,1 milioni di famiglie (il 60% delle famiglie con pensionati) i trasferimenti pensionistici costituiscono più dei tre quarti del reddito familiare disponibile; nel 24,4% dei casi le stesse prestazioni sono l’unica fonte di reddito (quasi 2,9 milioni di famiglie), mentre per il 25,6% delle famiglie il loro peso non supera la metà delle entrate familiari (Tavola 10 in allegato).
Se in famiglia vi sono solo pensionati, sale all’80,1% la percentuale di famiglie con trasferimenti pensionistici almeno pari a tre quarti del loro reddito complessivo.
FIGURA 3. PENSIONATI PER TIPOLOGIA FAMILIARE E RIPARTIZIONE GEOGRAFICA. Anno 2020, composizioni percentuali
Fonte: Rilevazione Eu-silc
Rischio povertà più basso tra le famiglie con pensionati
Nel 2020, il reddito medio netto (esclusi i fitti figurativi) delle famiglie con pensionati è stimato in 33.543 euro (2.795 euro mensili), in lieve riduzione rispetto al 2019 sia in termini nominali (-0,8%) che reali (-0,7%) e, seppur di poco, superiore a quello delle famiglie senza pensionati (2.683 euro mensili) che subiscono una maggiore contrazione nei due anni (-1,0% e -0,9% rispettivamente in termini nominali e reali). La metà delle famiglie con pensionati ha un reddito netto inferiore ai 26.412 euro (2.201 euro mensili), valore mediano che scende a 22.995 euro nel Mezzogiorno, mentre si attesta intorno a 30.017 euro nel Centro e a 27.869 euro nel Nord (Tavola 11 in allegato).
Le famiglie con pensionati presentano un reddito mediano lievemente più basso rispetto a quello delle famiglie senza pensionati. Tale situazione, però, si inverte se si considera il reddito netto familiare equivalente, cioè includendo l’effetto delle economie di scala e rendendo comparabili i livelli di benessere tra famiglie di diversa composizione. Infatti, il valore mediano in termini equivalenti è pari a 18.885 euro per le famiglie con pensionati contro i 17.025 euro delle restanti famiglie. Il vantaggio comparativo è ulteriormente avvalorato dal rischio di povertà che è pari al 14,6% per le prime e quindi di 10 punti percentuali e mezzo inferiore a quello delle seconde. Ciò conferma l’importante ruolo di protezione economico-sociale che i trasferimenti pensionistici rivestono in ambito familiare.
Il rischio di povertà delle famiglie con pensionati si riduce di oltre un punto percentuale rispetto all’anno antecedente la pandemia, mentre quello delle famiglie senza pensionati cresce di 0,9 punti percentuali.
La presenza di un pensionato all’interno di nuclei familiari “vulnerabili” (genitori soli o famiglie in altra tipologia) riduce sensibilmente l’esposizione al rischio di povertà, rispettivamente dal 31,4% al 15% e dal 33,9% al 12,7% (lato sinistro di Figura 4, anno 2020). Il cumulo di pensione e reddito da lavoro abbassa ulteriormente il rischio di povertà: 6,4% contro 16,6% delle famiglie sostenute da titolari di sole pensioni. Anche l’apporto economico dei componenti non pensionati, in particolare se occupati, riduce il rischio di povertà pur in assenza di cumulo (8,5%).
Tra le famiglie con pensionati, le meno esposte al rischio di disagio economico sono quelle in cui vi è almeno un pensionato che cumula redditi da lavoro propri o insieme ad altri componenti occupati (rispettivamente al 6,4% e 1,8%), mentre le più vulnerabili sono costituite da pensionati senza redditi da lavoro che vivono assieme ad altri membri non occupati (34,7%).
In conseguenza delle marcate differenze territoriali nei livelli di reddito medio e mediano, le famiglie di pensionati del Sud e delle Isole presentano nel 2020 un’incidenza del rischio di povertà due volte superiore a quella delle famiglie residenti al Centro e più che doppia rispetto a quelle del Nord.
