
(AGENPARL) – ven 17 giugno 2022 pressbook italiano
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WARNER BROS. PICTURES
presenta
Una produzione BAZMARK / JACKAL GROUP PRODUCTION
Un film di BAZ LUHRMANN
AUSTIN BUTLER, TOM HANKS, HELEN THOMSON, RICHARD ROXBURGH, OLIVIA
D E JONGE, LUKE BRACEY, NATASHA BASSETT, DAVID WENHAM,
KELVIN HARRISON JR., XAVIER SAMUEL, KODI SMIT-MCPHEE.
Con la partecipazione di YOLA, SHONKA DUKUREH, ALTON MASON, GARY CLARK JR.
Montaggio di MATT VILLA, JONATHAN REDMOND Costumi di CATHERINE MARTIN
Scenografie di CATHERINE MARTIN, KAREN MURPHY
Direzione della Fotografia MANDY WALKER
Produttori Esecutivi TOBY EMMERICH, COURTENAY VALENTI e KEVIN MCCORMICK
Prodotto da LUHRMANN, CATHERINE MARTIN, GAIL BERMAN, PATRICK MCCORMICK e
SCHUYLER WEISS
Sceneggiatura di BAZ LUHRMANN, SAM BROMELL, CRAIG PEARCE e JEREMY DONER
Storia di BAZ LUHRMANN e JEREMY DONER
Supervisione Effetti Visivi THOMAS WOOD
Compositore/executive music producer ELLIOTT WHEELER
Regia di BAZ LUHRMANN
Uscita italiana: 22 Giugno 2022
Durata del film: 159 min
Distribuzione WARNER BROS. PICTURES
Ufficio Stampa Warner Bros. Discovery:
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“Questa storia parla della relazione tra Elvis e il colonnello Parker… una
storia vera raccontata in modo brillante e creativo che solo Baz [Luhrmann],
col suo modo artistico unico, avrebbe potuto realizzare… un regista che ha
messo il suo cuore e la sua anima… in questo film. Austin Butler è
eccezionale. Tom Hanks è il colonnello Parker.
Dalla Warner Bros. Pictures e dal visionario regista candidato all’Oscar® Baz Luhrmann,
arriva sul grande schermo ELVIS, uno spettacolo epico che esplora la vita e la musica di Elvis
Presley. Protagonisti del film, Austin Butler e il premio Oscar® Tom Hanks.
Rivisitata in chiave cinematografica, la storia di Elvis (Butler) è vista attraverso il prisma
della complicata relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker (Hanks). Il film,
come raccontato da Parker, approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco temporale di
20 anni dagli esordi alla fama di Presley, che raggiunse un livello di celebrità senza precedenti sullo
sfondo di un panorama culturale in evoluzione che segna la perdita dell’innocenza in America. Al
centro di questo viaggio, una delle persone più significative e influenti nella vita di Elvis, Priscilla
Presley (Olivia DeJonge).
Recitano al fianco di Butler e Hanks, la pluripremiata attrice teatrale Helen Thomson (“Top
of the Lake: China Girl”, “Rake”) nei panni della madre di Elvis, Gladys; Richard Roxburgh
(“Moulin Rouge!”, “Breath”, “La battaglia di Hacksaw Ridge”) in quelli del padre di Elvis, Vernon;
mentre Olivia DeJonge (“The Visit,” “Stray Dolls”) interpreta Priscilla. Luke Bracey (“La battaglia
di Hacksaw Ridge”, “Point Break”) interpreta Jerry Schilling; Natasha Bassett (“Ave, Cesare!”)
interpreta Dixie Locke; David Wenham (“Il Signore degli Anelli” la trilogia; “Lion – La strada
verso casa”, “300”) è Hank Snow; Kelvin Harrison Jr. (“Il processo ai Chicago 7”, “L’assistente
della star”) interpreta B.B. King; Xavier Samuel (“Two Mothers”, “Amore e inganni”, “The
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Twilight Saga: Eclipse”) interpreta Scotty Moore, e Kodi Smit-McPhee (“Il potere del cane”)
interpreta Jimmie Rodgers Snow.
Completano il cast Dacre Montgomery (“Stranger Things”, “La galleria dei cuori infranti”)
nei panni del regista televisivo Steve Binder, al fianco degli attori australiani Leon Ford
(“Gallipoli”, “The Pacific”) nei panni di Tom Diskin, Kate Mulvany (“Il Grande Gatsby”,
“Hunters”) in quelli di Marion Keisker, Gareth Davies (“Peter Rabbit,” “Hunters”) come Bones
Howe; Charles Grounds (“Crazy & Rich”, “Camp”) come Billy Smith; Josh McConville (“Fantasy
Island”) è Sam Phillips, e Adam Dunn (“Home and away”) è nel ruolo di Bill Black.
Per ritrarre le altre icone della musica del film, Luhrmann ha scelto la cantautrice Yola come
Sister Rosetta Tharpe, il modello Alton Mason come Little Richard, il texano di Austin Gary Clark
Jr. come Arthur Crudup, e l’artista Shonka Dukureh come Willie Mae “Big Mama” Thornton.
Il candidato all’Oscar Luhrmann (“Il grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”) ha diretto il film da
una sceneggiatura da lui scritta con Sam Bromell, Craig Pearce e Jeremy Doner, basata su una storia
dello stesso Baz Luhrmann e Jeremy Doner. I produttori del film sono Luhrmann, la vincitrice
dell’Oscar Catherine Martin (“Il grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”), Gail Berman, Patrick
McCormick e Schuyler Weiss, mentre i produttori esecutivi sono Toby Emmerich, Courtenay
Valenti e Kevin McCormick.
Il team creativo che ha lavorato dietro le quinte include la direttrice della fotografia Mandy
Walker (“Mulan”, “Australia”), la scenografa e costumista premio Oscar Catherine Martin (“Il
grande Gatsby”, “Moulin Rouge!”), la scenografa Karen Murphy (“A Star Is Born”), i montatori
Matt Villa (“Il grande Gatsby”, “Australia”) e Jonathan Redmond (“Il grande Gatsby”), il
supervisore degli effetti visivi nominato all’Oscar Thomas Wood (“Mad Max: Fury Road”), il
supervisore musicale Anton Monsted (“Australia”, “Moulin Rouge!”) e il compositore/produttore
esecutivo musicale Elliott Wheeler (“The Get Down”).
Le riprese principali di “Elvis” si sono svolte nel Queensland, in Australia, con il sostegno
del governo del Queensland, di Screen Queensland, e del programma Producer Offset del governo
australiano.
Warner Bros. Pictures presenta, una produzione Bazmark Production, Jackal Group
Production, un film di Baz Luhrmann: “Elvis” distribuito in tutto il mondo dalla Warner Bros.
Pictures.
Il film uscirà nelle sale italiane il 22 giugno 2022.
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LA PRODUZIONE
There must be lights burning brighter somewhere
Got to be birds flying higher in a sky more blue
If I can dream of a better land
Where all my brothers walk hand in hand
Tell me why, oh why, oh why can’t my dream come true
Oh why…
“Sebbene il film si chiami ‘Elvis’, è anche la storia del colonnello Tom Parker, o almeno, il
suo racconto. Lui è la nostra porta d’ingresso, il nostro narratore anche se non sempre affidabile”,
afferma lo sceneggiatore/regista/produttore Baz Luhrmann, la cui vasta ricerca sull’iconico Elvis gli
ha permesso di scoprire come la strana collaborazione tra i due faccia comprendere il successo
pubblico e le lotte personali dell’artista. “Come spesso dico, il colonnello Tom Parker non è mai
stato un colonnello, né si chiamava Tom o Parker, ma è comunque un personaggio affascinante. Era
un imbonitore in cerca di un artista che infuocasse il palco”.
“Il diciannovenne Elvis Presley ha vissuto per qualche tempo in una delle poche case
designate ai bianchi in un quartiere nero di Tupelo, nel Mississippi”, continua il regista, “dove,
insieme a un gruppo di amici della zona, ha assorbito la musica proveniente dai juke-box dei bar e
dai raduni Pentecostali. Crescendo, ha fuso queste fonti unendole alla sua passione per la musica
country. Parker, che non aveva affatto orecchio musicale, è rimasto totalmente colpito dall’effetto
che Elvis aveva sui giovani. Come dice il colonnello nel film, “È stato il più grande spettacolo che
abbia mai visto”.
Lurhmann aggiunge inoltre che: “A metà degli anni ’50 in alcune zone dell’America, le fiere
davano sempre più spazio alla musica, principalmente country e western. E Parker era sempre alla
ricerca dell’artista più straordinario, quello che faceva guadagnare di più, che aveva un costume
stravagante, che entusiasmava il pubblico, che aveva delle movenze particolari… qualcuno di
speciale, come Elvis”.
Luhrmann ha reclutato il premio Oscar® Tom Hanks per interpretare il ruolo di Parker,
affermando: “Non avevo mai lavorato con Tom in precedenza; gli ho raccontato la storia e prima
ancora di mostrargli il video dell’idea che avevo in mente, mi ha detto: ‘Beh, se mi vuoi sono
pronto’. Che regalo!”.
Hanks, riguardo al vero Parker afferma: “Era sia un genio che una canaglia; un rigoroso
uomo d’affari, malvagio e intelligente e un po’ taccagno, ma è sicuramente stato un pioniere in un
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genere di show business che non esisteva fino all’arrivo di Elvis Presley. Ha istantaneamente colto
le potenzialità di Elvis, la sua unicità, e sapeva che se l’avesse lasciato andare, sicuramente qualcun
altro si sarebbe arricchito al posto suo”.
Come rivela Luhrmann nel film, il denaro era la motivazione chiave e, di conseguenza,
Parker è stato forse anche il primo ad aver capito il potenziale finanziario della musica legato al
merchandising. “Nota l’effetto che Elvis ha sul pubblico, un effetto mai visto prima e sicuramente al
di là di qualsiasi performance musicale”, osserva il regista. “Per Tom Parker, è il più grande
spettacolo al mondo, e doveva essere suo”.
Per dare vita all’uomo la cui arte e immagine elettrizzanti hanno pervaso i quattro angoli del
mondo per più di sessant’anni, i realizzatori hanno condotto un’ampia ricerca prima di imbattersi in
Austin Butler. Dice Luhrmann, “Sapevo che non avrei potuto fare questo film senza un casting
appropriato, e abbiamo cercato specificatamente un attore in grado di evocare il singolare modo
sensuale di ondeggiare e le qualità vocali di questa star senza pari, ma anche la sua intima
vulnerabilità. Avevo sentito parlare di Austin Butler nel suo ruolo di spicco al fianco di Denzel
Washington in “The Iceman Cometh” a Broadway, e poi ho ricevuto una telefonata da Denzel, che
non conosco personalmente, ma che ha elogiato l’etica lavorativa di Austin. Al seguito di vari
provini su schermo e laboratori di musica e performance, sapevo inequivocabilmente di aver trovato
la persona giusta per incarnare lo spirito di una delle figure musicali più iconiche al mondo”.
Butler afferma: “Ciò che mi ha sempre affascinato dei personaggi iconici, è il fatto che
prima di tutto sono esseri umani. Elvis è stato il primo, in un certo senso, a rappresentare l’emblema
di un ragazzo che viene dal nulla e che poi diventa l’uomo più famoso del pianeta. È il sogno
americano. Inoltre, ha incarnato così tante epoche che sembra aver vissuto 100 anni; è incredibile
che invece ne abbia vissuti solo 42”.
Il team di produzione di Luhrmann in “Elvis” era composto dalla sua collaboratrice di lunga
data Catherine Martin che, come nel film d’esordio del regista “Ballroom – Gara di ballo”, ha curato
la produzione e i costumi, al fianco della veterana produttrice di Jackal Group, Gail Berman, Patrick
McCormick e Schuyler Weiss.
La Martin racconta: “Ho sempre ammirato il modo in cui Elvis ha dato un significato alle
canzoni attraverso le sue doti canore. Ho colto la sua rilevanza culturale, ma una volta che Baz – da
sempre appassionato alla vita del cantante – mi ha raccontato la sua visione del film, mi sono resa
conto che l’ascesa alla fama di Elvis era come Icaro che vola verso il sole: un racconto ammonitore
estremamente toccante e operistico, che mostra lo sfruttamento della fama a tutti i costi”.
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La Berman afferma: “Questo film è molto più di un’autobiografia. Dobbiamo dare merito a
Baz, alla sua profonda ammirazione e conoscenza del Re del rock’n’roll non solo come essere
umano, ma anche come figura epica e accattivante che incarna la storia dell’America. Lo stesso Baz
è straordinariamente capace di raccontare una storia avvincente in superficie ma che al contempo
esplora verità più profonde e risonanti. Quella di Elvis è una storia molto più ricca di quanto si
possa immaginare, e Baz, con il suo stile inconfondibile e la profonda competenza sia
cinematografica che musicale, è davvero l’unica persona che conosco capace di portare questa vita
sullo schermo”.
Anche McCormick ha trovato che Luhrmann fosse l’uomo adatto all’argomento, osservando:
“Per raccontare una storia del genere, bisogna avere una conoscenza che va al di là delle peculiarità
di Parker o di Elvis; Baz oltre ad essere un talentuoso regista, è profondamente coinvolto
nell’industria musicale e discografica, in grado di valutare gli artisti che si esibiscono, apportando
nuove idee su come ricreare e riscoprire la musica di qualsiasi periodo, inserendola nei suoi film in
un modo unico”.
Weiss, che ha lavorato a stretto contatto con il regista per molti anni e su numerosi progetti,
offre ulteriori considerazioni: “Baz dice sempre che Elvis è onnipresente: tutti sanno qualcosa di lui
o della sua musica. Personalmente non avevo ben chiaro il viaggio di Elvis, e nemmeno le diverse
fasi della sua carriera, e quanto sia stato una specie di prisma per la musica e la cultura, attirando in
sé così tante influenze e poi a sua volta ispirare tante altre persone. Ho scoperto tutto solo dopo aver
approfondito questo progetto, e la cosa mi ha stimolato e incuriosito ancora di più”.
Girando interamente nella terra d’origine di Luhrmann, l’Australia, i realizzatori hanno
attinto dalla ricchezza di talenti del posto, per completare i ruoli principali del cast. “Abbiamo
reclutato la brillante Helen Thomson, una colonna portante del teatro a Sydney e Melbourne, per
interpretare la madre di Elvis, Gladys, oltre ad attori con cui ho lavorato per anni, come Richard
Roxburgh che interpreta il padre di Elvis, Vernon, e David Wenham, che interpreta Hank Snow. In
questo lavoro, adoro le collaborazioni a lungo termine”, dice Luhrmann.
Per interpretare una delle persone più importanti nella vita di Elvis, i realizzatori hanno
scelto Olivia DeJonge, nata a Melbourne e vissuta per molto tempo a Perth.
“Tra Elvis e Priscilla, penso che all’inizio ci sia stata una sorta di storia d’amore delicata e
innocente”, ipotizza Luhrmann. “Quando si sono conosciuti, Elvis credeva che fosse quasi
impossibile incontrare una donna che non avesse una sorta di secondi fini, quindi con Priscilla
formarono rapidamente una specie di bozzolo protettivo. Lei era anche un’amica, una vera amica, e
credo che la connessione e il supporto siano continuati per tutta la vita. Quindi, ho dovuto trovare
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un’artista che, come Austin, fosse più matura della sua età e potesse interpretare questo personaggio
per un lungo lasso di tempo. Ed Olivia è proprio questo; è molto intelligente e ha una grande
compostezza”.
Olivia DeJonge racconta: “Inizialmente Baz mi ha spiegato la visione generale del progetto,
della storia, e il ruolo del personaggio di Priscilla in questo film. Qui, come immagino nella vita
reale, per Elvis rappresentava un rifugio sicuro, una sorta di respiro per bilanciare una vita tanto
frenetica”.
Naturalmente, nessun film di Baz Luhrmann sarebbe completo senza la singolare esperienza
sonora che il pubblico si aspetta: una fusione tra musica d’epoca e moderna ed artisti, che solo lui
poteva immaginare. Con il compositore/produttore musicale esecutivo Elliott Wheeler e il
supervisore musicale Anton Monsted – con cui vanta una collaborazione iniziata anche prima di
“Romeo + Juliet” – il film non presenta solo la voce di Butler (che interpreta le esibizioni dal vivo
del giovane Elvis), ma anche l’iconico cantato di Elvis nell’ultima parte del film e, occasionalmente,
un mix delle due voci, e molti interpreti di successo di oggi, tra cui Yola, Shonka Dukureh e Gary
Clark, Jr. nei panni delle leggende di Beale Street, Sister Rosetta Tharpe, Big Mama Thornton e
Arthur Crudup. Sono presenti nella colonna sonora anche una serie di artisti del calibro di Doja Cat,
Kacey Musgraves, Jazmine Sullivan, Jack White, Måneskin tra gli altri.
