
(AGENPARL) – gio 28 aprile 2022 IL REFERENTE DEL NURSING UP PER
LA STAMPA
ROMA, 28 APRILE 2022
COMUNICATO STAMPA
Sanità, Infermieri, Nursing Up De Palma:
«Non ci convince il nuovo DPCM (anche
detto DM 71), che indica i profili chiave
dell’assistenza territoriale. Troppo pochi
gli infermieri di famiglia per le esigenze
del sistema».
ROMA 28 APR 2022 – «Ci spingono a
doverose riflessioni, i contenuti del
cosiddetto “DM 71”, ovvero il provvedimento,
approvato e varato come DPCM lo scorso 21
aprile, che indica i profili chiave
dell’assistenza territoriale dell’immediato
futuro.
Siamo di fronte “alla colonna portante”, alle
fondamenta di un edificio altissimo ancora
tutto da costruire, ma questa e’ una fase
cruciale, ed occorre porre le basi per evitare
che il palazzo crolli al primo soffio di vento.
Lo avrete capito bene, ci riferiamo alla
Missione 6 del Pnrr, quella che riguarda
appunto il rapporto strettissimo e delicato tra
gli operatori sanitari e la collettività.
Non possiamo certo far finta di non
comprendere che siamo di fronte ad una
occasione da non perdere, dal momento che
le risorse a disposizione sono davvero
ingenti e superano, nella totalità della sola
missione 6, i 15 milioni di euro (oltre 7 sono
solo i miliardi a disposizione per gli obiettivi
da raggiungere entro il 2016 nei punti che
riguardano la ricostruzione totale della sanità
territoriale).
Non possiamo essere pienamente
soddisfatti, dice Antonio De Palma,
Presidente Nazionale del Nursing Up, di
fronte a contenuti che a nostro avviso, pur
meritando ulteriori e doverosi
approfondimenti, a primo impatto, stentano a
rispecchiare quelle solide premesse con cui
questa Missione 6 era stata presentata.
E ci riferiamo naturalmente, per ciò che ci
riguarda direttamente come sindacato delle
professioni sanitarie, al ruolo chiave degli
infermieri di famiglia che a nostro avviso,
almeno a giudicare dai contenuti di questo
DPCM, e se non ci si vuole fermare alla
mera retorica, deve essere ancora esploso»,
dice ancora De Palma.
«Non vorremmo davvero ritrovarci
nuovamente di fronte all’ennesimo progetto
che rischia di rivelarsi come una scatola
vuota, come fumo negli occhi.
Non possiamo permettercelo: troppo
importante, lo diciamo da tempo, è la figura
dell’infermiere di famiglia nel presente e nel
futuro della sanità territoriale del nostro
Paese, da troppo tempo questa professione
attende di spiccare il volo, da troppo tempo
abbiamo assistito al pericoloso gioco delle
promesse in pompa magna miseramente
mancate.
Partiamo dall’inizio: che fine hanno fatto i
9600 infermieri di famiglia che una legge
doveva collocare in modo radicale da Nord a
Sud nell’ambito del Decreto Rilancio? E
stiamo parlando dell’ormai lontano luglio
2020. I dati in nostro possesso dicono che
poco meno del 20% è stato inserito e
collocato nei nostri territori.
Le necessità della popolazione nel frattempo
si sono evolute e il peso della pandemia da
una parte, con l’inesorabile previsione del
trascorrere del tempo e l’avanzare dell’età
dei cittadini dall’altra, ci mette di fronte oggi a
un fabbisogno ben diverso, a cui si uniscono
appunto le esigenze legate al nuovo PNRR.
Tra Ospedali di Comunità e Case di
Comunità saremo di fronte, entro il 2026,
tempo di scadenza per l’inizio della messa in
atto della Missione 6, a un nuovo fabbisogno
di oltre 30mila infermieri. (30.485 unità)
secondo l’accurata indagine del 2021 di
Luoghidicura.it
E stiamo parlando degli infermieri di famiglia,
che dovranno garantire la gestione, tra le
tante altre cose, degli Ospedali di Comunità.
Inutile ricordare, citiamo testualmente la
normativa che riguarda il PNRR Missione 6,
che “L’Infermiere di Famiglia e Comunità è il
professionista che mantiene il contatto con
l’assistito della propria comunità in cui opera,
e rappresenta la figura professionale di
riferimento che assicura l’assistenza
infermieristica ai diversi livelli di complessità
in collaborazione con tutti i professionisti
presenti nella comunità, perseguendo
l’integrazione interdisciplinare, sanitaria e
sociale dei servizi e dei professionisti e
ponendo al centro la persona. La Missione 6
del PNRR parla di fatto la lingua degli
infermieri: reti di prossimità, Case e Ospedali
di comunità, domicilio sono gli strumenti su
cui si sta impostando il nuovo modello per
dare gambe all’assistenza territoriale del
Recovery Plan. Gli obiettivi sono di garantire
da un lato assistenza costante, senza
lasciare mai solo nessuno, e dall’altro la
prevenzione per i cittadini, a partire dai 26
milioni di essi con cronicità semplici o
complesse che troveranno il loro riferimento
nelle Case di comunità, Ospedali di comunità
e Assistenza domiciliare integrata (ADI)”.
E veniamo a quello che nel DPCM in
questione non ci convince a pieno e merita
quindi ulteriori e doverosi approfondimenti.
Punto 1. Secondo il provvedimento,
l’infermiere “è referente della risposta ai
bisogni assistenziali e di autocura, contempla
tra le sue attività la prevenzione e la
promozione della salute nella presa in carico
del singolo e della sua rete relazionale, si
relaziona con gli attori del processo ed è di
supporto per l’assistito nelle diverse fasi della
presa in carico”.
Ovvia e scontata, “la citazione sopra
richiamata”, che in qualche modo da impulso
a norme che già appartengono al vigente
diritto professionale, ma che non
può considerarsi esaustiva del complesso ed
articolato alveo di responsabilità afferente ai
professionisti infermieri, nell’ambito di in
contesto tanto delicato come
quello dell’assistenza territoriale, e che
invece, almeno per come la vediamo noi,
meriterebbero di essere richiamate, seppur
in via generale ed astratta.
Punto 2. Questo provvedimento prevede la
presenza di 1 infermiere di famiglia e di
comunità ogni 3000 abitanti, numero più alto
di quello previsto dalla normativa vigente, ma
ancora basso rispetto alle reali esigenze, che
per noi non dovrebbero discostarsi da quelle
indicate dal gruppo di lavoro Agenas /
Ministero della Salute, che a metà del nel
2021 elaborò un documento programmatico
evidenziando l’inderogabile necessità della
presenza di 1 infermiere di famiglia ogni
2mila/2500 abitanti e non 3mila.
Punto 3. Tutto inesorabilmente rischia di
trasformarsi in una eterea bolla di sapone,
se sull’altro piatto della bilancia non si
concretizza, e qui ci vuole pragmatismo e
non mere linee di indirizzo, un concreto,
tangibile e radicale piano di assunzioni che,
finalmente, venga attuato in modo capillare
da Nord a Sud, conclude De Palma.
Il Referente del Nursing Up per la stampa
Alfredo Iannaccone