
(AGENPARL) – Roma, giovedi 6 agosto 2020 – La fine di un matrimonio non sempre è dovuta a causa dipendenti dall’atteggiamento di un coniuge. Vale il detto “quando si litiga in due la ragione sta nel mezzo”.
Ci sono però situazioni in cui la colpa per la fine del rapporto è spostata verso un coniuge e ciò può
assumere una rilevanza giuridica.
Fino al 1975, la colpa era un requisito necessario per chiedere la separazione dal coniuge.
Con la riforma del diritto di famiglia, ciascun coniuge può ottenere la separazione qualora la
convivenza sia divenuta intollerabile, prescindendo da qualsivoglia colpa dell’altro coniuge.
Venuto meno l’istituto di separazione per colpa, è rimasta la possibilità di chiedere l’addebito della
separazione.
L’addebito della separazione è una conseguenza giuridica della violazione da parte di un coniuge
dei doveri nascenti da matrimonio, ovvero la fedeltà reciproca, l’assistenza morale, l’assistenza
materiale, la collaborazione nell’interesse dalla famiglia, la coabitazione.
E’ doveroso evidenziare che per la configurabilità dell’addebito a carico dell’altro coniuge non
basterà dedurre la mancata osservanza dei suddetti doveri ma è necessario dimostrare che proprio la
loro violazione ha comportato la crisi coniugale.
In altre parole, sarà necessario un nesso causa-effetto tra inadempimento dei doveri coniugali e
l’intollerabilità della convivenza, tale che la violazione abbia assunto causale nella interruzione
della convivenza, non rilevando una violazione dei doveri coniugali quando già la crisi era già
matura.
La richiesta di addebito più frequente è relativa all’infedeltà.
Per i motivi sopra esposti, non potrà esservi spazio per l’addebito nel caso di tradimento consumato
in un contesto di separazione di fatto o di crisi pregressa irrimediabilmente in atto, dove l’infedeltà
non è una causa piuttosto un effetto.
Le conseguenze dell’addebito sono diverse e di varia natura.
Il coniuge cui è stata addebitata la separazione perde infatti il diritto a ricevere un eventuale assegno
di mantenimento conservando però il diritto agli alimenti sempre che ne sussistano i presupposti.
Questo significa che il coniuge a cui sia stata addebitata la colpa della separazione potrà percepire
somme di denaro (alimenti) soltanto nel caso in cui si trovi in una situazione di bisogno.
Non avrà invece diritto all'assegno di mantenimento che ha una funzione più ampia rispetto
all'assegno alimentare, essendo diretto a garantire all'ex coniuge un tenore di vita simile a quello
tenuto in costanza di matrimonio.
Rilevanti inoltre sono gli effetti della pronuncia di addebito della separazione in ambito
successorio. Il coniuge separato con addebito, infatti, perde i diritti di successione inerenti allo stato
coniugale, conservando solo il diritto a un assegno vitalizio, laddove, all'apertura della successione,
godesse già dell'assegno alimentare a carico di quest'ultimo.
Di norma la pronuncia di addebito comporta la condanna del coniuge cui viene addebitata la
separazione alla refusione delle spese legali del giudizio.
Infine, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta anche in tema di risarcimento dei danni: ed
infatti la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio, se cagiona la lesione di diritti
costituzionalmente protetti, può integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo a un’azione
autonoma rivolta al risarcimento dei danni non patrimoniali.

Laureata con il massimo dei voti nel luglio del 2005 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli
Studi di Perugia, si è da sempre dedicata allo studio del diritto e alla professione, svolgendo la pratica
forense presso lo Studio Legale Tesei di Giano dell’Umbria, in provincia di Perugia. Iscritta all’albo degli Avvocati del foro di Spoleto nel marzo del 2009, l’Avv. Benvenuta opera nel settore civile, di diritto di famiglia e nel settore penale.