Nel 2021, l’indice di grave deprivazione materiale (presenza di almeno quattro su nove segnali di deprivazione riferiti all’indicatore Europa 2020) mostra un’inversione di tendenza rispetto all’anno precedente in linea con il quadro socio-economico fotografato dall’indicatore di rischio di povertà (anno 2020): si attenua la situazione di svantaggio delle famiglie senza pensionati rispetto a quelle in cui sono inclusi, soprattutto in riferimento alle coppie con figli, alle monogenitore e alle altre tipologie (composte prevalentemente da più nuclei).
FIGURA 4. RISCHIO DI POVERTÁ E GRAVE DEPRIVAZIONE MATERIALE PER FAMIGLIE CON/SENZA PENSIONATI E PER TIPOLOGIA. Anni 2020 e 2021, valori percentuali
Fonte: Rilevazione Eu-silc
Glossario
Affitto figurativo o imputato: componente non-monetaria del reddito delle famiglie che vivono in case di loro proprietà, in usufrutto, in uso gratuito o in affitto agevolato (cioè inferiore ai prezzi di mercato) e rappresenta il costo (aggiuntivo nel caso degli affitti agevolati) che queste dovrebbero sostenere per prendere in affitto, ai prezzi vigenti sul mercato immobiliare, un’unità abitativa con caratteristiche identiche a quella in cui vivono (al netto delle spese di condominio, riscaldamento, accessorie e con riferimento a una casa non ammobiliata).
Gender Pay Gap (GPG): differenziale retributivo di genere calcolato come differenza percentuale tra la retribuzione oraria di uomini e donne rapportata a quella maschile. La retribuzione oraria usata è definita dal Regolamento attuativo della Commissione 1738/2005 (Istat, La struttura delle retribuzioni in Italia).
Grave deprivazione materiale (indicatore Europa 2020): percentuale di persone in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale sui nove indicati di seguito:
essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito;
non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione;
non poter sostenere spese impreviste di 850 euro (l’importo di riferimento per le spese impreviste è pari a circa 1/12 del valore della soglia di povertà annuale calcolata con riferimento ai due anni precedenti l’indagine);
non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano;
non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa;
non potersi permettere un televisore a colori;
non potersi permettere una lavatrice;
non potersi permettere un’automobile;
non potersi permettere un telefono.
Importo complessivo annuo: Importo annuo delle pensioni vigenti al 31 dicembre. Tale valore è fornito dal prodotto tra il numero delle pensioni, l’importo mensile della pensione pagata al 31 dicembre dell’anno e il numero di mensilità per cui è previsto il pagamento (13 per le pensioni e 12 per le indennità di accompagnamento). La spesa pensionistica che ne consegue rappresenta un dato di stock e pertanto non coincide con la spesa pensionistica desunta dai dati contabili degli enti che hanno erogato la prestazione (dato economico di bilancio).
IVS: invalidità, vecchiaia e superstiti.
Nucleo familiare: è definito come l’insieme delle persone che formano una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio. Si intende la coppia coniugata o convivente, senza figli o con figli mai sposati, o anche un solo genitore assieme ad uno o più figli mai sposati. Il concetto di nucleo familiare è normalmente più restrittivo rispetto a quello di famiglia; infatti nell’ambito di una famiglia possono esistere uno o più nuclei familiari. Può non esservene nessuno come è nel caso ad esempio delle famiglie unipersonali. Una famiglia può essere composta da più nuclei, ma può anche essere costituita da un nucleo e da uno o più membri isolati (altre persone residenti), o ancora da soli membri isolati. Le famiglie in altra tipologia sono tipicamente rappresentate da più nuclei o da soli membri isolati.
Occupati: comprendono le persone di 15-89 anni che nella settimana di riferimento:
hanno svolto almeno un’ora di lavoro a fini di retribuzione o di profitto, compresi i coadiuvanti familiari non retribuiti;
sono temporaneamente assenti dal lavoro perché in ferie, con orario flessibile (part time verticale, recupero ore, etc.), in malattia, in maternità/paternità obbligatoria, in formazione professionale retribuita dal datore di lavoro;
sono in congedo parentale e ricevono e/o hanno diritto a un reddito o a prestazioni legate al lavoro, indipendentemente dalla durata dell’assenza;
sono assenti in quanto lavoratori stagionali ma continuano a svolgere regolarmente mansioni e compiti necessari al proseguimento dell’attività (da tali mansioni e compiti va escluso l’adempimento di obblighi legali o amministrativi);
sono temporaneamente assenti per altri motivi e la durata prevista dell’assenza è pari o inferiore a tre mesi.
Occupati dipendenti: occupati con un rapporto di lavoro dipendente.
Occupati indipendenti: coloro che svolgono la propria attività lavorativa senza vincoli formali di subordinazione. Sono compresi imprenditori; liberi professionisti, lavoratori autonomi, coadiuvanti nell’azienda di un familiare (se prestano lavoro nell’impresa senza il corrispettivo di una retribuzione contrattuale come dipendenti), soci di cooperativa, collaboratori (con e senza progetto) e prestatori d’opera occasionali.
Pensione ai superstiti: trattamento pensionistico erogato ai superstiti di pensionato o di assicurato in possesso dei requisiti di assicurazione e contribuzione richiesti.
Pensione assistenziale: prestazione erogata a cittadini con reddito scarso o insufficiente, inferiore ai limiti di legge e indipendentemente dal versamento di contributi, a seguito del raggiungimento del limite di età previsto dalla normativa o per invalidità non derivante dall’attività lavorativa svolta
Pensione di invalidità: prestazione non reversibile legata al versamento di contributi per almeno cinque anni dei quali tre nell’ultimo quinquennio e al riconoscimento, da parte degli organi competenti dell’Ente previdenziale, della riduzione permanente della capacità di lavoro dell’assicurato a meno di un terzo. L’assegno è compatibile con l’attività lavorativa. Ha durata triennale e confermabile per periodi della stessa durata. Dopo il secondo rinnovo l’assegno è considerato permanente. Al compimento dell’età pensionabile l’assegno ordinario di invalidità si trasforma in pensione di vecchiaia.
Pensione di vecchiaia: trattamento pensionistico corrisposto ai lavoratori che hanno raggiunto l’età stabilita dalla legge per la cessazione dell’attività lavorativa nella gestione di riferimento e che sono in possesso dei requisiti contributivi minimi previsti dalla legge.
Pensione indennitaria: rendita corrisposta a seguito di un infortunio sul lavoro, per causa di servizio e malattia professionale. La caratteristica di queste rendite è di indennizzare la persona per una menomazione, secondo il livello della stessa, o per morte (in tal caso la prestazione è erogata a superstiti) conseguente a un fatto accaduto nello svolgimento di una attività lavorativa.
Reddito equivalente: è calcolato dividendo il valore del reddito netto familiare per un opportuno coefficiente di correzione (scala di equivalenza), che permette di tener conto dell’effetto delle economie di scala e di rendere direttamente confrontabili i livelli di reddito di famiglie diversamente composte. La scala di equivalenza (definita “OCSE modificata” e utilizzata anche a livello europeo) è pari alla somma di più coefficienti individuali (1 per il primo adulto, 0,5 per ogni altro adulto e 0,3 per ogni minore di 14 anni). Tutti i membri della stessa famiglia possiedono lo stesso reddito (individuale) equivalente netto.
Reddito netto familiare: corrisponde alla somma dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, di quelli da capitale reale e finanziario, delle pensioni e degli altri trasferimenti pubblici e privati al netto delle imposte personali, delle tasse e tributi sull’abitazione e dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti e autonomi. Da tale importo vengono sottratti i trasferimenti versati ad altre famiglie (per esempio, gli assegni di mantenimento per un ex-coniuge). Sono infine compresi gli eventuali beni prodotti dalla famiglia per il proprio consumo (autoconsumo). Il reddito netto familiare considerato in questa pubblicazione non è perfettamente comparabile con il reddito disponibile aggregato del settore Famiglie, riportato nei Conti Nazionali, che include anche una stima dell’economia “sommersa”.
Reddito pensionistico: ammontare degli importi delle prestazioni pensionistiche percepite da ciascun beneficiario.
Rischio di povertà (indicatore Europa 2020): percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente nell’anno precedente a quello di rilevazione inferiore a una soglia di rischio di povertà, fissata al 60% della mediana della distribuzione individuale del reddito disponibile equivalente. Il reddito considerato per questo indicatore rispetta la definizione Eurostat e non include l’affitto figurativo, i buoni-pasto, gli altri fringe benefits non-monetari e gli autoconsumi. Nel 2021 la soglia di povertà (calcolata sui redditi 2020) è pari a 10.519 euro annui (877 euro al mese) per una famiglia di un componente adulto. Per determinare le soglie di povertà di famiglie di ampiezza e composizione diversa si utilizza la scala OECD modificata.
Trasferimenti sociali ai pensionati: includono i trasferimenti pensionistici veri e propri, le liquidazioni di fine rapporto erogate al personale dipendente in quiescenza (notoriamente classificati come trasferimenti non pensionistici, in quanto erogati una tantum e non con carattere periodico e continuativo, tipico delle pensioni), ovvero ai loro superstiti in caso di decesso del pensionato.
Nota Metodologica
INDAGINE DA ARCHIVIO AMMINISTRATIVO SU TRATTAMENTI PENSIONISTICI E BENEFICIARI
Descrizione della fonte e quadro normativo
Le informazioni sono prodotte utilizzando il Casellario centrale dei pensionati, istituito con D.p.r. 31 dicembre 1971, n. 1338, successivamente modificato dal decreto legge 6 luglio 1978, n. 352 e dalla legge 22 marzo 1995, n. 85. Il Casellario ha come scopo istituzionale la raccolta, conservazione e gestione dei dati e delle informazioni relative alle prestazioni pensionistiche ed ai loro titolari.
L’indagine è prevista dal Programma Statistico Nazionale ed è svolta in ottemperanza agli obblighi dettati dai Regolamenti Europei n.48/2007 e n.10/2008.
Unità di analisi e di rilevazione
L’unità di rilevazione è la pensione. Le unità di analisi sono le pensioni e i pensionati.
Processo e metodologie
L’utilizzo a fini statistici dell’archivio amministrativo richiede l’applicazione di procedure di controllo e correzione, sviluppate congiuntamente da Istat ed Inps, finalizzate alla verifica della completezza e coerenza delle informazioni.
Nel Casellario centrale dei pensionati sono comprese le prestazioni di natura previdenziale, indennitaria ed assistenziale. In particolare, le pensioni di vecchiaia e di anzianità, di invalidità; le rendite (dirette ed indirette) per infortuni sul lavoro e per malattia professionale; le pensioni ai superstiti; le pensioni ai cittadini ultrasessantasettenni con reddito insufficiente, ai non vedenti civili, ai non udenti civili ed agli invalidi civili e le relative indennità; le pensioni di guerra, comprensive degli assegni annui vitalizi agli ex-combattenti, insigniti dell’ordine di Vittorio Veneto, nonché degli assegni di Medaglia e croce al valor militare.
La spesa è definita come dato di stock e pertanto non coincide con la spesa pensionistica desunta dai dati contabili degli enti che hanno erogato la prestazione (dato economico di bilancio). La spesa pensionistica fa riferimento alla situazione dei pagamenti vigenti alla fine dell’anno e può essere influenzata dalla velocità delle procedure amministrative di liquidazione delle nuove prestazioni e di eliminazione di quelle cessate.
Dettaglio territoriale
A seconda del livello di dettaglio, i dati possono essere diffusi sino a livello provinciale
Diffusione
Le statistiche ufficiali su Pensioni e Pensionati sono consultabili nel datawarehouse I.stat all’indirizzo: http://dati.istat.it (Tema: trattamenti pensionistici e beneficiari). Le precedenti Statistiche Report e Focus su Pensioni e Pensionati sono invece raccolte in un’area dedicata del sito dell’Istat.
