
(AGENPARL) – mar 21 giugno 2022 Piazza Tancredi, 7
UFFICIO I 73100 Lecce
COMUNICAZIONE E
E URP comunicazione@unisalen
to.it
COMUNICATO STAMPA
ARCHEOLOGIA SUBACQUEA A PORTO CESAREO
FRAMMENTI DI ANFORE, NECROPOLI, RELITTI DI NAVI: TESTIMONIANZE
DI UN PAESAGGIO COSTIERO IN CONTINUA EVOLUZIONE SIN
DALL’ANTICHITÀ
Il paesaggio costiero è in continua evoluzione, sin dai tempi antichi. Tra i
frammenti sommersi di anfore, navi e necropoli si ricostruisce la storia del
processo di interazione degli esseri umani con l’ambiente naturale. L’arcipelago
di Porto Cesareo (provincia di Lecce) custodisce sia nei suoi fondali che a pelo
d’acqua preziose testimonianze della storia antica. A mettersi sulle tracce del
passato sommerso del Salento che affaccia sul Mar Jonio gli archeologi del
Dipartimento di Beni culturali dell’Università del Salento Antonella
Antonazzo, Luigi Coluccia e Michela Rugge, guidati dalla professoressa Rita
Auriemma, che, grazie a nuove indagini condotte in collaborazione con la
direzione locale Area Marina Protetta di Porto Cesareo, hanno arricchito il tesoro
di conoscenze conservato tra le acque cesarine. Se n’è parlato nei giorni scorsi
nel corso dell’evento conclusivo del progetto UnderwaterMuse – Immersive
Underwater Museum experience for a wider inclusion.
Nella zona di mare chiamata “La Pierta”, la baia compresa fra Torre Chianca
e Torre Lapillo, su una piattaforma rocciosa a circa 700 metri dalla costa e 4
metri circa di profondità, Mino Buccolieri, consigliere del Consorzio di gestione
dell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo, ha scoperto grandi concrezioni di
frammenti di anfore cementate fra loro e su affioramenti rocciosi del fondale. Con
l’erosione ambientale, alcuni resti sembrano dei funghi giganti con i gambi stretti
e i “cappelli” allungati. Si tratta di frammenti di anfore nordafricane, provenienti
dalla provincia di Tripolitania. La loro omogeneità conferma l’appartenenza a un
unico carico navale, dal volume considerevole, probabilmente diretta dal luogo di
produzione a quella di consumo, verso l’Adriatico o il Mediterraneo orientale, il
cui viaggio si è tragicamente interrotto fra Crotone e Porto Cesareo. Le ipotesi
sulla formazione sono ancora dibattute, il carico si è frammentato dall’impatto
con il fondale e dalla devastante energia ambientale delle onde. Il costante
movimento idrodinamico ha successivamente raggruppato i frammenti sul
fondale, raccogliendoli sia in prossimità di speroni rocciosi che in depressioni.
Altre importanti scoperte hanno interessato l’area. La prima riguarda il sito
archeologico di Scalo di Furno, un insediamento costiero occupato, quasi senza
interruzioni, dal Bronzo medio iniziale (XVII-XVI secolo a.C.) alla Tarda età del
Ferro (V-VI secolo a.C.). Grazie all’indagine archeologica subacquea dell’area, è
stato rinvenuto un muro sommerso lungo circa 17 metri. L’altro ritrovamento
riguarda invece un’ampia area pavimentata con centinaia di frammenti di
ceramica artigianale locale e molti frammenti di ossa animali. Entrambi i contesti
dimostrano un significativo cambiamento della geografia costiera: tutta l’area,
oggi sommersa, era terraferma durante l’Età del Bronzo e rappresentava la
terrazza inferiore dell’insediamento.
Anche sul promontorio di Torre Chianca e sulla punta del Belvedere si
trovano altri resti della stessa epoca e testimonianze di un’intensa
frequentazione in età romano-imperiale: resti di muri e depositi di un
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insediamento forse legato allo sfruttamento delle risorse marine, come
suggeriscono gli strati ricchi di conchiglie.
Ma a pochi passi da qui, tra terra e mare, è incastonata una necropoli in uso
fino alla tarda età imperiale. A testimoniarlo sarcofagi corrosi e frammentati,
coperchi con acroteri angolari, tombe a cappuccina, stele funerarie e resti di
scheletri. La campagna del 2021, grazie alle segnalazioni di Mino Buccolieri, ha
messo in luce una porzione di necropoli totalmente sommersa al centro
dell’insenatura compresa tra Torre Chianca e la punta del Belvedere, a circa 2
metri di profondità. Durante la stessa campagna, è stato ritrovato un altro
insediamento sull’Isola dei Conigli, ben visibile sul versante occidentale dell’isola,
che presenta fondazioni murarie, resti di pavimentazioni e un’ampia
concentrazione di reperti archeologici sparsi. I cambiamenti significativi del
paesaggio marino costiero sono attestati da reperti archeologici e depositi
antropici sugli isolotti dell’arcipelago di Porto Cesareo, datati dal periodo arcaico
a quello romano-imperiale, in particolare sull’Isola della Malva, nonché dalle
strutture parzialmente sotto il livello del mare sulla penisola di Strea. La cava di
Torre Castiglione, riportata alla luce dalle potenti mareggiate del 2019, è una
preziosa testimonianza di un diverso paesaggio costiero antico: oltre al grande
giacimento sulla riva, blocchi rettangolari di varie dimensioni si trovano fino a
2,10 metri sotto l’attuale livello del mare.
Di particolare rilevanza sono anche i relitti di navi che si trovano sui fondali
di Porto Cesareo. Nei pressi di Torre Chianca è stato rinvenuto il carico di una
nave lapidaria romana, composta da cinque colonne monumentali e da un blocco
di marmo cipollino proveniente dalle cave di Karystos, in Grecia. Le colonne sono
lunghe circa 8,8 metri, con un peso totale di 78 t, e si trovano a una profondità di
4,5 metri. Le ultime indagini hanno permesso di completare il rilievo
fotogrammetrico e il modello 3D della nave e, grazie a una proficua
collaborazione tra l’Università del Salento, l’Università di Venezia, l’MPA Porto
Cesareo e il CETMA, è stata progettata e sviluppata un’applicazione di realtà
virtuale che consente agli utenti di esplorare l’ultimo viaggio della nave in modo
immersivo. Infine, sono presenti due relitti spiaggiati: il primo è un relitto
bizantino, risalente a IX -X sec. d.C. nei cui pressi è stato rinvenuto un anello
sigillo d’oro che reca il nome di Basilios, identificato da Paul Arthur con un alto
dignitario della corte di Bisanzio giunto in Italia con un’ambasceria recatasi dal
Papa nell’868 d.C.
Nelle acque basse di Strea, nel dicembre 2015, è stato rinvenuto un
secondo relitto spiaggiato. Sulla base dell’architettura navale e dei reperti
ceramici associati, sembra riferirsi al XII-XIII secolo.
Le indagini proseguono, il mare restituirà altri dati fondamentali per
comprendere il lungo processo di interazione tra l’uomo e l’ambiente naturale, in
un paesaggio costiero in continua evoluzione.
Nelle immagini allegate:
1. Porto Cesareo: una delle gigantesche concrezioni formate dai resti delle
anfore Tripolitane (foto M. Buccolieri);
2. Porto Cesareo – Torre Chianca: stele funeraria rinvenuta sul fondale, a – 2
m, nel tratto sommerso della necropoli romana;
3. Porto Cesareo – Bacino Grande: i resti del relitto bizantino in fase di scavo
(2014);
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