There must be peace and understanding sometime
Strong winds of promise that will blow away all the doubt and fear
If I can dream of a warmer sun
Where hope keeps shining on everyone
Tell me why, oh why, oh why won’t that sun appear
CAST E PERSONAGGI
Austin Butler, il giorno di Natale a Los Angeles si ritrovò a cantare “Blue Christmas” di
Elvis Presley. Fu un segno del destino per l’attore, che ricorda: “Un paio di settimane dopo ho
iniziato a suonare il piano a casa, intonando altri brani di Elvis di fronte ad un mio caro amico, che
mi ha afferrato il braccio e ha detto: ‘Devi proprio interpretare Elvis’ “.
Due giorni dopo, l’agente di Butler gli comunicò l’intenzione di Baz Luhrmann di girare un
film sul Re del rock’n’roll. “Ho lasciato perdere tutto pur di ottenere il ruolo. Mi è nata quasi
un’ossessione per Elvis: ho iniziato a leggere e vedere tutto quel che ho potuto sulla sua vita, sui
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suoi amici e parenti. Ho ascoltato solo la sua musica. Prima ancora che iniziassero le audizioni, ho
inviato a Baz un video in cui suonavo il piano e cantavo “Unchained Melody”.
Quando finalmente ha potuto incontrare Baz di persona, Butler dice di aver scoperto che
“Baz è un essere umano straordinario. Ci siamo intesi da subito, e abbiamo avviato un processo
durato molti mesi in cui avremmo lavorato e buttato giù delle idee” fino a quando finalmente è
arrivato il giorno dello screen test ufficiale. Sorprendentemente, l’attore confessa: “Pensavo di aver
fallito. Avevo preparato tre canzoni, ma Baz le ha cambiate all’ultimo momento. Col senno di poi,
sono sicuro che mi ha messo alla prova, per vedere come mi sarei comportato sotto pressione, ma in
quel momento pensavo di averlo decisamente deluso”.
Al contrario, quando a distanza di pochi giorni è arrivata la telefonata con la conferma di
aver ottenuto la parte, Butler ricorda: “Ho sentito il peso della responsabilità. Ogni giorno ero
assalito dall’ansia, perché volevo rendere giustizia al personaggio e alla sua famiglia, omaggiare lui
e la sua vita. È stato difficile non sentirsi un bambino con l’abito del padre, come se avessi dovuto
indossare scarpe più grandi di me con cui a malapena sarei riuscito a camminare”.
Luhrmann afferma: “Austin ha intrapreso un viaggio straordinario per interpretare Elvis ma,
soprattutto, per mettere in luce l’essere umano. Allo stesso modo in cui Marilyn Monroe non è solo
una star del cinema – incarna un tempo, un luogo, una sensibilità, una simbologia – anche Elvis non
è un artista comune. In un lampo è passato dall’essere un camionista a diventare l’uomo più famoso
del mondo. Inizialmente ottiene notorietà nel sud degli Stati Uniti, e nel giro di un paio d’anni è
ospite di ‘Ed Sullivan’, diventando poi il giovane più chiacchierato, più provocatorio, più famoso
del mondo e un milionario da un giorno all’altro. Certamente, già prima di Elvis delle celebrità
come Sinatra avevano mandato in delirio le donne, ma la popolarità di Elvis è coincisa con
l’emergere di una forza di mercato insaziabile di adolescenti, che si ricollegavano direttamente ai
loro idoli attraverso la radio e la televisione. La rapidità del suo successo e della sua ricchezza non
aveva precedenti: Elvis era unico, anche se con gli anni ha dichiarato, “È molto difficile rimanere al
passo della propria immagine”.
La trasposizione cinematografica di una vita del genere ha rappresentato una sfida. “Sono
stato fortunato ad avere l’aiuto di tante persone”, dice Butler, “a cominciare da Baz. Riesce, nel
modo più gentile e premuroso, a portarti a fare più di quanto abbia mai pensato possibile. Crea un
ambiente in cui sei libero di commettere errori e di osare”.
Per interiorizzare la fisicità di Elvis, Butler aggiunge: “Mi sono allenato con la movement
coach Polly Bennett sia prima che durante le riprese”, racconta. “Non solo mi ha aiutato ad oscillare
come faceva lui, ma anche a capire come far muovere una persona in quel modo”.
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Ma parlare e cantare nel modo unico di questa icona musicale, era la vera chiave del ruolo, e
quindi l’attore è stato affiancato da diversi vocal coach, “perché la voce e il dialetto sono
importantissimi. E la voce di Elvis è cambiata negli anni”.
Luhrmann osserva: “Ci trovavamo di fronte ad una sfida tecnica molto semplice: quasi tutte
le registrazioni di Elvis prima diciamo, degli anni ’60, tutte quelle tracce classiche degli anni ’50
sono registrazioni in mono; in realtà non puoi separare la voce dalla band, che è una delle cose
fondamentali che bisogna fare per un film. Oltre all’aspetto tecnico queste registrazioni, sebbene
affascinanti e profondamente familiari, non catturano l’esperienza scioccante e cruda del giovane
Elvis dal vivo sul palco. Agli albori, Elvis si sentiva come un punk rocker originale. Ciò ha
significato che avremmo dovuto creare il suono.
“Fortunatamente Austin era in grado di cantare come l’Elvis di quell’epoca, una sorta di rock
and roll punk”, continua. “Allo stesso tempo, il compito di Austin era quello mostrare l’Elvis
lontano dai riflettori, l’uomo che seduto al pianoforte cantava con aria triste ‘Are You Lonesome
Tonight?’. Emerge l’Elvis privato e, soprattutto, la sua umanità e la sua spiritualità. Pur rispettando il
tributo all’artista, questo è stato un lavoro fondamentalmente diverso: recitare attraverso una
canzone piuttosto che impersonare un’icona”.
Il regista alla fine ha trovato una soluzione, lavorando sia con la voce di Butler che con
l’originale. “Nella parte del film prima degli anni ’60 c’è la voce di Austin, ed occasionalmente si
fonda con quella di Elvis. Mentre invece nelle grandi e iconiche esibizioni degli ultimi anni della
star, si sente necessariamente solo la voce di Elvis”.
Butler ha apprezzato l’ingegnosità di Luhrmann, osservando: “Baz oltre ad essere geniale, è
sempre concentrato ed attento ai dettagli. Inoltre, è disponibile, gentile, empatico, premuroso…
Mette tutti a proprio agio; non avrei potuto intraprendere questo viaggio con nessun altro regista”.
Nel film, il viaggio di Elvis inizia quando viene notato durante la sua prima esibizione
pubblica all’Hayride dall’uomo che sarebbe diventato il suo manager a vita, il colonnello Tom
Parker. Luhrmann introduce Parker da anziano, che racconta gli anni e le sue esperienze passate con
l’artista. Parker avverte il pubblico che potrebbe passare come il cattivo di questa storia, ma
ovviamente non l’ha mai smentito”.
“Quando Elvis incontra il colonnello Tom Parker, interrompe il legame col circuito fieristico
del sud degli Stati Uniti, influenzato dalla musica country”, descrive Luhrmann. “Il colonnello
conosce il mondo delle fiere, ed è un maestro nell’arte della persuasione, capace di vendere anche il
fumo alle persone, entusiasmandole. Sono felici di pagarlo, sanno di essere state ingannate, ma in
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quel momento ci credono e si divertono. La sua era una sorta di manipolazione emotiva e
psicologica”.
Questa figura enigmatica si è fatta strada attraverso spettacoli che hanno inorridito e
scioccato, ma che avrebbero attratto il pubblico pur eventualmente respingendolo. Costantemente
alla ricerca di artisti fuori dal comune, Parker era impegnato nel circuito della musica country
portando sui palchi fieristici interpreti come Hank Snow, quando apprende da uno dei suoi la notizia
di un cantante che sta prendendo il controllo della radio locale. Parker e la compagnia si
avventurano per conoscere quello che si rivelerà essere un ragazzo che sembra fondere in modo
naturale la musica country con il rhythm’n’blues e il gospel – che sarebbe stato etichettato come
rock n’ roll – ma non è stata la musica a colpire il Colonnello.
Luhrmann spiega: “Non gli importava della musica; per sua stessa ammissione non aveva
orecchio. Era il modo in cui Elvis elettrizzava il pubblico che gli sarebbe valso una fortuna. Ed è
successo, anche ben oltre le aspettative di Parker, perché insieme trasformarono il paese, la cultura
popolare e il mondo”.
Il vero nome di Parker non era Tom, ma i realizzatori si sono rivolti al Tom forse più amato
nell’intrattenimento per interpretare questa figura enigmatica: Tom Hanks.
“Se Elvis Presley è ancora oggi famoso in tutto il mondo, gran parte del merito va al
colonnello Tom Parker”, afferma l’attore. “Promuoveva artisti del calibro di Eddie Arnold, Hank
Snow e Jimmie Rodgers Snow, e ha subito colto l’effetto che questo ragazzo di Tupelo aveva sul
pubblico e, principalmente, sulle donne. Elvis non ha mai avuto nessun altro manager … promotore,
direi, più che manager”.
Hanks ha anche apprezzato l’approccio di Luhrmann alla storia attraverso la prospettiva del
colonnello come narratore, e la possibile inaffidabilità temporale così come il suo racconto. “Il film
è raccontato come un’opera, più che grande, che fa salti nel tempo, nello spazio e nella prospettiva,
e credo fosse l’unico modo per farlo”, osserva Hanks. “Baz è il più grande lavoratore del mondo
dello spettacolo, per quanto mi riguarda, e ha realizzato un certo numero di film che penso siano
iconici per quanto possibile, ma hanno sempre una logica a prescindere dalla fluidità del punto di
vista. Una narrazione lineare non sarebbe stata abbastanza grande, in base a tutto ciò che sappiamo
o non conosciamo di Elvis, che invece Baz ha estratto per questo film”.
Oltre alle performance che ci si aspettano, Hanks racconta: “Ci sono dei momenti di
profonda intimità e tranquillità in questo film. In particolare, nella scena sulla ruota panoramica, in
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cui Parker cerca di convincere Elvis che sarà il suo unico cliente e lui il suo unico manager, le
implicazioni, con il senno di poi, erano davvero importanti”.
Per prepararsi al meglio al ruolo, Hanks si è confrontato con la persona che probabilmente
rappresenta la fonte più attendibile, Priscilla Presley, affermando: “Mi aspettavo di sentire storie
sulla sfiducia che aveva nei confronti del colonnello Tom Parker negli anni; invece, me lo ha
descritto come un uomo meraviglioso, che si è preso davvero cura di loro … un mascalzone a modo
suo”.
Al di là dell’opinione che si possa avere su quest’uomo, Parker fisicamente non
assomigliava per niente ad Hanks, che attribuisce alteam di trucco e acconciature la sua
straordinaria trasformazione; tutto ciò che ha dovuto fare, è stato radersi la testa e sottoporsi al
processo, e ne è stato ben felice.
Luhrmann afferma: “Ho lavorato con molti attori, ogni tipo di interprete, e credo che Tom
sia uno dei più grandi attori non solo del nostro tempo, ma di tutti i tempi. Ha un istinto e una
visione incredibile; fa il suo dovere. E se vuoi che faccia qualcosa di diverso, la sua frase preferita,
che adoro, è ‘Guarda questo’. E va oltre a ciò che speravi. Ed è per questo che è Tom Hanks”.
Tuttavia, il regista ha capito che il ruolo era alquanto insolito per l’attore. “Se c’è una cosa
vera del Colonnello, è che il suo primo e principale pensiero è sempre stato: ‘Come posso fare più
soldi possibile?’ senza considerare troppo il benessere creativo e spirituale di Elvis. Ed è una cosa
tragica. Mentre invece la cosa straordinaria di Tom è che è bravissimo ad interpretare persone che
ami e ammiri, proprio come lui è ammirato in tutto il mondo. Ma è anche un attore versatile che
però non è mai riuscito a calarsi in un personaggio oscuro, spaventoso, del cattivo, della ‘persona
che non vorresti al fianco’. Penso che fosse davvero entusiasta di interpretare questo personaggio
non particolarmente amabile né tantomeno simpatico”.
Luhrmann ammette prontamente di sperare in una nuova collaborazione in futuro. “Tom è
una persona di grande animo. Spero di poter lavorare nuovamente con lui, in qualsiasi momento”.
Butler concorda, aggiungendo: “Lavorare con Tom è stato fantastico; è gentile, generoso e
divertente, e mi ha insegnato molto. Ha apportato tanta umanità nel ruolo del Colonnello,
rendendolo persino simpatico, cosa che penso sia stata davvero importante per la storia”.
Nonostante il film sia incentrato sulle figure di due protagonisti, Hanks dice: “Non ho potuto
girare tutte le scene con Austin come avrei voluto, ma l’ho osservato, e devo ammettere che non
riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Non ha simulato nulla, si è innegabilmente immerso nella
scena; l’impegno che ci ha messo è stato impressionante fin dall’inizio”.
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L’attore, che negli anni ha svolto molteplici casting con giovani talenti per i suoi progetti,
ricorda quando Luhrmann inizialmente gli disse che aveva in mente Butler per la parte. “Nel
provino di Austin ci vedeva già Elvis. Non aveva alcun dubbio al riguardo. Austin ha trovato una
connessione profonda e molecolare con Elvis, e Baz l’ha colta”.
“Quando è salito sul palco per le esibizioni di Las Vegas, ad esempio, è stato elettrizzante”,
continua Hanks. “Penso che abbia dovuto farle almeno 30 volte, e non ne avevamo mai abbastanza.
Senza dubbio, oltre al suo talento, credo sia stato motivato da un’enorme fiducia nel progetto, che
non è dissimile dallo stesso Elvis”.
All’inizio e nel corso degli anni in cui hanno lavorato insieme, Elvis non è stato l’unico
membro della famiglia Presley con cui Parker si è confrontato. Per attirare le attenzioni del giovane
talento, il Colonnello ha anche approcciato i suoi genitori Vernon e Gladys, creando un’azienda di
famiglia in cui Vernon ha svolto un ruolo significativo, anche se solo di nome.
La Thomson (che interpreta Gladys) afferma: “Penso che in primo luogo, era una donna
molto semplice; ha conosciuto la ricchezza solo quando suo figlio ha guadagnato tutti quei soldi, ma
la maggior parte della sua vita è stata segnata dalla povertà. Baz mi ha parlato della natura del
rapporto che aveva con Elvis, e di quanto fosse prezioso perché, come sappiamo, aveva partorito
due gemelli ma uno era morto. Non ha mai superato quella perdita, e non è raro che
psicologicamente, una madre si attacca a quello sopravvissuto quasi in maniera morbosa.
“Elvis era tutto ciò che aveva, erano legatissimi”, riflette. “Tuttavia, è stata una relazione
piuttosto felice, e andavano molto d’accordo. Credo che Elvis non sia più stato lo stesso dopo la
morte della madre. È stato un legame bellissimo, e mi sento una privilegiata per aver avuto l’onore
di interpretarla”.
L’attrice si è divertita a lavorare con Luhrmann, dichiarando: “Firmerei qualsiasi ruolo per
Baz; è davvero stimolante”, e aggiunge che quando è sul set, “Baz ama accompagnare la scena con
una musica adatta, per permetterci un maggiore coinvolgimento nella situazione. E questo porta
tanta energia. Anche lui stesso è un’esplosione di energia che contagia tutti, e questo suo
comportamento non può far altro che stimolarci a puntare a delle prestazioni impeccabili”.
Richard Roxburgh, che interpreta Vernon e che ha lavorato molte volte con Luhrmann,
concorda, aggiungendo: “Parlare con Baz è una gioia: ama la vita, ama i personaggi, ama la storia.
Lavorare con lui è sempre divertente perché è una persona estremamente brillante sul set, ogni
giorno, sempre. Non si prende mai un giorno libero. Ha sempre grandi idee e ascolta quelle degli
altri”.
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Appare chiaro nella storia che Vernon non era una figura forte nella vita del figlio, né un
genitore così presente come Gladys. “Vernon è il padre di Elvis, ma per molti versi è il suo esatto
opposto: estremamente riservato e dalla personalità complessa”, afferma Roxburgh. “È andato in
prigione quando Elvis era piccolo, per aver presumibilmente falsificato un assegno, e questo ha
macchiato di vergogna tutta la famiglia”.
“Dal momento in cui Elvis ha iniziato a diventare famoso e a fare soldi, penso che Vernon
abbia trascorso tutta la sua vita sotto shock”, afferma Roxburgh. “Erano una famiglia molto povera
e semplice del Mississippi, e credo che non si sia mai adattato a questa nuova vita, o al fatto che
oramai la sua vita era incollata a suo figlio, che sarebbe diventato uno dei più grandi e iconici esseri
umani nella storia. Si può facilmente immaginare la destabilizzazione provata da Vernon”.
Roxburgh crede che l’ingresso di Parker nel mondo dei Presley sia stato quasi come un
sollievo per il suo personaggio, nonostante il “ruolo” dirigenziale assegnatogli dal Colonnello.
