(AGENPARL) – mer 16 novembre 2022 ringrazio la Fondazione Ugo La Malfa, e in particolare il suo Presidente, per l’invito a
inaugurare questo ciclo di lezioni annuali e la Camera dei deputati che oggi ospita questo
primissimo piano nella storia italiana del Novecento, per l’impegno civile e le responsabilità
politiche, prima come esponente attivo della Resistenza e poi come uomo delle istituzioni,
stanno oggi confrontando le banche centrali, non solo nell’area dell’euro. Dallo scorso
anno, infatti, la variazione dei prezzi è tornata a registrare, a livello mondiale, un incremento
pressoché continuo: dal 4,7 per cento nella media del 2021, viene stimata dal Fondo
dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, dal 2,6 per cento dello scorso anno ha oggi
a seguito dell’aggressione della Russia all’Ucraina nello scorso febbraio e del protrarsi
Roma, 16 novembre 2022
e del lavoro. È inoltre utile interrogarci sulle ragioni che spiegano gli errori di previsione
dell’andamento dei prezzi al consumo, molto elevati, commessi nell’anno in corso; si tratta
ma di un elemento importante sia per
Prima di procedere lungo queste linee mi pare utile proporre il ricordo di alcuni episodi
il “mandato” statutario della Banca centrale europea (BCE), possiamo cominciare col
In estrema sintesi, possiamo rispondere che l’obiettivo generale, non previsto in norme
di legge ma ben descritto da Guido Carli nella sua azione come Governatore della Banca
d’Italia dal 1960 al 1975, fu quello di garantire una “stabilità monetaria” volta a favorire
lo sviluppo dell’economia nel contesto dell’apertura e del confronto con gli altri paesi
occidentali, avendo in particolare presente l’avanzamento del processo di integrazione
uno sviluppo “ordinato” dell’economia, uno sviluppo che – nelle parole dello stesso Carli
in un intervento del 1962 all’Associazione bancaria italiana – richiedeva di rivolgere agli
investimenti produttivi “quote crescenti di risparmio” che andavano opportunamente
“convogliate passando per la sottoscrizione di obbligazioni”; di qui la necessità “imperativa
. Pur discutendo le scelte del Governo, di cui non
la Banca d’Italia non condusse in quegli anni una politica “lassista” ‒ come Carli osservò
con enfasi nel 1993 nella sua ultima opera,
Cinquant’anni di vita italiana
‒ ma una politica
volta a contrastare “comportamenti … incompatibili con un equilibrio che non teneva
Mercato, Europa e libertà. Gli interventi alle Assemblee dell’ABI e alle Giornate del risparmio
Roma-Bari, Laterza, 2019, pp. 21-2.
Cinquant’anni di vita italiana
, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 261-2.
Già nello scorcio degli anni Sessanta, però, le tensioni nel mercato del lavoro sfociate
sociale, forti pressioni al rialzo su prezzi e salari, pressioni consolidatesi nel successivo
biennio con incrementi dei prezzi al consumo dell’ordine del 5 per cento, circa il doppio
di natura interna si aggiunsero quelle connesse con una svalutazione del cambio della lira
che dalle prime traeva alimento. Aumenti dei prezzi anche, in ragione annua, a due cifre
nel corso del 1973, ben prima quindi dello shock che dall’ottobre di quell’anno avrebbe
del tasso di sconto (abbassato al 4 per cento nell’aprile del 1972 dal 5,5 del marzo del
1970, dopo essere stato fermo al 3,5 per cento dal 1958), e il Ministro del Tesoro (per
otto mesi dal luglio 1973) Ugo La Malfa, che, tenendo conto dei dubbi dei colleghi di
considerazioni di carattere internazionale sia per ragioni di origine interna. Considerava
ma superando di un punto, al 6,5 per cento, l’iniziale richiesta. È però interessante la
risposta di La Malfa che, pur condividendo “le impostazioni della Banca d’Italia”, non può
non tener conto della necessità di “dare maggiori chiarimenti ai colleghi”, aggiungendo
quindi, all’aumento dei prezzi, si vorrebbe un volume di credito piuttosto abbondante,
nonostante quell’impegno fondamentale”
. Anni quindi in cui, non solo in Italia, la politica
d’Italia, Roma, 21 luglio 1973; e U. La Malfa,
Archivio storico della Banca d’Italia, Roma, 6 agosto 1973.
