
(AGENPARL) – gio 09 giugno 2022 Dal 9 giugno al 2 ottobre 2022
Il patriarca bronzeo dei Caravaggeschi: Battistello Caracciolo (1578
1635)
cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello
Museo e Real Bosco di
Capodimonte, sala Causa
Palazzo Reale di Napoli, sala del Gran Capitano
Certosa e Museo
di San Martino
, Chiesa e Quarto del Priore
Il Museo e Real Bosco di Capodimonte presenta in sala Causa
grande
mostra
monografica
Battistello Caracciolo
, artista ?
Napoli
che più di altri
incarna
i insegnamenti di
Caravaggio,
al punto da ottenere la definizione di “patriarca bronzeo dei Caravaggeschi”
dallo storico
dell’arte e critico Roberto Longhi. L’esposizione, a cura di
Stefano Causa
Patrizia Piscitello
nasce
dall’idea
Sylvain Bellenger
, direttore del Museo e Real Bosco di Capodim
on la
collaborazione istituzionale di
Mario Epifani
, direttore del Palazzo Reale di Napoli e di
Marta
Ragozzino
, direttrice regio
nale Musei
Campania.
In quest
e altre due sedi sono presenti opere
Battistello in un percorso espositivo legato
alla mostra di Capodimonte, anche attraverso una
bigliettazione congiunta
per tutta la durata della mostra fino al 2 ottobre 2022
In sala Causa al Museo
e Real Bosco di
Capodimonte sono allestite quasi 80 opere molte delle quali provenienti da istituzioni
pubbliche, italiane ed estere, enti ecclesiastici e privati collezionisti. Al Palazzo Reale sa? possibile
visitare la sala del Gran Capitano affrescata da Battistello C
aracciolo mentre a
lla Certosa e al Museo
di Sa
n Martino il percorso di mostra
si snoda tra le cappelle dell’Assunta, di San Gennaro, di San
Martino e nel Coro della Chiesa, oltre che nelle sale dedicate a Battistello nella galleria del Quarto
del Priore.
La mostra di Caracciolo fa parte del programma
di esposizioni
che porta avanti il Museo e Real Bosco
di Capodimonte su
che hanno avuto una stretta relazione con
Napoli
anche se fugace, come nel caso di Picasso e, più recentemente,
Jan Fabre o Santiago
Calatrava, e che
hanno visto il loro lavoro influenzato, spinto a esprimere
qualcosa di diverso o a
volte a prendere un
nuovo corso, dall’esperienza napoletana. Dopo Luca
Giordano, Vincenzo Gemito,
Salvatore Emblema e
ora Battistello C
aracciolo
este mostre monografiche sono
spesso le prime
in assoluto ad essere realizzate
su questi artisti e
contribuiscono
ad una migliore
individuazione, se
non della Scuola, almeno del
milieu
milieu
complesso che non ??
essere compre
solo
da mostre strettamente filologiche
aperta
al mondo
come Napoli:
gli scambi e l’unicità delle scienze umane nel senso
più ampio del termine,
sono qui ?? rilevanti della
storia tradizionale e delle limitate mostre “scientifiche”
gni mostra
influenzata
quelle
che l
’hanno preceduta
c??che ci ha insegnato i
l suo soggetto, ma anche
sull’arte di esporre, di raccontare e sulla ricettività
del pubblico
In questo caso la mostra
Oltre
Caravaggio. Un nuovo
racconto della pittura a Napoli
a cura di Stefano Causa e Patrizia Piscitello,
inaugurata lo scorso
31 marzo,
ha influenzato anche
la mostra su
Battistello
Caracciolo
, suggerendo
introdu
zione di
elementi di confronto con la scultura
o con opere pittoriche di diversa sensibilità,
apparentemente
opposte alla figura di Caracciolo, scuotendo
generi e materiali, senza cadere nel
concetto
di mostra di Civilt?,
ha permesso
di comprendere
meglio la peculiarità di questo pittore, di
cambiare
prospettive e di dare nuove letture al ricco e poliglotta
dialo
go artistico nel potente
iceregno spagnolo,
sempre scos
so dall’arrivo di nuovi talenti p
rovenienti da Firenze, dalla Spagna
o da Roma,
come Caravaggio, artisti qual
i Ribera, Lanfranco,
Naccherino e le loro
opere presenti in mostra, rendono l’allestimento una
festa visiva più rilevante e
più ricca, dove il visitatore
? un complice invitato a interagire.
Nato a Napoli nel 1578, dove muore nel 1635,
Giovan Battista Caracciolo detto Battistello
? il
primo e il maggiore
dei pittori caravaggeschi meridionali. Il pittore fu riscoperto con un articolo del
1915 in due puntate sulla rivista l’Arte dal
giovane Roberto Longhi (1890
1970). Lo scrittore e storico
d’arte di origine piemontese non rinnegherà mai la passione per il p
ittore, di cui riusc?a procurarsi,
per la propria raccolta di quadri caravaggeschi, un’opera come il potente
Seppellimento di Cristo
qui esposta (Firenze, Fondazione Longhi). Se Battistello fu quanto di pi?simile ad un allie
vo il
Caravaggio (1571
1610)
avesse avuto, bisogna riconoscere che fu un caravaggesco molto infedele.
A differenza del maestro, egli disegna, affresca e incide. Alcuni dei lavori più impegnativi dell’ultimo
tempo del Caracciolo, negli anni 1630, sono tra i capolavori della pittura mu
rale in Italia meridionale.
Battistello, di fatto, si forma come frescante tra la fine del ‘5oo e i primi del ‘6oo e, come pittore ad
affresco, conclude, con l’aiuto di una bottega, il suo percorso in alcune delle maggiori chiese della
città.
L’esposizion
e nella sala Causa del Museo e Real Bosco
di Capodimonte
comprende circa
80 opere
in dialogo tra loro tra quelle
g??
presenti nel museo
altre giunte qui grazie a importanti prestiti di
collezioni pubbliche, naz
ionali ed estere, collezioni e
cclesi
astiche e collezionisti privati.
Tra gli
enti
pubblici
prestatori
si ringraziano i
Musée Cantonal des Beaux Arts
di Losanna in
Svizzera,
Cathedral Museum
Mdina
a Malta,
Kunsthistorisches Museum
di Vienna, il National
Museum di Stoccolma, l’Unive
rsità di Torino, la
Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di
Torino
, la Galleria Nazionale delle Marche
Palazzo Ducale
di Urbino, le
llerie Nazionali di Arte
Antica
Palazzo Barberini e Galleria Corsini
di Roma,
Galleria Borghese di Roma,
Museo di
Palazzo Pretorio
di Prato, Galleria Regionale della Sicilia
Palazzo Abatellis di Palermo, la
Pinacoteca
di Brera
di Milano, la
Soprintendenza ABAP per le province di Cremona, Lodi e Mantova
, la
Firenze e delle provincie di Prato e Pistoia
Musei
del Bargello
di Firenze e la Galleria degli Uffizi di Firenze,
Soprintendenza ABAP per la cit?
Soprintendenza ABAP del
Molise
Ministero degli Interni
Fondo Edifici di Culto, e le istituzioni campane come
Biblioteca
e Compl
esso monumentale dei Girolamini a Napoli
il Pio Monte della Miser
icordia a Napoli, la
Direzione regionale Musei Campania e la Certosa e
Museo di San Martino a Napoli,
Soprintendenza ABAP del comune di Napoli
Napoli
Soprintende
nza ABAP di Salerno e Avellino
il Museo Civico Gaetano Filangieri di Napoli,
il Museo Correale
Terranova
di Sorrento
. Importante l’apporto della
Fondazione Giuseppe e Margaret
De Vito per la storia dell’arte moderna a Napoli
di Vaglia (Firenze
della
dazione di Studi di
Storia dell’Arte Roberto Longhi
di Firenze e della Collezione Michele Gargiulo. Fondamentali per la
mostra i prestiti provenienti dagli
enti ecclesiastici
: la
Collegiata di S. Maria di Ognissanti
Stilo
eggio
alabria
chiesa
della Nativit? della Beata Maria Vergine Roccadaspide (Salerno),
Museo Diocesano
Cremona,
Chiesa di San Michele Arcangelo
Baranello (C
ampobasso)
Cattedrale di Santa Maria Assunta
al Duomo di Napoli,
Deputazione della Real Cappella del Te
soro
di San Gennaro
Duomo,
Cappella del Tesoro di San Gennaro
Curia Arcivescovile di Napoli
Chiesa d
i Santa Maria di Costantinopoli
Chiesa Santa Maria Incoron
Turchini, la
Chiesa del Ge??Vecchio
Chiesa di Sant
a Maria della Stella, p
dell’Interno
Fondo Edifici di Culto
, la
Augustissima Arciconfraternita ed Ospedali della SS. Trini??
dei Pellegrini e Convalescenti
Basilica dell’Incor
onata Madre del Buon Consiglio.
Si ringrazia
Nucleo C
arabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Napoli
e tutti i
collezionisti privati.
Un percorso articolato per comprendere come e quanto Battistello Caracciolo sia stato influenzato da
Caravaggio, come si intuisce nelle parole del De Dominici ?