In adempimento ai Regolamenti europei, i dati dell’indagine sono trasmessi alle scadenze prefissate a Eurostat e sono consultabili al link: http://ec.europa.eu/eurostat/data/database (Tema “Population and social conditions”, argomento “Social protection – Pensions beneficiaries”).
Dati riepilogativi sono inoltre diffusi nel volume Noi Italia, Annuario statistico italiano, Banca dati tematica Anziani.stat, Italia in cifre
INDAGINE SU REDDITO E CONDIZIONI DI VITA (Eu-silc)
Descrizione della fonte e quadro normativo
Il progetto Eu-silc (Statistics on Income and Living Conditions, Regolamento del Parlamento europeo, n. 1177/2003 e dal 2021 (EU) 2019/1700) costituisce una delle principali fonti di dati per i rapporti periodici dell’Unione europea sulla situazione sociale e sulla diffusione del disagio economico nei Paesi membri. Gli indicatori previsti dal Regolamento sono incentrati sul reddito e sull’esclusione sociale, in un approccio multidimensionale al problema e con una particolare attenzione agli aspetti di deprivazione materiale.
L’Italia partecipa al progetto con un’indagine su “Reddito e condizioni di vita delle famiglie”, svolta a cadenza annuale a partire dal 2004. Sebbene il Regolamento Eu-silc richieda la produzione di indicatori a livello nazionale, in Italia l’indagine è stata disegnata per assicurare stime affidabili anche a livello regionale.
Popolazione di riferimento e unità di rilevazione
La popolazione di riferimento è costituita da tutte le famiglie residenti in Italia al momento dell’indagine e dai relativi componenti. Sono escluse le persone che vivono in istituzioni.
Per famiglia si intende un insieme di persone che dimorano abitualmente nella stessa abitazione e legate da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela, affetto o amicizia. Tutti i componenti della famiglia sono rilevati ma solo le persone di 16 anni o più sono intervistate.
Processo e metodologie
L’indagine è realizzata mediante interviste sulla situazione familiare e interviste individuali. Dal 2011 la realizzazione delle interviste a domicilio avviene con la tecnica CAPI (Computer Assisted Personal Interview), in collaborazione con una società incaricata. Inoltre, dal 2015 è stata introdotta per una parte delle interviste la tecnica CATI (Computer Assisted Telephone Interview).
L’indagine è campionaria e il disegno di campionamento segue uno schema a due stadi (comuni-famiglie) con stratificazione dei comuni in base alla dimensione demografica. Il disegno è di tipo panel ruotato: il campione relativo a ogni occasione d’indagine è costituito da quattro gruppi di rotazione, ciascuno dei quali rimane nel campione per quattro anni consecutivi. Ogni anno un quarto del campione trasversale è rappresentato da famiglie e individui casualmente estratti dalle liste anagrafiche dei comuni selezionati per l’indagine; i restanti tre quarti si riferiscono alle famiglie e agli individui estratti nell’anno precedente, nei due e nei tre anni precedenti, che vengono quindi intervistati per la seconda, terza o quarta volta rispettivamente. Il campione totale è statisticamente rappresentativo della popolazione residente in Italia ed è composto, nel 2021 da 18.561 famiglie (per un totale di 38.450 individui), distribuite in circa 800 comuni italiani di diversa ampiezza demografica. I dati di reddito, riferiti all’anno 2021, rilevati tramite intervista vengono successivamente integrati con i dati dello stesso anno provenienti da fonte amministrativa, ciò al fine di determinare del reddito netto finale individuale/familiare. In particolare, per la quasi totalità dei trasferimenti pubblici (pensionistici e non), il dato finale di stima si ricava in modo quasi esclusivo dal dato amministrativo. L’utilizzo integrato dei dati di fonte amministrativa e di un modello di microsimulazione permette, inoltre, di determinare il livello delle imposte e dei contributi sociali pagati da individui che, sommati ai redditi netti, costituiscono i redditi lordi. In questa nota, la definizione di reddito pensionistico non tiene conto degli arretrati e delle pensioni estere, pur rilevati nell’indagine, ciò al fine assicurare la comparabilità con i dati delle precedenti pubblicazioni sulle condizioni di vita dei pensionati e con il contenuto informativo dello stesso Casellario centrale dei pensionati. Nell’anno 2021 si stima la presenza di circa 385 mila beneficiari di arretrati pensionistici (in media nell’anno ricevono quasi 1.600 euro netti) e di oltre 267 mila titolari di pensioni estere residenti in Italia (per importi medi annui di circa 6.220 euro).
Diffusione
Le stime dell’indagine sono consultabili anche nel datawarehouse I.stat all’indirizzo http://dati.istat.it (tema: ”Condizioni economiche delle famiglie e disuguaglianze”, argomenti “Reddito”, “Povertà”, “Condizioni abitative”).
In adempimento al Regolamento europeo n. 1177/2003, i dati dell’indagine sono trasmessi annualmente a Eurostat. I principali indicatori, archiviati nel database di Eurostat, sono consultabili al link: http://ec.europa.eu/eurostat/data/database (Tema “Population and social conditions”, argomento “Income and living conditions”).
Dati riepilogativi su reddito e condizioni economiche delle famiglie sono inoltre diffusi nel volume Noi Italia e nel Rapporto Bes: il benessere equo e sostenibile in Italia.
Per ulteriori informazioni è possibile accedere al sito dell’Istat all’indirizzo: http://www.istat.it/it/archivio/5663Gli intervalli di confidenza
Al fine di valutare l’accuratezza delle stime prodotte da un’indagine campionaria è necessario tenere conto dell’errore campionario che deriva dall’aver osservato la variabile di interesse solo su una parte (campione) della popolazione. Tale errore può essere espresso in termini di errore assoluto (standard error) o di errore relativo (cioè l’errore assoluto diviso per la stima, che prende il nome di coefficiente di variazione, CV). In questo paragrafo, per ciascuna delle principali variabili di interesse, sono riportate la stima puntuale e l’errore relativo ad essa associato. A partire da questi è possibile costruire l’intervallo di confidenza che con un prefissato livello di fiducia, contiene al suo interno il valore vero, ma ignoto, del parametro oggetto di stima. L’intervallo di confidenza è calcolato aggiungendo e sottraendo alla stima puntuale il suo errore campionario assoluto, moltiplicato per un coefficiente che dipende dal livello di fiducia; considerando il tradizionale livello di fiducia del 95%, il coefficiente corrispondente è pari a 1,96. Nel prospetto A1 si riportano le stime puntuali, gli errori relativi (CV), gli errori assoluti e gli intervalli di confidenza dei principali indicatori diffusi nella presente nota con riferimento all’indagine Eu-silc.
PROSPETTO A1. ERRORI RELATIVI, ERRORI ASSOLUTI E INTERVALLI DI CONFIDENZA DELLE STIME DEI PRINCIPALI INDICATORI. Anni 2021* e 2020
Intervallo di confidenza (livello di fiducia=95%)
FAMIGLIE CON PENSIONATI Stima puntuale
(a) Errore relativo (CV)
(b) Errore assoluto
(c)=(a)*(b) Limite inferiore
(a)-1,96*(c) Limite superiore
(a)+1,96*(c)
Grave deprivazione materiale (valore percentuale)* 5,0 0,07972 0,39862 4,2 5,8
RILEVAZIONE SULLE FORZE DI LAVORO
Descrizione della fonte e quadro normativo
La Rilevazione campionaria sulle forze di lavoro costituisce la principale fonte statistica sul mercato del lavoro italiano. Da essa derivano le stime ufficiali degli occupati e delle persone in cerca di lavoro. Il suo utilizzo per analisi di tipo sia congiunturale sia strutturale è quanto mai ampio: l’evoluzione dei principali indicatori del mercato del lavoro può essere studiata in modo disaggregato a livello territoriale, settoriale e per le principali caratteristiche sociodemografiche della popolazione.
