
(AGENPARL) – Roma, 05 novembre 2021 – Una delle più celebri frasi di Leo Longanesi è «la nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia».
D’altronde senza dover scomodare Madre Teresa di Calcutta che diceva «l’amore comincia a casa: prima viene la famiglia, poi il tuo paese o la tua città», quanto potrebbe risultare vero questa prassi troppo spesso praticata in Italia dove vige il detto ‘Tengo famiglia’.
Eppure il decreto legislativo in esame (Decreto legislativo, 18/05/2018 n° 54, G.U. 26/05/2018) che consta di 6 articoli è volto ad intervenire su specifiche cause di incompatibilità, al fine di «evitare indebite commistioni e compromissione della credibilità della funzione giudiziaria» (secondo quanto espresso dall’art. 33, comma 3 della legge 161 del 2017).
Senza entrare troppo nello specifico, va detto che l’art. 33, comma 2, della Legge n. 161/2017 ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo per disciplinare il regime delle incompatibilità relative agli uffici di amministratore giudiziario e di coadiutore nell’amministrazione giudiziaria, nonché di curatore nelle procedure fallimentari e delle figure affini delle altre procedure concorsuali parla chiaro.
In primo luogo il nuovo comma 4-bis) – in attuazione del primo dei sopra indicati criteri direttivi – introduce nei citati procedimenti di prevenzione un sistema di incompatibilità alla nomina di amministratore giudiziario (o di suo coadiutore), derivante da legami di parentela o da rapporti amicali o di natura affettiva con magistrati addetti all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che conferisce l’incarico.
Non possono altresì assumere l’ufficio di amministratore giudiziario, né quelli di coadiutore o diretto collaboratore dell’amministratore giudiziario, i creditori o debitori del magistrato che conferisce l’incarico, del suo coniuge o dei suoi figli, né le persone legate da uno stabile rapporto di collaborazione professionale con il coniuge o i figli dello stesso magistrato, né i prossimi congiunti, i conviventi, i creditori o debitori del dirigente di cancelleria che assiste lo stesso magistrato.
Secondo il nuovo comma 4-bis dell’art. 35 del Codice, risultano ostativi alla nomina ad amministratore giudiziario (e coadiutore dello stesso) i seguenti legami o rapporti tra il professionista e il magistrato addetto all’ufficio giudiziario (cfr. comma 4-ter) che conferisce l’incarico: – il rapporto di coniugio, di unione civile o stabile convivenza; – la parentela entro il terzo grado (es: tra zio e nipote); – l’affinità entro il secondo grado (es: tra cognati); – il rapporto di assidua frequentazione.
Tale ultimo rapporto è specificamente definito dallo stesso comma 4-bis come quello derivante: da una relazione sentimentale; da un rapporto di amicizia consolidato («stabilmente protrattosi nel tempo») e connotato da «reciproca confidenza», nonché il rapporto e frequentazione tra commensali abituali.
L’art. 35.2 del Codice antimafia attua il criterio di delega che prevede la vigilanza del presidente della corte d’appello sugli incarichi affidati ai professionisti.
Tale vigilanza si concreta nella possibilità, per il presidente, di estrarre per via informatica i dati più rilevanti sulle incompatibilità contenute nelle dichiarazioni depositate dagli amministratori giudiziari ai sensi dell’art. 35.1.
Si tratta in particolare dei dati concernenti il nome del giudice che ha assegnato l’incarico; i dati riferiti all’ausiliario; la data di conferimento dell’incarico; il nome del magistrato con il quale il professionista incaricato ha dichiarato di essere legato da uno dei rapporti di cui alla nuova disciplina delle incompatibilità.
I risultati dei controlli assumono rilievo in relazione al più ampio potere di vigilanza che la legge sulle guarentigie della magistratura attribuisce al presidente della corte d’appello sui magistrati del distretto (R.D.Lgs. 511/1946, art. 14).
L’articolo 2 aggiunge un comma all’art. 28 della legge fallimentare (RD 267 del 1942) per prevedere – anche per le nomine dei curatori fallimentari e dei loro coadiutori (nominati ex art. 32 L. fall.) – l’applicazione della disciplina dell’incompatibilità, della dichiarazione e della vigilanza, introdotte dall’art. 1 dello schema in esame.
La modifica dell’art. 28 consente l’analoga estensione della disciplina in oggetto anche alle nomine dei commissari e liquidatori giudiziali nominati nell’ambito di procedimenti di concordato preventivo.
Tale disciplina si affianca quella dell’ordinamento giudiziario (RD 12/1941) che prevede l’incompatibilità di sede del magistrato per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense.
Al mancato deposito o alla successiva emersione di profili di incompatibilità consegue la sostituzione del professionista da parte del tribunale in via d’urgenza.
In caso di dichiarazione di circostanze manifestamente non corrispondenti al vero effettuata da un soggetto iscritto ad un albo professionale, il tribunale lo segnala all’organo competente dell’ordine o del collegio professionale per le sue valutazioni e al presidente della Corte di appello affinché dia notizia della segnalazione a tutti i magistrati del distretto.