): “
Ora fra coloro che allettati
rimasero da ??nuova maniera
? [
di Caravaggio
, uno fu il nostro Caracciolo, ed a tal segno se ne
compiacque che, lasciate in abbandono tutte quelle da lui per l’innanzi seguitate maniere, a questa
tutto si volse ed assolutamen
te si propose di seguitare…’
ma anche per studiare in cosa se ne discostò.
Battistello Caracciolo
, infatti,
? un caravaggesco in controtendenza: lo dimostrano i suoi disegni, co??
nitidi e veloci, strettamente correlati all’esecuzione di un dipinto. Com’è
noto il
modus operandi
Michelangelo Merisi, per come lo conosciamo attraverso le fonti e le opere a noi pervenute, trascurava
l’esercizio grafico preliminare alla realizzazione pittorica
i fondamentale importanza per la
comprensione del ruolo del dise
gno nell’opera di Battistello è stato il riconoscimento della sua mano
in diversi disegni conservati presso il National
useum di Stoccolma. I fogli, alcuni
dei quali
esposti,
furono portati in Svezia alla fine del Seicento dall’architetto Nicodemus Tessin
il Giovane, di ritorno
dai suoi viaggi in Italia
. E ancora una volta ci sorreggono nella comprensione dell’artista le parole di
De Dominici:
Fu però molto studioso nelle nostre arti e d’un pensiere facea più disegni, e quello
che poi eligeva, lo rivedeva
con disegni fatti sul vero da figura a figura, disegnando perlopi?con
lapis piombino o con penna’.
Ma vediamo nel
dettaglio il percorso di
mostra in Sala Causa al Museo
e Real Bosco di Capodimonte
e poi le opere
in situ
presenti al Palazzo Reale di Napol
i e alla Certosa
e al Museo di San Martino
Il percorso di mostra
Museo e Real Bosco di Capodimonte, sala Causa
Napoli
Il progetto di allestimento della mostra al Museo e Real Bosco di Capodimonte ? curato
arquitectos (Roberto Cremascoli
, Edison Okumura, Marta Rodrigues) & Flavia Chiavaroli
avevano già curato l
installazione della mostra
Caravaggio Napoli
nel 2018.
Se per Caravaggio fu la
notte, per Caracciolo è l’incarnato bronzeo dei suoi Cristi, delle sue Madonne, il corpo di
Sant’Onofrio
, l’unicità ed il grande stacco del maestro, firma unica ed incontrovertibile come il suo
monogramma. Le pareti si ve
stono della stessa tonalit? bronzea, la stessa irregolarità, la stessa
materica verità.
proget
tisti hanno interpretato l
dei curatori
“Volevamo un Battistello
centrifugo e non disorientante”
realizzando un
a sequenza di sp
azi che permette
giochi di sguardi,
confronti tra movimenti e contro
movimenti, presenze forti come le sculture marmoree degli apostoli
che inquadrano la grande pala
Madonna con Bambino e Santi
proveniente dalla Cattedrale
di Stilo.
Dagli inizi, sino alla maturità della sua produzione artistica, si trova in ogni sala un confronto tematico
e stilis
tico, disegnato con dovizia dai curatori, con i grandi maestri coevi: da Francesco Curia a Jusepe
All’ingresso, grazie anche all’interazione con l’installazione
multimediale curata da Stefano Gargiulo, un’austera finestra, che rimanda alla facciata della Cappella
presenze importanti come quella di Fabrizio Pignatelli, scultura per il suo monumento funebre
proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Mater Domini di
Napoli. Un’analoga apertura ci anticipa,
più in ??nel percorso, uno sguardo verso le ultime due sale, verso i bozzetti di Battistello, materia
prima e primordiale del pittore, ed il suo ultimo scambio dialogico,
in chiusura, con Mattia Preti.
I colori e i gesti arc
aici di Battistello Caracciolo
Installazione
site specific
di Kaos Produzioni
Il percorso di mostra inizia con un
‘installazione
site specific
realizzata da Kaos Produzioni con la
direzione artistica di Stefano Gargiulo e l’elaborazione musicale di Bruno Troisi, in cui
le immagini
e i suoni introducono il visitatore nei mondi di luce e ombre
del naturalismo di Battistello.
differenze tecniche e
cromatiche dei s
uoi lavori trasfor
mano i lividi
in grandi ricami colorati negli affreschi rendendo palese come l’alternanza tra ombra e luce ?
condizione imprescindibile non solo per l’artista ma per la stessa vita.
a profondit? dell’ombra
necessita del
la luce per essere riconosciuta, al contempo la luce semplifica, chiarisce e rassicura ma
senza il buio dell’ombra l’uomo sarebbe ancora nel noioso paradiso terrestre
Il Battista e altri ragazzi di vita
La vicinanza ai modelli del Caravaggio ? testimoniata da
alcuni dipinti da stanza databili tra la fine del primo e gli inizi
del secondo decennio del ‘600. La collocazione delle opere ?
tale da rimarcare le diverse tappe del percorso di crescita
artistica
di Battistello. Si comincia con il
San Giovanni
giovinetto proveniente dal Museo Filangieri e si
prosegue idealmente con
Il giovane San Giovanni nel deserto
di Berkeley e il
San Giovanni
Battista
fanciullo
del 1622 ca.
della fondazione De Vito
: dalla sensualit? esplicita
e torbida che evoca i ‘ragazzi di vita’ delle opere di
Caravaggio. L’
Amorino dormiente
el 1622 d
i Palazzo
Abatellis a Palermo ? riconducibile, per la resa plastica del
nudo e la linea di contorno, allo stesso soggett
o di Caravaggio
di Palazzo Pitti a Firenze.
Il tema del “Gesù infante con
Giuseppe” è al centro di altri due dipinti di Battistello, l'uno
proveniente dal Museo di Losanna e l’altro da una collezione
privata;
l coinvolgimento dello spettatore ? il minimo
comun denominatore di queste prove del
Caracciolo.
L’ombra di Caravaggio
Con l’arrivo a Napoli del pittore Michelangelo da Caravaggio (alla fine del 1606), entra nel vivo la
stagione del naturalismo nel Vicereame. All’altezza del 1607
’08,
l’Immacolata
Concezione con i
santi Francesco di Paola e Domenico
costituisce il primo sforzo coerentemente caravaggesco di Battistello.
L’Immacolata della Stella è la
prima opera pubblica di Battistell
o non ad affresco; il maestro aveva meno di trent’anni e nella pala
suffragata dai documenti, fissa tra il 1607 e il 1608.
Il pittore ne era così orgogli
oso da lasciare la
firma per esteso in basso e autoritrarsi nella figura dell’Adamo che la indica. La composizione del
dipinto innova il tradizionale schema neo cinquecentesco adottato ancora da maestri di generazione
precedente come, fra tutti, F
abrizio S
antafede (1560 circa
1628 post). Il carattere realistico dei volti
dei santi nella parte inferiore del dipinto assegna a Battistello un posto di rilievo nell’evoluzione del
ritratto storico nel Vicereame. Se a Napoli, negli stessi anni, il pittore Carlo Se
llitto (1581
1614) si
mostra in grado di dipingere ritratti di inusitato realismo, i confronti ?? incisivi si pongono con
l’ambiente degli scultori. Per questo
i curatori hanno deciso di
avvicina
alla pala, un apice della
statuaria devozionale come il
itratto di Fabrizio Pignatelli di Monteleone
eseguito dal toscano
Michelangelo Na
ccherino (1550
1622) per la chiesa di Santa Maria di Materdomini nel 1607.
Fabrizio Pignatelli fu un personaggio di grande rilievo nell’aristocrazia napoletana del secondo
nquecento ed incarnava il profilo del buon cristiano espresso nei dettami della Controriforma. Nella
statua/ritratto realizzata da Naccherino per il suo monumento sepolcrale l’intento della
rappresentazione ? pi?devozionale che
celebrativo: il defunto ?
inginocchiato, ha
deposto le armi, in atteggiamento di umile
sottomissione.
l nesso di Battistello con gli scultori forestieri
in cit??e nel Viceregno si sostanzia con il
posto di rilievo assegnato a un capolavoro
della scultura di primo ‘6oo come il bus
databile tra il 1620 e il ’23, di Girolamo Flerio
del bergamasco Cosimo Fanzago (1591
1678) nella chiesa napoletana di Santa Maria
di Costantinopoli.
In questa sala sono infine raccolte, insieme
alla celebre e precoce
Madonna col Bambino e San
annino
del 1607 ca.
del Museo di San Martino
a Napoli, altre due opere di forte impronta
caravaggesca, databili possibilmente entro il primo
decennio del ‘600: l’
Ecce Homo
del 1607
(foto in alto)
del Museo
e Real Bosco
Capodimonte e il
Fortitudine
Pares o
Cupido e la
Morte
del 1608
1610 (foto
, raro soggetto
allegorico del Museo della Cattedrale di Mdina
(Malta). Nella posteriore
Fuga in Egitto
caratterizzata da un punto di vista ribassato, il
modellato dei contorni e l’ovale della Madonna
fanno g??presumere il contraccolpo delle prime
opere di Ribera ?giunto a Napoli nel 1616).