“Penso che Vernon abbia accettato la presenza del Colonnello nella vita di Elvis perché sentiva che
sapeva il fatto suo, era grande e potente, quasi da reputarsi ‘tanto fortunati’ che quest’uomo
importante voleva che nostro figlio facesse parte della sua vita. Assegnò a Vernon il ruolo di
direttore degli affari, ma quella fu una mossa molto astuta da parte del Colonnello; Vernon era, a
tutti gli effetti, analfabeta e non sarebbe mai stato in grado, o abbastanza coraggioso, da portare
avanti quel ruolo da solo. Ciò significava che il Colonnello era libero di agire e muovere i fili della
carriera del cantante, coinvolgendo anche la famiglia. Tuttavia, certo che Parker avesse sempre a
cuore gli interessi di Elvis, Vernon spesso non capiva i progetti che aveva in mente per il figlio”.
Nello sviluppo del progetto, Luhrmann si è avvalso del contributo di persone che hanno
conosciuto Elvis in vari momenti della sua vita, ed una in particolare che lo conosceva come nessun
altro: Priscilla Presley. La sua benedizione è stata preziosa per il regista, e il suo ruolo nel film era
decisivo.
“Proprio come non volevamo che Austin imitasse Elvis, non volevamo che qualcuna
imitasse Priscilla”, dice. “La stessa Priscilla è stata incredibilmente disponibile e l’ho incontrata
diverse volte. È stato un lavoro davvero delicato portarla sullo schermo perché, da un lato, è stata
anche lei un’icona. Eppure, Elvis è sempre stato al centro della sua vita e, nonostante sia andata
avanti ed abbia fatto cose molto significative, ha portato avanti il nome e curato il patrimonio di
Presley.
Ciò che lo ha attratto di Olivia DeJonge durante il casting è stata una qualità intangibile che
ha colto nella vera Presley: “Di Priscilla ho subito percepito la sua determinazione, che ho rivisto in
Olivia”.
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“Priscilla era un personaggio interessante da ritrarre”, afferma la DeJonge. “E’ stata insieme
ad Elvis per tanto tempo, ed ha vissuto diverse fasi della sua vita. La mia intenzione era quella di
allontanare tutti i preconcetti storici, e arrivare al loro lato umano. Per me, Priscilla era una donna
che amava davvero quest’uomo, nonostante il suo lavoro lo portasse spesso lontano. Non so proprio
come avrei fatto io al suo posto!
“Priscilla ha messo Elvis al primo posto per molto tempo, e penso che lo amasse con tutto il
cuore e se ne prendesse cura come nessun altro; era un rifugio per lui”, aggiunge la DeJonge.
“All’inizio, ha tentato di incarnare tutto ciò che Elvis cercava in una donna, ma poi ha trova una
propria individualità e credo si sia resa conto che la sua vita con Elvis non era più quella che
voleva… Ma non ha mai smesso di amarlo”.
“È una giovane donna brillante che si innamora e improvvisamente entra a far parte della
vita caotica di Elvis; spesso è l’unica voce della ragione in mezzo a tanto caos”, spiega la DeJonge.
“È sposata con l’uomo più famoso del mondo e, nel tempo, il loro rapporto è stato messo a dura
prova, proprio come lei, come moglie e madre”.
Prima che le telecamere si accendessero, la DeJonge afferma che, oltre al copione e alle
conversazioni con Luhrmann, “Gran parte della mia preparazione è consistita nel leggere il libro di
Priscilla, Elvis and Me, guardare le sue interviste, i suoi video amatoriali con Elvis, e documentarmi
su ciò che è stato scritto su di lei, per avere una prospettiva più completa possibile. Quindi
individuare quali elementi sarebbero stati utili per raccontare la storia”.
Nel film la maggior parte delle scene della DeJonge sono, naturalmente, al fianco di Butler,
con il quale le è molto piaciuto lavorare. “Austin è stato davvero fantastico; dall’inizio abbiamo
stretto una bellissima amicizia, fidandoci l’uno dell’altro per tutto il percorso. È incredibilmente
talentuoso, così appassionato di questo lavoro e una fonte di ispirazione per tutti. Ha avuto rispetto
del mestiere e della storia. È stato facile entrare nei panni di questi protagonisti, perché nel lavoro è
sempre presente e disponibile”.
“Olivia è semplicemente meravigliosa”, ricambia Butler. “E’ un’attrice così altruista, una
gran lavoratrice e una narratrice davvero dotata. Abbiamo passato molto tempo noi due, e a volte a
fine giornata tornavamo a casa insieme e provavamo le scene in macchina: era sempre pronta. È
stata una vera gioia condividere questa esperienza”.
Nel corso della sua vita e della sua carriera, Elvis Presley è stato a stretto contatto con molte
persone che lo avrebbero aiutato a plasmarlo come artista e come uomo. “Le interazioni di Elvis con
i musicisti neri, siano essi blues o gospel, sono state fondamentali per la sua crescita artistica”,
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afferma Nelson George, storico, autore e critico musicale e culturale americano, che ha aiutato i
realizzatori ad approfondire il rapporto di Elvis con gli afroamericani a Memphis e Tupelo. “Inoltre,
gli artisti che li ritraggono nel film, hanno fatto un ottimo lavoro incarnando alcuni dei più
importanti cantanti e musicisti del 20° secolo”.
Impegnato a mescolare grandi star della musica e talenti emergenti per creare autenticità e
coinvolgere ulteriormente il pubblico, Luhrmann ha scelto degli attuali hitmaker e volti famosi
come molti dei personaggi chiave della storia, in particolare quelli dediti alla musica, tra cui: B.B.
King di Beale Street, interpretato da Kelvin Harrison Jr.; Big Mama Thornton, interpretata da
Shonka Dukureh; Sister Rosetta Tharpe, interpretata da Yola; Little Richard, interpretato da Alton
Mason (con la voce di Les Greene), e Arthur “Big Boy” Crudup, interpretato da Gary Clark Jr.
Hanno fatto parte del cast musicale anche Shannon Sanders e il suo team Gospel di Lenesha
Randolph e Jordan Holland come cantanti pentecostali e, insieme a Yola, sono stati coinvolti nel
progetto sin dall’inizio, lavorando con Luhrmann da Nashville all’Australia.
Durante l’ampio processo di sviluppo, Luhrmann ha iniziato a collaborare con il produttore
pluripremiato ai Grammy, Dave Cobb, che lavora a Nashville, presso il famoso RCA Studio A del
Tennessee, dove lo stesso Elvis ha registrato centinaia di canzoni. Con la guida esperta di Cobb,
hanno riunito alcuni dei migliori musicisti che lavorano oggi a Music City (come è nota Nashville)
per supportare Austin Butler mentre registrava le sue versioni dei primi successi di Elvis. Alcuni di
questi musicisti avevano persino suonato con il chitarrista solista della prima band di Elvis, Scotty
Moore, in persona. Riunendo acclamati artisti Gospel da tutta la regione, un momento clou di quelle
sessioni alla fine del 2019, è stata una sessione di registrazione svoltasi in una piccola chiesa rurale,
utilizzando microfoni originali degli anni ’40 e ’50. Quelle registrazioni hanno costituito la base
della sequenza del revival Pentecostale del film.
Yola, che ha partecipato a queste prime sessioni di Nashville presso l’ RCA Studio A,
afferma: “Quando ho ricevuto la chiamata per andare in studio, mi ha sorpresa il fatto che il film
non fosse già stato portato a termine, perché solitamente la musica si adatta in un secondo momento
al film. Ma Baz credeva che, trattandosi di un film su Elvis, sarebbe dovuto nascere dalla musica
stessa”.
Yola aggiunge: “È stato davvero importante e un vero onore interpretare Sister Rosetta
Tharpe, uno dei pilastri del rock ‘n’ roll; nessuno aveva mai cantato in quel modo. Questo è il mio
debutto come attrice”, aggiunge, “e lavorare con Baz è stata una delle grandi gioie della mia vita”.
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Al suo debutto da attrice anche Dukureh, che racconta che inizialmente era stata selezionata
per unire la sua voce a Yola, oltre a cantare il successo originale di Big Mama Thornton “Hound
Dog”.
“Ho ricevuto un’e-mail da Elliot Wheeler e con mio grande stupore diceva: ‘Bene, Shonka,
vogliamo parlarti della possibilità di far parte del film’, a cui ho risposto: ‘Elliot ma sai con chi stai
parlando?” dice ridendo. ” ‘Sì, assolutamente!’ Vorremmo che facessi parte della scena pentecostale
e che interpretassi Big Mama Thornton’ ha aggiunto Elliot”.
Prima delle riprese, la Dukureh tra le varie ricerche sul personaggio ha colto delle
somiglianze tra lei e la leggenda della musica. “Era una cantante autodidatta come me; in effetti non
abbiamo entrambe frequentato un corso di formazione. Ha imparato da sola a cantare, a suonare la
batteria, l’armonica ed ha ammesso di non saper leggere la musica. E per me vale più o meno lo
stesso”.
Per il ruolo di Little Richard è stato reclutato l’emergente top model diventato attore Alton
Mason in un modo piuttosto inaspettato. “Sono volato a Sydney, in Australia, per i GQ Awards e
ricordo di aver incontrato Baz Luhrmann nella stanza del trucco e parrucco. Ci siamo guardati, ed
entrambi abbiamo fatto apprezzamenti sulla nostra acconciatura. Poi, all’after-party a cui abbiamo
partecipato, mi ha chiesto ‘Canti? O qualcuno nella tua famiglia canta?’. Gli ho risposto di sì, e ho
aggiunto che la mia prozia era Mahalia Jackson”.
La Jackson, una cantante gospel tra i più influenti del 20° secolo, appare brevemente nel
film. La coincidenza, insieme all’aspetto azzeccatissimo di Mason, è stata sufficiente per
Luhrmann. Mason ricorda: “Abbiamo iniziato a parlare del progetto, e Baz ha addirittura rimandato
la partenza del giorno successivo, per spiegarmi bene il ruolo”.
Non ci è voluto molto per convincere Mason a firmare. Il cantante Les Greene avrebbe
fornito la voce, mentre Mason incarnava perfettamente la fisicità di Little Richard quando interpreta
quello che sarebbe poi diventato il famoso “Tutti Frutti” nel film.
“Little Richard era un artista potente, con una grande carica che infuocava il palco. Ma
aveva anche un lato angelico. Guardare i suoi video e vederlo esibirsi mi faceva venire voglia di
ballare; è impossibile rimanere fermi!” ammette sorridendo. “Volevo provare la sensazione del suo
modo di essere, e rendere onore a tutto ciò che ha fatto, come uno degli architetti del rock ‘n’ roll”.
Luhrmann ha contattato direttamente anche Gary Clark Jr. per interpretare Arthur Crudup, il
musicista e cantautore che ha scritto “That’s All Right”, il primo singolo pubblicato da Elvis nel
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1954. “Ho studiato blues fin da piccolo, ed è impossibile non conoscere alcuni dei musicisti che
hanno inventato il rock ‘n’ roll”, dice Clark.
“Ritenevo importante la presenza di Crudup nella storia”, spiega Luhrmann, continuando,
“L’elenco dei musicisti che avrebbero potuto incarnarlo nella musica e nello spirito si riduce
davvero a un nome: Gary Clark Jr. Fondere più brani tradizionali blues, e rendere tutto spontaneo,
non è stata un’impresa facile. Gary è andato ben oltre le mie aspettative”.
Clark ha imparato tecniche nuove e classiche per suonare la chitarra come faceva Crudup, e
si è avvicinato alla produzione con sicurezza. “Mi fidavo al 100% di Baz”, afferma.
Una delle amicizie più strette che appaiono nel film, è quella tra Elvis e B.B. King, a cui
spesso Elvis chiede consigli, anche quando perde il controllo delle situazioni e ha bisogno di un
rifugio sicuro. King nel film rappresenta non solo un musicista, ma anche un astuto uomo d’affari,
un ruolo che avrebbe continuato a svolgere per tutta la vita.
Kelvin Harrison Jr. ha trovato “l’idea di interpretare B.B. elettrizzante. La sua calma, la sua
semplicità, i suoi modi mi hanno fatto davvero venire il desiderio di interpretare il suo personaggio,
all’interno di questa storia”.
Per prepararsi alla parte, l’attore si è immerso nella ricerca sull’artista: “Ho iniziato a
guardare dei video, un’intervista del ‘68, e vari tutorial di chitarra che ha fatto. È stato davvero
interessante perché mi ha permesso di capire come parlava e come suonava. Nell’ascoltare la sua
musica, in particolare i primi album, e nel vedere molti spettacoli dal vivo ho avuto un vero quadro
della sua personalità”.
Harrison ha anche apprezzato l’ambiente creato da Luhrmann sul set, affermando:
“L’esperienza di lavorare con Baz non la dimenticherò mai; non ho mai vissuto niente di simile. Sa
quello che vuole e come incoraggiare e responsabilizzare gli artisti. Tutti si sentivano vivi ed
entusiasti di venire a lavorare, e anche le comparse si sentivano dei personaggi. L’energia,
l’entusiasmo per la musica che trasmetteva Baz, ha creato un mondo dove senti di avere un posto.
Senza pensarci ti lasci coinvolgere, lasci andare il tuo ego e, come dicevamo al Club Handy, lasci
scivolare tutto”.
“Elvis” presenta anche coloro che avrebbero fatto parte dell’entourage del cantante a vario
titolo – amici, famiglia, musicisti, produttori – per tutta la vita, tra cui Luke Bracey nei panni di Jerry
Schilling; Xavier Samuel nei panni di Scotty Moore; Dacre Montgomery nei panni di Steve Binder;
Gareth Davies nei panni di Bones Howe, tra gli altri.
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Il film include anche scene presso la Sun Records, l’etichetta per cui Elvis ha inciso le sue
prime registrazioni, compreso il successo radiofonico che ha attirato l’attenzione del Colonnello. Il
fondatore della Sun, Sam Phillips, e Marion Keisker sono interpretati da Josh McConville e Kate
Mulvany, e la prima fidanzata di Elvis, Dixie Locke, è interpretata da Natasha Bassett. Kodi-Smit
McPhee interpreta Jimmie Rodgers Snow, il giovane musicista che suona un singolo per Parker, e
David Wenham nei panni di suo padre, l’headliner di Parker, Hank Snow.
“Questa è la quarta collaborazione con Baz, e adoro lavorare con lui”, dice Wenham
sorridendo. “Il suo modo di lavorare è unico, e sono certo che passerà alla storia come uno dei veri
grandi realizzatori. Baz è un intrattenitore, uno showman, ma è anche un artista nel modo in cui
realizza i film. Non ho mai incontrato nessuno con così tanta energia, entusiasmo e capacità di
direzione. È sempre una gioia lavorare con Baz; ed esplorare un personaggio come Elvis Presley
attraverso la sua prospettiva unica, è stata una combinazione perfetta”.
We’re lost in a cloud
With too much rain
We’re trapped in a world
That’s troubled with pain
But as long as a man
Has the strength to dream
He can redeem his soul and fly…
SCENOGRAFIE
Per riportare il pubblico indietro nel tempo nella vita di Elvis, le scenografe Catherine
Martin e Karen Murphy si sono concentrate sulla fusione di riferimenti storici con l’incredibile
narrazione visiva di Luhrmann. Con l’eccezione di alcune location, tutto è stato realizzato sugli
enormi teatri di posa e sul backlot dei Village Roadshow Studios, nella Gold Coast australiana.
La Martin ha dato forma alla visione di Luhrmann sin dalla sua prima incursione nel cinema.
“Negli anni abbiamo cementato il nostro modo di lavorare”, dice Luhrmann riguardo alla
collaborazione con la Martin, che lui chiama CM. “Non seguiamo delle regole, abbiamo quasi un
linguaggio tutto nostro. Comincio con i miei scarabocchi e collage, fogli strappati e tante parole.
Tutto praticamente illeggibile e incomprensibile, lo so, ma lei capisce cosa intendo trasmettere; ed
ha il gran dono di riuscire a dare forma a tutto quel guazzabuglio in maniera impeccabile. Essendo
coinvolto totalmente nel processo, sa che sono ossessionato persino dall’orlo di un costume o dal
colore di un muro! E siamo una vera forza: abbiamo una connessione spirituale e creativa che è
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davvero speciale. Dal momento in cui ci siamo incontrati, abbiamo sempre dialogato e ci siamo
confrontati continuamente, e questa complicità non si è mai interrotta”.
Graceland
“Abbiamo tentato di ricreare Graceland in vari periodi di tempo e nel modo più preciso
possibile; tuttavia fondamentalmente non stavamo realizzando un documentario”, afferma la
Martin. “Inoltre, la prospettiva era particolare, perché la storia è raccontata dal colonnello Tom
Parker. Non doveva essere una ricostruzione dettagliata della vita di Elvis e del suo mondo, ma
bisognava seguire una prospettiva cinematografica nonché quella del Colonnello Tom Parker, che
raccontando la storia fa emergere i suoi ricordi delle loro esperienze”.
Detto questo, Graceland esiste ancora oggi, ed è stata conservata per i fan e i turisti che
possono avere un’idea precisa di come era quando Elvis ci abitava. La Martin ammette che,
nonostante il filtro narrativo di Parker, “Volevamo mostrare il più possibile Graceland nelle varie
fasi temporali. Tutti i nostri dettagli architettonici erano basati su progetti e planimetrie della tenuta
di Graceland che abbiamo avuto la fortuna di reperire con l’ausilio speciale dell’archivista capo
Angie Marchese e della sua squadra. Per noi, Graceland era il simbolo e l’espressione del successo
di Elvis. Nel film si possono notare gli esterni, quando il cantante arriva per la prima volta insieme
ai suoi genitori, dopo averlo appena comprata”.
“Anche gli interni della tenuta vengono mostrati così com’erano quando Elvis l’ha
acquistata”, continua. “Ad esempio, inizialmente i pavimenti in parquet sono stati successivamente
coperti da un tappeto rosso per le scene che riflettono le modifiche apportate dal cantante con
audaci elementi d’arredo, nell’arco degli anni ’60 e ’70. Inoltre, Baz ha ritenuto importante
mostrare la tenuta come appare oggi, un museo aperto al pubblico, poiché è così che viene
ricordata”.
Per la Martin, il processo di progettazione e l’allestimento dei set era il frutto di una grande
collaborazione e lavoro di squadra. “Mi sono avvalsa di tre direttori artistici nel reparto scenografie
che si sono occupati di ogni singolo set”. Per gli interni e gli esterni di Graceland, tra gli altri c’era
Matt Wynne.
“A completare la squadra c’era anche una grande decoratrice di set”, aggiunge la Martin. “È
stata macchina ben oliata, in cui tutti hanno lavorato insieme per ottenere l’irraggiungibile!”.
La decoratrice di set Bev Dunn aggiunge che la sua attenzione non riguardava mai un tavolo
o una sedia, ma la stanza nel suo insieme. “Ho valutato un’ ambientazione, una sala da ballo, o le
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vetrine dei negozi nel complesso e non singolarmente, mescolando il vecchio con il nuovo. Non
potendo comprare tutti i mobili della metà del secolo, molti arredi li abbiamo dovuti realizzare ex
novo, oltre ad aver acquistato oggetti nei negozi dell’usato vintage”.
L’esterno di Graceland inizialmente prevedeva una lavoro di 10 settimane, tuttavia, con la
chiusura causata dalla pandemia, il set è rimasto avvolto nella plastica per quasi un anno.
Sorprendentemente, in 10 giorni era pronto per le riprese finali. Tutto il verde e le piante previsti,
durante la pausa sono stati spostati e immagazzinati, annaffiati e curati, così come l’erba e i prati
vicini alla villa e ai vialetti. La location effettiva era in una posizione privilegiata, in quanto si
trovava vicino agli Studios, e mostrava un giusto pendio sul terreno oltre ad un’esatta
retroilluminazione.
Tutte le location esterne erano soggette a criteri molto stringenti, uno dei più importanti era
la riservatezza, fornita sia da Guanaba, una località semi-rurale, sia da Suntown Landfill ad
Arundel. Gli spettatori apprezzeranno senza dubbio l’esterno di Graceland, dove si svolge gran parte
dell’azione domestica, dovuta in gran parte alla predilezione di Elvis per le auto, inclusa la famosa
Cadillac rosa.
Il direttore artistico senior Damien Drew è stato responsabile dell’acquisizione di più di 300
mezzi tra auto e moto, per conto del reparto addetto ai picture vehicles. E’ ben documentato che
Elvis era un grande collezionista di automobili e motociclette. Dice Drew: “Il team di Graceland è
stato molto utile nel fornirci il lungo elenco delle auto che Elvis ha posseduto. Era un fanatico
quando si trattava di veicoli. Alcuni li teneva solo per un breve periodo di tempo e poi li regalava a
familiari o amici. E fin da piccolo amava andare in bicicletta. Abbiamo iniziato a valutare quali
mezzi erano disponibili in Australia, e quali avremmo dovuto acquistare dagli Stati Uniti.
Inizialmente eravamo preoccupati di non trovare auto con la guida a sinistra in Australia, ma alla
fine dopo varie ricerche, sono venute fuori”.
“Nel Queensland, dove stavamo girando, c’erano parecchi collezionisti di auto”, riprende.
“La gente teneva delle auto nascoste in capannoni che non avremmo mai immaginato di trovare. In
definitiva, abbiamo dovuto acquistare solo 15 auto, e solo la metà circa proveniva dagli Stati Uniti.
Le restanti le abbiamo affittate da questi collezionisti australiani. Molti dei proprietari sono stati
felici di concederci le auto per un lungo periodo di tempo, perché sapevano che le avremmo
migliorate, rivestite e riparate, aggiungendo quindi valore”.
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Beale Street
Nel film, Elvis occasionalmente passa del tempo con gli amici ad ascoltare musica dal vivo
nei club lungo Beale Street, a Memphis. Questo set di esterni, allestito a Suntown Landfill, è stato
uno dei più grandi e complicati da realizzare. Il supervisore art director Ian Gracie afferma: “Ci
sono volute 12 settimane per creare Beale Street”. Come Graceland, però, “Il set è rimasto avvolto
nella plastica per quasi un anno”.
I riferimenti per Beale Street erano tutti storici, e uno dei primi requisiti era che la strada
fosse costruita su un pendio, come era all’epoca. A causa dell’azione nelle scene, tuttavia, è stato
necessario tenere conto di alcune considerazioni territoriali durante la costruzione degli edifici,
come la vicinanza tra Lansky’s e il Club Handy. Anche la pioggia, il vento e gli agenti atmosferici
in generale sono stati una sfida, così come l’allineamento iniziale del set per una particolare ripresa
al tramonto.
Complessivamente, sono stati utilizzati in Beale Street più di 60 veicoli, inclusi camion,
pickup, berline e coupé – la maggior parte dei quali di provenienza locale – a cavallo di due periodi
di tempo. Molti erano avvolti in vinile, altri strutturalmente modificati per renderli consoni
all’epoca.
La Fiera
Un’ambientazione iniziale e vitale nella storia è la fiera in cui Parker, avendo
precedentemente assistito all’effetto di Elvis sulla folla al Louisiana Hayride, Shreveport, si
avvicina ad Elvis per essere il suo manager. Gracie, che ha lavorato a stretto contatto con l’art
director Tuesday Stone, riguardo all’imponente costruzione dice: “Tutti gli elementi, inclusi
segnaletica, gazebo, spettacoli secondari, stand, mangiafuoco, concerto di Hank Snow, stand
gastronomici, trenini e carrozze, Madam Zeena’s e tanti altri, sono stati progettati e realizzati dal
dipartimento artistico; ad eccezione della ruota panoramica, delle giostre e delle altalene, che già
preesistevano e che il reparto ha solo abbellito”.
Il set doveva rappresentare due momenti diversi della storia: una notte in Florida e un giorno
in Texas. Nella giornata di sosta tra le due ambientazioni, tutti gli elementi naturali possibili
(fulmini, temporali e grandine) hanno devastato il set.
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L’International
Nel film, Parker si assicura delle date per Elvis a Las Vegas, presso il nuovo International
Hotel, che ha richiesto un set sontuoso che comprendeva un grande palcoscenico e un’area per il
pubblico. La Dunn afferma che uno degli elementi più significativi per lei sarebbe stata
“un’incredibile ed enorme tenda dorata totalmente funzionale. Inizialmente poteva sembrare un
effetto visivo, data la grandezza. Con immensa gioia abbiamo reperito il tessuto adatto, l’abbiamo
tinto di color dorato, spedito in Australia e cucito, il tutto in meno di otto settimane! Ma ne è valsa
la pena; abbiamo dato la possibilità agli attori di interagire con un sipario del genere, e di creare una
scena perfetta”.
Deep in my heart there’s a trembling question
Still I am sure that the answer’s, answer’s gonna come somehow
Out there in the dark, there’s a beckoning candle, oh yeah…
COSTUMI
E’ difficile immaginare un artista dai costumi più emblematici di quelli di Elvis. Inoltre, il
film abbraccia almeno tre decenni, durante i quali la moda si è evoluta radicalmente, ma la Martin e
la sua squadra sono state all’altezza della sfida.
Spiega: “Relativamente ai costumi, abbiamo dovuto collegare tre decenni: gli anni ’50, ’60 e
’70. Dovevamo entrare nel vivo di ogni decennio, in modo che ci fosse un netto cambiamento
nell’aspetto tra i vari periodi. In aggiunta, bisognava immortalare i personaggi come star: Priscilla,
ad esempio, era un’icona di stile contemporaneo per il modo in cui era pettinata e per gli abiti che
indossava. È stato molto importante per noi evidenziare quei particolari”.
“Austin può indossare qualsiasi cosa, gli sta tutto bene, e nel film ha più di novanta cambi di
costume!” esclama. “E ognuno rappresentava un processo importante per aiutare l’attore e il regista
a creare il personaggio: dovevano chiaramente essere giusti”.
Butler era entusiasta della costumista e della sua squadra, osservando: “Catherine Martin ha
curato tutto il mio aspetto nel film, al fianco di una squadra assolutamente eccezionale. Un abito
aiuta molto la trasformazione per ritrarre un personaggio”.
Nelle tante memorabili esibizioni di Elvis nel film, la star indossa una vasta gamma delle sue
famose tute, e di fatto ne appaiono diverse, ma per Butler la vera scoperta è arrivata con
l’abbigliamento ‘di tutti i giorni’ dell’artista, oltre ad alcuni modelli sorprendenti. “Non ho mai
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indossato così tante camicie intarsiate! Le ho molto apprezzate così come i bolero e il completo
tutto blu degli anni ’50, con la maglia in pizzo”.
A quel punto della carriera, tra la metà e la fine degli anni ’50, Elvis acquistava la maggior
parte degli abiti da scena e non, al Lansky Bros. su Beale Street a Memphis, nel Tennessee. “Negli
anni ’50, il Lansky Bros. vendeva splendidi abiti sartoriali, diventando il punto vendita prediletto e
ambito dagli artisti della regione, incluso il giovane Elvis Presley”, racconta la Martin. “Durante le
nostre incursioni a Memphis, ho tanto apprezzato le chiacchierate con Hal e Julie Lansky, che
gestiscono il Lansky Bros. fondato dal padre di Hal, Bernard”.
Ma torniamo alle tute… la Martin e il suo reparto hanno avuto il privilegio di collaborare con
Kim e Butch Polston della B&K Enterprises a Charlestown, Indiana, che hanno ricreato fedelmente
l’iconico abbigliamento per concerti degli anni ’70 di Elvis, con il placet del costumista di lunga data
della star, Bill Belew. I Polston, hanno così realizzato fedelmente le tute ed anche gli spettacolari e
complessi ricami per mano di Jean Doucette. Dice la Martin: “È stato significativo per il reparto
costumi e soprattutto per Austin, portare questi capi sullo schermo con autenticità toccante e
personale”.
Sebbene sia difficile scegliere un costume preferito tra i tanti, Butler ammette: “L’abito di
pelle che ho indossato per lo Special del ’68 è quello che più mi ha fatto sentire potente. È stato
fantastico indossarlo”.
Riguardo la fashionista Priscilla, la Martin ammette: “Ho avuto la fortuna di riaccendere la
mia collaborazione con Prada e MiuMiu, che mi hanno dato modo di attingere allo stile iconico di
Priscilla e collegarlo ai loro meravigliosi design. Priscilla indossa splendidi abiti nel film: uno dei
miei preferiti è quello bianco smanicato con pizzi, organza e chiffon firmato MiuMiu che veste ad
una cena”.
Olivia DeJonge aggiunge: “I costumi di Priscilla spiccano nel film. La moda e il suo look,
sono molto noti e documentati. Indossare quegli abiti e ritrarre le sue acconciature e il trucco è stato
un privilegio per me, anche se ci sono volute circa tre o quattro ore per realizzarle, a seconda del
giorno!”.
E il suo abito preferito? “Se dovessi scegliere, è quello che Priscilla indossa al concerto di
Las Vegas: un tailleur pantalone ingioiellato. A quel tempo aveva capelli lunghi scuri e ciglia folte.
Era un look incredibile; mi sono sentita una regina! Dà un valore aggiunto alla performance, e non
credo che indosserò mai più qualcosa di così straordinario”.
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L’approvvigionamento dei costumi è stato ampio, essendo stato il risultato di una
combinazione di costumi e abiti vintage, costumi acquistati da collezioni e integrati da alcuni abiti
noleggiati in America ed Europa. Ma la stragrande maggioranza è stata ideata e realizzata dal
reparto costumi della produzione.
“Avevamo un laboratorio molto qualificato che ha cucito un gran numero dei nostri costumi,
dagli abiti per Elvis ai grembiuli per le cameriere”, racconta la Martin. “C’erano inoltre parecchi
artisti di supporto e comparse, dalle scene di strada a Beale Street a Memphis negli anni ’50, a un
grande showroom per un concerto di Elvis negli anni ’70, oltretutto. Quegli artisti di supporto e le
comparse seguivano gli anni dell’evoluzione di Elvis come interprete, quindi i loro costumi erano
importanti tanto quanto quelli indossati dal Re del rock’n’roll”.
And while I can think, while I can talk…
EFFETTI SPECIALI TRUCCO
“Elvis” inizia con la narrazione del Colonnello Tom Parker nei suoi ultimi anni di vita. Per
questo, per coprire l’arco temporale di 40 anni, Tom Hanks ha trascorso ogni giorno parecchie ore
sulla poltrona del trucco, sotto l’occhio creativo del supervisore alle protesi Jason Baird al fianco
della sua squadra di artisti.
Baird descrive il processo in dettaglio: “Il punto di partenza di qualsiasi trucco protesico di
grandi dimensioni è il processo di life casting della testa dell’attore e la scansione digitale del corpo.
Da lì, vengono realizzati dei calchi e delle riproduzioni corporee dai quali vengono preparate
diverse varianti di ogni look.
Per Parker c’erano tre versioni diverse: dalla metà alla fine degli anni ’40, l’età in cui scopre
Elvis; i suoi 60 anni; e gli 87 anni. Baird afferma: “La versione della fine degli anni ’60 era un po’
più grassa con il doppio mento, quelle dell’età avanzata presentavano un cambio di capigliatura e
delle macchie sulla carnagione. Essendo un uomo di 87 anni, era pallido e malaticcio, e per questa
versione la testa di Tom era completamente ricoperta di protesi, con l’aggiunta di una parrucca dai
capelli più bianchi e radi, una dentiera e ulteriori macchie dovute all’età e al sole”.
“L’applicazione delle protesi dei primi due look ha richiesto tre ore e mezza di lavoro ogni
giorno; l’ultima invece, la versione più anziana e spettrale, ne ha richieste circa cinque”, continua.
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“Tom è stato fantastico durante tutto il processo: si addormentava e, allo scadere delle ore, si
prendeva una pausa per sgranchirsi le gambe”.
Hanks aggiunge: “eravamo nelle mani del meglio del meglio: Jason, Sean [Genders] e
Brittany [Jones] si sono occupati di me, e per cinque ore ogni mattina prima che sorgesse il sole,
abbiamo imparato a conoscere a fondo i nostri ritmi”.
Baird aggiunge che “la maggior parte delle volte il colonnello Parker indossa un cappotto,
ma in alcune scene era a braccia nude, ragion per cui abbiamo dovuto realizzare delle protesi per
ottenere degli arti più grassi, con tanto di punzonatura dei peli inseriti singolarmente nel silicone. E’
stato un processo lungo, ma vitale per raggiungere il maggior realismo”.
Il co-protagonista Richard Roxburgh, che interpreta Vernon, ricorda: “La prima volta che
sono arrivato alla mia roulotte, ho notato che a quella affianco c’era un cartello con scritto ‘Tom
Hanks, colonnello Parker’. Lì fuori c’era seduto un omone calvo che pranzava: lì per lì ho pensato
fosse un assistente o un altro addetto ai lavori, invece era Tom con la parrucca calva, il doppio
mento, il suo vestito largo. La trasformazione è stata davvero notevole”.
Poiché Austin Butler interpreta Elvis Presley nei suoi trent’anni di vita (Elvis è morto molto
prima di Parker), Butler doveva passare dall’essere un adolescente di 17 anni a un uomo di 42. La
sua trasformazione non aveva niente a che vedere con quella di Hanks, ma comunque anche per
Butler sono state realizzate molte varianti protesiche.
Il designer di protesi Mark Coulier commenta: “Fin da subito abbiamo dovuto considerare il
modo in cui avremmo trasformato Austin dai 17 ai 42 anni. Per la prima parte della vita del
personaggio, abbiamo evidenziato quel leggero cambiamento di peso tipico dell’età dello sviluppo
dai 25 ai 30 anni. Poi nell’ultimo concerto, Elvis era molto pesante e non appariva da un po’, quindi
bisognava mostrare una progressione, un cambiamento, presentandolo al pubblico non solo
sovrappeso, ma non in salute. Quella era la sfida”.
Per quest’ultimo, ci sono volute quasi cinque ore di preparazione, ma a Butler come Hanks,
non è pesato, in vista del risultato finale che avrebbe avvalorato la sua performance. “La squadra
addetta alle protesi era la più incredibile”, dice. “Quando inizi a vedere la trasformazione, ti senti
davvero diverso: già solo con un maggiore peso addosso, cammini e respiri diversamente e questo
aiuta la performance. L’ultima esibizione di Elvis è straziante: emerge la sua fragilità, il suo lato
infantile che brilla attraverso questo grosso corpo malato, e che sappiamo non avrebbe vissuto a
lungo. È stato molto emozionante”.
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“Quando indossavo la tuta da grasso, mi sentivo un po’ oppresso: potevo solo fare respiri
poco profondi, ed avevo molto caldo. La sensazione di claustrofobia che avvertivo mi ha
particolarmente rattristato, perché immagino che anche Elvis riusciva a malapena a respirare.
Eppure la sua voce usciva vertiginosamente”.
While I can stand, while I can walk…
FOTOGRAFIA
Per la direzione della fotografia di questa massiccia produzione, Luhrmann si è rivolto alla
sua frequente collaboratrice Mandy Walker, con la quale ha sviluppato nel tempo un rapporto
lavorativo inestimabile, utile soprattutto ad una produzione di questa portata, scala e precisione.
Ad esempio, diverse volte durante la produzione, le riprese sono diventate ciò che Luhrmann
definisce un “trainspotting”. Spiega la Walker: “Il Trainspotting è una riproduzione completa di
filmati esistenti, come lo Special ‘68 di Elvis, le esibizioni a Las Vegas e quelle negli spettacoli di
Steve Allen e Milton Berle. Avevamo tanto materiale di riferimento a disposizione di quegli
spettacoli, e per i footage “trainspotting”, abbiamo riprodotto ogni evento in modo estremamente
preciso, dall’illuminazione alle riprese, compresi i momenti in cui abbiamo zoomato o rimpicciolito.
Per noi è stata una grande sfida”.
Poiché la storia copre un lungo arco di tempo, fin dall’inizio della pre-produzione Luhrmann
e la Walker hanno lavorato a stretto contatto con Dan Sasaki, il responsabile dell’ingegneria ottica
della Panavision. Sasaki ha creato due set di obiettivi originali e completamente diversi per
catturare la fotografia del film. “In primo luogo, le lenti che ci hanno accompagnato fino a quando
Elvis va a Las Vegas, erano 65 mm con una tavolozza di colori più morbida e una sensazione meno
contrastata”, condivide Walker “al fine di creare l’elemento storico, il riferimento a un’epoca
precedente”.
“Poi, per quando Elvis va a Las Vegas, abbiamo optato per l’anamorfico per rappresentare
gli anni ’70. Queste lenti sono state costruite da zero e hanno persino piccoli simboli di Elvis su di
esse; sono state migliorate per ottenere un colore più saturo e un maggiore contrasto cromatico. Un
gioco con lo schermo che aiuta il pubblico ad attraversare periodi diversi di tempo”.
La Walker ha anche utilizzato nuove tecnologie LED, spiegando: “Avevamo un dimmer per
calibrare la luce, in modo che girando la telecamera, si spostava contemporaneamente
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l’illuminazione, ed io potevo cambiare il colore delle luci molto velocemente da un iPad. Abbiamo
realizzato delle luci soffuse a LED lunghe due metri e mezzo: emettevano una bella luce soffusa e
potevano essere nascoste nel soffitto”.
Anche la gamma dei colori era molto specifica per ogni epoca del film. La luce colorata
appare nella tarda vita di Elvis; mentre ai suoi inizi a Memphis l’immagine è, come l’ha
soprannominata Luhrmann, “in colore nero e bianco”, utilizzando come riferimento il lavoro del
famoso fotografo americano del 20° secolo Gordon Parks con le prime immagini a colori.
La Walker spiega: “Il colore nero e bianco è una versione pastello del colore, non
propriamente un bianco e nero forte, che ho cercato per riprodurre nelle scene di Beale Street. Per le
riprese diurne della strada, ci siamo ispirati all’illuminazione delle prime foto di Gordon Parks e
Saul Leiter, così abbiamo potuto ricreare riferimenti al tempo e alle immagini che le persone
conoscono di quel periodo della vita di Elvis”.
Luhrmann aggiunge: “Mandy ed io siamo appassionati di fotografie, per questo abbiamo
scelto le immagini di fotografi iconici come Parks, come pietre miliari. Insieme Mandy ed io
abbiamo fatto in modo che l’aspetto e il mood non fossero troppo nostalgici, ma del momento”.
La Walker dice anche che Luhrmann “mi parlava spesso della storia, del viaggio emotivo, e
io esaminavo la sceneggiatura e prendevo appunti su ciò che mi riferiva riguardo a ciò che accadeva
ad ogni personaggio, o quale effetto voleva sul pubblico, o quale emozione doveva suscitare una
determinata scena. Da lì iniziavo a lavorare su come ottenere tutto ciò tecnicamente attraverso la
fotografia. La maggior parte delle volte giravamo con almeno due telecamere, talvolta tre, fino a
cinque per le scene dei concerti. Baz si sedeva di fronte a tutti i monitor accesi e comunicava con
tutti gli operatori costantemente. Sembrava un direttore d’orchestra”, dice sorridendo. “Parte del mio
lavoro era assicurarmi che avesse tutte le opzioni a disposizione, molto rapidamente, in modo da
poter apportare facilmente modifiche sul momento”.
While I can dream
Oh, please let my dream
Come true
Right now…
LE MUSICHE
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Chiunque abbia visto un film di Baz Luhrmann, indipendentemente dal soggetto o dallo stile
della narrazione, sa che le musiche e la colonna sonora le prende sul serio come qualsiasi scena,
qualsiasi performance, qualsiasi fotogramma di un film. “Considero la musica, la sceneggiatura e il
linguaggio visivo come un tutt’uno”, afferma. “Ho lo stesso tipo di collaborazione con il mio team
musicale che ho con la telecamera: Anton Monsted è il supervisore musicale di ‘Elvis’, Elliott
Wheeler è il compositore e produttore musicale esecutivo, e in passato ho lavorato con entrambi. Le
partiture, i testi e il copione visivo, con questi miei collaboratori li metto tutti insieme, in modo che
quando gli attori entrano nel mio mondo, hanno già una visione generale. C’è già una
‘musicalizzazione’, che so che non è una parola esistente”, ride, “La uso, ma me la sono inventata.
Perché per me, tutti gli elementi, vivono insieme. Non dico ‘ora che c’è un copione, pensiamo alla
musica’. La musica non è un sottofondo”.
Soprattutto con “Elvis”, afferma il regista. “Per accedere alla vita interiore di Elvis, non
essendo lui una persona particolarmente loquace, è quando apre bocca e canta che si fa conoscere.
Si fa capire. Lo senti. E questo è un dono speciale”.
Pertanto, le molte interpretazioni nel film dovevano seguire questo filo logico. “Insieme a
tutta la mia squadra ci siamo immersi nella ricerca, che tanto ci appassiona”, rivela il regista.
“Seguiamo sempre un processo che è sia accademico che sperimentale, aneddotico. Ma ovviamente,
dovendo realizzare un lungometraggio drammatico di una vita di 42 anni, la “licenza artistica”
doveva essere impiegata per comprimere il tempo, racchiudere più eventi storici e combinarli in un
unico momento. Il concerto del 1956 al Russwood Park ne è un buon esempio. Gli incidenti della
folla in delirio si sono effettivamente verificati in un concerto in Canada non molto tempo dopo, ma
lo abbiamo trasformato in un unico evento drammatico”.
Butler aggiunge: “Interpretare Elvis è stato davvero incredibile, un’esperienza
imparagonabile. Ci sono stati molti momenti, fin dall’inizio, in cui ho avuto paura di non farcela. Ad
esempio, prima di iniziare le riprese, siamo andati a Nashville e Memphis, e abbiamo registrato alla
RCA dove Elvis ha effettivamente inciso i suoi brani, nello Studio A. C’era la macchina vera e
propria su cui ha registrato “Heartbreak Hotel”. Era la mia prima volta in uno studio di registrazione
ed ero tanto nervoso! Baz ha chiesto a tutti i dipendenti della RCA di uscire e mettersi tra il
pubblico, e io ho cantato “Blue Suede Shoes” di fronte a loro. Ero stato scelto da poco, e mi sono
ritrovato a cantare queste canzoni famosissime davanti a tante persone!”
Eppure, ha capito la logica che c’era dietro. “Sicuramente, a poco a poco quei momenti mi
hanno spinto fuori dalla mia zona di comfort, e benché la paura fosse ancora presente, l’ho vissuta
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come un’esperienza diversa”, ammette l’attore. “E sapevo che anche Elvis avrebbe provato le stesse
sensazioni quando è salito sul palco per la prima volta”.
La preparazione si è rivelata ancora più utile il primo giorno delle riprese. “Abbiamo iniziato
dal Comeback Special, con circa 300 comparse, dove io indossavo una tuta di pelle, e diventavo
Elvis”, rivela Butler. “A volte mi sono affidato alla mia incoscienza. È stato terrificante ma anche
molto eccitante ed esilarante. E poi, una volta terminate quelle prime due riprese, credo che anche
Elvis come me abbia pensato ‘meno male, è andato tutto bene; nessuno mi ha lanciato una pietra’.
Inizi a sentire una connessione con il pubblico, fai brillare gli occhi di qualcuno e fai divertire
qualcun altro. Si sente quel legame. È il più vicino possibile alla realtà, e c’erano giorni in cui non
volevo che finisse. È stato tutto così commovente”.
Dice Luhrmann, “Ci sono stati dei momenti che non mi erano mai capitati in un film.
Durante le esibizioni di Austin nelle scene di Las Vegas – e non mi riferisco solo alle canzoni –
anche a telecamere spente, improvvisava delle gag con il pubblico, intonava pezzi. Un cameraman
con cui ho lavorato per molti anni si è avvicinato e mi ha detto: “È davvero un privilegio far parte di
questo progetto”.
“In un’altra occasione”, continua, “una macchinista di poche parole, con il quale ne abbiamo
viste di cotte e di crude, mentre guardava Austin incarnare Elvis in quelle esibizioni, ha confessato
di non aver mai assistito a qualcosa del genere”.
Durante le riprese, Butler si è circondato di artisti che senza dubbio si sono trovati di fronte
a un’esperienza nuova. “Siamo stati molto fortunati della presenza di musicisti di un certo calibro
nel nostro progetto”, sostiene Wheeler. “Yola si è presentata in occasione delle nostre sessioni
musicali a Nashville, e ha mostrato di avere una delle voci più fenomenali che abbia mai ascoltato,
è un talento incredibile. Gary Clarke Jr. è un altro di quei rari talenti che con un microfono davanti è
capace di grandi cose; è semplicemente sensazionale. Ed era particolarmente entusiasta di poter
rendere omaggio ad Arthur Crudup.
“Shonka Dukureh è venuta ad una delle sessioni di registrazione e ha intonato dei brani di
Big Mama offrendo uno spettacolo incredibile”, continua. “Shannon Sanders, Lenesha Randolph e
Jordan Holland sono cantanti gospel straordinari, e il giorno in cui abbiamo registrato la sessione
gospel nella chiesa pentecostale hanno dato vita ad una delle esperienze musicali più commoventi
che abbia mai avuto. E poi Alton Mason, che interpreta Little Richard, è un artista davvero unico.
Che fortuna averli trovati!”.
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La discografia di Presley è vasta: ha registrato oltre 700 canzoni. Luhrmann e la sua squadra
hanno dovuto prendere decisioni difficili su ciò che poteva o non poteva essere incluso nel film,
cercando di selezionare i brani più consoni al racconto della storia, più che scegliere in base alla
popolarità. Inoltre, Luhrmann afferma che la sua missione nella narrazione in generale seguiva una
logica: “L’intento – nel prendere materiale classico da Romeo e Giulietta a Il grande Gatsby, o un
cantante iconico come Elvis – è sempre quello di decodificare non quello che era, ma quello che
avrebbe suscitato o che ha rappresentato in quel dato momento. Ad esempio, quando Big Mama
Thornton canta “You ain’t nothin’ but a hound dog….” parla di una donna che dice a un uomo
infedele e indegno “Vattene Via!”, nel gergo dell’epoca. L’incontro nel brano della voce della
Thornton con quella della rapper Doja Cat indirizza i testi e il sentimento verso un pubblico
contemporaneo, e soprattutto più giovane”.
I realizzatori affermano: “Un esempio simile avviene quando Elvis si esibisce dal vivo per la
prima volta nel film, al Louisiana Hayride. Austin canta “Baby Let’s Play House” in cui abbiamo
cercato di rispettare fedelmente lo stile del tempo. Ma per sottolineare cosa provava la folla di
giovani in quello specifico momento – in una intensità elettrizzante, simile al punk – abbiamo
impiegato anacronisticamente un riff di chitarra stridente (eseguito utilmente da Gary Clark Jr). Ho
usato questa tecnica per tutto il film, e ho avuto il privilegio di far interagire giovani artisti guest
con le leggende viventi”.
La musica, che fosse quella di Elvis o di un qualsiasi altro artista, ha colpito tutti sul set.
Butler ricorda: “Gli attori di sfondo e le comparse sono stati straordinari. Alla fine di una giornata di
18 ore di lavoro, mentre io mi struccavo, tutti loro salivano su un pullman per tornare a casa
cantando a squarciagola “Suspicious Minds” o “Burning Love”. È stato bellissimo notare che
malgrado le giornate faticose avessero ancora tanta energia”.
Ebbene, quella reazione duratura, quell’innegabile impulso a continuare l’esperienza anche
dopo lo “Stop!” del regista a fine giornata – ma anche molto dopo la fine della produzione – è
esattamente ciò che Baz Luhrmann si auspica avvenga quando gli spettatori lasceranno i cinema al
termine della visione di “Elvis”: “Spero che portino tutti con sé il sapore dei successi e degli
insuccessi, la musica, l’amore, i look, la moda che hanno assorbito durante la visione del film, ma
soprattutto che escano e ne parlino ancora quando se ne vanno. Questo è il modo in cui ho
concepito questo film, ed è sempre questo il motivo per cui realizzo film: per creare, per celebrare
quella singolare esperienza che si può vivere solo al cinema, e che ci rimane dentro anche al termine
dei titoli di coda. È una sensazione che sicuramente Elvis condividerebbe”.
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Let it come true right now
Oh yeah.
“If I Can Dream”
Scritto da Walter Earl Brown
Registrato nel giugno 1968
Pubblicato dalla RCA nel dicembre 1968
***
IL CAST ARTISTICO
AUSTIN BUTLER (Elvis) vanta una già lunga lista di crediti sia sul grande che sul piccolo
schermo. Nella primavera del 2018 ha debuttato a Broadway al fianco di Denzel Washington in
“The Iceman Cometh”, che ha ricevuto otto candidature al Tony Award. Butler, per il suo ruolo del
ragazzo perduto Don Parritt, ha ricevuto critiche entusiastiche.
Il 2019 si è rivelato un anno di grande successo per Butler, quando sono usciti due film che
lo vedevano tra i protagonisti, “I Morti non muoiono” e “C’era una volta a… Hollywood”. Nel
primo ha recitato al fianco di Bill Murray, Tilda Swinton, Adam Driver e Selena Gomez con la
regia di Jim Jarmusch; nel secondo al fianco di Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Margot Robbie e
Dakota Fanning, per la regia di Quentin Tarantino, che lo ha scelto per il ruolo di Tex.
TOM HANKS (Colonnello Tom Parker) è un pluripremiato attore, produttore e regista.
Uno tra gli unici due attori nella storia del cinema ad aver vinto due Oscar consecutivi come
Migliore Attore Protagonista, il primo nel 1994 per la commovente interpretazione dell’avvocato
malato di AIDS, Andrew Beckett nel film di Jonathan Demme “Philadelphia”. L’anno successivo,
ha portato a casa il secondo Oscar per la sua indimenticabile interpretazione nel ruolo protagonista
in “Forrest Gump” di Robert Zemeckis. Ha anche vinto il Golden Globe per entrambi i film, oltre al
SAG Award per quest’ ultimo.
Hanks è stato nominato all’Oscar anche per altre sue interpretazioni: nel film di Penny
Marshall “Big”; nel film di Steven Spielberg “Salvate il Soldato Ryan”; nel film di Robert
Zemeckis “Cast Away”, e più recentemente, per il suo ritratto di Fred Rogers nel film di Marielle
Heller “Un amico straordinario – A Beautiful Day in the Neighborhood”. Ha inoltre vinto il Golden
Globe per “Big” e “Cast Away”.