Ai fini della vigilanza del presidente della Corte d’appello di cui al successivo art. 35.2, l’amministratore giudiziario deve comunque indicare l’esistenza dei legami o rapporti previsti dal nuovo comma 4-bis con magistrati, giudicanti o requirenti, del distretto di Corte di appello nel quale ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento (art. 35.1, comma 2). Analoga dichiarazione del coadiutore attestante l’assenza delle incompatibilità deve essere consegnata da questi all’amministratore giudiziario entro due giorni dalla nomina (e, comunque, prima di iniziare la sua attività). Quest’ultimo, nelle successive 48 ore, la deposita nella cancelleria del giudice; in assenza di consegna della dichiarazione da parte del coadiutore o in caso di incompatibilità sopravvenuta, consegue anche qui l’impossibilità per l’amministratore giudiziario di avvalersi dell’apporto del coadiutore (art. 35.1, comma 3).
Appare evidente da quanto appena detto che il contenuto del dovere di comunicazione del professionista è più vasto della stretta rappresentazione dell’assenza di ragioni di incompatibilità per relazioni con l’ufficio giudiziario presso il quale è pendente il procedimento, essendo calibrato sul potere di sorveglianza sui magistrati giudicanti del presidente della Corte di appello.
La norma disciplina la vigilanza, da parte del presidente della Corte di appello, su tutti gli incarichi conferiti nel distretto, «considerato che nomine di per sé lecite, in quanto effettuate a favore di professionisti legati a magistrati appartenenti a differenti uffici giudiziari rispetto a quello conferente l’incarico, potrebbero, in ragione delle frequentazioni e dei legami tra la persona incaricata ed appartenenti alla magistratura giudicante o requirente, celare indebiti scambi di favori o comunque ledere l’immagine di terzietà della magistratura» (in tal senso la relazione illustrativa del provvedimento).
La vigilanza del presidente della Corte d’appello sugli incarichi affidati ai professionisti si concreta nella concreta possibilità riconosciuta al primo di estrarre per via informatica i dati più rilevanti sulle incompatibilità contenute nelle dichiarazioni depositate dagli amministratori giudiziari ai sensi dell’art. 35.1.
Si tratta in particolare dei seguenti dati: — il nome del giudice che ha assegnato l’incarico e la sezione di appartenenza; — il nome dell’ausiliario e la tipologia di incarico; — la data di conferimento dell’incarico; — il nome del magistrato del distretto con il quale il professionista incaricato ha dichiarato di essere legato da uno dei rapporti di cui alla nuova disciplina delle incompatibilità (indicata dall’art. 35.1, comma 3); — la natura di tale rapporto.
Quanto alla vigenza di tale disciplina, l’articolo 5, comma 2, del D.Lgs. n. 54/2018 prevede che la stessa decorra dal trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento del responsabile dei sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia, da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto, attestante la piena funzionalità dei sistemi di estrazione, con modalità informatiche ed in forma massiva dei dati necessari all’esercizio della funzione di sorveglianza.
Volendo riepilogare, ci dobbiamo porre una ragionevole domanda.
Quanta attenzione c’è oggi da parte dei Presidenti delle Corti di Appello per assicurare la trasparenza nel conferimento degli incarichi, nei riguardi di alcuni Tribunali che spesso e volentieri sono caratterizzati da ambienti ristretti e quindi i rapporti di frequentazione, i rapporti di amicizia potrebbero essere consolidati («stabilmente protrattisi nel tempo») e connotati da «reciproche confidenze», e quindi i rapporti di frequentazione tra commensali abituali sono più assidui e concreti?
Ma soprattutto, il Ministero della Giustizia ha pensato di potenziare i controlli, programmando sistematicamente delle ispezioni da parte dei funzionari ministeriali affinché lo scopo della normativa introdotta sull’incompatibilità che è quello di assicurare la trasparenza effettiva nel conferimento degli incarichi, secondo un’impostazione di sano e severo realismo che rifugge anche il solo sospetto di scambi di favori in contesti professionali sostanzialmente unitari e ristretti, venga attuato?
Non si può tacere o far finta di nulla in quanto ci sono timori dell’eccesso di incarichi ai soliti noti e che l’incompatibilità vale anche in caso del conferimento dell’incarico al collega di studio, al socio del professionista, all’impiegata del Tribunale che lavora in cancelleria, alla figlia del curatore fallimentare che riveste il ruolo di magistrato ordinario in tirocinio presso lo stesso Tribunale dove opera il padre.
Tutti che potrebbero intrattenere i suddetti rapporti ‘qualificati’ con chi dispensa incarichi, appare davvero sorprendente e fa indignare, visto che violentemente cozza contro l’obiettivo della legge che è quello di evitare indebite commistioni e compromissione della credibilità della funzione giudiziaria.
C’è il rischio di segnare una involontaria e silente direttrice di azione ‘pericolosa’ incompatibile con le direttive del Ministero e contram legem che lede l’immagine della Giustizia e potrebbe celare scambi di favore per coloro che sfruttano i piccoli contesti territoriali per propri tornaconti.