Le principali caratteristiche della rilevazione, dagli aspetti metodologici alle definizioni delle variabili e degli indicatori, sono armonizzate a livello europeo, coerentemente con gli standard internazionali definiti dall’ILO. La rilevazione è regolata da specifici atti del Consiglio della Commissione europea, il principale dei quali è il Regolamento (UE) 2019/1700 del Parlamento europeo e del Consiglio, che si applica dal 1° gennaio 2021 (per approfondimenti sul regolamento quadro e gli atti delegati e di esecuzione, si veda https://www.istat.it/it/archivio/253081).
Nel 2021, la Rilevazione sulle forze di lavoro ha subìto due cambiamenti importanti: i) l’entrata in vigore, dal 1° gennaio, del Regolamento europeo (UE) 2019/1700 che ha comportato modifiche definitorie e di questionario al fine di migliorare il grado di armonizzazione delle statistiche prodotte dai diversi Paesi dell’Unione Europea; ii) l’introduzione delle nuove stime della popolazione di individui e famiglie desunte dal Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni (per ulteriori approfondimenti si veda https://www.istat.it/it/archivio/252689).
Le persone che si sono dichiarate occupate sono classificate per professione secondo la classificazione delle professioni CP2011, versione armonizzata della International Standard Classification of Occupations – Isco08, per attività economica secondo la classificazione delle attività economiche Ateco 2007 (Nace rev. 2).
L’indagine “Rilevazione sulle forze di lavoro” è prevista dal Programma statistico nazionale che raccoglie l’insieme delle rilevazioni statistiche necessarie al Paese.
Popolazione di riferimento e unità di rilevazione
La popolazione di riferimento è costituita da tutti i componenti delle famiglie residenti in Italia, anche se temporaneamente all’estero. Dalla popolazione di riferimento sono quindi esclusi i membri permanenti delle convivenze: ospizi, brefotrofi, istituti religiosi, caserme, ecc.
L’unità di rilevazione è la famiglia di fatto, definita come insieme di persone legate o meno da vincoli di parentela o affettivi, dimoranti abitualmente nella stessa abitazione e che condividono il reddito (contribuendo al reddito e/o beneficiandone) e/o le spese familiari.
L’unità di analisi nel comunicato stampa trimestrale “Il Mercato del lavoro” è l’individuo di 15 anni o più.
Processo e metodologie
Da gennaio 2004 la rilevazione è continua, cioè le informazioni sono rilevate con riferimento a tutte le settimane di ciascun trimestre, mediante una distribuzione uniforme del campione in tutte le settimane.
Il disegno campionario è a due stadi, rispettivamente comuni e famiglie, con stratificazione delle unità di primo stadio. Tutti i comuni con popolazione superiore ad una soglia prefissata per ciascuna provincia, detti autorappresentativi, sono presenti nel campione con probabilità pari a uno. I comuni la cui popolazione è al di sotto delle suddette soglie, detti non autorappresentativi, sono raggruppati in strati. Essi entrano nel campione attraverso un meccanismo di selezione casuale che prevede l’estrazione di un comune non autorappresentativo da ciascuno strato. Per ciascun comune campione viene estratto dalla lista anagrafica un campione casuale semplice di famiglie. A partire dal terzo trimestre 2012 è stato introdotto un nuovo disegno campionario, che ha previsto l’aggiornamento delle informazioni di stratificazione e l’introduzione di una rotazione casuale dei comuni campione.
Il campione trimestrale è uniformemente ripartito tra i 3 mesi, tenendo conto del numero di settimane che compongono ciascun mese (rispettivamente 4 o 5). Il mese di riferimento è composto dalle settimane, da lunedì a domenica, che cadono per almeno quattro giorni nel mese di calendario. La definizione della condizione occupazionale, in particolare di occupato, si riferisce dunque alla settimana di riferimento e la stima annuale ne rappresenta una media.
Nel corso del 2021 sono state intervistate circa 149 mila famiglie e un totale di circa 294 mila individui.
