
[lid] – Nella legge di bilancio del Governo Meloni, la crisi si combatte a spese dei più poveri, dei giovani e delle donne.
L’opzione donna non sarà più per tutte, ma solo per le più svantaggiate, meglio se mamme.
La platea è diminuita a 2900 possibili beneficiarie (anziché 17.000), la spesa è abbassata da 110 milioni di euro a poco più di 20 milioni e l’età di uscita innalzata da 58 anni a 60 anni, ridotta di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni.
Significa che per le donne senza figli l’uscita è a 60 anni, per quelle con un figlio a 59 e per quelle con due o più figli a 58, purché siano anche caregiver, invalide almeno al 74% o dipendenti di imprese in crisi.
Questa riforma ci fa fare mille passi indietro e rende Opzione Donna una misura discriminatoria, perché, applicando una distinzione tra donne con figli e donne senza figli, viola il principio dell’equità del sistema previdenziale.
Inoltre, mentre per gli uomini la pensione anticipata dipende solo dalle caratteristiche specifiche del lavoro stesso, ad esempio da quanto è usurante, per le donne tornano a essere determinanti il fattore figli e il lavoro di cura svolto, con buona pace della parità di genere.
Il riconoscimento del lavoro di cura delle donne deve essere fatto prima operando una ridistribuzione dei carichi all’interno della famiglia e un rafforzamento del welfare di prossimità, non al momento della pensione.
Per questi motivi, con il Movimento 5 Stelle ci batteremo per riportare Opzione Donna alla sua versione originaria. Non accetteremo un simile arretramento culturale. “
Così Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle.