
(AGENPARL) – gio 01 settembre 2022 La Galleria di Eufemi. Giorgio De Giuseppe, nel ’92 stavo per essere eletto capo dello Stato con i voti del Msi. Sventai la manovra
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1 Settembre 2022
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Quell’esame di Filosofia del diritto con Moro rinviato di anno in anno. La Dc distrutta dal correntismo. Per noi giovani Fanfani era l’innovatore. Moro stava con i dorotei. Poi le cose cambiarono. I complimenti di Pella. Un unicum: Vicepresidente del Senato, per tre legislature, anche vicario, con quattro Presidenti: Cossiga, Malagodi, Fanfani e Spadolini. Quel rapporto meraviglioso con Spadolini. Fu sua la proposta- per salvare la Dc dal correntismo – nell’83 di incompatibilità tra mandato parlamentare e incarichi di governo. Fu approvata solo 10 anni dopo quando ormai era troppo tardi.
Oggi incontriamo Giorgio De Giuseppe Avvocato, classe 1930, dunque un novantaduenne, già docente di istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Lecce, provveditore agli studi di Lecce.
Nella sua lunga carriera politica De Giuseppe ha ricoperto numerosi incarichi da delegato provinciale e regionale del Movimento giovanile della Democrazia Cristiana a segretario provinciale della D.C. dal 1968 alla candidatura al Senato nel 1972, poi nelle Istituzioni : Senatore della Repubblica, eletto nel collegio di Galatina-Gallipoli ininterrottamente per sei legislature, dal 1972 al 1994.
Quando scomparve la Democrazia Cristiana si ritirò volontariamente dalla politica attiva rinunziando alla riconferma della candidatura; è stato eletto presidente del gruppo parlamentare dei senatori della D.C. dal 1980 al 1983; vicepresidente vicario del Senato per tre legislature dal 1983 al 1994; presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla dignità e la condizione sociale dell’anziano, istituita dal Senato nel 1989. La relazione conclusiva venne votata all’unanimità; per contrastare il correntismo all’interno del partito, propose dal 1983 l’incompatibilità per i Democratici Cristiani tra mandato parlamentare ed incarico di governo: la proposta trovò attuazione soltanto nel 1992 con il governo Amato I e, nel 1993, con il governo Ciampi, troppo tardi per contrastare la crisi del partito. Il documento si trova in Senato nel Fondo Roberto Ruffilli. Fu Candidato Dc al Quirinale nel 1992.
Dal 28 maggio 2010 è stato difensore civico della Provincia di Lecce, dove è stato eletto all’unanimità dei voti di centrodestra e centrosinistra, portando la sua esperienza al servizio della comunità.
Sei pronto a rispondere ai miei quesiti?
Sono pronto, sono ai tuoi ordini.
Voglio scavare negli anni giovanili per scoprire le ragioni del tuo impegno politico.
Entro in politica per caso. Ero studente al terzo anno di università e preparavo l’ esame di filosofia del diritto, che non mi decidevo a dare, perché essendo il professore amico di famiglia, non volevo dare l’impressione di essere impreparato per avere un ottimo voto.
Chi era il professore?
Era Aldo Moro. E quindi rinviavo di volta in volta l’esame che avrei dovuto dare al primo anno. Al terzo anno avevo ancora questo esame da sostenere. Un giorno, arrabbiato con me stesso per questa incapacità a superare i timori e le preoccupazioni, andai a una Assemblea della Dc. Era venuto in quella assemblea Giovanni Elkan, che era vicesegretario nazionale della Dc: era in Puglia a visitare la zona di riforma agraria, sia la zona dell’otrantino sia dell’Arneo (consorzio speciale di bonifica di quasi 253 mila ettari in tre province di Lecce, Brindisi e Taranto ndr) che è a Nardó.
Nel corso della assemblea dopo la relazione generale fu aperta la discussione e io pur non essendo iscritto al partito chiesi di parlare. Evidentemente non dissi molte sciocchezze. Il segretario provinciale chiese : “Chi è questo ragazzo che sta parlando? “. Il giorno dopo mio padre ricevette una telefonata dal segretario provinciale che gli chiedeva che io andassi a Lecce perché voleva parlarmi.
E che successe?
Mio padre capì subito. Disse ad Antonio Fiocca, un mito della Dc: “Lascia mio figlio, si deve laureare; non mi devi parlare di politica”. Fiocca attese due anni. Quando – come allora si usava – sul giornale apparve l’annuncio che mi ero laureato, ritelefonó a mio padre: “Giulio, io ho atteso, mantieni l’impegno; adesso fai venire tuo figlio che gli voglio parlare”. Così io mi trovo da un momento all’altro nominato commissario provinciale del movimento giovanile della Dc e comincia la mia avventura nel partito.
Chi c’era allora nel movimento giovanile?
