
(AGENPARL) – sab 03 dicembre 2022 Città di Ufficio Stampa
San Severino Marche http://www.comune.sanseverinomarche.mc.it
COMUNICATO STAMPA N. 605 03 DICEMBRE 2022
MEDAGLIA D’ORO AL MERITO CIVILE: IL RABBINO RICCARDO DI SEGNI CONCLUDE
LA SUA VISITA IN CITTA’, INSIEME AI FRATELLI, NELLA VIA INTITOLATA AL PADRE
Si è conclusa con una foto ricordo nella via intitolata al capostipite della famiglia, il
dottor Mosè Di Segni, la visita del rabbino capo della comunità ebraica di Roma,
Riccardo Di Segni, e dei fratelli Frida e Riccardo, cittadini onorari dal 2011, in
occasione della cerimonia di consegna della Medaglia d’Oro al Merito Civile alla
Città di San Severino Marche.
Nello scatto figura anche monsignor Edoardo Menichelli, arcivescovo emerito di
Ancona – Osimo, che con due dei fratelli Di Segni condivise lunghissimi giorni nel
1943.
Mosè Di Segni, nato a Roma il 1 gennaio 1903, figlio di Elia ed Allegra Benigno,
dopo l’8 settembre di quell’anno venne costretto a rifugiarsi con la famiglia nella
frazione del Comune di San Severino Marche. Qui si unì al Battaglione Mario
contribuendo alla lotta di Liberazione ed esercitando la sua professione di medico
nella divisione appartenente alla V Brigata Garibaldi “Ancona”. Ferito a Valdiola,
terminata la guerra venne insignito anche della Medaglia d’Argento al Valore Militare
prima di morire nel 1969.
A lui è anche dedicato il libro, a cura di Luca Maria Cristini, “Mosè Di Segni medico
partigiano. Memorie di un protagonista della Guerra di Liberazione”, edito dalla
Riserva naturale regionale del Monte San Vicino e del Monte Canfaito. Si tratta della
riproposizione di un memoriale molto importante non solo per ricostruire le vicende
di quel frammento di guerra partigiana ma anche per ricostruire la storia della
partecipazione ebraica alla Resistenza, una storia ancora poco conosciuta e che solo
recentemente è cominciata a diventare oggetto di ricerche e riflessioni da parte degli
storici.
A Serripola, dove è stata intitolata la via, la famiglia Di Segni fu protetta e aiutata.
Una rete di complicità consentì loro di sfuggire ai rastrellamenti fascisti e nazisti,
nascondendosi ora dall’uno ora dall’altro quando il pericolo si faceva imminente. Fin
dall’inizio, la loro accoglienza era stata facilitata dall’opera del parroco del luogo, che
dal pulpito aveva esortato i fedeli ad accogliere questi rifugiati senza far domande,
senza chieder loro perché non frequentavano la chiesa. A sua volta, Di Segni si
impegnò intensamente a curare, oltre ai partigiani, anche gli abitanti di Serripola, che
lo ripagarono di affetto e riconoscenza, sentimenti di cui resta tuttora memoria.
Nella foto: la famiglia Di Segni a Serripola nella via intitolata al capostipite