Battistello e Curia
a confronto
La tela
Battesimo di Cristo
dei Gerolamini
(foto a sx?
databile all’incirca nel 1610,
ritrae san Giovanni Battista
impartisce il Battesimo a Cristo, mentre la colomba,
che simboleggia lo Spirito Santo, irrompe nella scena.
L’affinità della struttura compositiva con quella de
martirio di Sant’Orsola di Caravaggio
(1610?
eseguita
per Marcantonio Doria (Napoli,
Galler
ie d’Italia),
suggerisce che il Battesimo sia di poco posteriore. Le due
figure emergono prepotentemente da un fondo scuro, e
sono illuminate da una luce laterale che ne evidenzia
alcuni particolari anatomici.
Se nel quadro dei Gerolamini
è caravaggesca l’
invenzione di due figure isolate in una stanza scura; spetta solo al Caracciolo la
scoperta e la valorizzazione di un’umanità dolente e dolorosa. Qualche anno prima, Francesco Curia
(1538
1608) avev
a affrontato lo stesso tema nel
Battesimo
della Cappella
Brancaccio: qui le figure
sono riprese con un paesaggio con altri battezzandi.
stensione e ingentilimento del C
aravaggismo
Eseguita nel 1615 la
Libera
zione di San Pietro dal
carcere
(foto
? uno dei dipinti più celebri del
Caracciolo e di tutto
il ‘6oo caravaggesco. Visibile su
uno degli altari della chiesa del Pio Monte di
Misericordia, rimette in una chiave
iconograficamente più piana una delle opere di
misericordia corporale che, nel dipinto sull’altare
maggiore della chiesa, il Caravaggio, me
no di dieci
anni prima, aveva reso nella celebre pala dell’altare
maggiore.
Per questo Battistello rivisita l’affresco di
eguale soggetto eseguito da Raffaello, tra il 1513 e il
’14, per la Stanza di Eliodoro in Vaticano.
La “Liberazione di San Pietro” è
inoltre il quadro
dove lo stile di Battistello risente più chiaramente del
contatto con il Gentileschi, conosciuto a Roma un
anno prima (1614), e che qui viene ripensato dal
pittore nelle stesure dell’abito dell’angelo. A distanza
di cinque anni dalla mort
e del Caravaggio (1610), la
tensione e il rigore del primo naturalismo vengono
ammorbiditi e stemperati.
Una questione di stile. Ribera e Battistello alla fine del primo ventennio
Dopo un soggiorno
a Roma Jusepe de Ribera (1591
1652) si
trasferisce a
Napoli nel 1616. Nello spazio di pochi mesi lo spagnolo
riesce a mutare definitivamen
te le sorti della pittura locale
. A molti
’10)
erano apparse stilisticamente anomale perc? basate su una
olozza
di colori ristretta a
l lessico tardo del maestro, privo di una precisa
traccia disegnativa e talvolta volentieri improvvisato. Ribera rimette
al centro i virtuosismi tecnici e gli effetti pittorici di superficie:
Battistello reagisce prontamente all
e novit? del pittore spagnolo. Lo
si vede sia nella
pala d
Trini? Terrestre
dei Turchini (1617) a Napoli dove, nella testa del San Giuseppe,
dei Gerolamini)
, sia nella
Madonna d’Ognissanti
del 1616
1619,
proveniente dalla
Collegiata di S. Maria di Ognissanti
Stilo
eggio
alabria
La tela monumentale
(foto a sx?
restituisce una complessa rappresentazione del
“Paradiso” con i protagonisti disposti su due
registri sovrapposti, secondo i precetti sanciti dalla
Controriforma. In alto ? raffigurata la Chiesa Trionfante, con al centro Maria col Figlio, coronata da
angeli e circondata da santi. Complessa ed articolata la relazione tra le figure, fatta di gesti e
sguardi, il dipinto costituisce un autentico punto di svolta nella carriera di Battistello, conquistato
dagli
effetti pittorici di superficie
dello spagnolo
Ribera giunto a Napoli nel 1616.
L’occasione di
avere in mostra il dipinto corona una delle
giunture cruciali della storia della pittura a
Napoli del secondo decennio del Seicento. Sul lato
si vede un’opera tra le più impegnative della maturità
del maestro:
il Miracolo di Sant’Antonio da Padova
(foto a dx)
della chiesa d
i San Giorgio dei Genovesi,
in temporanea consegna
a Capodimonte
dal 1985
, di
cui si presenta il bel bozzetto autografo, privo della
parte superiore con l’apparizione angelica.
La pala
raffigura uno dei miracoli più noti compiuti da
Sant’Antonio da Padova:
la resurrezione di un morto
che scagiona suo padre, ingiustamente accusato
dell’omicidio. Databile intorno agli anni ’20 del
‘600,
e siglata,
col monogramma in alto a sinistra:
la tela evidenzia l’assimilazione degli esiti
caravaggeschi in particolar
e l’angelo in volo ricorda
quello delle Sette opere di Misericordia dipinto da
Caravaggio per l’altare maggiore della Chiesa
dinamismo che rivela, da parte
di Caracciolo, l’intelligente rilettura delle opere romane di Giovanni
Lanfranco (1582
1647).
Figure seminude in una stanza. Genesi e variazione di un tema caravaggesco
La Crocifissione con i dolenti
si può ancora una volta confrontare
con la
Crocifissione di Sant’Andrea
di Caravaggio oggi al Museo
cambiamento della luce che ammorbidiscono la composizione.
Le altre tele a figura intera
Davide con la testa di Golia
prima del 1612
della
Galleria
Borghese
di Roma
Cristo
e allo
scherano
della
Crocifissione
del 1610 ca.
di Capodimonte
rivelano un incremento stilistico da leggere in direzione del
Gentileschi e del Ribera (giunto a Napoli nel 1616). Si nota nel
Sant’Onofrio
del 161
della Galleria Corsini
?foto a d
avvicinamento al pitt
ore spagnolo, che si estende al
Compianto
Cristo
morto
del 1620 ca.
di Baranello in Molise (appoggiata
a un prototipo del Ribera? e al
Cristo
morto trasportato al
sepolcro
del 1620 ca.
della F
ondazione Longhi.
Restauri rivelatori
dominata dallo spagnolo Ribera. Dipinti sacri o
mitologici
come il
San Gerolamo e l’angelo
, la
Trini??terrestre con santi
, oltre che il
Sileno ebbro
firmato nel ’26
si offrono come modelli a tutti i
Quella di Battistell?? una rilettura
di Ribera molto
personale: la
Gloria di
San Luigi Gonzaga
ocumentato da un pagamento di acconto del 2
gennaio
1627) del
la Chiesa del
Ge? Vec
?foto
a sx?
, che grazie all’impeccabile restauro per la
mostra, svela integralmente la rara tav
olozza e la
resa illusionistica.
L’invenzione potente di una figura che, scortata da angeli, ascende dal nostro
spazio reale viene replicata nell’
Immacolata Concezione
di Roccadaspide
del 1627 ca.
?foto a dx).
Nella tela cilentana si dispiega l’elaborato panneggio, che avvolge la figura
nei termini di una statua processionale. Questo nesso giustifica l’esposizione
busto devozionale di Santa Pat
rizia
, una delle compatrone di Napoli.
Datato nel 1625, raro esempio dell’arte argentaria della prima metà del
secolo, spetta a Leonardo Carpentiero, fatto giustiziare dal Cardinale Zapata
per reato di lesa maest?.
L’attivazion
e dinamica dei nodi nar
rativi
n questa sala
si presentano
due tele da stanza del maestro risalenti, con ogni probabilit?, agli anni
1620: il
Noli me tangere
del 1618
di Prato
(foto a
sx?
, e il
Cristo e la Samaritana
del 1622
?foto in
basso)
, tra i culmini seicenteschi della
Pinacoteca di
Brera. Vi si apprezza lo sforzo di attivare
dinamicamente il modulo, di origine caravaggesca,
di due o ??
personaggi a
mezzo busto
o a tre quarti
in uno
stanzone
scuro, con
tagli
scorciati e
punti di vista ribassati che contribuiscono ad ani
mare i
dialoghi tra le figure. Non vi ? dubbio che la conoscenza delle
opere romane di Giovanni Lanfranco (1582
1647), specie la
decorazione della Cappella Bongiovanni in Sant’Agostino
(1616), sia stata cruciale per questi incrementi di stile e cultura
l’opera di Battistello. Infine l’interpolazione di un gruppo
1629) come il
San Martino e il povero, più antico di un ventennio, rivela come Battistello avesse saputo trarre frutto
dalla lezione degli scultori a
Napoli.
Lo spettatore come complice
Figurano in questa sala tre apici della
prima maturit? del Caracciolo
collocabili nel corso del secondo
decennio. Si tratta del cosiddetto
Cristo e Simone da Cirene o “Qui vult
venire post me” ?dal Vangelo di Luca)
Torino, Università)
?foto a sx?
proveniente dalla collezione di
Marcantonio Doria a Genova dove ?
attestato nel 1614.