Il movimento giovanile si trovava in una difficilissima situazione. C’era il gruppo che poi abbandonó il movimento giovanile, era il gruppo della sinistra. In quell’epoca da una parte c’era Franco Maria Malfatti, che poi continuó a restare nella Dc, mentre dall’altra un gruppo di competitori di giovani, come Lucio Magri e Chiarante che poi lasció il movimento giovanile della Dc e poi passò nella federazione giovanile comunista. La rottura avvenne a Firenze nel ’55 (il 10 e 12 giugno 1955 ndr). Eravamo riuniti per il congresso giovanile al teatro Rondó di Bacco di Palazzo Pitti che è un piccolo teatro. Li ci fu lo scontro tra Magri e tutto il nostro gruppo, il gruppo Malfatti. In quel congresso venne eletto Ernesto Laura con 41 voti sui 37 a Franco Boiardi.
Scrivevi su “Per l’azione” o “terza generazione”
“Terza generazione” ospitava gli scritti sia del gruppo Malfatti sia dell’altro gruppo di sinistra. Una volta avvenuta la scissione “Terza generazione” non venne più pubblicata. Su”Per l’Azione”, molto attivo era il ruolo dei fiorentini e di Nicola Pistelli che purtroppo scompare molto presto. L’apporto che avrebbe potuto dare alla politica fu per un periodo molto breve. Pistelli era di quella rivista la espressione importante.
Partecipavi ai convegni?
In quell’epoca molti convegni venivano fatti. Era l’epoca in cui la Dc dopo la fine della esperienza degasperiana e la presa della guida di “Iniziativa Democratica” con Fanfani e gli altri, comincia il discorso del centrosinistra. Sì, di convegni ne abbiamo fatti tanti. Credo che uno di maggiore rilievo sia stato quello di Salerno.
Si verificò una cosa interessante. Per la prima volta la stampa quotidiana cominció a parlare del movimento giovanile della Dc con articoli apparsi sul “Giornale d’Italia”, sul “Messaggero”. Il mio intervento al convegno di Salerno fu ripreso dai quotidiani nazionali. Sta a dimostrare che la stampa nazionale dava rilievo al ruolo che il movimento giovanile esercitava. Il movimento giovanile compì una scelta unitaria sostenendo Fanfani, allora in polemica con Moro perché dalla riunione delle suore Dorotee, i Dorotei eleggono segretario del Partito Aldo Moro. Noi eravamo su altre posizioni. Noi eravamo con Fanfani. Aveva concluso la esperienza di segretario del partito perché aveva assunto su di sé tutti gli incarichi possibili e immaginabili: era Segretario del Partito, presidente del Consiglio, ministro degli Esteri.
La rivolta in un consiglio nazionale da parte del gruppo Doroteo ci fu e Fanfani non se lo fece dire due volte; piantó tutti, cominció a girare l’Italia e lo invitai a Lecce.
Peró quando aveva questi momenti di crisi Fanfani ripartiva dai suoi amici in Maremma…
Certo. Si dimette e si appella alla base del partito. E comincia il giro della periferia. Viene a Lecce. C’era già un esponente dei fanfaniani che era l’ avv. Alessandro Agrimi Sindaco di Lecce, deputato e senatore, una figura importante, molto leale, molto rigorosa nei confronti di questa scelta fanfaniana. Con Agrimi organizzammo la visita di Fanfani a Lecce. Questo crea scompiglio perché tutto il gruppo dirigente della Dc, il segretario provinciale Giacinto Urso, poi i deputati che erano Giuseppe Codacci Pisanelli, Beniamino De Maria, i senatori Arcangelo Magli e Michele De Pietro, erano tutti sulle posizioni dorotee. Per cui il movimento giovanile fu interprete della linea Fanfani nella provincia di Lecce.
Dei giovani in Puglia chi c’era?
I giovani erano tutti sulla mia linea, Francesco Rausa e Angelo Tulli che diventano successivamente deputati. Giacinto Urso era segretario provinciale, contrastava tenacemente la nostra posizione. Devo purtroppo dire che quella iniziativa di Fanfani, che servì a valorizzare il dibattito in periferia e che aveva seri contenuti di impegno politico segnò però l’inizio nefasto del sistema correntizio della Dc. È l’inizio in quegli anni ’59- ’60, a mio modo di vedere, del processo che ha distrutto la Dc con il correntismo.
Nel 1959 è l’inizio di un processo degenerativo, di scontro di potere?
Comincia allora quel processo degenerativo. Le correnti diventano all’interno della Dc il processo disgregatore del Partito.
E Moro per te che sei nato a Maglie che cosa ha rappresentato?