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Nel 2013, Hanks ha recitato nel candidato agli Oscar “Captain Phillips- Attacco in mare
aperto” (per il quale è stato candidato al Golden Globe, al SAG e al BAFTA), oltre che nel ‘film
dell’anno’ secondo l’AFI, “Saving Mr. Banks”. Quattro anni dopo, ha ricevuto la sua nona
candidatura al Golden Globe, oltre a quella dal National Board of Review, per il suo lavoro nel film
di Steven Spielberg, nominato all’Academy Award, “The Post”, in cui recitava al fianco di Meryl
Streep.
Più recentemente, Hanks ha recitato nel film drammatico sulla seconda guerra mondiale
“Greyhound: Il nemico invisibile” per Apple TV+, che ha anche sceneggiato, e nel film drammatico
di Paul Greengrass ambientato prima della guerra civile, “Notizie dal mondo”, e per Apple TV+,
nel film di fantascienza post-apocalittica “Finch”. A breve sarà Geppetto, in “Pinocchio” per
Disney+; nel film Sony, “A Man Called Otto”, e nel prossimo film di Wes Anderson, ancora senza
titolo.
Tra gli altri suoi crediti nella recitazione: il film di Tom Tykwer, Andy Wachowski e Lana
Wachoski “Cloud Atlas”; il film di Stephen Daldry “Molto forte, incredibilmente vicino”;
l’avventura d’animazione “Polar Express” (che ha anche prodotto esecutivamente e che ha segnato
il suo ritorno con il regista Robert Zemeckis); il film dei fratelli Coen “Ladykillers”; i film di
Steven Spielberg “The Terminal” e “Prova a prendermi”; il film di Sam Mendes “Era mio padre”; il
film di Frank Darabont “Il miglio verde”; i film di Nora Ephron “C’è post@ per te” e “Insonnia
d’Amore”; il film di Penny Marshall “Ragazze Vincenti”; i film di Ron Howard “Apollo 13”, “Il
Codice Da Vinci”, “Angeli e Demoni”, “Splash- Una sirena a Manhattan”, “Aspettando il Re”,
“Inferno”, “Sully”; e i blockbuster d’animazione computerizzata “Cars”, “Toy Story”, “Toy Story
2”, “Toy Story 3” e “Toy Story 4”.
Nel 1996, Hanks ha debuttato in veste di sceneggiatore e regista cinematografico con
“Music Graffiti”, in cui ha anche recitato. In seguito ha scritto, prodotto, diretto e interpretato
“L’amore all’improvviso – Larry Crowne” in cui recitava al fianco di Julia Roberts. Attraverso la
sua società di produzione, la Playtone, fondata nel 1998 con il socio Gary Goetzman, Hanks ha
prodotto: la commedia romantica di successo “Il mio grosso grasso matrimonio greco” insieme a
sua moglie Rita Wilson, “Nel paese delle creature selvagge”, “Polar Express”, “Ant Bully- una vita
da formica”, “La guerra di Charlie Wilson”, “Mamma Mia!”, “Mamma Mia! Ci risiamo”, “The
Great Buck Howard” e “Il quiz dell’amore”.
Il lavoro e l’impegno di Hanks sul grande schermo, ha traslato in successi anche sul piccolo
schermo. Dopo “Apollo 13” è stato produttore esecutivo e presentatore dell’acclamata miniserie
HBO “Dalla Terra alla Luna”, in cui ha anche diretto un episodio e ne ha sceneggiati diversi. Il suo
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lavoro nella miniserie gli è valso l’Emmy, il Golden Globe e il Producers Guild Award, oltre ad una
candidatura all’Emmy per “Miglior regia in una Miniserie”.
Nel 2001 ha poi continuato producendo esecutivamente la seconda serie per la HBO, e
attraverso la sua Playtone, la prima serie di “Band of Brothers – Fratelli al fronte”, insieme a Steven
Spielberg: una serie drammatica sulla seconda guerra mondiale, basata sul libro di Stephen
Ambrose, che ha vinto sia l’Emmy che il Golden Globe come “Migliore Miniserie”. Hanks ha
diretto un episodio della serie e ne ha sceneggiato un altro, impegno che gli ha portato l’Emmy per
“Miglior regia in una miniserie” e la nomination all’Emmy per “Migliore sceneggiatura di una
Miniserie”. Ha anche ricevuto un altro Producers Guild Award per il suo lavoro al progetto. Nel
2010 si è riunito a Spielberg per la premiata miniserie HBO “The Pacific”, nella quale Hanks è stato
nuovamente produttore esecutivo. Questa serie in 10 parti, ha vinto otto Emmy Award, tra cui
“Migliore Miniserie” e ha portato ad Hanks il suo quarto PGA Award.
Tra gli altri crediti di Hanks come produttore esecutivo; la miniserie HBO “John Adams”
(premiata con l’Emmy e il Golden Globe per “Migliore Miniserie”, e con il PGA Award); la serie
politico drammatica della HBO “Game Change” (premiata con l’Emmy e il Golden Globe per
“Miglior Miniserie/Film per la televisione”, e col PGA Award); la miniserie HBO “Olive
Kitteridge”, basata sul romanzo premio Pulitzer di Elizabeth Strout (premiata con l’Emmy per
“Migliore Serie Limitata”); e le serie di documentari di successo della CNN, “The Sixties”
(nominata all’Emmy), “The Seventies” (nominata all’Emmy), “The Eighties”, “The Nineties” e
“The Movies”.
Nel 2013 Hanks ha fatto il suo debutto a Broadway, nella commedia scritta da Nora Ephron
“Lucky Guy”. Questa sua interpretazione gli è valsa la candidatura al Drama Desk, al Drama
League, all’Outer Critics Circle, e al Tony Award.
Durante la 77a edizione dei Golden Globe, Hanks è stato insignito con il prestigioso Cecil
B. DeMille Award dalla Hollywood Foreign Press Association. Hanks ha anche ricevuto
l’American Film Institute’s Lifetime Achievement Award nel 2002, il Film Society of Lincoln
Center’s Chaplin Award nel 2009, e nel 2014, il Kennedy Center Honor.
HELEN THOMSON (Gladys) è un’attrice premiata con l’Helpmann Award che vanta una
lunga quanto variegata lista di crediti teatrali, televisivi e cinematografici.
Tra i suoi più recenti crediti sul palcoscenico: “Death of a Salesman”, “No Pay? No Way!”,
“Mary Stuart”, “Harp in the South”, “Top Girls”, “Hay Fever”, “King Lear”, “After Dinner”,
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“Children of the Sun”, Mrs. Warren’s Profession” e “Splinter” (Sydney Theatre Company); “Things
I Know to Be True”, “Hir”, “Mark Colvin’s Kidney”, “Ivanov” e “Measure for Measure” (Belvoir);
e “A Winter’s Tale” (Bell Shakespeare).
Tra i più recenti crediti televisivi della Thomson: “Fires”, “Bad Mothers”, “Doctor Doctor”,
“Rake: Series 3 & 5”, “Pulse”, “A Place to Call Home: Season 4”, “Top of the Lake: China Girl”,
“Love Child” e “Wonderland”. Sarà a breve in una nuova serie originale Binge, “Colin from
Accounts”.
Tra i suoi crediti cinematografici: “A Man’s Gotta Do”, “The Rage in Placid Lake”,
“Kangaroo Jack- Prendi i soldi e salta” e “Gettin’ Square”, per il quale è stata candidata per la
Miglior Attrice non Protagonista all’AFI award.
Per la sua performance in “After Dinner”, la Thomson è stata premiata con l’Helpmann
Award come Migliore attrice non protagonista. Tra le altre sue candidature, quella per Miglior
Attrice Non Protagonista in “Ivanov” e quella per Miglior Attrice in “Mrs. Warren’s Profession” al
Sydney Theatre Award; ruolo che le è valso il premio come Miglior Attrice in un’opera teatrale,
stesso premio anche per “Summer of the Seventeenth Doll”; ed ancora è stata Migliore Attrice non
protagonista in un’opera teatrale in “In the Next Room” agli Helpmann Award.
RICHARD ROXBURGH (Vernon) è un pluripremiato attore che appare nei teatri e sugli
schermi di tutto il mondo. Tra i suoi crediti cinematografici: “Moulin Rouge”; “Patsy Cline”;
“Mission: Impossible II”; “Oscar e Lucinda”; “Thank God He Met Lizzie”; “Figli della
rivoluzione”; il film d’avventura fantascientifica di James Cameron “Sanctum”; il film di Mel
Gibson “La Battaglia di Hacksaw Ridge”; l’adattamento del romanzo di Tim Winton, “Breath”;
“Looking For Grace”; “La battaglia di Long Tan”, interpretato al fianco di Travis Fimmel; “Angel
of Mine”, al fianco di Noomi Rapace; “Go!” e “H Is For Happiness”, al fianco di Miriam
Margoyles e Emma Booth.
Tra i più noti crediti televisivi di Roxburgh, il ruolo di Cleaver Greene nella serie di
successo della ABC “Rake”, che ha anche co-creato, scritto e prodotto. Questa sua interpretazione
gli è valsa il TV Week Silver Logie e l’AACTA per Migliore attore in una serie televisiva. La sua
performance nel ruolo del primo ministro Bob Hawke nel telefilm “Hawke” gli ha portato il plauso
della critica insieme ad un altro elettrizzante ruolo, quello del famigerato Roger Rogerson nella
controversa miniserie della ABC, “Blue Murder”. Il sequel, “Blue Murder: Killer Cop”, gli è valso
la candidatura come Miglior attore protagonista ai Television Drama. Tra gli altri suoi crediti
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televisivi: la miniserie della SBS “The Hunting”; la miniserie HBO/Sky UK “Caterina la Grande”,
al fianco di Helen Mirren; la miniserie drammatica in due parti “The Silence” e “East of
Everything”.
Anche un affermato regista, il film d’esordio di Roxburgh “Meno male che c’è papà”
interpretato da Eric Bana, ha ottenuto il plauso della critica. Tra i suoi crediti teatrali: “The
Present”, allestito al Sydney Theatre Company e poi anche Broadway. È anche apparso nel ruolo
protagonista nella produzione di successo della STC dell’opera di Chekhov, “Zio Vanja”, al fianco
di Cate Blanchett. L’opera ha avuto anche un revival al Kennedy Center di Washington ed è poi
stato ri allestito al Lincoln Center di New York. Tra gli altri suoi crediti teatrali: “Aspettando
Godot” (che ha avuto un applauditissimo tour al Barbican di Londra); “Toy Symphony”; “The
Seagull”; “Hamlet” e “Closer”.
OLIVIA DEJONGE (Priscilla) sta rapidamente emergendo come uno dei talenti più
ricercati della giovane Hollywood. Attualmente appare nell’adattamento in otto episodi di “The
Staircase – Una morte sospetta”, serie uscita negli U.S.A. il 5 maggio 2022. Questo adattamento di
HBO Max è scritto e prodotto esecutivamente da Antonio Campos e Maggie Cohn. Nella serie
recitano anche Colin Firth e Toni Collette.
Tra gli altri crediti cinematografici della DeJonge: il thriller diretto da Caryn Waechter,
“The Sisterhood of the night”; il film diretto da Miranda Nation “Undertow”, e “Stray Dolls” diretto
da Sonejuhi Sinha.
È stata candidata allo Young Artist Award nella categoria Migliore attrice protagonista in un
Lungometraggio per il suo ruolo di Becca nel film di M. Night Shyamalan “The Visit”, ed ha vinto
il WASA Award come Migliore giovane attrice per la sua interpretazione in “Good Pretender”.
Sul versante televisivo, la DeJonge ha recitato nella serie Netflix “The Society” al fianco di
Katheryn Newton, nel dramma Shakespeariano della TNT “Will”, e nella serie drammatica
“Hiding”.
L’album di debutto di YOLA (Sister Rosetta Tharpe), Walk Through Fire, ha ricevuto
recensioni lodevoli da parte dei giornali più importanti, come Rolling Stone e il New York Times.
L’album le è valso inoltre quattro candidature al Grammy, tra cui Migliore Artista Emergente.
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Originaria del Regno Unito, la rapida ascesa di Yola negli stati Uniti si deve alle esibizioni
al fianco di Kacey Musgraves, e Mavis Staples, The Highwomen (è anche presente nell’omonimo
album di debutto di The Highwomen) e di Dolly Parton. Il suo primo tour statunitense ha ottenuto
più date sold-out, tra cui due serate al Troubadour di Los Angeles, ed è stata ospite all’“Austin City
Limits”, al “Jimmy Kimmel Live”, al “The Tonight Show”, e al “The Late Late Show With James
Corden”, oltre ad essersi esibita al The Hollywood Bowl, al Newport Folk Festival, allo SXSW e al
Farm Aid.
Yola si è esibita da remoto nello spettacolo musicale della NPR, “Tiny Desk” e nello show
della PBS, “Great Performances: Grammy Salute to Music Legends”, in onore di Sister Rosetta
Tharpe. Ha eseguito “Young Gifted And Black” al “Late Night With Seth Meyers”, ed era tra i
cantanti del singolo di Ringo Star “Here’s To The Night”, insieme ad artisti del calibro di Paul
McCartney, Dave Grohl e Lenny Kravitz.
Ha anche sostenuto una serie di iniziative di beneficenza e di sensibilizzazione, tra cui la
partecipazione al concerto di beneficenza della CBS “Play On”, al fianco di Gary Clark Jr., Ziggy
Marley, AndraDay e Snoop Dogg, che sosteneva la NAACP, la LDF e la WhyHunger. La sua voce
è anche inserita nel singolo della BBC in favore dei bambini bisognosi, “Stop Crying Your Heart
Out”, nella RWQuarantunes della WME e in “Twitch Aid”, per raccogliere fondi per
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, cantando al fianco di John Legend. Yola ha anche preso
parte al panel della BMI, Tennessee Diversity Consortium Surviving Crisis contribuendo con una
performance musicale al Circle Music Auction di Annie Lennox.
SHONKA DUKUREH (Big Mama Thornton/Cantante Pentecostale) è una potenza vocale,
attrice, autrice e drammaturga. Originaria di Nashville, in Tennessee, passando per Charlotte, in
North Carolina, questa quadrupla artista ha conseguito una laurea in Teatro presso la Fisk
University e un master in Educazione presso la Trevecca Nazarene University, che l’ha accreditata
come insegnante K-6, ossia “altamente qualificata”. Benché all’inizio della sua carriera,
l’aspirazione della Dukureh era proprio quella di diventare insegnante, presto ha capito che il suo
talento vocale, unito ad un innato senso per il dramma, erano più adatti ad una carriera in ambito
artistico.
Ha così iniziato ad impegnarsi nel canto e nella recitazione, ed abilmente è sempre riuscita a
catturare l’attenzione del pubblico, anche in ruoli meno rilevanti. Nel corso degli anni ha recitato
con successo in molti musical itineranti in tutti gli Stati Uniti. Ha ottenuto il plauso della critica per
il suo ruolo in “American Duet” di Marcus Hummon ed è stata nominata ed ha vinto nel 2003, il
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Tennessean Theatre Award per Best Musical Direction or Performance as a Vocalist. In aggiunta,
ha trascorso oltre dieci anni in tournée in giro per gli U.S.A., dai campus universitari, alle
conferenze, in cui si esibiva con una produzione musicale multimediale, prodotta dal First
Amendment Center, in “Freedom Sings”.
La Dukureh è stata inoltre in tour a livello internazionale con l’artista discografico Jamie
Liddell e The Royal Pharaohs. La sua musicalità e lo sviluppo del personaggio stavano diventando
impeccabili. Il suo modo di cantare e le emozioni che suscita nelle sue esibizioni dal vivo, sono
state paragonate dai luminari dell’industria dello spettacolo, ai grandi del passato. Come attrice, la
sua capacità di trasformarsi in personaggi tanto differenti quanto convincenti, con un proprio
bagaglio emotivo necessario per renderli credibili, la catapulta ad un livello superiore. Riesce a
tener testa ad attori ben più grandi e famosi.
La Dukureh ha percorso un viaggio a tutto tondo e ben radicato nell’ambito delle arti
performative. La sua capacità di diffondere le più svariate emozioni, è il fulcro della bellezza e
dell’essenza unica dei suoi doni creativi. Il suo talento è semplicemente innegabile, ed è soltanto
all’inizio della sua carriera.
ALTON MASON (Little Richard) è un top model e una stella nascente americana che si è
trasferita dal midwest a Los Angeles per studiare danza e recitazione teatrale presso l’American
Musical and Dramatic Academy. Grazie alla famosa coreografa Laurieann Gibson, Mason è stato
presto scelto come ballerino per P Diddy ai BET Award, guadagnandosi rapidamente l’attenzione
per il suo aspetto unico. Poco dopo, è stato scelto per la sua prima sfilata di moda, tramite
Instagram, sfilando sulla terza passerella del brand Yeezy di Kanye West.