L’opera è siglata
sul margine destro
e sul retro si legge
la scritta “Del Caracciolo”; con
Nel 161
4 Battistello riceve ottanta
ducati da Lanfranco Massa,
procuratore di Marcantonio Doria, come pagamento di una tela raffigurante un Cristo Portacroce. Il
titolo dell’opera ricalca la celebre esortazione cristologica riportata nei vangeli: «Se qualcuno vuo
i segua
». L’adozione di un
glio ravvicinato ? funzionale a
coinvolgere chi guarda tra gli astanti del calvario. Si tratta di una
strategia di
coinvolgimento che Battistello
erimenta anche in altri dipinti da stanza.
Il recente
restauro (2019? ha riportato alla piena leggibili??una tavolozza smagliante e una serie di dettagli
dai panni stracciati del ragazzino fino ai piedi sporchi in primo piano
che rivelano il ripensame
degli ultimi capolavori del Caravaggio ?a cominciare dalla
Madonna del Rosario
, oggi a Vienna,
Kunsthistorishes Museum). Lo affiancano una
Salomé con la testa del Battista
, di una collezione
privata e, infine, la celebre tela di eguale tema proveniente
dalla Galleria degli Uffizi, pure databile
tra il 1615 e il ’20 e attestata, su base documentaria, negli appartamenti del giovane principe Leopoldo
dei Medici gi? nel 1638. In questi dipinti lo spettatore, direttamente chiamato in causa, diventa
complice
della scena che si sta consumando.
Accoppiamenti traumatici e giudiziosi
Leda e il cigno
del 1630
(foto)
riferibile su
esclusiva base stilistica al finale di partita del
pittore, appartiene a una collezione privata.
soggetto di questo quadro da
stanza ? tratto dagli
amori di Zeus, capace di tramutare il proprio
aspetto per sedurre ignare fanciulle: invaghitosi
della bella Leda, il re degli dei si trasforma in un
cigno. Riferita alla fase di estrema maturit?
dell’artista, la tela presenta brani di
notevole
virtuosismo, soprattutto nella resa del piumaggio
del cigno.
Collocabile ai primi anni 1630, come
Venere e
Adone
, quando più scoperti appaiono i debiti di
Battistello nei confronti dei maestri bolognesi
specie del Domenichin
o (1581
1641) e del
Lanfranco,
entramb
attivi a Napoli nella Cappella
del Tesoro di San Gennaro dagli inizi degli anni
Il soggetto
Venere e Adone
desunto dalle
Metamorfosi di Ovidio
ritrae il commiato di
Adone,
che lascia Venere per una battuta
di caccia.
La tela,
SS. Marcellino e Festo, per potere essere inserita
in un contesto ecclesiastico era stata ridipinta, in
particolare la figura femminile coperta e Adone
mutato in un Santo, non facilmente identificabile, forse un San
Rocco o un San Vito o San Giuliano
l’uccellatore. Solo grazie ad un restauro rivelatore, del 1983, è emersa la figura di Venere. L’opera è
ascrivibile alla maturità dell’artista per il modellato morbido supportato da un attento uso del disegno.
I dipinti
qui esposti rivelano una trama di riferimenti alla pittura bolognese, a cominciare dalla
decorazione del soffitto della Galleria Farnese a Roma, come nelle figure di Adone e Venere; c??
come sembra rinviare a questo anche il tema, di origine ellenistica,
ma ripreso dalla tradizione
cinquecentesca nella Leda col cigno. Da un punto di vista stilistico siamo negli anni delle imprese di
San Martino dove, secondo le parole del De Dominici, Battistello usò: ‘
più tosto maniera chiara, che
la sua solita oscura e c
aricata di lumi…’.
Battistello e Lanfranco
Nato nel 1582 e giunto
a lavorare a Napoli, dove si tratterr?
dal 1634 al ‘46, Lanfranco è a Napoli il più decisivo pittore
risente di Lanfranco ? nessun altri che Battistello.
Le opere
maestro
condotte
nel corso
gli anni
1620 e
nella
prima
‘30
stabiliscono il riadattamento, in chiave ormai moderatamente caravaggesca, di invenzioni spaziali e
compositive di Lanfranco
(nella foto in alto
Vergine
con il bambino e
le sante Maria Egiziaca e
Margherita
. La matrice naturalistica rimane, nondimeno, riconoscibile nel percorso
maturo di Battistello
(nella foto in alto a dx
Madonna col bambino e Sant’Anna,
1625)
Battistello disegnatore
Corridoio
Battistello Caracciolo ? un caravaggesco in controtendenza: lo dimostrano i suoi disegni, così nitidi
e veloci, strettamente correlati all’esecuzione di un dipinto. Com’è noto il modus operandi di
Michelangelo Merisi, per come lo conosciamo attraverso le f
onti e le opere a noi pervenute, trascurava
l’esercizio grafico preliminare alla realizzazione pittorica
Di fondamentale importanza per la
comprensione del ruolo del disegno nell’opera di Battistello è stato il riconoscimento della sua mano
in diversi dis
i conservati presso il National M
useum di Stoccolma. I fogli, alcuni qui esposti,
furono portati in Svezia alla fine del Seicento dall’architetto Nicodemus Tessin il Giovane, di ritorno
dai suoi viaggi in Italia, nel corso dei quali nel 1676 si spinse f
ino a Napoli. Tra questi alcuni solenni
studi a matita in cui Battistello approfondisce le singole figure, in vista dell’esecuzione pittorica. Fa
parte del gruppo lo splendido studio per la figura di Gonzalo Fern?ndez de Córdoba, primo vice? di
Napoli dal
1504 al 1507, nella scena della Consegna delle chiavi della cit??dipinta da Battistello sulla
volta della Sala del Gran Capitano nel Palazzo Reale di Napoli.
Oltre Battistello
Chiude l’itinerario battistelliano un vero capolavoro degli
i di Mattia Preti (1653
’59), ma che costituisce
un unicum:
Scena di carit?
con tre
fanciulli mendicanti
(foto)
in uno sfondo urbano, chiedono l’elemosina rivolgendosi
direttamente a noi. Mentre coinvolgono lo spettatore come
mai avvenuto prima e raramente in seguito, questi scugnizzi
seicenteschi si riallacciano, in stile e concetto, al
Battista
Museo Filangie
ri con cui si apre il percorso. E cos??mentre il
regnicolo Preti, intorno al 165
’58, dà idealmente la mano al
napoletano Caracciolo a vent’anni dalla morte, finita la
mostra ricomincia la mostra.
Le opere
in situ
al Palazzo Reale di Napoli
La sala
del Gran Capitano affrescata da
Battistello Caracciolo
Parte dell’appartamento del viceré nel Seicento e di quello di Carlo di Borbone nel secolo successivo,
la sala del Gran Capitano prende il nome dagli affreschi della volta, eseguiti da uno dei
primi seguaci
del Caravaggio a Napoli, Giovan Battista detto Battistello Caracciolo (Napoli 1578
1635). I dipinti
raffigurano Storie del Gran Capitano Gonzalo Fern?ndez de Córdoba, che dopo aver sconfitto per due
volte l’esercito francese divenne il primo
vice? spagnolo di Napoli (1504
1507). Negli angoli gli
stemmi e le imprese di don Pedro Fern?ndez de Castro, VII conte di Lemos, collocano verosimilmente
i affreschi al periodo del suo V
iceregno (1610
1616): si tratta pertanto di una delle volte dipint
e ??
antiche del Palazzo, anteriore ai due cicli affrescati da Belisario Corenzio nella seconda anticamera e
nella sala degli Ambasciatori.
Gli affreschi
ampiamente ridipinti alla
metà dell’Ottocento e
restaurati nel 1990
illustrano le varie fasi dell
conquista militare
spagnola del Regno di
Napoli, condotta da
Gonzalo Fern?ndez de
Córdoba, detto il Gran
Capitano
(1502?
come
indicato anche dalle
iscrizioni in lingua
spagnola
, come indicato
anche dalle iscrizioni in
lingua spagnola:
Il Gran
Capitano si impossessa della Calabria
(al centro),
assalta i francesi a Ba
rletta
(parete nord),
duella
con Monsieur de La Palice a Ruvo
(parete ovest, molto rovinato),
incontra gli ambasciatori di Napoli
che gli offrono le chiavi della cit??
(parete sud),
entra trionfante in Napoli
(parete est).
Battistello Caracciolo risolve i
n chiave
monumentale il linguaggio naturalista e, con
spirito di adesione alla storia, inserisce veri
ritratti nelle scene dipinte; in particolare, nel
volto dell’uomo con baffi e pizzetto neri che
sporge tra due figure al centro della scena
dell’Incontro
con gli ambasciatori di Napoli
sono riconoscibili i tratti di Michelangelo
Merisi da Caravaggio, omaggio del pittore
uno dei pochi pittori caravaggeschi che
sperimentarono le innovazioni del Merisi nella
nica ad affresco. Il ciclo ? ispirato alle
Historie delle guerre
fatte da Consalvo di
Cordova detto il Gran Capitano, pubblicate a
Napoli nel 1607.
Le opere
in situ
alla Certosa e
Museo di San Martino (Chiesa e Quarto del Priore?
«Ma le più belle opere di Giovan Battista si veggono nella chiesa bellissima di San Martino, de’
padri certosini?
scrive Bernardo De Dominici, parlando di Battistello Caracciolo, che contribuì a
rendere splendida e moderna la Certosa napoletana nei primi decenni del Seicento. Al pittore,
anche la Direzione
regionale
Musei
Campania e la Certosa e Museo di San Martino hanno voluto dedicare uno speciale
approfondimento nell’ambito della mostra
Il patriarca bronzeo dei Caravaggesch
i. Battistello
Caracciolo ?1578
1635?
frutto della coll
aborazione istituzionale con il Museo e Real Bosco di
Capodimonte e Palazzo Reale di Napoli.
Alla mostra principale di Capodimonte, si collega idealmente e concretamente il racconto di
Battistello a San Martino, che si snoda tra i luoghi caratterizzati da
gli interventi che il pittore eseg?
per la committenza certosina al tempo della sua piena mat
urità:
dalla grande tela per il coro del 1622,
ai dipinti per la sala del capitolo del 1626, agli affreschi per le cappelle dell’Assunta e di San Gennaro,
per le
quali aveva realizzato anche le pale d’altare poi spostate in altri ambienti, che si scalano nei
primi anni trenta, poco prima della morte avvenuta nel 1635.
Per poter apprezzare pienamente lo
sforzo straordinario messo in campo da Battistello e dagli altri artisti chiamati a decorare la Certosa
negli anni di Cosimo Fanzago,
la Direzione r
egionale Musei
Campania ha
voluto
“ri
accendere le luci
nelle c
appelle e negli spazi annessi alla Chiesa, grazie ad un nuovo eccellente impianto di
illuminazione, che rappresenta il primo passo di un processo di rinnovamento che rigua
rder? presto
l’intero complesso,
grazie al lavoro della direzione e di tutto il perso
nale.
Il racconto di Battistello a San Martino si conclude nella Sala dedicata al pittore all’interno della
galleria del Quarto del Priore, dove sono esposti, grazie ad un allestimento progettato per l’occasione
e in dialogo con quello della mostra di Capo
dimonte, i dipinti, i bozzetti per gli affreschi e anche, per
la prima volta, i disegni di Battistello conservati nelle raccolte del museo, che dimostrano la maestria
e la duttili??di un artista al quale, a fronte del naturalismo ben compreso e praticato,
certo non
difettavano lo studio e l’invenzione.
In occasione dell’inaugurazione della mostra, giovedì 9 giugno 2022 alle 18.30, la Certosa e Museo
di San Martino sar? aperta al
pubblico con
ingresso gratuito, dalle ore 18.00
alle
22.00 (la
biglietteria chiude alle 21
.00). Saranno visitabili la Chiesa e gli ambienti annessi, la Sala della Cona
dei Lani, il Quarto del Priore, la Sezione presepiale e il Refettorio.
Il percorso di mostra nella
Chiesa
Cappella dell’Assunta
L'assetto attuale della cappella dedicata all’Assunzione di Maria è frutto di una complessa attività
artistica iniziata negli anni '30 del ‘600 con il programma decorativo di Battistello Caracciolo per
compiersi poi intorno al 1756 con gli interventi di Fr
ancesco De Mura, Giuseppe Sammartino e
Niccolò Tagliacozzi Canale. L’intervento di Battistello si colloca alla fine del suo percorso artistico,
quando la vena naturalistica si stempera in favore di un rinnovato interesse per la pittura classicista
di ambit
o emiliano. La volta della cappella ? suddivisa in nove riquadri, tramite una incorniciatura
tardomanierista in stucco dorato, che illustrano le scene salienti della vita di Maria: al
Sogno di
Gioacchino
seguono
l’Incontro tra Anna e Gioacchino alla Porta
Aurea, La Nascita della Vergine,
La Presentazione di Maria al Tempio, Lo Sposalizio della Vergine, L’Annunciazione, La Visitazione,
L’Incoronazione di Maria
l’Immacolata Concezione.
Il ciclo della
volta si
raccorda con i
due grandi
affreschi dei
laterali: a
sinistra
Adorazione
dei Pastori
(foto)
a destra
Presentazione
di Ge??al
tempio.
Il sottarco di accesso presenta tre scene con i miracoli della Vergine in soccorso all’ordine certosino.
I due comparti ai lati del finestrone mos
trano re David con testa di Golia, e un profeta, forse Iesse,
padre di David e antenato di Cristo.
Cappella di San Gennaro
a prima cappella, dedicata a San
Gennaro vescovo e martire,
patrono di Napoli, ? il risultato di
un’articolata vicenda
artistica
conclusasi nel 1711 con gli
interventi di D
omenico
ntonio
Vaccaro. Tra il 1632 e il 1633
Battistello Caracciolo realizza gli
affreschi della volta
(foto)
, delle
due lunette e tre tele raffiguranti
le scene del martirio di San
Gennaro
descritte d
agli Atti
Vaticani (VII secolo). La decisione
dei certosini di dedicare una delle
cappelle della Chiesa al Santo
patrono ? dovuta al clima generale
di rinverdimento del culto di San
Gennaro all’indomani della
terribile eruzione vesuviana del
16 dicembre
1631 e al presunto
intervento miracoloso del Santo.
La volta della cappella, suddivisa
in cinque riquadri con cornici in stucco dorato opera di Cosimo Fanzago, narra le torture patite da
Gennaro e dagli altri martiri.
li postumi del Santo: a sinistra, il
primo prodigio della liquefazione del sangue occorso durante la traslazione delle reliquie nelle
Vesuvio del 1631.
Nel so
ttarco sono raffigurati i santi Francesco di Paola, Andrea Avellino e
Giacomo della Marca.
Le due tele laterali, mal conservate ma leggibili nel complesso, rappresentano
i Martiri sottoposti alla tortura dello stiramento degli arti (destra) e la loro decap
itazione presso la
Solfatara (sinistra).
La pala d’altare con
San Gennaro e i Santi Patroni di Napoli
, olio su tela del 1632 ca.
fu sostituita
dall’a
ltorilievo marmoreo del Vaccaro
raffigurante
La Trini??e la Vergine che offrono al Santo le
chiavi della
cit?
. In seguito la tela fu spostata nella Cappella del Rosario.
Controversa ? la questione
legata alla datazione; la tela fu verosimilmente
eseguita insieme alle altre due, che decorano le
pareti laterali della Cappella di San Gennaro,
intorno al 1635, per quanto alcuni studiosi
anticipino la sua realizzazione di qualche anno o
addirittura al 16
22, a ridosso della
Lavanda dei
piedi.
Nell’opera
San Gennaro e i Santi Patroni di
Napoli
(foto)
il naturalismo di Battistello sembra
farsi da parte per lasciare spazio ad una maggiore
attenzione al colore e agli esiti squisitamente
barocchi della pittura
dell’emiliano Lanfranco, che
nel 1634 si trovava a Napoli, e che pochi anni dopo
avrebbe affrescato la volta della chiesa della
Certosa.
San Gennaro primeggia sugli altri patroni
della cit??(Aspreno, Severo, Agnello, Eusebio,
Attanasio, Agrippino) per la
postura monumentale
e la gestualit? solenne, mentre in primo piano, i
piccoli corpi morbidi dei putti, che reggono le
ampolle con il sangue del Santo, vengono investiti
dalla luce e contrastano con il resto della scena che
rimane schermata all’interno di u
n androne o di un
portico ombreggiato.
Coro della Certosa
Il Coro della
Certosa di San Martino rappresenta il cuore dell’intero complesso monastico. L’aspetto
attuale ? il frutto di una lunga vicenda artistica che va dal 1589, quando al Cavalier d’Arpino ?
affidata
l’esecuzione degli affreschi delle volte, fino al 1651, anno di ultimazione de
La Comunione degli
Apostoli
di Jusepe
de Ribera. Il filo conduttore che lega tutte le opere ? il tema iconografico
dell’Eucarestia che consente di leggere in maniera unitaria le variegate espressioni artistiche
dell’ambiente.
La volta gotica, suddivisa con cornici e cariatidi in molteplici ca
mpiture, ospita gli
affreschi del Cavalier d’Arpino, che affianca scene veterotestamentarie e episodi evangelici in un
sistema di prefigurazioni allusive all’Eucarestia. Le cinque grandi tele, veri e propri teleri, sono
collegate dallo stesso gioco di reci
proci richiami: la prima ad inserirsi ? nel 1589
L’Ultima Cena
della
bottega di Paolo Veronese, cui si associa nel 1622
La lavanda dei piedi
del Caracciolo pervasa di
quella luce sovrumana, di quell’ispirazione drammaticamente tesa verso la realt? della na
tura che
Battistello ha appreso da Caravaggio. Del 1639 ?
La Pasqua ebraica
di Massimo Stanzione, mentre
del 1641 ?
L’Adorazione dei pastori
di Guido Reni: i suoi pastori, adoranti il Bambino da cui promana
una luce eterea come da un Tabernacolo Vivente, s
ono tutti pervasi da una compostezza e dignit?
classica che fa da contraltare ai vivissimi e popolani” Apostoli del Ribera, estatici davanti al Mistero
Eucaristico.