Proprio perché per primo avevo parlato dell’incontro con i socialisti, per un primo periodo di tempo, nei confronti di Moro avevo tutte le mie riserve. Per me Moro era il capo dei Dorotei, quello che si contrapponeva a Fanfani mentre Fanfani per me era il progressista, Moro invece no. Poi le cose cambiano. Moro assume progressivamente, lentamente tutta una posizione che lo porterà poi al suo martirio. Di questo si tratta.
Quando parliamo di Moro e Fanfani parliamo di due figure intellettuali della DC completamente all’opposto. Fanfani è l’uomo degli scatti, del nervosismo, della non adeguata riflessione, Moro comincia un cammino che lentamente, stancamente porta all’evoluzione agli anni dell’incontro, del colloquio con il partito comunista. Sono due personalità profondamente diverse con idee diverse. Sul piano dei temperamenti; più che contrasto di idee è contrasto di temperamenti. Noi che eravamo giovani impulsivi e tenaci che volevamo dall’oggi al domani cambiare il mondo e cambiare il partito eravamo con Fanfani.
Era un innovatore Fanfani?
Entri in Senato nel ’72
Sono stato segretario provinciale dal ’68. Dopo quattro anni riportai la Dc a livelli di grande forza nella provincia di Lecce, per la prima volta conquistammo il capoluogo, che era il centro dei gruppi organizzati di destra fascista, massonica. Conquistai il comune di Lecce con un sindaco eccezionale, Totò Capilungo; la mia segreteria provinciale diede ottimi risultati.
Il diabete che ho dal 1970 scoppiò durante la campagna elettorale delle prime regionali. Perché bevevo, bevevo, io che non bevevo mai. Non andai dai medici perché la prima prescrizione sarebbe stata di darmi una calmata. Il segretario provinciale dell’epoca si dedicava da mattina a notte. Tornavo a casa all’una e mezzo di notte. Dopo l’università al mattino, dove facevo lezione, andavo al provveditorato agli studi, poi dal pomeriggio la massa dei problemi infiniti di una provincia di ben 94 comuni. Non mi feci curare. Continuai l’attività. Ricordo l’ultimo comizio, quello in piazza sant’Oronzo a Lecce di ringraziamento per il grande successo ottenuto.
Che cosa successe?
Ad un certo momento, non mi era mai accaduto, la bocca si impasta, avverto il bisogno di bere, guardo intorno, non vedo una bottiglia d’acqua, un momento drammatico perché non riuscivo più a parlare. Intorno a me solo i parlamentari Dc. Non potevo chiedere aiuto. Disperato, guardo e vedo un bicchiere d’acqua ma osservo che tutto il primo strato di acqua era nero, perché i moscerini richiamati dal caldo e dalla luce dei riflettori avevano sentito il bisogno di bere loro prima di me. Ero di fronte al dilemma: o interrompere il comizio o bere l’acqua con i moscerini.
Come finì?
Bevvi l’acqua con i moscerini!
Cosa non si fa per l’amore della politica!
Poi andai a Parma e iniziai la cura diabetica.
Hai svolto il mandato parlamentare negli anni Settanta e Ottanta e inizio Novanta, quelli dell’intervento straordinario, della riduzione dei divari, della crescita della Puglia come Regione con gli indicatori migliori di tutto il Mezzogiorno, poi la fine dell’intervento straordinario? Come l’hai vissuta la politica in Parlamento?
Sono stato un parlamentare molto fortunato. Accadde un fatto imprevedibile. Si svolse la prima Assemblea dei deputati Dc. La presiedeva Fanfani perché non c’era ancora il presidente del Gruppo. C’era una grandissima sala per contenere gli oltre 130 senatori Dc per essere autonomi. Io impaurito, conoscevo solo Agrimi e il sen. Francesco Ferrari della provincia di Lecce. Partecipai ricordando quello che Giolitti aveva detto a uno dei suoi amici che aveva fatto eleggere alla Camera: “Non ti preoccupare, il primo anno devi solo sentire, guardare e cercare di capire”.
Ebbi la tentazione di parlare e chiesi di parlare. Finita l’assemblea Fanfani nella replica non rispose a nessuno ma solo a me ripetendo più volte ” … come ha detto De Giuseppe! “. Alla fine alle mie spalle sentii la voce di Pella che avevo amato quando da presidente del Consiglio difese Trieste e la italianità che disse “De Giuseppe oggi hai avuto successo, cerca di fartelo perdonare”. Rispondo: “presidente terró conto”.
Questo fatto fece sì che il mio nome circolasse. Alle elezioni delle cariche del gruppo parlamentare vengo eletto componente del direttivo del Gruppo con un notevole successo personale: ebbi ben 25 preferenze. Questo fatto mi aprì la possibilità di seguire il lavoro del Senato e del gruppo Dc attraverso i suoi presidenti soprattutto con Bartolomei che fu il presidente che poi sostituii quando lui divenne ministro dell’Agricoltura.
Come andò la elezione e a presidente del Gruppo senatoriale?