Da allora, Mason ha sfilato sulle passerelle di tutto il mondo, oltre ad essere stato
protagonista di diverse campagne pubblicitarie per marchi come Hugo Boss, Paco Rabanne (il
profumo), Tom Ford, Fendi, Louis Vuitton, e Off-White, solo per citarne alcuni. Ha fatto la storia
diventando il primo modello afro-americano a sfilare per Chanel. Mason è anche apparso sulle
copertine di L’Uomo, Vogue e WWD.
KELVIN HARRISON JR. (B.B. King) è uno tra gli attori più richiesti di Hollywood, noto
per aver dato vita ad alcuni tra i più dinamici e diversificati personaggi, sia sul grande che sul
piccolo schermo. Negli ultimi due anni il suo talento è stato riconosciuto con un SAG Award
condiviso con tutto il cast del film del 2020, nominato all’Oscar, “Il processo ai Chicago 7”. Nel
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pressbook italiano
2019, ha affascinato il pubblico nel film drammatico “Luce” al fianco di Octavia Spencer, Tim Roth
e Naomi Watts. Il film è stato presentato in concorso al Sundance Film Festival del 2019, ed è stato
poi distribuito ottenendo grande successo di critica e di pubblico, ottenendo le candidature
all’Independent Spirit Award e al BAFTA per il lungometraggio ed Harrison. Quello stesso anno,
Harrison ha recitato nel film drammatico “Waves – le onde della vita”, che ha suscitato un grande
interesse, tanto da vederlo già agli Oscar, dopo le presentazioni al Telluride e al Toronto Film
Festival. “Waves – Le onde della vita” è stato il suo secondo film con il regista Trey Edward
Shults, e le recensioni hanno supportato la performance di Harrison, che gli è valsa la candidatura a
diversi premi.
Il 2020 è stato un altro anno eccezionale per Harrison, che lo ha visto impegnato
consecutivamente in due commedie romantiche: “The Photograph”, al fianco di Issa Rae e Lekeith
Stanfield, e “L’assistente della star”, al fianco di Tracee Ellis Ross e Dakota Johsnon. A seguire, il
ruolo di Fred Hampton nel dramma di Aaron Sorkin “Il processo ai Chicago 7”.
Nel 2021, Harrison era nel film diretto da Joe Wright, “Cyrano”, in cui recitava al fianco di
Peter Dinklage e Haley Bennett. Recentemente ha terminato le riprese, nel ruolo protagonista, di
“Chevalier”, un biopic sul compositore di musica classica e virtuoso violinista francese Chevalier
de Saint-Georges, la cui uscita è prevista entro l’anno. Doppierà inoltre il personaggio di Scar, nel
prequel diretto da Barry Jenkins de “Il Re Leone”. Harrison è attualmente in pre-produzione, nel
ruolo di Jean-Michel Basquiat nel prossimo “Samo Lives”, che lo vede nuovamente collaborare con
il regista Julius Onah; infatti oltre a recitare, è anche produttore esecutivo del film.
Nato e cresciuto a New Orleans, Harrison è cresciuto circondato dall’influenza della musica,
insieme alle sorelle gemelle. La sua famiglia di musicisti lo ha incoraggiato fin dalla tenera eta?, e ha
imparato a suonare il pianoforte e la tromba. Dopo aver studiato jazz strumentale al prestigioso New
Orleans Center for Creative Arts, ha scoperto un’ulteriore passione per lo spettacolo e l’ha
perseguita nel teatro locale e nei musical, prima di iscriversi all’Universita? di New Orleans per
studiare cinema. Poco dopo, si è reso conto che recitare era quello che avrebbe dovuto fare sin da
bambino, quando era approdato ad un piccolo ruolo nel film d’azione fantascientifica “Ender’s
Game”. Ha poi continuato con piccoli ruoli, e nel 2016 ha regalato un’emozionante performance
nel film presentato al Sundance Film Festival “The Birth Of A Nation – Il risveglio di un popolo”.
Ha continuato arricchendo il suo curriculum e consolidando la sua presenza come volto del cinema
indipendente con performance straordinarie in film come “Monster”, “Monsters And Men” e “It
Comes At Night”.
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Harrison ama il suo mestiere e si diverte a fare ricerche sui personaggi che andrà ad
interpretare. È anche cintura nera in arti marziali coreane, e si diverte tantissimo a suonare. Quando
non lavora, ama uscire con gli amici, dipingere e fotografare.
GARY CLARK JR. (Arthur “Big Boy” Crudup) ha vinto il Grammy per Best Rock Song e
Best Rock Performance con la canzone “This Land”, ed ha pubblicato cinque album in studio e due
album dal vivo, oltre ad aver contribuito alle musiche di più di 20 film. Ha firmato con la Warner
Bros. Records e pubblicato l’album The Bright Lights, seguito dagli album Blak and Blu, The Story
of Sonny Boy Slim e This Land.
Nel corso della sua carriera Clark è stato un prolifico artista live, come documentato in Gary
Clark Jr. Live e Gary Clark Jr. Live/North America. Ha condiviso il palco con artisti del calibro di
Eric Clapton, Tom Petty e gli Heartbreakers, B.B. King e i Rolling Stones. Nel 2014, è stato
premiato con il Grammy per Best Traditional R&B Performance con la canzone “Please Come
Home”, e nel 2020 ha vinto il Grammy Award per Best Rock Song and Best Rock Performance con
la canzone “This Land”, estratta dall’omonimo album.
Tra i crediti cinematografici di DAVID WENHAM, (Hank Snow) “Lion – La Strada verso
casa”; “Il Signore degli Anelli – Le Due Torri” e “Il Signore degli Anelli – Il Ritorno del Re”;
“Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar”; “Moulin Rouge!”; “Australia”; “Gettin’ Square”;
“300”; “La proposta”; “The Boys”; “Van Helsing”; “In Like Flynn”; “Dirt Music”; e “Peter
Rabbit.”
Wenham è molto noto al pubblico televisivo per il ruolo di Diver Dan nella pluripremiata
serie della ABC, “SeaChange”, che gli è valso la candidatura all’AFI Award. Lo stesso premio, l’ha
vinto per la miniserie acclamata dalla critica, “Simone de Beauvoir’s Babies”. Tra gli altri suoi
crediti televisivi: la serie di Jane Campion, “Top Of The Lake – Il mistero del lago”; “The Code”;
“Killing Time”; “Romper Stomper”; “Iron Fist”; “Better Man”; “Banished” e “Wake In Fright”.
Tra le sue numerose apparizioni sul palcoscenico, “Cyrano De Bergerac”, “The Crucible” e
“True West” per il Melbourne Theatre; “Tartuffe” per la Sydney Theatre Company; “Hamlet”, “The
Tempest”, “The Seagull”, “The Headbutt” e “Splendids” per il Belvior St Theatre; “The Boys”;
“That Eye The Sky” e “Jerry Springer The Opera” per il Sydney Opera House Trust.
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LUKE BRACEY (Jerry Schilling) è un talento formidabile con crediti al suo attivo che
includono la commedia romantica originale Netflix “Holidate”, al fianco di Emma Roberts; il film
drammatico indipendente “Violet”, interpretato al fianco di Olivia Munn e Justin Theroux; “Tanti
piccoli fuochi”, al fianco di Reese Witherspoon e Kerry Washington; il thriller d’azione “Lucky
Day”; “La battaglia di Long Tan”, basato su una storia vera; il film drammatico di Mel Gibson sulla
seconda guerra mondiale, “La battaglia di Hacksaw Ridge”, interpretato al fianco di Andrew
Garfield, Vince Vaughn, Sam Worthington e Hugo Weaving; “November Man”, in cui interpreta un
agente della CIA, al fianco di Pierce Brosnan; l’adattamento cinematografico del romanzo bestseller
di Nicholas Sparks, “The Best of Me- Il meglio di me”; e l’aggiornamento del 2015 del film di
culto, “Point Break”.
Bracey ha debuttato come attore nella popolare serie televisiva australiana “Home and
Away”, in cui la sua convincente interpretazione del ragazzaccio Trey Palmer gli ha portato il ruolo
da protagonista, al fianco di Selena Gomez e Leighton Meester nel film “Monte Carlo”, e l’ambito
ruolo di Cobra Commander nel franchise, “G.I. Joe – La vendetta”.
DACRE MONTGOMERY (Steve Binder) è meglio conosciuto per il ruolo di Billy
Hargrove nella seconda e terza stagione della serie di successo Netflix, “Stranger Things”, e per
questa sua performance è stato nominato al SAG Ensemble Award.
L’attore australiano ha debuttato sul grande schermo in “Power Rangers” nel ruolo di Jason
Lee Scott, il Ranger Rosso. Tra gli altri suoi crediti cinematografici: “La galleria dei cuori infranti”,
al fianco di Geraldine Viswanathan. Oltre al suo lavoro sul piccolo e sul grande schermo,
Montgomery ha anche scritto e prodotto il podcast di poesia beat, DKMH, ed ha scritto, diretto e
prodotto il suo primo cortometraggio, “In Vitro”.
IL CAST TECNICO
BAZ LUHRMANN (Sceneggiatore/Regista/Produttore) è un maestro della narrazione e
pioniere della cultura pop che esprime la sua arte attraverso film, opera, teatro, eventi e musica. La
sua caratteristica miscela di fantasia, romanticismo e decadenza, fonde alta e bassa cultura con un
linguaggio sonoro e cinematografico unico, e una caratteristica estetica teatrale che affascina
continuamente il pubblico di tutto il mondo e ne accende l’immaginazione.
Il regista, sceneggiatore e produttore nominato all’Oscar, è entrato in scena con il primo film
della trilogia “Red Curtain”, “Ballroom- Gara di ballo” (1992), seguito dall’ambizioso adattamento
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moderno dell’opera di William Shakespeare, “Romeo + Juliet” (1996) e dal film premio Oscar,
“Moulin Rouge!” (2001), che ha riportato in auge il musical e ha consolidato la figura di Luhrmann
sia tra il pubblico che tra gli addetti ai lavori.
In aggiunta, “Moulin Rouge! The Musical” ha vinto il Tony Award per le scenografie, i
costumi, le luci, il sonoro e le orchestrazioni, ed ha portato all’attore Danny Burstein il Tony. Sonya
Tayeh, al suo debutto a Broadway, ha vinto per le coreografie, e Alex Timbers è stato premiato
come miglior regista di un musical.
Mostrando grande talento e versatilità in diversi campi creativi, la società di produzione di
Luhrmann, la Bazmark Inq, ha vinto due Tony Award per le rappresentazioni a Broadway
dell’opera di Puccini, “La Bohème” (2002), cui è seguito l’epico “Australia” (2008).
L’adattamento del romanzo di F. Scott Fitzgerald, “Il grande Gatsby” (2013) ha aggiunto al
suo già potente curriculum due premi Oscar, ed è ad oggi il film dal maggior successo commerciale
di Luhrmann. Una collaborazione con Netflix, lo ha poi portato alla produzione di “The Get Down”
(2016), una serie di successo basata sulla nascita dell’hip-hop ambientata nel South Bronx degli
anni ‘70.
Tra i più recenti progetti di direzione di Luhrmann, “Faraway Downs”, una serie Hulu in sei
parti che rivisita il suo film del 2008 “Australia”, terra dove attualmente vive con la moglie e
collaboratrice di lunga data, Catherine Martin (CM), e i loro due figli.
CATHERINE MARTIN (Produttrice/Costumista/Scenografa) collabora con Baz
Luhrmann al caratteristico look di tutti i suoi film e produzioni teatrali da oltre 30 anni. Insieme,
sono i soci della Bazmark Inq, che include le sussidiarie Bazmark Live e Bazmark Music, ed e?
anche una delle produttrici piu? innovative dell’industria dell’intrattenimento.
La Martin ha iniziato la sua collaborazione con Luhrmann durante l’ultimo anno al NIDA,
quando fu ingaggiata dalla compagnia teatrale sperimentale di Luhrmann per le scene del suo “Lake
Lost” per la Australian Opera. Questo lavoro le e? valso, unitamente al suo collega Angus Strathie,
un premio Victorian Green Room per le Migliori Scenografie.
Da allora, la Martin lavorato a quasi tutte le scenografie delle produzioni di Luhrmann,
incluso “Sogno di una notte di mezza estate” di Benjamin Britten, per il quale ha vinto il premio
Sydney Theatre Critics’ Circle per Migliore Scenografia per l’Opera, e la versione dell’Opera di
Puccini, “La Bohe?me” ambientata nel 1957. Quest’ultima ha debuttato a Broadway nel 2002 con
grande successo di critica, e la Martin si è aggiudicata l’ambito Tony per le Scenografie.
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Il 1992 ha segnato il suo debutto nel cinema con Luhrmann, nell’enorme successo “Strictly
Ballroom – Gara di ballo”. Il suo lavoro è stato premiato ai BAFTA e agli AFI come Migliore
Scenografia e Migliori Costumi
Il successo si e? ripetuto nel 1996 con “Romeo + Juliet”, sempre diretto da Luhrmann, per il
quale ha conquistato un altro premio BAFTA come Migliore Scenografia ed una candidatura agli
Oscar nella stessa categoria.
Nel 2001 la Martin si è aggiudicata due Oscar, per i Migliori Costumi e Migliore
Scenografia con “Moulin Rouge!”, cosi? come un premio AFI per le stesse categorie ed un premio
Los Angeles Film Critics come Migliore Scenografia, per citare i piu? prestigiosi.
La Martin ha lavorato come costumista, scenografa e co-produttrice nel film epico di
Luhrmann, “Australia” del 2008, interpretato da Nicole Kidman e Hugh Jackman, che le è valso una
candidatura agli Oscar per i Migliori Costumi
Altri progetti insieme a Luhrmann includono quello di guest editing nel primo numero di
Vogue Australia (gennaio 1994), ed ha curato le scenografie del sontuoso look di “Chanel N° 5:
The Film” del 2004, una campagna pubblicitaria globale con protagonista Nicole Kidman in
collaborazione con Karl Lagerfeld per gli abiti. Dopo il successo della loro prima campagna Chanel,
Luhrmann ha creato e diretto un altro film Chanel n. 5, interpretato da Gisele Bundchen sempre con
le scenografie della Martin e i costumi di Karl Lagerfeld.
La Martin ha un suo marchio di articoli per la casa, Catherine Martin Home, in
collaborazione con Designer Rugs e Mokum Textiles nella produzione di tessuti e carta da parati. I
suoi tappeti e ornamenti sono visibili al Faena Hotel di Miami Beach.
Non solo ha vinto due Oscar per la Migliore Scenografia e i Migliori Costumi per il suo
lavoro nel film di Luhrmann del 2013 “Il Grande Gatsby”, la Martin ne era anche produttrice.
Nel 2014 ha lavorato sia come scenografa che costumista nella produzione teatrale di
Luhrmann, “Strictly Ballroom The Musical”.
La Martin è stata anche produttrice esecutiva della serie originale Netflix diretta da
Luhrmann, “The Get Down” (2016), ed ha condiviso il credito della costumista e della co-
produttrice rispettivamente con Jeriana San Juan e Karen Murphy nel primo episodio.
La Martin divide il suo tempo tra Sydney, New York e Parigi ed ha due splendidi figli,
Lillian (18) e Egg (16).
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GAIL BERMAN (Produttrice) è riconosciuta come una tra le creatrici più prolifiche
dell’industria dell’intrattenimento, avendo creato e lanciato progetti premiati per la televisione,
il cinema, il digitale e i palcoscenici di Broadway.
La Berman è Presidente e CEO di The Jackal Group, uno studio di produzione che crea
show televisivi, film per il cinema e spot commerciali. The Jackal Group ha prodotto progetti
diversi, come il fenomeno culturale “Facciamo ordine con Marie Kondo” per Netflix e i due
film d’animazione di successo, “La Famiglia Addams” e “La Famiglia Addams 2”. The Jackal
Group in questo momento ha diversi progetti in varie fasi di sviluppo, sceneggiati e non
sceneggiati, tra questi per la televisione “Monarch”, un film drammatico ambientato nel mondo
della musica country; “Grimsburg”, una commedia d’animazione con Jon Hamm; e “The
Perfect Couple” per Netflix. Sul versante cinematografico, The Jackal Group sta producendo,
“I Almost Forgot About You”, basato sul romanzo bestseller di Terry McMillan.
Contemporaneamente, nel 2019 la Berman ha lanciato la Sidecar Content Accelerator,
una compagnia di produzione sussidiaria della Fox Entertainment.
La Berman è uno dei pochi dirigenti di media a ricoprire ruoli e incarichi di primo piano
sia in uno studio cinematografico che in una rete televisiva. È stata nominata Presidente della
Paramount Pictures nel marzo del 2005. Prima della Paramount, la Berman dal 2000 al 2005 è
stata Presidente dell’Entertainment per la Fox Broadcasting Company. Sotto la sua guida, il
network è salito in vetta alle classifiche per la prima volta nella sua storia, sviluppando progetti
di enorme successo come “American Idol”, “24”, “House” e “Arrested Development”.