Ogni famiglia viene intervistata per due trimestri consecutivi, esce temporaneamente dal campione per i due successivi trimestri, dopodiché essa viene nuovamente intervistata per altri due trimestri. Complessivamente, rimane nel campione per un periodo di 15 mesi. Considerando che le transizioni dall’inattività all’occupazione degli individui di età superiore a 74 anni sono pressoché nulle, per ridurre la molestia statistica su questo target di popolazione, dal 1 gennaio 2011, le famiglie composte da soli ultra 74-enni inattivi non vengono reintervistate.
Diffusione
Le stime dell’indagine a livello mensile, trimestrale, annuale e serie storiche ricostruite sono diffuse nel datawarehouse I.stat all’indirizzo http://dati.istat.it (tema: ”Lavoro e retribuzioni”).
Le stime dell’indagine a livello mensile vengono diffuse a 1 mese dalla fine della rilevazione delle informazioni attraverso la Statistica flash “Occupati e disoccupati mensili”, le stime dell’indagine a livello trimestrale e annuale vengono diffuse a meno di 2 mesi attraverso la Statistica flash integrata “Mercato del lavoro”. Inoltre, L’Istat, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Inps, l’Inail e l’Anpal pubblicano una Nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione. In adempimento ai Regolamenti europei, i dati dell’indagine sono trasmessi alle scadenze prefissate a Eurostat. I principali indicatori, archiviati nel database di Eurostat, sono consultabili al link: http://ec.europa.eu/eurostat/data/database (Tema “Population and social conditions”, argomento “Labour market”).
Dati riepilogativi sul mercato del lavoro sono inoltre diffusi nel volume Noi Italia, Annuario statistico italiano, Rapporto annuale sulla situazione del Paese, Rapporto sul mercato del lavoro, Banche dati tematiche Giovani.stat e Anziani.stat, Italia in cifre, Rapporto Bes: il benessere equo e sostenibile in Italia.
A seconda del livello di dettaglio, i dati possono essere diffusi sino a livello provinciale.
I dati in serie storica dal 1977, e talvolta dal 1959, anno di avvio dell’indagine sulle forze lavoro, sono presenti nella banca dati Serie storiche http://seriestoriche.istat.it/.
Gli intervalli di confidenza
Al fine di valutare l’accuratezza delle stime prodotte da un’indagine campionaria è necessario tener conto dell’errore campionario che deriva dall’aver osservato la variabile di interesse solo su una parte (campione) della popolazione. Tale errore può essere espresso in termini di errore assoluto (standard error) o di errore relativo (cioè l’errore assoluto diviso per la stima, che prende il nome di coefficiente di variazione, CV).
Da qui è possibile costruire l’intervallo di confidenza che, con un prefissato livello di fiducia, contiene al suo interno il valore vero, ma ignoto, del parametro oggetto di stima. L’intervallo di confidenza è calcolato aggiungendo e sottraendo alla stima puntuale il suo errore campionario assoluto, moltiplicato per un coefficiente che dipende dal livello di fiducia; considerando il tradizionale livello di fiducia del 95% (?=0,05), il coefficiente corrispondente è pari a 1,96. Tali intervalli comprendono, pertanto, i parametri ignoti della popolazione con probabilità pari a 0,95.
Nel prospetto A2 si riportano gli errori relativi (CV), gli errori assoluti e gli intervalli di confidenza delle stime dei dati presentati nella presente statistica report.
PROSPETTO A2. ERRORI RELATIVI, ERRORI ASSOLUTI E INTERVALLI DI CONFIDENZA DELLE STIME DEI DATI PRESENTATI. Anni 2019-2021, dati in migliaia
Intervallo di confidenza (livello di fiducia=95%)
Stima puntuale Errore relativo (CV) Errore assoluto Lim. Inferiore Lim. Superiore
Occupati con pensione da lavoro (a) (b) (s.e.) (c)=(a)*(b) (a)-1,96*(c) (a)+1,96*(c)
Per chiarimenti tecnici e metodologici
Chiara Coluccia