La grande tela
Lavanda dei piedi
(foto)
commissionata dai certosini a Battistello
nell’
aprile del
e nel settembre dello stesso
anno fu collocata sulla parete sinistra del coro.
pittore traspone il racconto evangelico in una vasta
sala immersa in un’ombra fuligginosa; al centro in
basso si staglia la figura di Ge??avvolto in una
e scarlatta e cinto da un panno bianco mentre,
sorpreso e turbato dal gesto. Fanno da corona gli
altri Apostoli i cui sguardi e gesti testimoniano la
drammaticit? e l’importanza dell’
atto: il pane posto
sulla
mensa
e in stretta relazione con la figura di
Gesù, simboleggia l’Eucarestia.
Lavanda dei
piedi
? ritenuta uno dei capolavori assoluti di
opera matura e consapevole, si compone di forti contrasti crom
atici e chiaroscurali di ascendenza
caravaggesca, seppur rimeditati dalle esperienze maturate dal pittore durante il lungo soggiorno tra
Firenze e Genova di poco precedente la realizzazione dell’opera.
Cappella di San Martino
La pala d’altare
San Martino
e quattro angeli
1630 ca.
(foto)
costituisce l’elemento principale della
cappella omonima, la cui decorazione, che comprendeva anche
due dipinti laterali (sostituiti nel Settecento dalle tele di
Francesco Solimena con il
Sogno di San Martino
San Martino
e il povero
), era stata commissionata dai certosini a Paolo
Finoglio insieme agli affreschi della volta. L’esecuzione della
pala d’altare da parte di quest’ultimo non venne ritenuta
soddisfacente e l’incarico passò al Caracciolo, probabilmente
dopo l’otti
ma prova della
Lavanda dei piedi
e delle opere
realizzate per la Sala del Capitolo.
Essa offre una
rappresentazione centrale e imponente del Santo e vescovo
Martino, staccato dallo scuro tendaggio di fondo e circondato
solo da una coppia di angeli e due pu
ttini, in cui emerge un
vigoroso plasticismo che tiene conto della lezione di Cosimo
Fanzago nel San Martino del Chiostro Grande, e che pervade
anche la rappresentazione delle vesti, con panneggi ravvolti,
lucenti, rifiniti nei particolari, come attestano
le miniature di
santi che ornano il piviale, invenzione stilistica g??nel San
Martino del Capitolo e nel San Gennaro della Cappella del
Rosario.
Il percorso nel Quarto del Priore
Assunta
(foto)
pala d’altare della cappella omonima nella
Chiesa della Certosa, fu spostata nella Quadreria del Priore nel
1786 perc? sostituita da una tela di Francesco De Mura,
raffigurante lo stesso soggetto. Il dipinto, eseguito nel
riassume l’intera parabola
del pittore: il disegno preparatorio che
quasi scontorna le figure e un certo schematismo sono il ricordo
della sua mai dimenticata formazione tardomanierista. La
preparazione bruna e il turbinio svolazzante dei putti e dei
cherubini che, paffuti e in pose
ardite, fanno a gara per innalzare la
Vergine in Cielo, sono il retaggio della pittura piena di vita del
Merisi. La Vergine, eterea e allo stesso tempo salda come una
scultura classica, la tavolozza dei colori mutata in tonalit? tenui e
una luce delicatam
ente diffusa, sono il segno dell’ultimo sguardo
di Battistello verso quel classicismo emiliano che tocche? i suoi
vertici nell’opera di Domenichino e di Guido Reni.
Nel percorso di mostra ? possibile vedere
uattro bozzetti per gli affresch
i della
Cappella di San Gennaro,
tudi
preparatori per gli affreschi per la volta
dell’omonima cappella nella Chiesa della
Certosa,
illustrano la straordinaria
sequenza di eventi miracolosi di cui ?
protagonista il Santo martire. Come
narrano le fonti,
Gennaro e i suoi
compagni di martirio furono dapprima
rinchiusi in una fornace ardente dalla
quale uscirono illesi, poi vennero
aggiogati al cocchio del giudice Timoteo
e condotti da Nola a Pozzuoli; poi,
nell’anfiteatro della cit??flegrea, furono
espost
i agli orsi che su ordine del Santo, si ammansirono. Nel quarto studio ?, infine, raffigurato il
miracolo di San Gennaro che ridona la vista al giudice Timoteo, accecato per la sua empie??
L’esecuzione dei bozzetti è da collocarsi a ridosso degli affresch
i per un cromatismo, brillante e
intenso, che contraddistingue la piena maturità dell’artista.
La peculiarit? delle posture e degli
atteggiamenti delle figure si ritrova anche in altre opere battistelliane (come ad esempio negli
affreschi per il Palazzo Re
ale di Napoli) e ne rende inconfondibile lo stile.
I disegni
Di straordinario interesse la
Figura femminile panneggiata
1630 ca., una sanguigna e gesso su carta.
La figura, volta a destra,
inclina il volto morbido, pieno, in un atteggiamento
raccolto,
tolineato dagli occhi socchiusi
. Questo soggetto femminile
mostra affinità con le figure concepite per l’Incontro alla Porta
Aurea, episodio del ciclo di affreschi che il pittore realizza per la
Cappella dell’Assunta della Chiesa della Certosa
, e con una delle
Virtù raffigurate nella Cappella di San Gennaro, ambedue
riferibili agli anni compresi tra il 1631 e il 1632, sebbene appaia
evidente la suggestione che esercitò sull’artista la scultura della
Madonna col Bambino e San Giovannino
Bernini per il cortile del Quarto del Priore e da lui certamente
osservata con attenzione durante la permanenza nella Certosa.
E non sono gli unici disegni.
Si possono ammirare anche il
Putto
che corre verso destra
ttribuito originar
iament
e a Paolo De
Matteis, che
raffigura un putto che corre verso destra, braccio
destro e testa gioiosamente levati, vicino per stile a quelli raffigurati nei dipinti dell’
Assunzione della
Vergine
e della
Gloria di San Gennaro
realizzati dal Caracciolo p
er gli altari delle rispettive cappelle
nella Chiesa della Certosa di San Martino.
E ancora
Studi di figure umane ed elementi decorativi
foglio compaiono accostati più temi di studio, tratti dall’affresco con il quale Annibale Carracci
decora nel 1598
il soffitto della Galleria Farnese a Roma, attinenti in particolare al comparto
raffigurante il mito di Ero e Leandro. Il disegno viene realizzato probabilmente nel primo o secondo
decennio del XVII secolo, durante uno dei soggiorni del pittore a Roma.
mostra anche
Busto nudo
maschile, seduto.
Nel corso della sua carriera Battistello Caracciolo attribuisce sempre grande
importanza al disegno, inteso come mezzo per appropriarsi di un mondo figurativo “alto”, che guarda
più al classico nel tentativo di r
ecupero dell’antico, nonché agli esemplari originali di quel mondo,
raccolti e mostrati con orgoglio nelle collezioni delle nobili famiglie romane. Questo nudo maschile
ne? un esempio perfetto.
In sala anche il
San Lorenzo
, 1632
1633 ca.
, un olio su tela
proveniente d
alla foresteria della Certosa
una tela che
rientra in quel giro di commission
i fatte dai certosini a Battistello
dopo il successo della
Lavanda dei piedi del 1622. L’opera, destinata alla devozione privata, raffigura il Santo negli istanti
immediatamente precedenti il cruento martirio della graticola che g??arde alle sue spalle.
Esposto
anche il
Cristo portacroce
1626 ca.
, di Battistello, sempre proveniente d
alla foresteria della Certosa
secolo in una cornice foderata, evidenzia il volto di Cristo nell’ora della sali
ta al Calvario.
In mostra anche il
San Romualdo
1625 ca
, attribuito a Filippo Vitale (
Napoli, 1589/90
due terrecotte con tracce di doratura: il
San Paolo Apostolo
1640 ca.
Cosimo Fanzago
lusone
Napoli 1678
La Fama Buona
Lorenzo Vaccaro
Napoli, 1655 ca
Un po’ di d
Nasce a Napoli
Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello
Battistello sposa Beatrice d
i Mario
, originaria di Gaeta. I due andranno a vivere presso la parrocchia
della Carità.
1600
E’
a Roma
il pittore e suo primo maestro
Belisario Corenzio in occasione dell’anno giubilare
Sono documentati i primi
interventi del giovane B
attistello
sulla
facciata esterna della Cappella del
1607/08
Firma per esteso la pala
dell’
Immacolata Concezione
per la cappella Barile ?o
Barrile) nella chiesa
Santa Maria della Stella
a Napoli (in mostra). Affresca
Putti che
scostano il velario
nella
controfacciata della chiesa
di Sant’Anna dei Lombardi
Battesimo di Crist
ella Quadreria dei Girolamini di Napoli
(in mostra), dipinto probabilmente
intorno a questa data, Battistello sembra ripensare a un capolavoro estremo del Caravaggio come la
Sant’Orsola trafitta dal tiranno
(Napoli, Gallerie d’Italia) eseguita nel 1610 per Marcantonio Doria.
izza
a del Gran Capitano Consalvo de Cordova
Palazzo Reale
a Napoli uno dei rari
Caravaggio.
Battistello ? a Roma, dove si confronta
con i maggiori es
ponenti della scuola bolognese e con il
toscano Orazio Gentileschi.
Risalgono a questa data il
David con la testa di Golia
, eseguito per il
cardinale Scipione Borghese
(Roma, Galleria Borghese, in mostra).
