
(AGENPARL) – Roma, 18 marzo 2020 – Oggi l’Italia si sta giocando un secolo e mezzo di storia.
Abbiamo solo dei carismi vuoti. Vuoti di quella capacità di leadership, cioè di guidare e di fare per il Paese, specie in questo momento di emergenza.
L’Italia non sta precipitando nell’abisso, si sta semplicemente perdendo e lentamente ci stiamo disfacendo.
Il Coronavirus (COVID-19) ha rappresentato un deciso stop al processo di solidarietà dell’UE. Difatti, ancora oggi, gli Stati membri stanno affrontando la pandemia ognuno a modo. L’Italia, la più colpita dalla pandemia, l’11 marzo si è lamentata della lentezza degli aiuti dell’UE, dopo che gli stati membri in primis Francia e Germania hanno limitato le esportazioni di equipaggiamento medico protettivo al nostro Paese. Oggi, qualsiasi speranza che il COVID-19 possa innescare l’integrazione dei sistemi sanitari europei sembra debole di un Unione europea a trazione franco-tedesca.
Tale situazione è dovuta in gran parte ad alcune elitè italiane di debolissima cultura storica e politica, succubi delle mode che si sono succedute nel tempo e che hanno creato un vuoto culturale e sociale enorme. E questo lo stiamo pagando ora in piena emergenza Coronavirus.
Una situazione che sta facendo crescere ogni giorno quel sentire venato di angoscia e nutrito dall’impotenza che ormai si sente respirare un po’ dappertutto in Europa.
E’ l’incapacità di prendere delle decisioni per il bene e per gli interessi nazionali del Paese.
E’ la mancanza di provvedimenti chiari di fronte ai complessi problemi che il Coronavirus sta facendo emergere con drammatica attualità che vanno dallo studio delle misure per comprare delle mascherine a quelli dei continui decreti legge che disorientano e alimentano il sentimento di incertezza (e di decadenza).
In altre parole, quelli di una vera e propria crisi di civiltà (cultura) di questo Paese.
Quindi, Signor Presidente del Consiglio ho pensato di scriverLe. E come comprenderà lo faccio con un certo disagio. Infatti, da molti anni rivesto il ruolo di direttore dell’Agenparl, e non mi sarei mai immaginato, signor Presidente, di essere costretto, un giorno a doverLe scrivere a proposito dei risultati dei decreti emanati finora dal Suo Governo.
Ho sempre rispettato la Politica e i Politici – specie chi ricopre ruoli istituzionali importanti – perché rappresentano la volontà del popolo ed esercitano le loro funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.
Ora, leggendo i suoi decreti non riesco a liberarmi del sospetto che le sia sfuggito l’aspetto centrale e decisivo per far ripartire il Paese che non riguarda affatto le 500 euro o le 600 euro che si vogliono dare ad alcune categorie, ma ha come oggetto, vero e principale, le famiglie e le aziende. I due pilastri che sono sempre stati fondamentali di questa nostra Italia.
Mi spiegherò meglio con un esempio: Signor Presidente per far ripartire questo Paese non serve una profonda preparazione giuridica articolata in decine di pagine vuote e spesso contraddittorie, ne una complessa conoscenza dell’applicazione dei principi economici dei grandi economisti del passato. Serve solo applicare il buon senso del padre di famiglia.
Oggi, Signor Presidente, come comprenderà, per rilanciare il Paese prima che sprofondi nella recessione, il punto di partenza non possono che essere i due pilastri della nostra società: la famiglia e le aziende.
Davvero Lei pensa di risolvere il rilancio del Paese con gli ultimi decreti?
Ma – mi chiedo e rispettosamente le chiedo – da quale spirito suggeritore sono state scritte queste norme cervellotiche contenute nei decreti? Non sarebbe più opportuno emanare un decreto legge con tre soli articoli? Il primo articolo che stanzia 30 miliardi per i 15 milioni di lavoratori del settore privato, concedendogli duemila euro per un mese come rimborso per i danni causati dal Coronavirus. Il secondo articolo che stanzia 350miliardi di euro alle aziende, inteso come commesse (lavoro). Il terzo articolo che nazionalizza le aziende in crisi a causa del Coronavirus, come è stato fatto recentemente dal Ministro federale tedesco dell’economia, Peter Altmaier (CDU), inserendo un comma nel quale i direttori generali (cioè gli operativi) devono essere scelti tra i migliori manager in Italia specializzati in rilancio di società in distressed Asset.
I giornalisti hanno semplicemente il dovere di scrivere i fatti (e a volte la Storia) secondo la loro capacità e la loro coscienza senza farsi influenzare né condizionare né tantomeno senza di farsi intimidire né tirare la giacchetta dalla Politica o dalle Istituzioni.
Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e scrivere diventa un obbligo. Scrivere oggi è un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre per il bene del Paese.
Con profondo rispetto.