d’Italia, Roma, 8 agosto 1973. In una successiva lettera (Archivio storico della Banca d’Italia, Roma,
8 dicembre 1973) Carli, reagendo alle critiche del Governo per avere attuato una politica monetaria
troppo aggressiva e “senza fantasia”, risponde inviando un “manufatto ottenuto grazie alla fantasia”
del Ministro delle Finanze della Germania e del Presidente della Reichsbank del 1923: una banconota
Sulla politica monetaria di quegli anni, cfr. E. Gaiotti e S. Rossi, “Theoretical and Institutional Evolution
in Economic Policy: The Case of Monetary Regime Change in the Early 1980s”,
Storia del Pensiero
Economico
nel 1975 considerando il disavanzo pubblico “come un dato” anziché come un residuo
volte oggi si ritiene – a sottoscrivere la quantità di titoli pubblici non collocata alle aste
(con la sostanziale impraticabilità dell’“atto sedizioso” di non ottemperarvi, nel ben
noto passaggio delle
lette il 31 maggio 1974)
, non rinunciando la Banca d’Italia
precipizio e riportare l’equilibrio nella bilancia dei pagamenti. Tuttavia l’assenza di
La decisa restrizione creditizia, proseguita con strumenti amministrativi nella seconda
I fattori originali di questa propensione furono prontamente individuati. Certamente
vana quanto dannosa rincorsa trimestrale tra prezzi e salari, accentuata dai tentativi di
“riaprire” il ventaglio salariale, continuamente compresso dall’operare del “punto unico
tassi di interesse
. Massimali sul credito volti a contenere eccessi di domanda, controlli
ma non riuscì a contenere l’aumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno
, Roma, Banca d’Italia, 31 maggio 1974, p. 32.
E. Gaiotti e A. Secchi, “Monetary Policy and Fiscal Dominance in Italy from the Early 1970s to the
Adoption of the Euro: A Review”, Banca d’Italia,
Cinquant’anni di vita italiana
Cfr. P. Ciocca e G. Nardozzi,
Roma-Bari, Laterza, 1993.
Come ho osservato, l’impegno ad acquistare i titoli non collocati alle aste non avveniva in
risposta a norme prestabilite, ma rispondeva all’esigenza di evitare mali peggiori, come
del maggio 1977: “Non è dunque in forza di un obbligo di legge che il portafoglio di
dell’anno precedente aveva osservato
aggiungendo tuttavia che “i brillanti risultati conseguiti dalla Germania e dall’Olanda
in termini di stabilità e di sviluppo, piuttosto che alle formulazioni legislative, debbono
ascriversi a un clima di opinione che al maturarsi dell’analisi e dell’esperienza ha cessato di
del maggio
anni. Continuava però a pesare l’assenza di un favorevole “clima di opinione”, in grado di
scongiurare le rincorse tra prezzi e salari. In particolare, se l’indicizzazione fu ridotta sul
, Roma, Banca d’Italia, 31 maggio 1978, p. 23.
Cfr. I. Visco, “Comment”, in C.M. Reinhart e M.B. Sbrancia, “The Liquidation of Government Debt”,
BIS Working Papers
, Roma, Banca d’Italia, 31 maggio 1977, p. 33.
, Roma, Banca d’Italia, 31 maggio 1976, p. 43.
Experience”, in L. Leiderman e L.E.O. Svensson (eds.),
, Roma, Banca d’Italia, 30 maggio 1981, p. 40.
piano formale, l’adeguamento restò rapido e pieno considerando quella di fatto implicita
nei rinnovi contrattuali. Soprattutto, la politica di bilancio rimase eccessivamente espansiva,
con il debito pubblico che da meno del 60 per cento del PIL nel 1981 superò il 100 per
del 1980 scese al di sotto del 10 per cento alla metà di quel decennio, per restare,
tra il 1986 e il 1992, su valori di poco inferiori al 6 per cento. In altri paesi la politica
ne risultò nei primi anni Ottanta una doppia recessione, con il tasso di disoccupazione
essenziale per l’economia e contribuì – in assenza di meccanismi di indicizzazione
durante il primo shock petrolifero, tornando prossima al 2 già nel 1978; dopo il secondo
shock raggiunse un picco del 7,5 per cento nel 1981, ma ridiscese poi molto rapidamente
a seguito dell’immediata e forte risposta restrittiva della banca centrale: agli inizi del 1983
In Italia la crescita dei prezzi rimase invece su valori superiori a quelli dei nostri principali
partner commerciali per tutti gli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. In buona parte
nel corso degli anni Ottanta), si traslava sul costo del lavoro che, per le imprese industriali
timori di interventi coercitivi su un debito pubblico in forte espansione, fu questo un
elemento cruciale della debolezza della lira che si manifestò pienamente in occasione
. Alla sospensione della partecipazione della lira dagli Accordi europei di
Cfr. F. Barca e I. Visco, “L’economia italiana nella prospettiva europea: terziario protetto e dinamica
dei redditi nominali”, in I. Visco e S. Micossi (a cura di),
, Bologna, Il Mulino, 1993; I. Visco, “Caratteri strutturali
italiana
Per un’analisi dettagliata della crisi dello SME, cfr. R. Rinaldi e C. Santini, “Italy: Two Foreign Exchange
Crises”, in S.S. Rehman (ed.),
Financial Crisis Management in Regional Blocs
Va anche ricordato che, negli anni Ottanta, i controlli sul mercato interno del credito
e dei cambi erano stati gradualmente abbandonati ed era stata introdotta la piena
dello SME, la politica monetaria e valutaria, allora considerata dalla Banca d’Italia
spingere le imprese a operare con guadagni di produttività e contribuire per tale via a
. Questa politica aveva però continuato a
servizi, in una politica di bilancio ininterrottamente espansiva. Con il divorzio tra Banca
d’Italia e Tesoro i tassi di interesse erano infatti tornati a essere positivi in termini reali;
o maggiori entrate di altra natura, gli ampi disavanzi tendenziali che la politica di allora
sorprendente. Nei giorni immediatamente successivi allo scoppio della crisi, si riteneva
nominali. Sulla base delle elasticità stimate nel modello econometrico della Banca d’Italia,
7 entro tre
. Nei due anni che seguirono la crisi la svalutazione fu addirittura nell’ordine
Da un lato, l’indicizzazione dei salari venne riformata nel 1992, proprio alla vigilia della crisi
l’accordo conclusivo che stabilì, con la politica dei redditi fondata sulla “concertazione”
Dall’altro lato, la politica di bilancio assunse un’intonazione decisamente restrittiva.
Nei giorni che seguirono la sospensione della lira dagli Accordi europei di cambio il
Governo varò una manovra senza precedenti (nell’ordine del 6 per cento del PIL). Il saldo
pandemia, con l’unica eccezione del 2009). Come è noto, i Governi succedutisi in quegli
anni perseguirono, dal 1995, una graduale riduzione del debito pubblico, con misure
Contributi all’analisi economica del Servizio Studi
, 3, Roma, Banca d’Italia, 1987.
1988-1991”, Appendice a F. Barca e I. Visco, “L’economia italiana nella prospettiva europea:
terziario protetto e dinamica dei redditi nominali”, Banca d’Italia,
Temi di discussione
, 175, luglio
1992; S. Siviero e D. Terlizzese, “Crisi di cambio e innovazioni nei comportamenti: alla ricerca di
discontinuità strutturali nel modello econometrico della Banca d’Italia”, in Banca d’Italia,
Ricerche
quantitative per la politica economica, 1995 (vol. 2)
, Roma, Banca d’Italia, 1997.
livelli prevalenti negli altri principali paesi europei. Già nelle sue prime
il nuovo Governatore Antonio Fazio osservava esplicitamente nel maggio 1993
variazioni dei tassi di interesse orientate da un sentiero di progressiva decelerazione dei
Tale successo fu quindi coronato con l’ingresso dell’Italia nell’area dell’euro, nella quale
parte la BCE e le banche centrali nazionali dei paesi membri. Il Consiglio direttivo della
di crescita dei prezzi al consumo del 2 per cento nel medio periodo per il complesso
mediante appropriate misure di bilancio e riforme strutturali e potrà essere attenuato
del 2007-08, di quella dei debiti sovrani del 2011-12 e, da ultimo, della pandemia avevano
straordinariamente bassi (addirittura negativi con riferimento al tasso di interesse sui
aveva anche fatto ricorso a misure “non convenzionali”, tra cui, nel periodo 2015-18,
del 2019 e il loro accentuarsi a seguito della pandemia hanno portato il Consiglio a
dell’euro. In Europa all’origine di un fenomeno così dirompente troviamo, come negli anni
Cfr. A. Fazio,
, Roma, Banca d’Italia, 31 maggio 1993, p. 27.
legato al taglio, da parte della Russia, delle forniture di gas, dal quale il nostro continente
crescita senza precedenti, caratterizzata peraltro da una fortissima volatilità. Da valori
agosto, a 340 euro, per poi scendere gradualmente, con il raggiungimento degli obiettivi
di stoccaggio, su quotazioni comprese tra 100 e 130 euro. Anche il prezzo del petrolio
è aumentato, pur se in misura più contenuta: da valori attorno a 60 dollari al barile nei
primi mesi del 2021 ha toccato 130 dollari in marzo, assestandosi nelle ultime settimane
In seguito a queste dinamiche, in ottobre l’aumento della componente energetica
dell’indice dei prezzi al consumo ha superato, sui dodici mesi, il 40 per cento nell’area
regolamentati e oltrepassando il 60 per cento su quelli tutelati. Stimiamo che quasi due
terzi dell’aumento complessivo dei prezzi al consumo registrato negli ultimi dodici mesi
sui costi di produzione; una quota che sale a circa quattro quinti se si tiene conto anche
dell’impatto dei prezzi dei generi alimentari che, pur se non legati all’energia, hanno
di proiezione condotti dagli esperti della BCE e dell’Eurosistema gli errori relativi alla
in passato, su livelli doppi di quelli massimi compiuti in precedenza; per l’Italia gli errori
previsione può essere messa in luce mediante un semplice esercizio controfattuale. Nelle
proiezioni macroeconomiche condotte per l’Italia nel settembre 2021, quando i corsi
dell’energia iniziavano a segnare una decisa accelerazione, si stimava una crescita dei
è stata, invece, circa 4 punti percentuali più alta. Se le dinamiche dei prezzi nei comparti
di formulare le stime, l’errore di previsione sarebbe stato, nella media dei trimestri
All’origine di questi errori vi è, perciò, una generale sottovalutazione, da parte degli
esperti e, soprattutto, dei mercati (dalle cui quotazioni gli esperti derivano le ipotesi di
base per le previsioni), dell’evoluzione della geopolitica. Lo scorso anno, in presenza di
approvvigionamento ha ovunque sospinto i prezzi dei prodotti intermedi. Ma nell’area
dei futures avevano continuato a scontare una progressiva discesa dei prezzi del gas, il
nell’ambito dei programmi di “espansione quantitativa”. Questo processo ha accelerato
da allora, sono stati complessivamente innalzati di 200 punti base; da valori negativi il
tasso sui depositi detenuti dalle banche presso l’Eurosistema è salito all’1,50 per cento.
Si è così compiuto un sostanziale passo in avanti nell’azione di riassorbimento dell’ampio
Uniti (di 3 punti percentuali in ottobre), ciò ha indotto alcuni osservatori a ritenere che ci si
economie alla crisi pandemica nel 2020-21. Gli interventi attuati negli Stati Uniti per
sostenere le famiglie e le imprese, sono stati eccezionalmente forti. In questi due anni il
rapporto tra debito pubblico e PIL è cresciuto di quasi 25 punti percentuali, superando
il 130 per cento, a fronte di un aumento medio di meno di 15 punti nei paesi dell’area
delle famiglie statunitensi, che nel 2020 ha registrato il tasso di crescita più alto da quasi
quarant’anni, con un aumento del 6,2 per cento in termini reali a fronte di un calo del PIL
del 3,4 per cento. Nell’area dell’euro, dove il calo del prodotto è stato del 6,4 per cento,
il reddito disponibile delle famiglie è invece diminuito, sia pure di poco (0,6 per cento).
del lavoro. Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione era pari in ottobre al 3,7 per cento,
rilevante, risulta negli Stati Uniti molto inferiore a quello che si sta registrando in Europa.
In particolare, la crescita sui dodici mesi dei prezzi dell’energia è stata di quasi il 20 per
muovendo in modo troppo aggressivo. In primo luogo, starebbe prestando eccessiva
pienamente valutato le conseguenze di un irrigidimento sincronizzato delle politiche
In un contesto così incerto credo sia utile tenere conto di queste osservazioni. Ritengo
. Alcuni fattori ci confortano riguardo alla
In Italia la crescita tendenziale delle retribuzioni contrattuali, al netto delle componenti
, è salita all’1,2 per cento nel terzo trimestre, con un lieve aumento dall’inizio
dell’area dell’euro la crescita delle retribuzioni è stata pari al 2,8 per cento sui dodici mesi
negli ultimi mesi di quest’anno e nel 2023 per la parziale compensazione della perdita
di potere di acquisto dei lavoratori e per gli aumenti connessi in alcuni paesi con gli
si collocherebbe al di sopra dell’8 per cento, si ridurrebbe al di sotto del 6 nel corso
cento nella seconda parte del 2024. Indicazioni analoghe emergono dalle quotazioni dei
presso gli analisti. Le attese delle famiglie rilevate dall’indagine della BCE pubblicata la
scorsa settimana sono invece su valori leggermente più elevati, pari a poco più del 5 per
Al momento non vi sono quindi evidenti segnali né di una forte rincorsa tra prezzi e
che proseguire nella direzione intrapresa. Ci viene chiesto, tuttavia, se non sia possibile
esprimere con maggiore chiarezza tempi, dimensioni e punto di arrivo dei prossimi rialzi
“neutrali” o “naturali”. Ma si tratta di livelli la cui stima è a dir poco incerta e che, se pure
Ritengo quindi che oggi non si possa fare altro che muoversi sulla base delle evidenze,
a livello internazionale, delle proiezioni e delle analisi di scenario da considerare sempre
con prudenza ma essenziali per le decisioni. Decisioni che andranno prese nei prossimi
mesi con la massima attenzione, ma senza formulare a priori sentieri più o meno realistici
complicata, dopo risultati dell’economia migliori del previsto nei mesi estivi, dal brusco
sotto controllo; dall’altro, segnala il rischio che rialzi dei tassi troppo rapidi e pronunciati
reinvestimenti nell’ambito del programma di acquisto di titoli connesso con l’emergenza
soprattutto quelle meno agiate, che spendono una parte consistente del loro reddito
erodere la loro competitività. Il deciso intervento del Consiglio direttivo della BCE è
Questioni di Economia e
si avvii una spirale tra prezzi e salari, come quella registrata, non solo in conseguenza
dei due grandi shock petroliferi, in Italia negli anni Settanta. Ne derivò allora una
che una crescita salariale in linea con la produttività, l’indipendenza e la credibilità
della banca centrale e una conduzione responsabile della politica di bilancio sono i
di potere d’acquisto dei redditi. Va quindi trovato il giusto equilibrio tra il rischio che
I tassi di riferimento della politica monetaria – che nell’area dell’euro erano stati ridotti
su valori straordinariamente bassi per rispondere alle ripercussioni economiche delle
nel medio termine. La necessità di continuare l’azione restrittiva è quindi evidente,
anche se le ragioni per attuare un approccio meno aggressivo stanno guadagnando
automatismi quale quello connesso all’operare della scala mobile e il venir meno di una
della lira. Sul piano domestico l’aumento dei costi dell’energia può essere sì ridistribuito
delle imprese più colpite, ma possibilmente non tra generazioni attraverso slittamenti
continui nel consolidamento del debito pubblico. Si tratta infatti di un mutamento di
ragioni di scambio, una “tassa” sulla nostra economia che non è possibile rinviare al
mittente e che non può essere eliminata attraverso vane rincorse tra prezzi e salari. Oltre
a continuare a mirare a ridurne gli eccessi mediante misurate risposte a livello europeo,
e gli investimenti in energie rinnovabili. Resta in ogni caso cruciale la responsabilità
debito pubblico sull’economia: non si può che procedere con continuità con le riforme
e gli investimenti così che il potenziale di crescita tragga vantaggio dalle risorse oggi
disponibili per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, mostrando al contempo prudenza
dell’attività economica e il proseguimento della tendenza decrescente del rapporto tra
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