A stretto giro di anni cade la r
ealizzazione del
San Giovanni Battista giovinetto
di Berke
ley Art
Museum.
Realizza la
Liberazione di San Pietro
la chiesa del
Pio Monte di Misericordia
a Napoli (in mostra?
Si legano a questo dipinto le due versioni del
Cristo soccorso
dall’angelo
(della Parrocchiale di Vho
e di Vienna, Kunsthistoriches M
useum, entrambe in mostra).
avora alla decorazione a fresco della cappella di Porzia Ca
racciolo nella chiesa
di Santa Teresa degli
Studi, e realizza la
Trinitas terrestris
(in mostra)
per la chiesa
compare
tra i
firmatari dello Statuto dell’Accademia d
i San Luca,
ed entro la fine dell’anno
raggiunge Firenze.
A Firenze lavora per il granduca Cosimo II de Medici, soprattutto co
me ritrattista
Si sposta a Genova
al servizio della famiglia Doria con cui era in rapporti da almeno quattro anni.
Rientrato nel Regno realizza a partire da questa data la grande pala d’altare con la
Madonna
d’Ognissanti
(in mostra) per la Collegiata di
Stilo in Calabria.
Battistello esegue la
Lavanda dei piedi
per il coro
ella Certosa di
San Martino.
Battistello ? chiamato a collaborare dal pittore Fabrizio Santafede alla decorazione de
lla c
appella di
San Gennaro nel Duomo di Napoli. Successivamente i Deputati del Tesoro decidono di sollevarlo
dall’incarico perché insoddisfatti degli esiti del lavoro svolto.
Riceve
l’onor
ficenza di Cavaliere dell’Ordine di Cristo del Portogallo
ordine cavalleresco
Regno
del Portogallo
che trae la sua eredit? dal soppresso ordine dei
Cavalieri templari
Battistello ? impegnato nella realizzazione degli affreschi
soggetto
ariano nella ca
ppella
dell’
ssunta
, sul lato sinistro
della chiesa della Certosa di San Martino.
1632
Pitture ad olio ed a fresco per la cappella di San Gennaro della chiesa della Certosa di San Martino;
nel 1634 sigla la tela con l’
Assunta
sul soffitto della chiesa di Santa Maria di Portosalvo a Napoli
Battistello muore tra il
19 dicembre, giorno in cui fa
testamento, e il 24
dicembre
, quando il
agli eredi.
I RESTAURI
Battistello Caracciolo (Napoli 1578
1635)
Immacolata Concezione
1627 ca.
olio su tela, 228 x 135 cm.
Roccadaspide (Salerno), chiesa della Natività della Beata Maria Vergine
Restauro
del dipinto
: Claudio Palma, Sara Vitulli
Alta sorveglianza:
Antonio Falchi,
Soprintendenza Abap
per le province di Salerno e Avellino
Documentazione fotografica: Ugo Punzolo.
Indagini diagnostiche: Marco Cardinali, Beatrice De
Ruggieri,
Matteo Positano (Emmebi Diagnostica
Artistica?
; Stefano Ridolfi (Ars Mensurae); Claudio
Falcucci (MIDA).
Coordinamento delle indagini: Angela Cerasuolo.
Un importante
recupero realizzato in occasione
della
mostra ? stato quello della
tela raffigurante
mmacolata
Concezione
conservata nella chiesa della Nativi??della
ergine nella cittadina cilentana di Roccadaspide
provincia di Salerno,
opera
misconosciuta fino a tempi
abbastanza recenti e offuscata da condizi
oni conservative
problematiche:
la leggi
it? era
compromessa da lacune e da ritocchi e vernici alterate.
La pulitura e soprattutto la risarcitura attenta e misurata delle tante lacune diffuse su tutta la superficie
risalto la luminosi??
del fondo verde azzurro, cupo ma intenso e l’articolazione del volume dello splendido panneggio
bianco tempestato di stelle d’oro. Queste stelle, come pure quelle che formano la corona della
o, come ha evidenziato l’indagine della fluorescenza X
(XRF). Tale indagine ha individuato la tavolozza, con un ampio uso di terre, oltre al cinabro per il
rosa porcellanato dell’incarnato della Vergine e al verde azzurro del fondo a base di rame.
Non si s
corgono tracce dirette de
l disegno iniziale, che sicuramente
sar? stato
predisposto. ?stato
messo in relazione con questo dipinto il
notevole
studio a penna del National
useum di Stoccolma
(inv. NM 681.1863), g??attribuito a Francesco Curia.
anto
l’immagine radiogra
evidenziano come l’area del volto sia stata
impostata circondandola con il fondo azzurro, steso più denso e ricco di biacca attorno ad essa,
leggermente ampliato con la chioma
castano dorata, applicata successivamente sopra il fondo e sulla scollatura squadrata della veste.
Anche le dita della mano destra che fuoriescono dal braccio sinistro incrociato sono dipinte in un
secondo momento, al di
sopra delle pieghe del panneggio
che si vedono in trasparenza
Immacolata
, che rimanda a
immagine di culto processionale
con l’ampio
drappeggio che
l’avvolge, si accosta al
San Luigi Gonzaga in gloria
del Ge??Vecchio
per l’
invenzione
della
figura
atuaria
ascende
al cielo
spazio re
Battistello Caracciolo (Napoli 1578
1635)
Gloria di San Luigi Gonzaga
Olio su tela,
cm 310×207
Napoli, chiesa del Ge? Vecchio, seconda cappella sul lato sinistro
Restauro
del dipinto
: Giuseppe Mantella con
Laura Liquori e Paola Porcaro
Direzione lavori: Sara Vitulli
Alta sorveglianza:
Alessio Cuccaro e Barbara
Balbi
(SABAP di Napoli?
Indagini diagnostiche: Marco Cardinali, Beatrice
De Ruggieri, Matteo Positano (Emmebi
Diagnostica Artistica);
Stefano Ridolfi (Ars
Mensurae).
Coordinamento delle indagini: Angela
Cerasuolo.
Gloria di San Luigi Gonzaga
del Ge? Vecchio, a cui si riferisce un pagamento del 1627, ?
un’opera poco conosciuta per una singolare distrazione della critica, che lo ha ‘scoperto’ solo nel
1970, ma anche e soprattutto per la scarsa leggibilità in cui versava.
Il restauro ha messo i
n luce la quali??altissima del dipinto, evidenziando la spazialit? della
composizione, che con l’intensità del chiaroscuro e la brillantezza dei colori ha recuperato tutta la
profondit? e la ricchezza cromatica dispiegata da Battistello.
L’intervento att
uale si ? rivelato il primo
a cui l’opera è stata sottoposta dopo un antico restauro
molto vicino alla data di esecuzione
ne comportò l’ampliamento delle dimensioni e alcuni limitati ritocchi.
L’ampliamento ha aumentato la larghezza di circa 70 c
m tramite l’aggiunta di due strisce simmetriche
di tela ai lati. Sulla superficie pittorica l’ingrandimento è stato realizzato dipingendo ai due lati due
pilastri simmetrici che completano l’altare in cui è inserita l
a scena; contestualmente furono
realizz
ritocchi che hanno ‘accompagnato’ l’aggiunta alla raffigurazione, riprendendo i profili dei marmi e il
fondo, e ripassando in parte
l’aureola e il volto del santo.
Anche la stesura pittorica di
questo intervento, di
notevole qualità, ?
riconducibile a
una data
molto antica. Significativa la
presenza nell’aggiunta dello
stesso pigmento (azzurro di
smalto) utilizzato per le
nuvole del dipinto, ora
completamente alterate.
Le indagini
Gloria di
San Luigi Gonzaga
abbiamo una conferma della limpida chiarezza compositiva di
Battistello, che presuppone un’accurata predisposizione grafica. Lo riscontriamo in modo esemplare
negli splendidi putti, nitidamente profilati da contorni evidentissimi nell
e immagini radiografiche e
dall’impianto iniziale. In basso infatti vediamo che la geometria della balaustra si interrompe dove
sono collocati i putti, i rispettivi
profili scuri risparmiati dalla preparazione (RX) e ribaditi con tratti
a pennello ?IR)
sono ordinatamente giustapposti.
Fanno eccezione le gambe del primo putto a sinistra,
inizialmente non previste, che si sovrappongono all’architettura della balaustra
g??definita, risultando
così più trasparenti. Queste parti significativamente sono prive delle profilature scure, mentre il
disegno della balaustra prosegue vistosamente sotto di esse. Un altro ripensamento riguarda
l’aggiunta della corona, dipinta al di
sopra dell’architettura che traspare in radiografia, a differenza
del sontuoso drappo che si staglia al centro invadendo lo spazio dell’osservatore, previsto fin
dall’inizio.
Per quanto riguarda la tavolozza, si è confermato l’uso di terre, anche per gl
i incarnati e i rossi più
vivi, ma ? anche emerso un dato di grande interesse, per la consistente presenza di giallo di Napoli,
pigmento di sintesi che comincia a diffondersi nei primi decenni del Seicento, identificato nei ricami
dorati del manto rosso da
mascato, nei drappi dei due putti in primo piano al centro e nella della
corona.
