(AGENPARL) – Roma, 21 aprile 2020 –
I diritti violati ai tempi del Covid-19
L’inizio dell’emergenza covid-19, figlia di uno scherzo della natura o forse di una manipolazione consapevole, ha generato un effetto dirompente nella funzione normativa dell’esecutivo italiano, di livello sia primario che regolamentare, nazionale e territoriale. Una fucina impazzita di norme che, con inspiegabile serenità ove rapportata alle note conoscenze giuridiche dell’attuale capo del Governo, ha compresso, limitato, snaturato i diritti e le libertà fondamentali riconosciuti e garantiti dalla nostra Carta Costituzionale: 1,7,13,16,21,24,33,41,42, non sono numeri banali, ma il suggello dei diritti e delle garanzie costituzionali oggi compromesse: lavoro, libertà di culto, libertà personali, di stampa, giustizia, istruzione, proprietà privata ed iniziativa economica.
Ma ripercorriamo gli eventi.
Il caos normativo
- 31 gennaio 2020: il Governo Italiano proclama lo stato di emergenza nazionale per la durata cautelativa di sei mesi;
- 23 febbraio 2020: il Governo emana il d.l. n. 6, un aborto, dal punto di vista giuridico, una sorta di norma in bianco che demanda ai DPCM l’adozione di misure restrittive delle libertà fondamentali, ai fini del contenimento dell’emergenza sanitaria, e descritte, in modo esemplificativo e non esaustivo, all’art. 1 con riserva, all’art. 2, di adottare “ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza”. Seguono, a raffica, DPCM contenenti misure contenitive limitate alle c.d. zone rosse, sino a che, con DPCM 8 marzo 2020, tutte le misure disposte tra il 1° e 4 marzo 2020 vengono dichiarate inefficaci, ne vengono create di nuove, viene imposto il divieto di assembramento e, con DPCM del 9 marzo 2020 le misure di cui all’art. 1 del DPCM 8 marzo 2020 vengono estese a tutto il territorio nazionale.
- L’11 marzo 2020 viene firmato il DPCM che dispone la chiusura di tutte le attività commerciali, di vendita al dettaglio, ad eccezione dei negozi di generi alimentari, di prima necessità, delle farmacie e delle parafarmacie. Con l’entrata in vigore del decreto cessano di produrre effetti, ove incompatibili, le misure di cui al Dpcm 8 marzo 2020 e Dpcm 9 marzo 2020.
- Ove un DPCM fosse risultato eccessivamente garantista e costituzionale, il 20 marzo 2020 ecco un’ordinanza del Ministro della Salute che, tra le altre cose, vieta l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici oltre che lo svolgimento delle attività ludiche o ricreative all’aperto;
- Il 22 marzo 2020, una nuova ordinanza, adottata congiuntamente dal Ministro della Salute e dal Ministro dell’Interno, che vieta a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
- In pari data, ovvero il 22 marzo 2020, viene emanato un nuovo DPCM, con il quale sono sospese tutte le attività produttive industriali e commerciali eccezion fatta per quelle indicata nell’allegato 1, modificato dopo solo 3 giorni, in data 25 marzo; è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute;
- Arriviamo al 25 marzo 2020, per la pubblicazione di un nuovo D.L., il n. 19, con il quale viene abrogato nella quasi interezza il D.L. 6/20, viene data forza di legge alle prescrizioni e misure dei decreti del Ministero Salute e DPCM emanati in attuazione del D.L 6/20, vengono contenuti i poteri degli enti territoriali e locali.
- Con DPCM 1 aprile 2020 e 10 aprile 2020, le misure di contenimento delle libertà fondamentali vengono prorogate al 3 maggio 2020.
La nostra Costituzione
Il nostro ordinamento è, lo sappiamo, a costituzione rigida ed enuncia 12 principi fondamentali, ovvero 12 libertà personali e diritti considerati inviolabili, la cui compromissione o negazione snaturerebbe l’ordinamento stesso della Repubblica Italiana.
