
Nel dettaglio, le indagini – corroborate da consulenze tecniche all’uopo disposte dalla DDA
– hanno accertato:
a. la turbativa di nr. 15 gare d’appalto – tra il 2014 e il 2016 – indette per la realizzazione
di grandi opere pubbliche nei comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio
Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio
Morgeto, Siderno, per un valore di oltre 58 milioni di euro.
Al riguardo, è stato individuato un illecito cartello costituito da 43 imprese aventi sede in
diverse regioni – articolato in cordate (calabrese, romana, toscana, siciliana e campana)
– che hanno partecipato – a vario titolo – ai pubblici incanti investigati, determinandone
indebitamente l’esito, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate,
garantendo, in tal modo, l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese del cartello.
Anche laddove il richiamato cartello non fosse riuscito vincitore, venivano messe in atto
manovre – sotto forma del subappalto o della procedura di nolo – al fine di controllare la
gara e la conseguente esecuzione dei lavori affidata, comunque, alle imprese delle varie
cordate.
b. la turbativa di nr. 7 gare d’appalto, conseguenti allo stanziamento – tra il 2007 e 2013 –
di fondi comunitari per un importo complessivo di circa 42 milioni di euro, destinati
alla riqualificazione delle aree urbane di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, e dei
relativi lungomare, in attuazione di Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (P.I.S.U.)
previsti dal “POR Calabria FESR 2007/2013 Asse VIII Città Obiettivo Specifico 8.1. “Città
e Città ed Aree Urbane”.
Le predette condotte delittuose sono risultate aggravate dalla finalità di agevolare
l’attività della ‘ndrangheta, nella sua articolazione denominata cosca “Piromalli” di Gioia
Tauro (RC) che si è assicurata una rilevante “tangente ambientale”, garantendo la
realizzazione dei lavori.
In questo sistema, sostenuto da un collante composito fatto di imposizione ‘ndranghetistica
e collusione, lo scopo perseguito dal sodalizio criminale è stato quello di garantirsi il
controllo dell’intero sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti calabresi.
Ai vertici di tale sodalizio, le risultanze investigative hanno posto BAGALA’ Francesco cl.
‘77 e MORABITO Giorgio i quali, con l’ausilio di BAGALA’ Francesco cl. ‘90, hanno realizzato una serie di numerosi reati contro la pubblica amministrazione, nonché contro
l’industria ed il commercio, al fine di appropriarsi di ingenti risorse pubbliche costituite dai
fondi comunitari (P.I.S.U.), i quali, piuttosto che essere destinati ad una riqualificazione
del waterfront di Gioia Tauro, hanno consentito un ingente lucro ai danni degli enti pubblici
interessati.
Il ruolo di imprenditori “collusi” dei BAGALA’, era già emerso in maniera chiara dalle
risultanze del procedimento cd. “Cumbertazione”, conclusa nel 2017 dal G.I.C.O. con
l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 27 persone, per i reati di
associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere semplice e
aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso
ideologico in atti pubblici, nonché di provvedimenti cautelari reali su decine di imprese.
Anche il MORABITO, da diverse concordanti dichiarazioni – ampiamente riscontrate – in
considerazione del suo spessore criminale, aveva rapporti di “vicinanza” con i referenti della
cosca sulla marina di Gioia Tauro.
Invero, per l’esecuzione dei lavori di cui agli appalti banditi dal quel comune, MORABITO
Giorgio, quale imprenditore “colluso” e procuratore speciale delle ditte romane e siciliane
appartenenti al cartello illecito, ha consentito l’assunzione – nei cantieri dal medesimo gestiti
e/o alle dipendenze delle imprese aggiudicatarie – di maestranze segnalate dal referente dei
“Piromalli”, nonché l’utilizzazione di mezzi meccanici e di un deposito riconducibili ad altri
imprenditori vicini ad ambienti criminali mafiosi.
Le indagini eseguite nell’ambito dell’odierna operazione hanno riguardato anche le condotte
“a valle” delle gare di appalto sopra descritte, focalizzando l’attenzione sull’esecuzione
materiale delle opere, permettendo di disvelare:
– una sistematica frode in pubbliche forniture relative a lavori nel comune di Gioia Tauro
ed in quello di Rosarno in cui erano stati stanziati fondi comunitari;
– la percezione di somme non dovute, per importi quantificati complessivamente in circa
6 milioni di euro.
