
MESSINA In particolare, le indagini avviate dopo la scarcerazione di Giovanni Lo Duca, tornato in libertà dopo 13 anni di reclusione, trascorsi anche in regime di 41 bis, hanno documentato che questi aveva riassunto le redini dell’organizzazione, proponendosi quale riconosciuto punto di riferimento criminale sul territorio, capace di intervenire autorevolmente nella risoluzione di controversie fra esponenti della locale criminalità.Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i carabinieri del Nucleo Investigativo hanno documentato come il sodalizio capeggiato da Giovanni Lo Duca operava mediante il sistematico ricorso all’intimidazione e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, per affermare la propria egemonia sul territorio e controllare le attività economiche della zona, nonché per recuperare i crediti derivanti sia dal traffico di sostanze stupefacenti che dalla gestione delle scommesse su competizioni sportive. Base operativa del clan era il Bar “Pino” gestito da Anna Lo Duca, sorella di Giovanni, il quale trascorreva le sue giornate presso tale esercizio commerciale, ove incontrava gli associati per pianificare le varie attività criminose della consorteria e ove veniva eseguita l’attività di raccolta di scommesse sportive in assenza di licenza e per conto di allibratore straniero privo di concessione; l’esercizio commerciale, poiché funzionale allo svolgimento delle attività criminali del clan, è stato sequestrato dai Carabinieri. (News&Com)