Prima della Fox, la Berman è stata Presidente fondatore della Regency Television, uno
studio televisivo creato nel 1998 nato dalla collaborazione tra Fox Television Studios e New
Regency Productions. Sotto la guida della Berman, la Regency Television è rapidamente
diventata una delle reti maggiormente rispettate per la qualità dei suoi programmi, incluso il
successo in prima serata “Malcolm in the Middle”. In precedenza, in qualità di presidente e
CEO della Sandollar Television, la Berman è stata produttrice esecutiva delle serie di successo
mondiale, “Buffy l’Ammazza Vampiri” e “Angel”. La Berman ha prodotto oltre 300 episodi
per la televisione.
Per sette anni la Berman è stata co-fondatrice e co-propretaria della società di media
BermanBraun, diventata un player innovatore nell’arena digitale, creando e gestendo molti
marchi online di successo in diverse categorie, dalle celebrità all’intrattenimento, fino al
lifestyle.
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Ha iniziato la sua carriera come produttrice teatrale, dopo essersi laureata in Teatro
presso l’Università del Maryland. All’età di 23 anni ha co-prodotto il suo primo spettacolo a
Broadway, la versione originale di Broadway di “Joseph and the Amazing Technicolor
Dreamcoat”, che ha ottenuto sette nomination ai Tony Award. Tra gli altri crediti teatrali della
Berman: “Hurlyburly” di David Rabe (1984); l’opera di Athol Fugard “Blood Knot” (1985); e
“The Nerd” di Larry Shue (1987), tutte produzioni nominate al Tony Award. Attualmente la
Berman sta sviluppando due musical basati su pluripremiati progetti cinematografici: “Black
Swan” con il compositore Dave Malloy e il regista Rachel Chavkin, e “The Rose” con il
produttore/cantautore Glen Ballard.
Nel 2003, la Berman è stata inserita nell’elenco delle 50 donne d’affari più potenti degli
Stati Uniti (al numero 25) della rivista Fortune. Quello stesso anno ha ricevuto l’ambito Lucy
Award, un riconoscimento che viene consegnato dalla Women in Film a coloro che hanno
rivoluzionato l’industria televisiva. Nel 2004, è stata inserita da Forbes tra le 100 donne più
potenti del mondo (esattamente alla posizione 49); è riapparsa nella classifica di Fortune (al 25°
posto), ed ha ricevuto l’inaugurale Brandon Tartikoff Legacy Award dalla National Association
of Television Production Executives (NATPE). La Berman è stata anche riconosciuta
Executive of the Year (2004) dalla Caucus for Television Producers, Writers and Directors nel
gennaio del 2005. Nel 2006, è stata premiata dal Paley Center for Media con l’ambito
riconoscimento “She Made It”.
La Berman fa parte del consiglio di amministrazione del Center Theatre Group, la
principale compagnia teatrale di Los Angeles senza scopo di lucro, che sovrintende
l’Ahmanson Theatre, il Mark Taper Forum e il Kirk Douglas Theatre. È membro dell’Academy
of Motion Picture Arts and Sciences e della Television Academy. Attualmente è Presidente
della Producers Guild of America.
PATRICK MCCORMICK (Produttore) è stato produttore esecutivo di “Tomb Raider”
interpretato da Alicia Vikander, e “Allied- Un’ombra nascosta”, diretto da Robert Zemeckis e
interpretato da Brad Pitt e Marianne Cotillard. La sua vasta carriera da produttore internazionale
vanta due film del regista Tim Burton: “La fabbrica di cioccolato” e “Sweeney Todd – Il diabolico
barbiere di Fleet Street”; e due film del regista Mike Newell: “Prince of Persia – Le sabbie del
tempo” interpretato da Jake Gyllenhaal e Ben Kingsley, e “Donnie Brasco”, interpretato da Johnny
Depp e Al Pacino.
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McCormick ha prodotto “Black Mass – L’ultimo gangster”, diretto da Scott Cooper e
interpretato da Johnny Depp, Benedict Cumberbatch, e Joel Edgerton. Ha anche prodotto altri due
film interpretati da Johnny Depp: “The Rum Diary”, basato sul romanzo di Hunter S. Thompson, e
la commedia “Mortdecai”, diretta da David Keopp; oltre al film d’azione fantasy diretto da Bryan
Singer “Il cacciatore di giganti”; il film di P.J. Hogan “Peter Pan”; il film di Martha Coolidge
“Angie”, interpretato da Geena Davis e James Gandolfini; “A Shock to the System”, interpretato da
Michael Caine e “Last Rites”, interpretato da Tom Berenger.
McCormick è stato produttore esecutivo in tre film del regista Barry Levinson: “Bandits”,
un film comico con protagonista Bruce Willis, Billy Bob Thornton e Cate Blanchett; “Salvi per un
capello” e “Liberty Heights”. Tra gli altri suoi crediti in veste di produttore esecutivo: il film di
Chris Columbus “Nemiche Amiche”, interpretato da Julia Roberts, Susan Sarandon e Ed Harris; “Il
giurato” interpretato da Demi Moore, Alec Baldwin e James Gandolfini; e il film diretto da Paul
Mazursky “The Pickle”. È stato anche co-produttore del film di Herbert Ross “A proposito di
donne”, interpretato da Drew Barrymore, Whoopi Goldberg, Mary-Louise Parker e Matthew
McConaughey; ancora con Mazursky, in “Storie di amore e infedeltà”, interpretato da Woody Allen
e Bette Midler; e il film di Joe Roth “Fuori i secondi”, interpretato da Wesley Snipes. Agli inizi
della sua carriera, è stato produttore associato e/o capo dell’unità di produzione in diversi progetti
cinematografici di grande successo, tra cui il film di Brian De Palma “Cadaveri e compari”, il film
di Ivan Reitman “Ghostbusters”, e il film di Mazursky “Mosca a New York”.
SCHUYLER WEISS (Produttore) lavora con la società di produzione di Baz Luhrmann, la
Bazmark, dal 2005, cominciando come assistente al regista/produttore/sceneggiatore Luhrmann su
tutti gli aspetti del film “Australia”, ed ha persino co-scritto una canzone insieme ad Elton John.
Da allora Weiss ha continuato a produrre contenuti per Luhrmann, che spaziano da spot
commerciali a cortometraggi, che hanno costituito la base della mostra del 2012 allestita presso il
Metropolitan Museum of Art Costume Institute, “Schiaparelli & Prada: Impossible Conversations”.
Oltre al suo impegno alla Bazmark, nel 2010 Weiss ha co-fondato la Tandem Pictures a
New York, che ha trasformato in una società di produzione cinematografica e commerciale di
successo, e venduta nel 2016. Ha prodotto numerosi film indipendenti, tra cui tre lungometraggi
selezionati al Sundance Film Festival (“The Sleepwalker”, nel 2014; “The Eyes of My Mother”, nel
2016 e “Piercing, nel 2018), ed un progetto di realtà virtuale presentato al Tribeca Film Festival e al
Cannes Next. Nel 2018 Weiss ha prodotto esecutivamente l’ultimo capitolo del franchise horror di
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successo “The Grudge”, che ha segnato la sua terza collaborazione con il regista in grande ascesa,
Nicolas Pesce.
Nel 2018 Weiss è tornato a tempo pieno alla Bazmark nel ruolo di amministratore delegato,
supervisionando tutte le attività di produzione e sviluppo. Oltre a produrre “Elvis”, sta attualmente
producendo esecutivamente il rimontaggio del capolavoro di Luhrmann “Australia”, per farne una
serie limitata Hulu e Disney+, che si intitolerà “Faraway Downs”.
SAM BROMELL (Sceneggiatura) è uno sceneggiatore la cui esperienza creativa abbraccia
cinema, televisione, musical, biopic, cortometraggi di moda, mostre d’arte, adattamenti letterari e
drammi storici. Occasionalmente tutti in uno. Ha scritto dei film di moda per H&M, una serie di
cortometraggi interpretati da Judy Davis, esposti al Metropolitan Museum of Art, ed è stato co-
produttore e sceneggiatore per la serie originale Netflix “The Get Down”. “Elvis” è il suo debutto
nel mondo cinematografico.
CRAIG PEARCE (Sceneggiatura) è il creatore, showrunner e sceneggiatore di “Pistol”,
una serie limitata in sei episodi sull’ascesa e la rivoluzione dei Sex Pistols, diretta da Danny Boyle,
uscita su FX negli Stati Uniti il 31 maggio.
“Elvis” prosegue la sua collaborazione di lunga data con il regista Luhrmann, che include
“Strictly Ballroom – Gara di ballo”, “Romeo + Juliet”, “Moulin Rouge!” e “Il Grande Gatsby”.
Nel 2010, Pearce ha sceneggiato l’adattamento cinematografico di “Segui il tuo cuore”,
interpretato da Zac Efron. Nel 2014, ha ancora collaborato con Luhrmann a “Strictly Ballroom: The
Musical”, andato in scena nel West End di Londra. Nel 2017, ha completato il suo primo grande
progetto televisivo, in veste di sceneggiatore, produttore esecutivo e showrunner per la serie TNT
“Will”, un dramma ad episodi della durata complessiva di dieci ore, incentrata sugli anni perduti di
William Shakespeare.
Pearce è stato premiato con l’Australian Writer’s Guild Lifetime Achievement Award nel
2016. Ha studiato recitazione presso l’Australia’s National Institute of Dramatic Art. Appassionato
di surf, divide il suo tempo tra Sydney, Londra e Costa Rica.
JEREMY DONER (Sceneggiatura/Storia) lavora nel campo cinematografico e televisivo
negli Stati Uniti e in Francia. Ha scritto e prodotto i film drammatici “The Killing” e “Damages”, ed
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ha sceneggiato “Napoleon”, per il regista Ridley Scott. In aggiunta, ha sceneggiato “Odysseus” e il
prequel di “Apocalypse Now”.
In Francia, si è fatto un nome come scrittore di commedie, tra queste “Marsupilami”, che è
stato il film di maggiore incasso al botteghino francese del 2012, e “Il Truffacuori”, che ha ottenuto
quattro candidature al César, tra cui quella per Miglior Film.
Tra i crediti cinematografici di MANDY WALKER (Direttrice della Fotografia): il film
nominato all’Oscar di Baz Luhrmann, “Australia”, per il quale ha vinto il Satellite Award,
l’Hollywood Cinematographer of the Year Award, e il Women in Film Kodak Vision Award; il film
nominato all’Oscar “Il diritto di contare – Hidden Figures”; “Mulan”; “L’Inventore di favole” del
regista Billy Ray, che le è valso la nomination per Miglior Fotografia all’Independent Spirit
Awards; “Lantana”; “Parklands” e “Tutte pazze per Ken”, che ha vinto la Camera d’Or al Festival
del Cinema di Cannes.
La Walker ha anche girato molti spot pubblicitari, tra cui due mini film glamour per Chanel
N° 5 diretti da Baz Luhrmann; una pubblicità diretta da Martin Campbell per Louis Vuitton; e uno
spot diretto da Daniel Askill per Dior, oltre alla sua campagna per il New York Times, “Take
Flight”, comprese le componenti in realtà virtuale.
KAREN MURPHY (Scenografa) ha iniziato nell’art directing di film per registi del calibro
di Michael Apted, Marc Forster, Lana e Lilly Wachowski, Gavin Hood e Alex Proyas. È stata una
collaboratrice creativa di lunga data di Catherine Martin, con la quale ha condiviso i crediti nei film
di Baz Lurhmann “Moulin Rouge!” e “Australia”, passando poi alla co-creazione delle scenografia
de “Il Grande Gatsby” per il quale nel 2014 l’intero dipartimento del design ha ricevuto l’Australian
Academy of Cinema and Television Arts (AACTA), il BAFTA e l’Art Directors Guild Awards. È
stata anche scenografa di lungometraggi, cortometraggi e spot pubblicitari con registi indipendenti,
come Justin Kurzel, Joel Edgerton, Mirrah Foulkes, Luke Doolan e Matthew Saville nella sua
nativa Australia.
Tra gli altri suoi crediti nella scenografia: il film di Kurzel “The Kelly Gang”, il film di
Melina Matsoukas “Queen & Slim”, il film di Bradley Cooper “A Star Is Born”, il film di Trey
Edward Shults “It Comes at Night”, il film di Derek Cianfrance “La Luce sugli Oceani”, la serie
originale Netflix creata da the Baz Luhrmann ed ambientata negli anni ’70, “The Get Down”, e
“Krisha”.
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La Murphy ha vinto un premio e ricevuto altre tre nomination all’Art Directors Guild
Award, per “Il grande Gatsby”, “A Star Is Born”, “Le Cronache di Narnia – Il viaggio del veliero” e
“Il cacciatore di aquiloni”, rispettivamente, ed ha vinto tre AACTA Award per “Il grande Gatsby”,
“Australia” e “The Kelly Gang”.
MATT VILLA (Montaggio) ha già collaborato tre volte con il regista Baz Luhrmann. Per il
suo lavoro a “Il Grande Gatsby” ha vinto due Best Editing Award dalla Australian Academy of
Cinema and Television Arts (AACTA) e il Film Critics Circle of Australia (FCCA), ed è stato
candidato all’Australian Screen Editors (ASE) Guild per Migliore montaggio di un film
cinematografico. Inoltre, ha lavorato a “Moulin Rouge!” e “Australia’, per il quale ha ricevuto la
sua seconda candidatura agli ASE Guild.
Villa vanta la collaborazione con i registi di genere The Spierig Brothers su “La vedova
Winchester”, “Daybreakers – L’ultimo vampiro”, e il loro thriller di fantascienza “Predestination”,
per il quale ha vinto un altro Best Editing Award dalla AACTA e dalla FCCA. In aggiunta, è stato
candidato all’AACTA e al FCCA per Miglior Montaggio per il film di Russell Crowe “The Water
Diviner”. Ha anche una serie di film d’animazione e per famiglie al suo attivo, tra cui “Happy
Feet”; “Happy Feet 2”; “Il regno di Ga’Hoole – La leggenda dei Guardiani”; “Peter Rabbit 2 – Un
birbante in fuga” e “LEGO Batman – Il film”, per il quale è stato candidato all’ACE Award e
all’Annie Award, entrambi per l’eccezionale risultato nel montaggio di una produzione di film
d’animazione.
JONATHAN REDMOND (Montaggio) collabora con il regista Baz Luhrmann da oltre 20
anni, avendo iniziato come assistente al montaggio in “Moulin Rouge!”. A questo è poi seguito il
ruolo di montatore in “Il grande Gatsby”, per il quale è stato premiato sia con l’Australian Academy
of Cinema and Television Arts Award, che con il Film Critics Circle of Australia Award, per
Migliore Montaggio.
Tra gli altri suoi crediti come montatore in progetti creati e diretti da Luhrmann: la serie
originale Netflix “The Get Down” e “N° 5 The Film” (assistente al montaggio), un cortometraggio
interpretato da Nicole Kidman per l’iconico profumo di Chanel con i costumi creati appositamente
da Karl Lagerfeld. Questo cortometraggio ha dato il via ad una nuova era della pubblicità di moda,
ed è diventato un punto di riferimento nell’evoluzione dei contenuti dei marchi. A questo è seguito
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un altro spot, “Chanel No 5 The One That I Want”, interpretato da Gisele Bundchen, e più
recentemente ERDEM x H&M, “The Secret Life of Flowers”.
ELLIOTT WHEELER (Compositore/Produttore musicale esecutivo) eccelle nelle altezze
pressurizzate in cui si fondono musica contemporanea e immagini cinematografiche. È abile nel
portare artisti diversi – da Nas a Bryan Ferry – in sintonia con le complesse esigenze delle immagini
guidate dalla musica, e nel lavorare su piccole sfumature e mix d’epoca, per arrivare alla
composizione di colonne sonore, tradizionali o innovative. Possiede una capacità unica di portare
coerenza ai talenti, alle epoche e ai diversi modi di dire, con un’eccezionale visione d’insieme. Ciò
è stato dimostrato dal suo lavoro con Baz Luhrmann ne “Il grande Gatsby” e nella serie originale
Netflix “The Get Down”, oltre che in progetti come “Ship Song Project” per la Sydney Opera
House. La musica di Wheeler, era la colonna sonora del recente film fantasy e romantico, “Ogni
giorno”.
Le sue collaborazioni attraversano diversi confini musicali: Nas, Jay Z, Grandmaster Flash,
Bryan Ferry, Florence + the Machine, Sia, Diane Warren, will.i.am, Nile Rogers, Christina
Aguilera, Duncan Sheik, e molti altri. Di stanza sia a Los Angeles che a Sydney, Wheeler è molto
richiesto sia come compositore che come produttore, capace di spaziare in un ampio spettro di
generi, dalla ideazione all’uscita di un album in studio, all’eventuale inserimento in film, spettacoli
teatrali e pubblicità.