A tal riguardo, le indagini hanno riscontrato diffuse irregolarità di carattere contabile e
amministrativo – quali, a titolo esemplificativo, la liquidazione all’appaltatore di spese non
dovute, distorto utilizzo delle cc.dd. “varianti in corso d’opera”, difformità rispetto ai
progetti approvati nell’esecuzione dei lavori e nell’utilizzo dei materiali, omessi collaudi
statici, consegne parziali, polizze fidejussorie irregolari, prove non eseguite sulla qualità
e sullo spessore degli asfalti bituminosi – nell’esecuzione degli appalti per la realizzazione
– tra le altre – di importanti opere da destinare alla pubblica utilità quali il Palazzetto
dello Sport, il Parcheggio interrato e il Centro Polifunzionale di Gioia Tauro, nonché il
Centro Polisportivo di Rosarno.
Fondamentale, in tale contesto, è risultata l’acclarata complicità, a vario titolo, di pubblici
ufficiali – dirigenti e direttori dei lavori/collaudatori, tecnici/progettisti e/o responsabili unici
pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti – all’uopo incaricati dalle relative stazioni
appaltanti.
È stato, infatti, accertato il ruolo svolto dal dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Gioia
Tauro, Ing. NICOLETTA Angela, nonché dall’Architetto Francesco MANGIONE che
insieme hanno rivestito la qualifica di direttore dei lavori e responsabile unico del
procedimento per la maggioranza degli appalti relativi al waterfront ed alle altre opere
pubbliche indetti con i fondi P.I.S.U., consentendo ai legali rappresentanti delle ditte
aggiudicatarie, di poter lucrare ingenti profitti ai danni della Regione Calabria e della
Comunità Europea che ha cofinanziato i progetti di riqualificazione strutturale.
Oltre ai suddetti, con riferimento agli appalti indetti dal Comune di Gioia Tauro, sono risultati
coinvolti, a vario titolo, anche RISOLA Pierluigi, CREA Antonino, GABRIELE Michele e
BRESSI Vincenzo quali direttori dei lavori/collaudatori tecnici/progettisti e/o responsabili unici pro tempore dei procedimenti relativi agli appalti, nonché CAMPISI Alessandra e
ALATI Maria quali, rispettivamente, RUP e Segretario Comunale, pro tempore del comune
di Rosarno.
Le attività investigative hanno, altresì, certificato lo stabile rapporto corruttivo insistente tra
il funzionario dell’A.N.A.S. Compartimento di Reggio Calabria, Ing. Giovanni
FIORDALISO e il noto imprenditore Domenico GALLO – dominus di numerose società
fornitrici di bitume e calcestruzzo – finalizzato alla frode nell’esecuzione di svariati contratti
di fornitura (che celavano tra l’altro subappalti non autorizzati), nonché svariati lavori in
regime di somma urgenza indebitamente affidati ad imprese riconducibili al GALLO – per
un valore complessivo pari a 3,5 milioni di euro – nell’ambito di n. 4 gare per lavori di
ammodernamento di tratti dell’Autostrada A2 Salerno – Reggio Calabria, indette – tra il
2009 e il 2016 – da A.N.A.S. S.p.a. – ricevendo da costui beni di lusso, altre indebite utilità
e promesse di incarichi redditizi nelle sue imprese.
Al riguardo, è emerso che, per il tramite delle imprese a lui risultate riconducibili, e con
l’ingerenza del FIORDALISO, GALLO Domenico ha potuto effettuare forniture di bitume in
diversi tratti autostradali della SA-RC, attraverso contratti di subfornitura o nolo a caldo e
nolo a freddo che celavano, in realtà, subappalti non autorizzati e utilizzando materiali
di qualità inferiore rispetto ai parametri imposti dai capitolati di appalto.
Nel dettaglio, a fronte delle utilità derivanti dalle omissioni poste in essere da FIORDALISO
Giovanni, il citato imprenditore – tra l’altro – attraverso bonifici bancari recanti quale causale
la retribuzione per prestazioni di lavoro mai effettuate – faceva percepire somme di denaro,
per circa euro 94.000, a DE GIUSEPPE Caterina coniuge del predetto funzionario
A.N.A.S. alla quale sono state contestate operazioni di riciclaggio volte ad ostacolare
l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro ricevuto.
L’attività in rassegna testimonia il costante impegno della Guardia di Finanza nel delicato
settore del contrasto alle organizzazioni criminali di matrice ‘ndranghetistica, nonché alle
proiezioni ed infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e nell’economia legale in genere (News&Com)