Nell’informativa resa al Senato in data 26 marzo 2020, il Presidente del Consiglio dei Ministri dava esplicitamente atto di come nel nostro ordinamento non esista una disciplina per lo stato d’emergenza e, pertanto, il Governo avrebbe dovuto “costruire un metodo di azione, una strategia di intervento mai sperimentato prima” basandosi sulla legislazione vigente e sulla attuale articolata partizione di competenze tra Stato, Regioni e Comuni. “Abbiamo ritenuto necessario ricorrere allo strumento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (…) Abbiamo ravvisato in questo strumento giuridico la via più idonea per reagire alle conseguenze, per la sua maggiore agilità ad adattarsi alla rapida e spesso imprevedibile evoluzione del contagio e alle sue conseguenze”. Una sorta di candida ammissione di colpevolezza, pur giustificata, ma non giuridicamente, dallo stato di emergenza e dalla completa assenza di strumenti sanitari (questi sì, di competenza governativa) idonei a fronteggiare la pandemia – magari prima che diventasse tale – mappando e contenendo la diffusione del virus.
Una reazione governativa consapevolmente in deroga ai dettami, inviolabili, della nostra costituzione ed irresponsabilmente incapace di offrire gli strumenti minimi ed indispensabili a fronteggiare un’emergenza sanitaria prima che si trasformasse o si trasformi in crisi globale e, presto irreversibile, del nostro Paese. In luogo di ospedali, ventilatori, tamponi, mascherine e test sierologici, reperibili grazie ai poteri di propria competenza, il Governo ha preferito sostituirsi addirittura al Costituente affidandosi a strumenti e percorsi di legislazione spavalda e creativa: una mostruosità del diritto pubblico e costituzionale.
E così, con D.L. e DPCM a ripetizione, abrogazioni, richiami, divieti sempre più pregnanti, autocertificazioni, interpretazioni “autentiche” rese però dal Viminale e poi anche contraddette o smentite, in una sorta di baraonda concettuale di difficile comprensione, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i suoi Ministri hanno coniato un nuovo strumento di legislazione per l’emergenza, avulso dal contesto costituzionale, in un bizzarro connubio creativo degli strumenti di cui agli art. 76 e 77 della Costituzione, aborrendo la previsione di cui all’art. 78 della Costituzione che, pur dettato per fronteggiare situazioni di guerra e non di emergenza e ritenuto di stretta interpretazione, assegna alle Camere, sovrane, il compito di affidare al Governo i poteri necessari.
Il risultato è disastroso e aberrante e lo conosciamo tutti, purtroppo: limitazione della libertà personale e di circolazione – soggetta, in applicazione dell’art. 16, ad una riserva di legge rinforzata con facoltà di normativa di dettaglio di stretta applicazione – ; limitazione della libertà di culto, con sospensione di tutte le funzioni religiose (funerali e matrimoni compresi e salvo chiarimento del Viminale in data 27 marzo che dichiara tali funzioni garantite purché in forma privata); privazione del diritto all’istruzione, al lavoro, all’imprenditoria, alla proprietà privata (che potrebbe essere limitata solo per la funzione sociale, ma il Costituente si riferiva a ben altro); privazione del diritto alla giustizia, la cui funzione è stata sostanzialmente sospesa in modo trasversale, complice una classe giudiziaria che predilige la tecnica del rinvio (temporale) piuttosto che quella di un esercizio della funzione a distanza (ci riescono gli studenti, anche delle prime classi, perché loro no?!)
Tra meno due settimane si potrebbe, forse, ritornare ad una parvenza di normalità; ma, a distanza di quasi tre mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza, il Governo, così entusiasta di questo nuovo ruolo in autogestione, ha dimenticato di svolgere le funzioni esecutive: il sistema sanitario è affidato alla buona volontà ed al sacrificio del personale medico e paramedico, lasciato a combattere una guerra senz’armi con le sue vittime sul lavoro senza neanche gli onori del commiato; i lavoratori dipendenti, autonomi, professionisti, tutti, dal primo all’ultimo, alla ricerca spasmodica e spesso vana di dispositivi di protezione – anche i più banali; e poi, lo strumento bellicoso vincente, in questa guerra che sta distruggendo, fisicamente, moralmente ed economicamente il nostro Bel-Paese rimettendolo nelle mani di Paesi aguzzini: la mappatura del virus, l’esecuzione dei tamponi e l’isolamento intelligente. Già, intelligente.
Lo dichiara l’avv. Graziella Brancaccio, patrocinante in Cassazione.