Un altro pigmento identificato dalle indagini, ma ormai alterato ? il blu di smalto, o smaltino,
materiale soggetto a un fenomeno di alterazione che ne comporta la totale de
colorazione: le nuvole
che circondano ai due lati la
figura del santo, che hanno ora
una colorazione bruno
aranciata, erano
in origine azzurre. Dobbiamo immaginare quindi il monumentale San Luigi avvolto in una luce
azzurrina, con un effetto di profondit?
e di naturalismo ancora più intensi.
Giovan Battista Caracciolo, detto Battistello (Napoli, 1578
1635)
Liberazione di San Pietro dal carcere
olio su tela, cm 310×207
monogramma in basso a sinistra:
Napoli, chiesa del Pio Monte
della Misericordia
Restauro
del dipinto
Bruno Arciprete con
Massimo Arciprete
Direzione lavori:
Angela Cerasuolo
Alta sorveglianza:
Alessio Cuccaro e Barbara
Balbi
(SABAP di Napoli?
Conservatore del Pio Monte della Misericordia
Loredana Gazzara
Indagini diagnostiche: Marco Cardinali, Beatrice
De Ruggieri, Matteo Positano (Emmebi
Diagnostica Artistica);
Stefano Ridolfi (Ars
Mensurae).
Coordinamento delle indagini: Angela
Cerasuolo.
Il dipinto fu eseguito da Battistello per uno degli altari della chiesa del Pio Monte di Misericordia,
dove Caravaggio, meno di dieci anni prima, aveva realizzato la celebre pala dell’altare maggiore
raffigurante
Le Sette opere di Misericordia
Il soggetto
interpreta l’opera di carità
Visitare
e liberare
i carcerati
e illustra la visita di un Angelo a
Pietro e l’angelo stanno attraversando,
indisturbati, l’ultimo picchetto di soldati di guardia
addormentati, e l’apostolo procede stupito fuori
dal carcere.
Il dipinto ? considerato il capolavoro del Caracciolo, che ci mostra in questa tela di aver
profondamente assimilato la lezione di Caravaggio nel chiaroscuro violento e nella posa dell’uomo
primo piano di spalle, in cui riprende il paralitico ritratto nella tela dell’altare maggiore.
Battistello, inoltre, dimostra anche di essersi aggiornato durante i suoi viaggi a Roma guardando i
grandi soffitti romani, Annibale Carracci e Orazio Gentilesch
Il restauro
Il restauro realizzato in occasione della mostra ha restituito leggibili??alle ampie aree in ombra, che
erano rese indistinte e appiattite dal velo opacizzato dei depositi superficiali e delle vernici. La
pulitura controllata e graduale e l’integrazione s
apiente delle lacune diffuse e delle microabrasioni
hanno ridato corpo e luminosità alle stesure, recuperando la pienezza dei volumi e l’espressione delle
figure in luce dell’Angelo e del Santo, veri e tangibili, la preziosità del tessuto serico della tuni
dell’angelo, il verde cupo della veste di Pietro, la nota acuta di rosso della figura sdraiata in primo
piano.
Il supporto del dipinto ha subito in antico un ampliamento, con l
’aggiunta di circa
25 cm di tela nella
parte alta,
la cui applicazione ? da
ricondurre alla riedificazione della chiesa del Pio Monte realizzata
da Francesco Antonio Picchiatti fra il 1658 e il 1671. ?in quella occasione
infatti che si rese
necessario
ingrandire la tela per adeguarla alle
maggiori dimensioni della nuova chiesa,
’ampliamento deve essere
avvenuto
quindi nel 1671
, o poco prima. L’aggiunta
? del tutto
compatibile con tale datazione, sia per la tela impiegata, sia per i materiali pittorici.
e indagini
La colorazione dello strato
preparatori
corrisponde ai toni molt
o scuri consueti nei pittori del
componenti riscontrati
sono tutti
raffrontabili con i materiali
utilizzati da Caravaggio a Napoli e in particolare proprio con gli strati preparatori della pala del Pio
Monte
, fra
cui ?
significativo
l’uso una
‘terra nera’
di origine minerale presente anche nella
preparazione delle
Sette ope
L’esame radiografico e riflettografico
anche in questo dipinto
conferma quanto g??osservato
sull’impostazione compositiva dei dipinti di Battistello, basata su un solido impianto disegnativo e
accuratamente predisposta prima di procedere all’esecuzione pittorica
Il disegno preparatorio vero e proprio non ? facilmen
te riconoscibile nelle riflettografie, a causa dello
scarso contrasto offerto dalla preparazione molto scura.
Si riscontrano pe??segni indiretti del
disegno, di fatto inequivocabili. Il contorno delle figure? evidenziato in radiografia dalla linea scura
che corrisponde alla preparazione lasciata ‘in riserva’. Una modalità che Battistello ha in comune con
Caravaggio, ma che adotta in modo personale e coerente assieme ad altri accorgimenti che
caratterizzano in maniera del tutto singolare le fasi preparato
rie delle sue opere.
volti dei due protagonisti
restituiscono un’immagine
radiografica
estremamente
nitida e definita
il volto di
sinistra da un contorno nero
risparmiato dal fondo, mentre
le massime luci sono nette e
caric
l volto dell’angelo
mostra palesi i contorni
luminosi segnati da linee
sottili
chiare
molto dense
sinistra la chioma è delineata con sottili pennellate radiopache che disegnano il confine con l’ala. In
scure,
in parte di impostazione
in parte
riprese nei
tocchi finali,
come il sottile profilo nero che segna la fronte e la guancia dell’angelo
destra
. Intorno
alla fronte di
di notano
larghe pennellate liquide e s
cure che sottolineano i r
ilievi
Una fascia simile scontorna il ginocchio e la mano stesa della figura seduta in basso in primo piano
Meno leggibili contorni e luci nelle figure nella penombra,
probabilmente a causa del
la natura dei
materiali che offrono una risposta meno palese
in RX e all’infrarosso. Degna di nota l’ampia
scontornatura chiara
evidente in radiografia che separa la gamba del soldato addormentato sulla
sinistra dalla veste dell’angelo
, per
accentuare l’alone luminoso che avvolge l’apparizione angelica.
Riguardo
la tavolozza, la
fluorescenza X ha permesso di
analizzare in maniera non invasiva
tutte le principali aree cromatiche
riscontrando, come di consueto per
Battistello, un
ampio generale uso
terre, anche negli incarnati, nei
rossi più vivi e nei gialli b
rillanti.
Molto limitato l’uso di
azzurri e
verdi
si è riscontrato l’uso di
pigmenti a base di rame nel
formato
probabilmente
malachite con velature di verderame
, pigmenti
che seppure
parzialmente anneriti
e abrasi da antiche
puliture,
mantengono almeno in
parte la
colorazione blu
verde.
Il cinabro, rosso intenso e pregiato, ? utilizzato con estrema parsimonia, coerentemente con le
preferenze di Caravaggio riportate dalle fonti: lo troviamo nell’incarnato smaltato del volto
dell’angelo
panno rosso della figura
reclinata in primo piano, intensa nota cromatica di grande efficacia, composto principalmente
erra
rossa
INFORMAZIONI
Il patriarca bronzeo dei caravaggeschi. Battistello Caracciolo 1578
9 giugno 2022
ottobre 2022
Museo e Real Bosco di Capodimonte
idea di
Sylvain Bellenger
, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte
grazie alla collaborazione
istituzionale
con Mario Epifani
, direttore del Palazzo Reale di Napoli
e Marta Ragozzino
, Direttrice
egionale
Musei
Campania
A cura di
Stefano Causa e Patrizia Piscitello
sede e orari
Museo e Real Bosco di Capodimonte
, via Miano 2
Napoli
Sala Causa
tutti i giorni (
mercoledì
giorno di chiusura
dalle ore 10.00 alle ore 17.30 (ultimo
ingresso ore 17.00)
Palazzo Reale di Napoli
, piazza Plebiscito 1
Napoli
Sala del Gran Capitano
tutti i giorni (
mercoledì
giorno di chiusura
dalle ore 9.00 alle ore 20.00
(ultimo ingresso ore 19.00
Certosa e Museo di San Martino
, Largo San Martino, 5
Napoli
Chiesa e Quarto del Priore
tti i giorni
mercoledì
giorno di chiusura), dalle ore 8.30 alle ore
19.00
(ultimo ingresso ore 18.00). Il Quarto del Priore è visitabile dalle 9.30.
Giovedì 9 giugno per
inaugurazione della mostra
ingresso gratuito, dalle
18.30 alle
22.00 (
ultimo ingresso ore
21.00
Biglietto mostra
: 20 euro cumulativo per
Museo e Real Bosco di Capodimonte,
Palazzo Reale
di Napoli
Certosa e
Museo di San Martino
, valido per un
ingresso in ogni sito espositivo per
tutta la durata della mostra
cquistabile on line oppure on site in ciascuno dei tre siti presso le relative
biglietterie
prenotazioni tramite app Capodimonte su App store e Google store
ietto solo
per il Museo
e Real Bosco di Capodimonte
intero: 12 euro
ridotto young (18
25 anni): 2 euro
gratuito (0
18 anni) e possessori Artecard
prenotazioni tramite app Capodimonte su App store e Google store










