
Troppo brutto e amorale per essere vero! Questo abbiamo pensato quando, già dalle prime ore di questa mattina, circolava su tutti i social un messaggio audio di un’asserita operatrice del 118 che sosteneva di “aver fatto una scoperta veramente bruttissima”, grazie alle informazioni fornite fortuitamente da altri colleghi. E cioè, che i tamponi eseguiti sui calabresi di rientro dal Nord in questi giorni piuttosto che essere portati nei Centri di virologia per essere processati vengono accantonati nei frigoriferi ubicati in locali non meglio identificati siti a Serra Spiga. L’operatrice sanitaria afferma nel messaggio di aver visto migliaia di tamponi depositati in questi frigoriferi forniti dalla Regione Calabria.
Una notizia tanto scioccante da essere ritenuta in prima battuta una fake news ma che nel corso della giornata inizia a essere riportata da tutte le maggiori testate giornalistiche locali e assume contorni più definiti.
Dalle spiegazioni fornite dal Direttore Generale del Dipartimento Salute della Regione Calabria sembrerebbe che la procedura sia regolare e che sia normale lasciare giacere oltre 1.500 tamponi in attesa di essere processati mentre i diretti soggetti coinvolti, assieme a tutta la catena di persone che sono a vario titolo entrate in contatto con loro, trattengono il fiato fino al giorno in cui avranno il temuto verdetto sull’esito del test: positivo o negativo.
Intanto, la Presidente della Regione Calabria afferma in tutte le trasmissioni televisive e nei vari talk show, a cui non si esime dal partecipare, che la “sua” Regione ha il più basso tasso di contagio d’Italia. Un dato non perfettamente aderente alla realtà, ci verrebbe da dire, visto che i risultati dei test non sono assicurati in tempi ragionevoli e visti i rischi legati alle condizioni di promiscuità ambientale di verifiche che meriterebbero, invece, un rigoroso Protocollo da seguire per evitare possibili errori. Troppi passaggi e troppa attesa prima di ottenere l’esito definitivo.
Perché mantenere un disservizio o comunque non garantirne uno efficiente quando la soluzione è a portata di mano? Perché tenere chiusi i Centri di malattie infettive e di virologia che hanno rappresentato nel tempo delle vere eccellenze per la Sanità calabrese, quale quello del Presidio Ospedaliero di Lamezia Terme?
E perché, se la procedura è regolare come afferma il DG del Dipartimento Salute della Regione Calabria, gli operatori sanitari coinvolti nell’esecuzione dei tamponi non sono stati messi a conoscenza del percorso che stanno seguendo i test, evitando così reazioni di preoccupata incredulità di fronte a questa scoperta?
Forse se il Comitato regionale con le Parti Sociali, istituito in applicazione del Protocollo del 24 marzo 2020, si fosse riunito settimanalmente come previsto e stabilito, oggi non saremmo qui a discutere della veridicità del contenuto di un messaggio audio, perché le informazioni fornite dal DG sarebbero state patrimonio di tutti e il messaggio “incriminato” non avrebbe suscitato scalpore.
Va detto però che la situazione del Servizio Sanitario della Calabria, tuttora in Piano di rientro dal debito sanitario, non consente investimenti cospicui in sofisticate sale di rianimazione, con dotazioni per la respirazione tecnologicamente evolute e con alta densità di personale dedicato. Premesse queste indispensabili per tentare di arginare il dilagare dell’epidemia. L’unico mezzo di difesa che rimane a queste latitudini, dunque, è proprio la prevenzione, fra l’altro molto più economica, attraverso l’intensificazione e l’incremento del numero dei tamponi e l’aumento delle Strutture di microbiologia e virologia ben distribuite su tutto il territorio calabrese, in modo da garantire l’esito dei test in due ore, creando una banca dati che tracci costantemente la catena del contagio. Una siffatta organizzazione genererebbe ossigeno anche per la nostra economia locale, permettendo la libera circolazione delle persone e la ripresa delle attività produttive e dei flussi turistici. (News&Com)